Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: mattmary15    22/06/2015    0 recensioni
Rosemaria porta il nome di due muri. E' un nome pesante come la massa di mattoni che li costituiscono. Levi invece è il nome di un fantasma, leggero e quasi invisibile. Cosa li unisce se anche le giubbe che indossano hanno stemmi diversi?
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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#1

La pioggia cade già da molti giorni sulla città. Forse il cielo vuole lavare via il sangue che imbratta le strade. Probabilmente lassù qualcuno crede che sia giusto dare all’umanità una piccola pausa dall’orrore della quotidianità.
I giganti non amano la pioggia. Spariscono nelle nebbie e non si addossano alle mura. Da quando il wall Maria è caduto, le spedizioni oltre le mura si sono fatte meno frequenti. Le fila del corpo di ricognizione sono meno folte che mai.
Rose si chiede se abbiano già recuperato tutti i corpi dei caduti nell’ultimo attacco. Ormai è passata una settimana dall’attacco a Trost e suo padre sembra più turbato del solito.
Dallis Zackley non è un uomo che si agita facilmente. Eppure quando, passata la crisi, Erwin Smith, comandante dell’armata ricognitiva, è venuto a riferire gli avvenimenti, Rose lo ha visto preoccupato.
Nonostante sia sua figlia, Rose lo chiama semplicemente ‘signore’. Non abitano più insieme da quando lei è entrata a far parte del corpo di gendarmeria. Gli fa visita spesso però e l’ultima volta lui non ha potuto nascondergli una certa irrequietezza.
“Preferirei che non facessi parte della gendarmeria, Rosemaria”, le ha detto guardando fuori dalla finestra.
Inutile ricordargli che fa parte di quel corpo per un suo esplicito e perentorio ordine.  Inutile anche dirgli che l’ha messa lì perché quello è il corpo più sicuro tra quelli dell’esercito.
“Vuoi che dia le dimissioni?” gli chiede senza alcuna inflessione nella voce. Non vuole apparire dura o insensibile. Semplicemente rimanere o meno nella gendarmeria le è indifferente.
La funzione del corpo di gendarmeria è mantenere l’ordine dentro le mura ma sembra che operi solo per mantenere segreti. Lei odia quella pressoché mancanza di attività. La fa sentire più inutile e patetica di quanto non si senta mediamente.
“Non ho detto questo. Continua a fare quello che fai di solito. Sappi però che i pericoli non vengono solo dal mondo esterno. E’ probabile che saremo costretti a fare qualcosa di estremamente rischioso a breve.”
Rose continua a fissare un punto nella parete di fronte a lei. Suo padre continua a fissare qualcosa fuori dalla finestra. Quando dice ‘saremo’ intende dire che lei dovrà farlo. In quei momenti Rose ricorda che suo padre fa parte di quella manciata di uomini di cui fa parte anche Erwin Smith. Uomini disposti a sacrificare qualunque cosa per il bene dell’umanità. Figli compresi.
Porta un pugno chiuso verso l’alto al petto e si gira per guadagnare l’uscita della stanza.
Ormai non sente più il bisogno di chiamarlo papà. Di abbracciarlo però avrebbe ancora voglia se non fosse che l’affetto che nutre per lui è un’arma puntata alle loro teste. Chiude la porta e si avvia fuori dal palazzo.
Il grande palazzo che fa da sede al corpo di gendarmeria non è lontano ma arriverà comunque fradicia.
La sua stanza è all’ultimo piano ed è a suo solo servizio. L’unico privilegio dell’essere figlia del comandante Zackley. Lascia scivolare per terra l’uniforme bagnata e ne prende una pulita. Fa in tempo ad infilarla e a sistemarsi i lunghi capelli biondi in una coda che bussano alla porta.
“Capitano Zackley” fa un cadetto assumendo la posa militare prevista per il saluto ad un superiore “è richiesta la sua presenza al tribunale militare. Riguarda il caso del cadetto Jaeger. Se la sua custodia verrà assegnata al corpo di gendarmeria, lei è tra i soldati che dovranno scortarlo alle prigioni sotterranee.”
Rose fa un cenno del capo e il cadetto sparisce lungo il corridoio. Lei infila la giubba con la pettorina dell’unicorno ed esce.
Il tribunale è pieno zeppo di gente. Riconosce i soldati del corpo di ricognizione dallo stemma delle ali della libertà. Il ragazzo legato deve essere Eren Jaeger, quello che può diventare un gigante. La prima volta che ne ha sentito parlare non ne è rimasta sorpresa come tutti gli altri membri della caserma. Ha sentito dire che ha chiuso il buco nel wall Rose e gli è grata per questo. Fondamentalmente non ha mai pensato a quel tipo come ad un gigante e ora che lo guarda, che guarda i suoi profondi occhi verdi, ha la certezza che si tratti solo di un ragazzo.
Al suo fianco cammina Erwin Smith. La sua postura elegante e lo sguardo severo e allo stesso tempo quasi dolce, danno un’idea sbagliata di lui. Sembrerebbe un nobile se non fosse noto ai più che è un temibile soldato attaccato alla disciplina più che alla sua stessa vita.
