–
Eccomi, padre.
–
André, che cosa è successo? Il padrone era
furioso, quando mi ha detto “Chiamami Oscar”.
– Non è niente. Niente di cui la tua dolce
testolina debba preoccuparsi, Nonna.
– Siediti, Oscar.
[…]
–
Sei pronta, Oscar?
–
Pronta per cosa?
–
Togliti immediatamente le insegne di rango
e la medaglia che ti ha dato il Re!
–
Lasciate che ve lo chieda ancora, pronta per
cosa?
–
Stai cercando di ribellarti a tuo padre, Oscar?
… se hai da esprimere un ultimo desiderio, dillo. Anche se
hai tradito, sei pur
sempre mia figlia.
–
Dodici dei miei uomini sono imprigionati alla
Prigione dell’Abbazia, in attesa dell’esecuzione.
Se uccidere me salverà quei
dodici uomini, vi lascerei volentieri la mia vita. Ma so che non
è così che
andrà. Allora non posso morire adesso!
–
Lascia perdere, Oscar. Essere fedeli al Re
qualunque cosa accada, è la tradizione della famiglia
Jarjayes. Se c’è un
traditore al suo interno, è tutto finito. Non temere. Dopo
averti mandata al
Signore… ti seguirò anch’io.
–
Allora ho un motivo in più… non posso
accettare la vostra punizione.
–
Sei gentile… ma è così che deve essere.
[Oscar]
Proprio in grazia sua, ho imparato ogni suono del metallo; anche se lui
è
dietro di me, sento ogni cosa come se la vedessi. Di nemici invisibili
e
insidie egli ha popolato ogni nostro addestramento; così
potrei fermarlo, e
schivare il colpo e fuggire, con la stessa facilità che lui
mi ha insegnato.
Ho gettato la rovina sui Jarjayes. È
questo che è accaduto,
veramente?
Il Re ci punirà per una mia scelta? Quel Re dal cuore buono
e dallo sguardo
schivo?
E la mia Regina, non ascolterà la nostra
supplica?
Avete visto la guerra da giovane, padre; io non ho
potuto
combattere come un vero uomo, ma ho scoperto la battaglia nelle
durissime
rassegne di ogni giorno. Nei volti ostili di uomini nati negli stenti,
ho
trovato il mio vero cuore, e il mio vero cuore desidera la
spada…
… la spada che voi mi educaste a
considerare parte del mio
corpo.
La spada che, sono certa, saprete brandire
così bene da
trafiggermi senza farmi soffrire.
Ma piangerà il mio cadavere spento,
padre, come stanno
piangendo i miei occhi in questo momento, perché vi
perderò. Vedrete l’Inferno
per causa mia, povero padre mio.
Vi ho deluso, lo so bene, ma nonostante questo non
ho mai
sentito il vostro amore con tanta intensità.
Morirei, pur di non darvi dolore. E invece, ironia
macabra,
morirò spillandovi soltanto male, male!
E non posso morire anche per un altro motivo. Dite
che, dopo
avermi uccisa, mi seguirete. Che male al cuore, al solo pensarlo.
Padre mio adorato, se voi vi uccideste sul mio
cadavere, chi
andrebbe da mia madre a dirle cos’è accaduto?
Quale responsabilità volete
prendervi, adesso, della sua infelicità perenne?
Fermatevi, padre! Non per la mia miserabile vita,
ma per la
vostra che è assai più preziosa, e quella dei
miei uomini fedeli e della mia
carissima madre, vi prego, fermatevi!
Fermatevi, grida l’anima!
Ma ho la lingua di pietra, e tutto il mio corpo
è rigido
come una statua fermata da Medusa.
Ah, morirò…
Un fulmine scuote la casa e l’anima. La
finestra sbatte su
due corpi tesi. Qualcuno è corso a fermare la mano di mio
padre.
È buio, non vedo quasi nulla; dalla
porta aperta giunge il
tenue riverbero delle candele del corridoio.
Poi il nome di André dalla voce di mio
padre. E la voce di
André che risponde.
