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Autore: Jaco    25/06/2015    0 recensioni
[avventura]
[avventura]Un ragazzo che dovette, come tanti altri, combattere non solo per la propria libertà, per la famiglia e per l'amore, il quale lo porterà a uccidere. Con amici e allenamento riuscirà a uscire dall'odio che circonda la famiglia e risollevare il suo nome?
Separatamente farò una raccolta collegata a questa storia.
Genere: Avventura, Fantasy, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Arrivò purtroppo il giorno in cui Jacob dovette partire per andare in caserma e iniziare la sua nuova vita, il suo addestramento che non si sa se lo avrebbe portato alla sopravvivenza o alla morte: non lo sapeva nessuno. Era costretto e non poteva farci nulla. La legge lo obbligava, lui come tutti gli altri ragazzi di quella sfortunata generazione.

Prima di andare, tutti quanti in famiglia lo aiutarono a prepararsi, dal fratello 13enne ai nonni. Si mise una maglia di cotta, formata da tanti anellini di acciaio ben uniti fra loro; sopra si vestì con una maglia alla quale applicarono una spilla con impresso lo stemma della famiglia; si infilò poi dei pantaloni marroni lunghi e degli stivali appartenenti al nonno. Suo padre, nell'aiutarlo a mettersi lo zaino, gli parlò con un tono di voce che sembrava avere un po' di tristezza dentro, ma anche tanta calma e serietà.

<< Figlio mio, sappiamo entrambi che la guerra è brutta, ma di questo non ci deve importare nulla. Non ci rivedremo più per molto tempo, se non mai più, ma sappi che tua madre ed io ti abbiamo sempre voluto bene. Per dimostrartelo, vogliamo donarti questo... >> e avvicinandosi a passo lento ad una mensola, prese uno stiletto, la cui lama era inserita in una fondina in pelle scura tutta ornata di decorazioni dorate << ...sì, è il mio stiletto che ho usato anche io in battaglia; ho ucciso molti soldati con questo e ho sparso troppo sangue dietro di me, ma ora voglio che sia tu il suo possessore, sperando che non lo utilizzerai mai con lo scopo di uccidere. >> Detto questo, glie lo porse.

<< Padre, madre... anche io vi ho voluto molto bene e chiedo perdono se non ve ne ho mai mostrato o se molte volte vi ho disubbidito. Vi ringrazio per il vostro dono e sinceramente, non saprei proprio come ricambiarvi. >> abbassò lo sguardo con una lacrima che gli solcava il viso, e dopo aver sospirato abbracciò entrambi in un'unica stretta eterna. Successivamente abbracciò i nonni, e poi il fratello, alla quale disse: << Stammi bene Ryan, non cacciarti nei casini e stai alla larga da quei bastardi. Stai attento quando esci, soprattutto quando sei solo. >>

<< Anche tu stammi bene fratellone, sei il migliore… Allenati come si deve e soprattutto, torna a casa... >> allora Ryan lo abbracciò piangendo e singhiozzando.

<< Hey, sii forte, non piangere. Starò via molti anni e lo sai anche tu che posso morire, non ne escludo le probabilità. Ma vivrò per te e diventerò talmente tanto bravo e famoso che si sentirà dire solo il mio nome. Lo farò per te, piccola peste; solo per te... >> mentre disse questo sorrise e, dopo aver chiuso gli occhi, gli scese un'altra lacrima, che stavolta asciugò.

Dopo un lungo abbraccio, i due si sciolsero e Jacob diede un bacio sulla fronte al fratello, stropicciandogli poi un po' i capelli. Si alzò e si girò velocemente in direzione della porta a testa bassa, verso la quale andò a passo svelto; non voleva vedere i volti dei famigliari per non iniziare a piangere a dirotto. Aprì la porta e uscì; nella strada per andare verso la caserma a Cornag, distante molti chilometri, incontrò dei suoi amici che gli fecero e gli faranno compagnia. Sempre lungo la strada, non molto distante dalla sua meta, si senti chiamare per nome da una voce proveniente dalla sua destra che si faceva sempre più nitida e riconoscibile: vide Mia che correva verso di lui.

<< Jacob, aspetta... >> disse rallentando il passo.

<< Mia, che cosa ci fai qui? >> le chiese andandole incontro.

