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Autore: Chloe R Pendragon    21/06/2015    1 recensioni
Ambientata in CoB, questa storia parla di Hodge Starkweather e del momento in cui fugge dal vicolo prima del ritorno di Luke: quali saranno stati i suoi pensieri in quegli attimi? Sarà stata una decisione dettata dalla paura di Valentine o qualcosa di più forte lo avrà spinto a rinnegare tutto e tutti ancora una volta?
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Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hodge Starkweather
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The hardest part
 
And the hardest part
Was letting go, not taking part
Was the hardest part.
(The hardest part, Coldplay)

 
 
Hodge arrancava attraverso il dedalo di strade secondarie e vicoli stretti, la mano stretta attorno alla spalla sinistra per cercare di limitare la perdita di sangue; le zanne di Lucian gli avevano lacerato la carne in profondità, rendendolo sempre più debole e dolorante. Eppure non era quella ferita a fargli più male, quanto tutto il resto: aveva ottenuto la libertà, sì, ma a quale prezzo?
La sua mente rievocava incessantemente ricordi del passato, alternando i giorni spensierati a Idris al tempo trascorso all’Istituto, in quella gabbia dorata dove era stato imprigionato per anni. Per quanto fosse grato a Robert e Maryse per avergli tenuto compagnia in quell’agonia, una parte di lui li avrebbe sempre invidiati per la loro “condizione”: i due coniugi per lo meno avevano la possibilità di uscire da lì di tanto in tanto, talvolta potevano addirittura ritornare ad Alicante, anche se solamente per svolgere il loro lavoro.
Nonostante ne fosse consapevole, non ce la faceva più a sopportare quella reclusione forzata: non aveva fatto nulla di così spregevole da spingere il Conclave a punirlo così duramente, per giunta era stato pure discriminato, trattato come un criminale incallito. Lui non era come Valentine, non aveva davvero avuto intenzione di compiere crimini tanto efferati, tutto quello che aveva sempre desiderato era il riconoscimento e la stima di coloro che lo circondavano, cosa che il fondatore del Circolo gli aveva dato, o almeno aveva finto di farlo.
Una fitta lo costrinse ad accasciarsi in mezzo a un vicolo buio, prostrando il suo corpo martoriato e la sua anima affranta. Ciò che gli stava causando quel tremendo patimento era un pensiero semplice ma infido, capace di acuire le sue pene e il suo conflitto interiore. Dovette ammettere a se stesso un’amara verità, cioè che in quegli anni aveva realmente ottenuto l’ammirazione di qualcuno: Johnathan, Alexander e Isabelle, i tre ragazzi che aveva visto crescere e che aveva guidato con saggezza e affetto.
Sì, voleva davvero bene a quei giovani Shadowhunters, tanto da correre innumerevoli rischi per salvarli: allora perché li aveva traditi? Perché stava scappando da loro? Per la seconda volta, la verità lo colpì come un violento schiaffo: aveva voltato loro le spalle per paura, perché aveva temuto la reazione di Valentine di fronte al suo rifiuto.
Bugiardo!”, disse una voce nella sua testa, “Sai benissimo che non è solo questo il motivo...
Hodge si morse un labbro e chiuse gli occhi, piegandosi su se stesso, schiacciato dal peso di quella consapevolezza: era dannatamente vero, non era stata solo la paura a spingerlo ad agire in quel modo assurdo, ma anche il rimpianto per aver perso la sua vita. Quando era ragazzo non aveva mai trovato nulla di speciale nella sua casa o nelle piccole cose che lo circondavano; da quando era stato esiliato, invece, non passava giorno in cui non rimpiangeva tutto ciò che aveva perduto, sognando di poter tornare ancora una volta tra quelle mura che lo avevano visto diventare un uomo.
 
Noi non apprezziamo il valore di ciò che abbiamo mentre lo godiamo; ma quando ci manca o lo abbiamo perduto, allora ne spremiamo il valore.[1]
 
Ora capiva cosa volesse dire Shakespeare, il rimpianto di ciò che gli era appartenuto aveva trasformato gli oggetti più insignificanti in tesori di inestimabile valore. Di fronte a un dolore tanto cocente, persino l’affetto per quei tre ragazzi o il suo senso di giustizia erano svaniti nel nulla: Valentine era stato l’unico a capire quanto grande fosse la sua agonia e come sempre era riuscito a sfruttarla a suo vantaggio. Per l’ennesima volta, nonostante il disgusto per le turpi intenzioni del redivivo “amico”, Hodge non poté fare a meno di provare ammirazione per la sua incredibile lungimiranza: aveva compreso i suoi desideri meglio di se stesso e se n’era servito per realizzare i suoi, solo uno stratega brillante come Morgenstern poteva agire così.
La ferita riprese a bruciare con vigore, riscuotendolo da quella spirale di pensieri che lo aveva risucchiato, rendendolo dimentico della sua precaria situazione: ormai era tardi per guardarsi indietro, aveva fatto la sua scelta e ora doveva accettarne le conseguenze. Si rimise faticosamente in piedi, gemendo per lo sforzo e per il dolore, e riprese a camminare; non aveva una meta ben precisa, ma non gli importava perché finalmente era libero di andare dove voleva.
 
[1] Citazione tratta da “Molto rumore per nulla” di William Shakespeare
  
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