Lo segue un manipolo di soldati che deve avere scelto lui personalmente. Tra tutti, Rose nota un ragazzo non molto alto che cammina, se possibile, con maggiore sicurezza di Erwin.
Quando spariscono dietro al grande porta del tribunale, Rose raggiunge il comandante Doak e si siede al suo fianco.
“Appena in tempo. Lo spettacolo sta per cominciare. Hai parlato con tuo padre?” le chiede Neil senza smettere di fissare Erwin Smith seduto al lato opposto della grande sala della corte marziale.
“Sì. Sappi che non ha ancora deciso. Ritiene che il destino di quel ragazzo dipenda esclusivamente da quello che avente in mente per lui. Lascerà parlare te e Pixis.”
“Pixis non c’è. Parlerà certamente quello sfacciato di Smith. Gli hai fatto capire che è un pericolo per noi?”
“Ho fatto quello che mi hai chiesto. Dubito che farà qualcosa di diverso rispetto a quello che crede sia giusto.”
“E’ questo il problema di tuo padre, mia cara Zackley. Non conosce altro che la sua legge.”
Rose rimane in silenzio. La verità è che non ha mai chiesto a suo padre di affidare Jaeger al corpo di gendarmeria nonostante le pressioni che ha ricevuto. In cuor suo spera che davvero suo padre faccia la scelta giusta e lo affidi all’armata ricognitiva.
Dopo poche parole dette da Zackley, Doak esprime la sua teoria sul pericolo rappresentato dal ragazzo-gigante e dichiara apertamente che va soppresso. Imbecille. A giudicare dall’espressione dei membri del corpo di ricognizione, anche loro pensano che Neil sia un imbecille. Solo l’espressione di Erwin rimane immutabile. Quando tocca a lui parlare, Smith dichiara che Eren Jaeger può essere considerato un alleato, che il ragazzo può fornire un apporto strategico fondamentale alla causa umana nella lotta ai giganti.
A quanto pare però anche le pulci hanno la voce dato che si sentono in dovere di intervenire sia i commercianti che i chierici.
Possibile che nessuno capisca che queste persone parlano tutte per profitto personale?
E’ mentre formula questo pensiero che il ragazzo incatenato al centro della sala ha come un sussulto. Neil è rapidissimo nell’ordinare ai suoi uomini di aprire il fuoco.
Rose ha imparato a pensare prima di agire ma in quel momento sa che pensare è un lusso che non può permettersi. Scatta in avanti fuori dai banchi e si mette sulla linea di fuoco dei suoi stessi compagni.
Neil non osa abbassare la mano che darebbe il segnale ai fucilieri e la guarda con disprezzo incerto sul da farsi. In quel momento però dai banchi dell’armata ricognitiva viene avanti il ragazzo che Rose aveva notato tra le file di Erwin.
Qualcuno sussurra che si tratta del capitano Levi. Lo definiscono il soldato migliore dell’umanità. Lei si volta a guardarlo e aggancia i suoi occhi azzurri a quelli grigi dell’uomo. Lui la sta ancora fissando mentre assesta un potente calcio alla faccia di Eren Jaeger. Lo colpisce ripetutamente fino a che il ragazzo dagli occhi verdi non china definitivamente il capo, dopo di che alza gli occhi su suo padre e gli dice senza timore che si sente in grado di uccidere quella recluta nella sua forma titanica se dovesse essere necessario. Smith dichiara apertamente che si assume tutta la responsabilità di quello che potrebbe accadere se Jaeger perdesse il controllo e, a quel punto, anche Doak fa cenno ai suoi di abbassare i fucili.
Il comandante Zackley guarda per un attimo Rose ancora ferma a pochi passi da Levi e Jaeger e poi schiarisce la voce.
“Eren Jaeger, ti affido al corpo di ricognizione. Da oggi ne farai parte. Il capitano Levi sarà personalmente responsabile del tuo comportamento dato che ha pubblicamente dichiarato di poterti tenere testa e il comandante Smith avrà potere di decidere sulla tua vita. Ti sta bene, ragazzo?”
Nonostante il sangue che gli cade copioso dalle labbra e dalla testa, Eren annuisce. Levi si volta e torna al fianco di Smith. Mentre la folla lascia il tribunale, forse delusa per non aver visto scorrere il sangue di quel cadetto, Rose rimane a fissare il posto fino a cui poco prima era seduto suo padre.
Non può evitare di pensare che il pericolo a cui suo padre si riferiva durante il loro colloquio sia in qualche modo legato al fatto che in quella stanza, per la prima volta dopo tanto tempo, la polizia militare e la legione esplorativa sono venute apertamente in contrasto. Il guaio sta nel fatto che la legione esplorativa ha messo a segno un punto pesante. Doak non è il tipo da incassare e basta. Una qualche forma di vendetta sta già per prendere forma nella sua mente. Di questo Rose è certa mentre si lascia alle spalle l’ennesima giornata grigia e rossa.

  
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