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Autore: Sandra Prensky    26/06/2015    2 recensioni
Ahia.
L'unica cosa che sembrava avere un senso compiuto nel marasma che regnava nella sua testa. Non c'era un solo millimetro del suo corpo che non le dolesse, che non sembrasse andare a fuoco.
Qualcuno faccia smettere quel fischio, pensava. O era solo nella sua testa? Le lacerava i timpani. Voleva solo tornare nell'oblio, dove non avrebbe sentito tutto quel dolore. La sua mente era vuota, non riusciva a formulare dei pensieri di senso compiuto, ma non le importava. Non le importava sapere chi fosse, dove si trovasse, cosa ci facesse lì o cosa fosse successo. Voleva solo che tutto finisse.
Genere: Azione, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Ahia. 

L'unica cosa che sembrava avere un senso compiuto nel marasma che regnava nella sua testa. Non c'era un solo millimetro del suo corpo che non le dolesse, che non sembrasse andare a fuoco.
Qualcuno faccia smettere quel fischio, pensava. O era solo nella sua testa? Le lacerava i timpani. Voleva solo tornare nell'oblio, dove non avrebbe sentito tutto quel dolore. La sua mente era vuota, non riusciva a formulare dei pensieri di senso compiuto, ma non le importava. Non le importava sapere chi fosse, dove si trovasse, cosa ci facesse lì o cosa fosse successo. Voleva solo che tutto finisse. 

Sentì qualcosa di caldo e vischioso percorrerle la guancia. Con una fatica che le parve disumana, socchiuse lentamente le palpebre. Luce, luce ovunque. Non distingueva nemmeno i contorni delle cose che la circondavano. Non avrebbe saputo dire quanto rimase lì, se delle ore o pochi minuti, ad aspettare che il mondo si ridisegnasse intorno a lei. Quando finalmente i suoi occhi si abituarono alla luce, tutto ciò che vide erano macerie. Macerie, e sangue. Macchie rosse ovunque. Sbattè un paio di volte le palpebre e poi tentò di muovere la testa. Pessima idea. Le sembrava di avere un macigno al posto del capo. Mosse debolmente le braccia ancora doloranti. In qualche modo riuscì ad appoggiare una mano sulla propria guancia. Quando la ritrasse, c'era una macchia rossa anche sulla sua mano.Fantastico, pensò. Lasciò cadere il braccio nuovamente a terra. Ora che l'oblio era ormai lontano, pretendeva le risposte di cui prima non si curava. Cercò di far ordine nella confusione dei suoi penseri, trovare almeno il proprio nome.

Natasha.

Natasha Romanoff.

Già un inizio. Sospirò, guardando verso l'alto. Il soffitto dell'edificio era per metà crollato. Lo osservava con aria assente, senza fare niente altro o cercare di ricordare più informazioni. Per questo quando il secondo nome arrivò la colse del tutto impreparata.

Clint.

Chi diavolo era Clint? Un parente, un amico, una persona che stava cercando? Cercò disperatamente la risposta per un po', fino a quando un ricordo arrivò a seguire il misterioso nome.

 

 


Una pallottola le passò a pochi centimetri dal viso. Sempre a complicare tutto, questi americani. Si girò e aprì il fuoco a sua volta, facendo comparire una chiazza rossa all'altezza del petto dell'uomo con il fucile dietro di lei. Prima di girarsi e continuare a correre notò un simbolo di aquila sulla divisa dell'agente che aveva avuto la sfortuna di mancarla. Continuò a correre, fino a trovare un edificio abbandonato in fondo alla via. Vi si infilò, accertandosi di aver seminato tutti gli agenti. Si accasciò in un angolino nascosto a riprendere fiato. Doveva aver corso per mezza Budapest senza fermarsi. Era tutta nera di polvere, e aveva diversi graffi sulle braccia. Appoggiò la testa al muro dietro di sè, chiudendo gli occhi. Sentì lo spostamento d'aria giusto in tempo per scattare in avanti ed evitare... Una freccia? Davvero? Si girò verso la direzione dalla quale proveniva. Vide un uomo biondo che dimostrava qualche anno in più di lei guardarla con lo stesso stupore che aveva anche lei dipinto sul volto. Rimasero paralizzati a guardarsi. Lui aveva un grosso arco in mano e una faretra piena di frecce sulla schiena. La cosa che però la colpì di più erano i suoi occhi, ben visibili anche da quella distanza. Erano di un azzurro che lei non aveva mai trovato nemmeno in Russia, con delle ombre grigie. Quel momento di pausa però durò poco. Lui si riscosse e incoccò un'altra freccia, lei andò a ripararsi dietro una colonna tirando fuori una pistola. Sentì un sibilo, e una freccia si conficcò nel muro davanti a lei un secondo dopo. La guardò stranita. Se non l'aveva lanciata per colpirla, allora perchè.... Capì quando la punta iniziò a lampeggiare. Si allontanò dal nascondiglio giusto in tempo per evitare la piccola esplosione causata da essa. Si girò di scatto e si ritrovò faccia a faccia con lui. Questa volta però era pronta, e riuscì a fargli perdere l'equilibrio prima che lui riuscisse a prendere una freccia. Lo bloccò a terra.