Il
sangue torna a muoversi in folle corsa nel mio corpo.
Ritrovo pugni, gambe, petto. Sono viva, il fulmine ha strappato
l’istante
sbagliato. E immobile è André, presso la
finestra, che opprime il corpo del suo
padrone con la giovinezza del proprio.
–
Vi prego, NO!
–
Lasciami! Lasciami, André!
–
Non vi lascerò, se avete intenzione di uccidere
Oscar! Non vi lascerò mai!
– Levati di mezzo! Oh…
[...]
–
Se continuate, vi sparerò, prenderò Oscar con me
e scapperò.
[André]
Non alzeresti un dito su tuo padre, io lo so,
amore. Non gli
faresti mai del male, anche se questo comporterebbe arrenderti alla
morte.
Ma tu non morirai, non finché io
esisterò su questa terra; e
anche dopo, come una larva bianca e orribile, andrei a perseguitare chi
ti avrà
tolta alla gioia del mondo, amore.
Dunque sono io il fedifrago, io la serpe che si
rivolta alla
mano che l’ha nutrita di latte. Ti impedisco la sofferenza
della ribellione e
me ne faccio carico interamente. Io spezzo la continuità del
passato, io
tradisco il mio signore, io porto la rivoluzione in questo giro
monotono di
stelle che mi ha imposto di non raggiungerti mai, fino a oggi.
Dovrei sentirmi gretto e colpevole…
Ma in questo istante, mentre profano il corpo del
mio
padrone osando la violenza, e lui incredulo grida di lasciarlo andare,
e io
quasi mi scuso, mi scuso, Signor Generale, ma vedete, non posso
permettervi di
uccidere il Signor Oscar…
… mentre faccio questo, la voce sgorga
libera dalla fonte
del mio essere.
[Oscar]
Una pistola. André ucciderà mio padre con la
pistola che io
gli ho insegnato a usare.
André mi rapirà e mi
porterà con sé, e mi
sposerà…
Il buio si è riempito di voci, quella di
mio padre è furiosa.
È folle tutto quanto, lui grida,
è folle.
André, invece, non grida.
–
Cosa? Tu vorresti
scappare con Oscar?
–
S-sì.
–
È questo quello
che desideri?
– Sì.
–
È assurdo. Pensi di poter ignorare la vostra
differenza
di rango?
–
Permettetemi una
domanda. Che cosa significa “rango”?
Cos’è un “uomo del popolo”?
Siamo tutti
uguali!
–
Hai bisogno di un
permesso di Sua Maestà per sposare un nobile!
–
Lo so bene. Ma anche se si tratta del Re, occorre
il permesso di un estraneo per amare qualcuno?
–
ANDRÉ!
Dannato…
[André]
Il Generale si è calmato. La pistola
è carica, e sono troppo
vicino per mancarlo, anche con questa maledetta vista.
La pioggia inizia a battere sui vetri. Un suono
ripetuto a
milioni. Goccia per goccia, un mare si riversa sulla terra.
Ogni goccia somiglia ai pungoli del mio cuore, che
si sono
raccolti per mutarmi in questo granitico salvatore.
Ho sanguinato amore per anni. Si è
rappreso in virtù. Ho
letto i libri proibiti, per anni. Ho ascoltato le parole
dell’Abate.
Noi siamo tutti uguali.
Uguale io a voi, Signor Generale, padrone mio caro
e giusto,
severo ed esigente.
Uguale voi a me, André Grandier,
servitore figlio di
servitori, braccio del mio padrone vero, il migliore, il più
forte: Amore.
Amore si è plasmato sul corpo di donna
che voi avete vestito
da uomo.
Amore brucia nei suoi occhi ardimentosi, Amore
sospira dalle
sue labbra piccole e calde.
Amore è un’anima reincarnata
nella Donna Comandante ai cui
piedi ho scelto di deporre tutti i miei peccati, e lei li ha assolti.
Ho peccato d’essere inferiore.
D’essere ingenuo, d’essere
mediatore.
Ho peccato di silenzio, ho commesso
l’assassinio dei miei
desideri.