<< Sono venuta a salutarti prima che tu parta o che tu muoia, e poi, volevo vederti un'ultima volta... >> rispose arrossendo e guardando verso il basso.

Sorridendo, lui se la portò vicino, mentre lei si lasciava trascinare, e la baciò. Fu un bacio, anche se di breve durata, intenso e molto significativo.

<< Così va bene? >> chiese.

<< Ora va molto meglio. >> disse lei appoggiando la sua fronte a quella del ragazzo. << Questo è un saluto, non un addio... non morire! E tieni d’occhio quel coglione di mio fratello. >> e detto ciò ella iniziò a piangere, con lacrime che scendevano come cascate sulle sue guance. Il ragazzo la baciò ancora.

<< Prometto di non morire; su Cato non garantisco. >>

<< Va bene lo stesso… mi importa di te soprattutto. >>

Si staccarono e Mia stette in piedi ferma, continuando a piangere e salutando con la mano sinistra Jacob. Lui, mentre indietreggiava, ricambiò il saluto, per poi girarsi e raggiungere gli amici di corsa che già erano distanti un centinaio di metri. Appena li raggiunse, allentando il passo, senti una domanda che capì che era rivolta a lui.

<< Sai che anche se sopravvivi, i suoi non le permetteranno mai di sposarti, vero? >>

<< Sì, ne sono consapevole. Nonostante questo non mi interessa. Io ci tengo e farò di tutto pur di riuscire a sposarla, anche sfidare suo padre o ucciderlo addirittura. >> rispose orgoglioso delle sue parole.

<< Contento tu… >>

Arrivati alla caserma, dopo circa due ore e quaranta, due soldati, addetti al controllo del portone, li fermarono e chiesero di loro; risposero che erano lì per l'addestramento e uno alla volta dissero il proprio nome intanto che le guardie guardavano nell'elenco che avevano sotto mano. Quando ebbero finito, gli diedero il permesso di entrare, aprendogli anche il portone. Entrati, si stupirono della bellezza delle statue presenti ai lati del viale che proseguiva dritto per circa 200 metri, per poi aprirsi e diventare una grande piazza, riempita già di molta gente, tra cui qualche genitore, probabilmente. Queste statue raffiguravano i vari Dei, ma anche grandi re, raffigurati con onorevoli pose; erano intervallate da alberi che venivano curati con grande abilità. Notarono poi, entrati sulla piazza alla fine del viale, che si sviluppavano una serie di entrate, dentro la quale, probabilmente, c'erano i vari settori di addestramento. Il loro stupore venne interrotto quando Jacob si sentì nominare, da una voce non bella, non apprezzata, odiata, disprezzata; era la voce di Cato, fratello di Mia e primogenito dei Veldevan. Si odiavano a morte come l’odio che c’è tra le rispettive famiglie.

<< Oh oh, chi si vede: Jacob, il primogenito della famiglia dei Gurd: “la famiglia che discende dai Re” ... sei venuto per morire? >>

<< Potrei dirti lo stesso dato che anche tu sei qui. >>

<< Ma almeno mi so difendere, a differenza di qualcuno. >>

<< Siamo di fatti qui per addestrarci, per migliorare, non siamo nati imparati. >>

<< Qualcuno però ci riuscirà prima e meglio di altri; oltretutto c'è sempre qualcuno che anche se si impegna e si addestra non migliora affatto. >>

<< Vuoi proprio istigarmi subito alle armi, Cato? Lo sai che odio le risse senza essermi riscaldato, ma se proprio devi fai pure con comodo... >> disse voltandosi verso di lui << ...guarda mi tolgo anche lo zaino. >>

<< No, assolutamente, voglio solo sapere il motivo per cui sei qui; noi non ci saremmo mai aspettati che venissi anche tu, sapendo che la tua stirpe discende dai Re. >>

<< Beh, purtroppo sono qua, e mi dispiace anche a me, anche io preferivo stare a casa, ma non posso farci nulla. >> disse, facendo spallucce.

<< Ah ok, d'altronde hai ragione, la tua presenza non cambia nulla nell'esercito: moriresti di paura, se non di fatica >> lo istigò, seguito da un coro di risate dei compagni.

<< Certo, ma morirò dopo di te, questo è sicuro. >> gli disse chinando la testa da un lato, gesto seguito da un altro coro di risate.

