Libri > I Regni di Nashira
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Autore: _Star_Fire_    26/06/2015    0 recensioni
Questa fic l'ho scritta da piccola. É l'infanzia di Talitha e Lebitha(alcune cose sono mischiate al film di Frozen,perché Anna e Elsa mi ricordano molto le due protagoniste;),anche se so che Licia Troisi ha pubblicato anche un capitolo originale su questo argomento.
La mia é un pò diversa,e forse alcune cose non torneranno,ma cercherò di correggerla:). Scusate in anticipo per la mancanza dell'htlm,ancora non ho scoperto come inserirlo:(. Spero che vi piaccia
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lebitha, Megassa, Saiph, Talitha, Un po' tutti
Note: Cross-over, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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Anyas stava piangendo, le mani sul volto. Saiph sarebbe potuto morire se la bastonata fosse stata forte. Lebitha corse dalla sua balia, trascinando la sorellina per un polso. Talitha cascò tra il fango, ma lo stesso si rialzò e seguì la sorella, buttandosi tra le braccia di Anyas. "Scusa Nyanya, e tutta colpa mia, tutta colpa mia! Ti prego perdonami!" Lebitha scoppiò a piangere per la prima volta in quel giorno. Per quanto ricordasse, Talitha non l aveva mai vista piangere. Sua sorella non piangeva mai, infatti. Alcuni femtiti si girarono verso la contessina, stupiti. Lei sapeva che davanti a suo padre non poteva farsi vedere così vicina ad uno schiavo. Sperando che non l'avesse vista si scostò da Anyas di dieci passi, come era regola. Tirò per il colletto anche sua sorella, strappandola dal petto di Nyanya. Ma il conte sapeva che le figlie si sarebbero precipitate dalla femtita, e da quando erano scese in giardino non aveva occhi che per loro -"Stupide mocciose, adesso vedrete..."- bisbigliò tra i denti. Si alzò e disse a voce alta"Due bastonate verranno inflitte al femtita di nome Saiph" A quelle parole Anyas urlò tra le lacrime e svenne. Talitha si liberò dalla presa della sorella e corse dalla balia. Le mosse un braccio e la chiamò. "Nyanya, Nyanya!" Ma la femtita non rispondeva. Lebitha la lasciò fare: ormai non c'era più niente da fare. Con due bastonate Saiph sarebbe morto di sicuro. La mente della contessina rimase come sospeva in un limbo. Non sentiva niente, non riusciva a pensare niente. Si riscosse solo quando vide entrare il suo piccolo amico, con un braccio strizzato da un talarita ed una mano in bocca. Il sangue che era colato dal labbro si era rappreso. Dal naso colava moccio e le guance sembravano essere solcate da lacrime. Con i suoi occhi d oro cercò un volto amico. Non appena vide Lebitha si tolse la mano dalla bocca, la aprì e la chiuse un paio di volte per salutarla, poi la asciugò dalla saliva strusciandosela alla maglitta di iuta. La contessina ricambiò il saluto. "Non ti preoccupare, piccolo. Non lascerò che ti uccidano" pensò. Il talarita che teneva Saiph lo fece salire su una pedana di legno, e lo fece inginocchiare. Poi l'uomo scese e andò a prendere un Bastone. La folla radunata nel cortile che fino ad ora aveva bisbigliato e pianto si zittì di colpo. Il talarita saltò, prendendo dal ramo di un piccolo Talareth appena piantato nel cortile una piccola pietra, che brillava fulgida. Lebitha non ci aveva mai fatto caso: quell albero era carico di cristalli di Pietra dell' Aria. La incastonò nel bastone, e risalì sulla pedana con un sorrisetto maligno. Lebitha fu di nuovo percorsa da un brivido di rabbia. Strinse forte i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. Nessuno se ne accorse, neppure lei, ma i suoi pugni iniziarono a brillare lievemente di una luce azzurrina. Una pietruzza cascò da un ramo dell albero, colpendola su una spalla. Non