Quando i desideri si sono rivoltati contro di me,
ho
commesso il peccato della violenza.
La devozione non mi salva dal dolore. Né
mi toglie il sangue
dell’amare senza essere ricambiato.
I miei peccati si sono poi annidati nei miei occhi.
Mi viene
sottratta la vista ogni giorno di più.
Ma il miracolo, mio signore, è che senza
vedere abiti,
gradi, titoli, gemme e gioielli e spade, io sento le voci degli esseri,
e sono
vive.
Gli esseri dotati di voce di pensiero di sentimenti
hanno
per natura lo stesso statuto di Umanità.
Dio mi ha reso meritevole
d’amare e odiare e soffrire e vivere,
dunque a Lui rimetto le mie azioni, e prometto di
votarmi
ad Amore con il mio corpo e con la mia anima.
Dio sorride nel volto di Oscar, io ad Oscar rimetto
ciò che
sono.
[Oscar]
Il sangue s’è di nuovo gelato
nelle mie vene.
Noi
siamo tutti uguali!
André sta gridando la verità
che ho iniziato ad accarezzare
da mesi.
André è uguale a me.
Siamo, noi, uguali anche a mio padre, dunque?
Uguali al Re?
Covava questo, André, in questi mesi
lunghissimi in cui a
stento ci siamo parlati. E può dirlo ancora, dopo essere
stato quasi massacrato
dalla folla di Parigi, così poco tempo fa.
Non si è lamentato di nulla, non ha
chiesto nulla, ha
annullato le parole dietro la fitta coltre della sua quiete.
E adesso ho l’impressione di vedere, come
se fosse giorno
pieno, ogni sua espressione, ogni movimento di bocca che accompagna le
sue
parole ardenti.
Quanto a fondo conosco anche lui, quanto li
riconosco
entrambi, mio padre e André.
Tanto da non sapermi muovere, perché
scegliere uno
equivarrebbe a spezzare l’altro.
E adesso, cosa! Un colpo forte! André
è caduto!
[André]
Tremavo, ho perso il controllo, ho perso la voglia
di
ferire.
Anche
se si tratta del Re, occorre il permesso di un estraneo per amare
qualcuno?
Questa frase ha spezzato il tempo del Generale.
Questa frase racchiude la verità.
Io amo nonostante gli Stati! Amo nonostante le
leggi, amo
fuorilegge!
E questo Amore è una verità
impossibile da negare!
Questa Verità mi ha fatto libero!
La Verità, l’unico dovere
dell’Uomo!
Il Generale mi ucciderà, ma oh!, che
m’importa!
Che
rimorsi potrei avere mai, io che amo e ho avuto grazia di
accorgermene… e ho potuto consacrarmi all’Amore
sciogliendomi in esso come
acqua, come vita nel sole?
–
Mi dispiace, non
posso perdonare nessuno di voi due!
– In questo caso, uccidete me per primo. Se sarò
secondo, non voglio dover
assistere alla morte del mio amore… anche solo per un
momento.
Sarebbe troppo doloroso da sopportare.
– Andrè...
–
Bene… allora realizzerò il tuo desiderio.
[Oscar]
Non ci perdonerà.
Non mi perdonerà.
D’un tratto comprendo che se io
morirò, morirà anche André.
Mio padre sta parlando anche a me.
André, io…
Nessuno mi ha chiesto cosa desidero io. Ma entrambi
agiscono
e parlano e fremono come se in tutto questo io non fossi nemmeno
presente.
Mio padre ci ucciderà, tutti e due.
Non ha senso; tutto questo è diventato
follia.
[André]
Uccidete prima me. Ho paura, Signor Generale, una
paura
assassina.
Anche se fosse solo per un secondo, e se pure la
seguissi
subito… sentire il cuore di Oscar fermarsi, il suo fiato
spegnersi… ah, che
sollievo mi darebbe la morte? Nessuno; il mio dolore perseguiterebbe il
Cielo.
Vi prego, trafiggetemi che lei respira ancora.
