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Autore: monychan    20/06/2015    0 recensioni
Sue. In giapponese, ormai diventata una lingua estinta di un paese ormai svanito, questa parola significa "Finale".
Non potrebbe esserci modo migliore per descrivere la protagonista di questa storia, che viene identificata con questo piccolo insieme di insignificanti lettere dal giorno in cui è stata costruita.
Ma molto spesso, la fine è solo l'inizio.
Genere: Azione, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Appena varco la porta, un odore simile a candeggina mi riempie le narici. Socchiudo gli occhi per l’ elevata luminosità della stanza in cui mi trovo: viene chiamata “ I Laboratori”, ma in realtà è solamente un’ampia sala completamente bianca riempita da alcuni tavoli lucidi di acciaio e persone in camice bianco simili a fantasmi; alla fine di questo stanzone si trova una porticina che porta alla Palestra, dove mi alleno gran parte della mia giornata.
Sospiro e avanzo al primo tavolo, dove mi aspetta una ragazza piccola e sottile con gli occhi grandi e sporgenti e i lunghi capelli biondo sporco raccolti in uno chignon. La vedo ogni mese ma non ho mai avuto il coraggio di chiederle come si chiama, né lei me lo ha mai detto. Non parla molto perché sembra timida, per questo non le dico che la chiamo Topolina per la sua somiglianza con l’animale, scommetto che diventerebbe rossa come un peperone!
“Buongiorno Sue, siediti sul tavolo per favore. Questa mattina ti controllerò i movimenti e i riflessi” mi dice con un filo di voce. Me lo ripete ogni santa visita, le stesse identiche parole con lo stesso tono di voce.
Poi dicono a me che sono un robot.
Comincia a studiarmi gli occhi puntandoci una luce sopra,  mi dice di alzarmi, poi di sedermi di nuovo, muovi il braccio destro, muovi quello sinistro … La stessa tiritera ogni volta. Sbuffo.
Sembra che a Topolina non sia piaciuta questa smorfia, infatti mi trattiene altri 10 minuti a farmi ripetere gli stessi esercizi. Dopo un quarto d’ora circa la vedo scribacchiare su una cartellina uguale a quella di Rod.
Rod. Che cavolo mi stava dicendo prima?! Decido di pensarci più tardi perché Topolina mi spedisce da un altro fantasma che mi fa camminare con gli occhi chiusi e rimanere in equilibrio su un piccolo piedistallo. Compito facile, con una coda che mi aiuta! Sono a metà delle visite, l’ultima è la più stressante di tutti dove l’uomo con più esperienza mi..
“..Controllerò le tue mani e il tuo dorso. Dopodiché come già sai andrai in Palestra per circa 30 minuti.”
Sembra che debba dare solo una controllatina ma le mie mani e la mia schiena sono i punti dove scaturisce e si concentra il mio potere, che cerco di usare il meno possibile. Mi sottometto al tocco delle mani che tastano il mio corpo provando un senso di fastidio e cerco ancora di pensare a Rod. Sono preoccupata per lui.
Dopo interminabili minuti un cenno di assenso da parte dell’uomo mi fa capire che devo entrare in Palestra. Quasi correndo passo la soglia che si chiude di scatto lasciandomi dietro tutti quei fantasmi.
La Palestra: una grande stanza vuota. Il bianco accecante sembra obbligatorio in questo posto. Un’unica cosa stona in questa luce: un bersaglio rosso. Che mi guarda. E io guardo lui. Che cerca di colpirmi.
Ma i miei riflessi sono più veloci. Schivo, stendo il braccio, miro, un flash azzurro. Tutto questo in meno di un secondo. Del puntino rosso di prima non c’è più traccia, ma al suo posto ne sono comparsi due al lato opposto della stanza. Stessa storia: schivare, mirare, colpire. Di nuovo. Di nuovo. Di nuovo. I movimenti diventano automatici col passare del tempo. Puntini rossi sparsi per tutta la stanza sparano colpi a vuoto. Sono troppo veloce per loro, troppo forte. Dopo 30 minuti sto cominciando a prenderci gusto ma un segnale acustico mi fa intendere che il mio allenamento è finito. La porta si riapre permettendomi di uscire e ritrovo i fantasmi negli stessi punti di prima, solo le facce sono diverse e dicono tutte la stessa cosa: paura. Ho fatto troppo rumore e li ho spaventati. Ogni volta mi riprometto di fare meno casino ma va a finire sempre nello stesso modo, nessuno oltre a Rod accetterà cosa sono veramente. Voglio che tutte quelle facce spariscano. Perché non capiscono che non gli farò del male? Vorrei rassicurarli ma finisco per ignorare lo spazio che mi circonda e marciare fino alla porta da cui sono entrata qualche ora fa. Quasi spero di vedere Rod dove lo avevo lasciato, ma non c’è. Ripromettendomi di andarlo a cercare dopo, comincio a camminare verso l’ascensore che mi permetterà di salire in superficie.
  
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