<< Non mi taglierai la gola tu, però! >> disse iniziando ad alzare il tono della voce.

<< Infatti, lo farà o la mia spada o quella di qualcun altro; anzi no, meglio una freccia in testa, diventeresti più bello secondo me. >> disse.

<< Ah sì? Vediamo se allora questo può migliorare la tua faccia. >> disse arrossendo di rabbia, dopo che si fu avvicinato al coetaneo e provando a dargli un pugno. Quest’ultimo si spostò prontamente, mandando il colpo all’aria. L’avversario, in risposta al suo gesto ricevette lo stesso trattamento: un pugno in pieno volto che lo fece cadere a terra, arrossandogli e gonfiando la guancia di più rispetto a quello che già era.

<< Così impari a fare lo sbruffone, signor “ma almeno mi so difendere”. >>. Nello stesso tempo arrivarono tre guardie, vedendo la folla di ragazzi.

<< Voi due basta, non è il momento è il luogo adatto per queste risse e controversie tra di voi. Fatelo quando avete del tempo libero o quando sarete all'altro mondo. >> disse una delle tre, intanto che le altre due portavano Cato in infermeria. << Chi ha iniziato? >>

<< Lui istigandomi, se non mi crede chieda ai testimoni qui intorno. >>

<< Mm, va bene, ma che non si ripeta, porto entrambi dal Superiore e vi farò sbattere al confine senza addestramento. >>

Chinato il capo in segno di scuse e di accettazione, Jacob si stupì nel vedere che attorno a loro si era creata una folla di quasi tutti i ragazzi, forse tutta la caserma e per questo si vergognò non poco; non volle mostrarne i segni, fingendo un comportamento il più naturale possibile per evitare qualsiasi sospetto. Si voltò verso un corridoio che sembrava aprirsi tra la folla, nella quale passò un uomo sui trenta, che si fermò al centro del cerchio formatosi attorno all'evento appena terminato.

<< Lo so che siete impazienti di giocare a far la guerra, ma trattenevi, non sono ancora incominciati gli addestramenti e già vi sentite pronti? Calmatevi! Vi ha già avvisato una volta la guardia, non voglio avvisarvi la seconda io che sono beghe dopo >> ammonì l'uomo andandosene in un momento di silenzio tombale che restò per parecchi minuti, per poi interrompersi. In quel momento, Jacob si sentiva osservato e al centro dell'attenzione.

Dopo circa mezzora l'uomo che prima ammonì il giovane, attirò nuovamente l'attenzione su di sé salendo su un piedistallo in legno, affiancato da quelli che sembravano strateghi di guerra, o comunque esperti dell’argomento e sulle tecniche di combattimento. Era alto e robusto, con una barba incolta e capelli lunghi tendenti al marrone. La sua voce era forte e si sentiva bene in tutta la piazza: << Benvenuti alla caserma. Io sono il generale Miguel e coloro che vedete affianco a me sono quelli che vi addestreranno e vi insegneranno delle tecniche di combattimento affinché in guerra possiate dare il meglio di voi, senza farvela addosso. Resterete qui fino al compimento della maggiore età, per poi essere arruolati nell'esercito, sempre se sopravvivrete e se sarete pronti. Ora vi chiamerò ad uno ad uno assegnandovi a costoro... >> indicando gli uomini al suo fianco << ...vi unirete e cose a seguire che vi verranno dette nel corso della giornata. >>

Come detto nel discorso fece, e Jacob venne assegnato a quello che è stato il miglior stratega militare, secondo quel che sapeva: Jebe lo Stratega, che fece vincere agli uomini la guerra contro i nani delle Ande Oscure. Jacob, appena raggiunto l’addestratore, gli si presentò allungandogli la mano e salutando con un cordiale buongiorno. << Buongiorno. Ora vieni con me che faremo un giro per la caserma, cosi la inizierai a conoscere per poterti muovere meglio. >>

Titubante, Jacob gli rispose: << Va bene Maestro. >>

<< I tuoi genitori sono qui presenti? >> gli chiese.

<< No. >>

<< Li hai salutati come si deve? >>

<< Sì maestro. >>

<< Ok, allora andiamo. >> disse sorridendo al diciassettenne.

   
 
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