"Sei una persona molto difficile da trovare, lo sai Vedova Nera?"

"Talmente difficile da far esasperare le organizzazioni americane a tal punto da mandare Robin Hood a fermarmi."

Lui riuscì a liberarsi dalla sua presa e lei fece una capriola all'indietro per mantenere l'equilibrio. Puntò la pistola verso di lui, e premette il grilletto. Lui evitò il proiettile come se niente fosse e puntò una nuova freccia verso di lei. Di nuovo lei riuscì a evitarla per un soffio. Gli corse incontro, riuscendo a colpirlo con un pugno sulla mascella. Lui indietreggiò barcollando, lei ne approfittò per prendergli l'arco e iniziò a correre su per le scale dell'edificio. Sentiva il suo passo dietro di lei, ma lui era molto più lento. Si infilò in un corridoio, girandosi a vedere dove fosse. Nessuna traccia di lui, fino a quando si ritrovò un braccio a stringerle il collo. Cercò disperatamente di divincolarsi dalla presa, ma servì solo a fargliela stringere. Lasciò andare l'arco, e lui lo prese immediatamente al volo.

"Mai sottovalutare Robin Hood, Vedova." 

 Poteva quasi percepire il suo sorriso di scherno mentre tentava di prendere aria. Riuscì ad avvicinarsi abbastanza da puntargli i suoi pungiglioni sulla pancia e rilasciare una scarica elettrica che lo costrinse a mollarla. 

"Nemmeno una Vedova Nera, Robin"

Cercò di scappare, ma una freccia le passò vicina alle gambe. Sembrava una normale freccia, fino a quando una rete andò a legarle le caviglie e farle perdere l'equilibrio. Imprecò sottovoce in russo. Strisciò all'indietro per allontanarsi da lui, fino a quando si trovò spalle al muro, bloccata dall'arciere sull'altro lato. Fine della corsa.

 "Okay, ma una cosa rapida. Uccidimi e porta il mio cadavere in America, complimenti, hai sconfitto la Vedova Nera." Disse tra i denti.

"Io ho un'altra idea."

Studiò la faccia del ragazzo, il suo sorriso rassicurante. Era di sicuro una copertura. Quale doveva essere la sua idea, torturarla fino a quando lei non avesse fatto nomi? Ci era abituata, ormai, le torture non la spaventavano. 

"Se devi prendermi per torturarmi puoi anche evitare. Non vi dirò niente"

Il ragazzo rise, e lei lo guardò confusa. Era proprio un bravo attore.

"No, la mia idea era di portarti con me. Sai, saresti utile allo SHIELD. Ucciderti sarebbe uno spreco, sei brava."

A lei l'idea parve così improbabile che trattenne a stento una risata. 

 "E perchè mai dovrei fidarmi di te?"

"In effetti, non c'è motivo. Puoi solo fidarti. Cos'hai da perdere? Non mi dire che ti mancherà il KGB."

L'arciere l'aveva inquadrata subito. Aveva ragione. Lei lo guardò senza rispondere, lui le tese la mano. Avrebbe potuto ucciderla. Era quello per cui era stato mandato... E invece le stava offrendo un'opportunità. Perchè? Doveva esserci una fregatura, da qualche parte. Eppure, qualcosa nello sguardo del ragazzo le faceva venire voglia di fidarsi di lui. Lei, che non si fidava nemmeno della sua ombra. Scosse la testa. Devo essere impazzita, pensò. Afferrò la mano del ragazzo, che la aiutò ad alzarsi e a liberarsi delle corde.

"Allora, la nostra Vedova Nera ha anche un nome o...?"

Lei lo squadrò un attimo. 

 "Natasha."

"Piacere, Natasha. Benvenuta nello SHIELD. Io sono Clint." 

   
 
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