Fate che io sogni di lasciare sulla sua bocca il
mio ultimo
istante, fate che lei mi prenda tra le braccia, come tante volte per
caso è
accaduto. Fate che mi stringa la mano.
Non ho paura di morire così.
E c’è di più:
morendo percorrerei per primo la via lugubre
dell’Addio.
Potrei così valutare quanto è
triste, e lastricarla se è
infida, e coltivare ai suoi angoli rovi di rose bianche.
E lei, quando Dio la chiamerà a
sé, troverà quel giardino da
me predisposto; non ci fu casa per noi in questa vita, io
predisporrò la
Futura, l’Eterna, per il nostro abbraccio.
Non mi mancherà la vita,
perché nella morte sarò più vivo;
la mia Verità mi seguirà senza il corpo. Non
ferirò la sua bocca con baci non
voluti, non tremerò di dolore nel tendere a lei le braccia,
e vederla andar
via.
Il Paradiso sarà avvolgerla anima
nell’anima, per l’Eternità.
Non è desiderabile, una morte simile?
Invece, se morissi dopo, se prima di tutto
lei…
Capitemi, Signor Generale, è
intollerabile perfino
immaginarlo.
Se voi siete in grado di ucciderla, fate pure con
me la
prova.
E che il mio cadavere vi insegni l’Amore
che avete
dimenticato!
Che la vostra mano si fermi inorridita, il vostro
cuore
riconosca che la violenza che avete usato su di me non è
adatta alla vostra
figlia prediletta!
Dunque ho tre motivi, mio signore, per implorarvi
la grazia
di morire per primo.
Risparmiarmi la maledizione di un dolore che la
morte non
cancellerebbe;
predisporre il cammino che un giorno, lontanissimo,
vi
prego, lontanissimo!, anche il mio amore percorrerà;
indurvi alla mitezza, e cancellando me, cancellare
anche il
motivo della vostra collera verso di lei, e permetterle la vita.
La vita che le avete donato nel generarla, nel
plasmarla
come vostro erede, vi giuro, mio signore, non vi appartiene
più!
Lasciate che Oscar sia, e che io possa esistere in
lei come
ricordo caro e come ombra calda.
Ai vostri piedi attendo l’esecuzione.
Agite, mio generoso
padrone, io vi perdono se mi uccidete. E vi ringrazio d’aver
generato il mio
amore.
Tutto questo vorrei dirvi, ma non
c’è tempo, dunque,
semplicemente, eccomi.
***
Oscar
volò in avanti, si lanciò a terra e a tentoni
trovò il
corpo di André.
Gridò,
e nell’abbracciarlo si dispose a difenderlo dal colpo
che il Generale stava per lanciare.
Ma
quel colpo non fu mai dato.
Il
Generale fece cadere la spada.
Osservò,
nel vuoto rischiarato dal buio, la sua diletta
figlia stretta all’uomo che amava.
Vide,
anche se non si vedeva a un palmo, le lacrime degli
occhi di lei. Udì i suoi singhiozzi dolorosi celati sul
collo di André, che
muto la stringeva a sé come non aveva mai potuto fare.
Vide
la figlia, non l’erede; una donna, non un uomo.
Vide
la neonata cui per capriccio mise nome maschile.
Il
rimorso lo sconfisse.
Intanto
un suono flebile veniva dal corridoio, come un
pianto; forse era solo il soffiare della pioggia sui vetri e sul mondo
esterno.
Poi,
proprio dal mondo esterno venne un richiamo.
“Aprite
il cancello! Conte Jarjayes, aprite il cancello! Ho un messaggio
urgente! Un
messaggio urgente da Versailles! Per favore, aprite il
cancello!”
Il
Generale uscì dalla stanza. Superò i corpi
abbracciati di
Oscar e André, ammutoliti dal loro ritrovarsi.
Trovò Madame Marie seduta a
terra, nel corridoio, gli occhi bagnati di pianto e il viso incredulo.
Chiuse la porta dietro di sé. Infine corse avanti, e andò ad ascoltare l’ambasciata.