appena la sentì, la contessina si girò di scatto, come una bestia inferocita. Quando però vide a terra il cristallo di Pietra dell Aria si calmò appena, e, velocemente, lo prese. Quando Lebitha lo toccò il sassolino cominciò a brillare, come quella volta, un anno prima. Sentì una forza partire dalle braccia e arrivare alle dita, un fiume che voleva sfociare dalle sue unghie. Lebitha capì: era il suo potere, il suo Es. Era una maga potente, molto potente, un eccellente sacerdotessa. Il talarita abbassò con forza il bastone sulla schiena di Saiph. La sua faccia non si riempì neppure di lacrime. Prima si contorse in una smorfia di dolore. A Lebitha fece perfino paura. Le fece paura il volto del suo più caro amico, quasi un fratello, per lei. Saiph si accasciò a terra. Non era morto, ma respirava a fatica. Lebitha non potè trattenere il suo Es. Uscì dalle sue dita in miriadi di piccole scagliette iridescenti, che sembravano fiocchi di neve. La neve. Le era sempre stata legata. Ora, si, si sentiva come la neve:fredda, spietata. La magia colpì in piena spalla l aguzzino di Saiph, facendolo finire in terra con il braccio pieno di sangue. Lebitha ebbe un lieve giramento di testa, e subito dopo scivolò all indirtro in una pozza di fango. Durante la caduta mise le mani aperte un po dietro la schiena, per attutire la caduta. Ma non appena le mani atterrarono, il fango acquoso si gelò all istante sotto il suo tocco. La folla fece alcuni passi indietro, per allontanari impaurita da lei. Solo Talitha era rimasta lì vicino alla pozza ghiaciata, accanto al corpo di Anyas. Aveva gli occhi spalancati, e guardava con espressione a metà tra il terrore e la sorpresa sua sorella. Lebitha non capì subito cosa era successo. Guardò un attimo la sorellina con la testa inclinata e un sopracciglio alzato, come per dire "che c'è? " . Talitha solo allora si alzò e fece due passi indietro, spaventata. Lebitha notò che guardava in giù. Guardò in basso anche lei, e si accorse della lastra di ghiaccio biancastro che la sottostava. Non poteva credere di essere stata lei. Non era riuscita a controllare il suo potere. All inizio pensò pure che la pozza non si fosse ghiacciata per opera sua. Ma subito dopo vide la forma di due manine impresse nel ghiaccio. E non solo la forma. Lungo il contorno di esse l acqua si era increspata, durante l impatto, ed ora intorno alla forma delle mani c' erano delle piccole onde ghiacciate. Le sue mani. Ne era sicura: le sue. -"No, no! Non è possibile, io non sapevo neanche di questi maledetti poteri! Non sono stata io!" - Lebitha si guardò intorno agitata, esasperata, con gli occhi pieni di lacrime. -"Prendetela! È una strega!" - Ordinò il conte. Subito due uomini della Guardia scattarono verso di lei. -"No, no!" - Lebitha era disperata. Ma pensò in fretta. Ormai si era rovinata la vita, tanto valeva usare i poteri anche per salvarsi. Chiuse gli occhi e battè un piede a terra. Dalla sua scarpetta azzurra partì un altro strato di scivolosissimo ghiaccio che ricoprì più della metà del grande cortile. Gli uomini,come previsto, cascarono e la contessina svelta si diede alla fuga correndo senza problemi sul suo incantesimo. Ma neanche quello riuscì a fermare la furia di suo padre: ordinò di sbarrare il portone che separava il palazzo dal giardino. Fu il caos: senza una via d uscita la gente cominciò a correre impaurita, stando però attenta a non avvicinarsi troppo a Lebitha. Anyas intanto era rinvenuta, e vedendo la sua gente scappare prese velocemente in braccio Talitha che piangeva forte, e corse da Saiph, che urlava terrorizzato in ginocchioni sulla pedana di legno con le mani sugli occhi. Lebitha iniziò a tempestare di pugni il portone, che si ricopriva di una sepre più spessa patina fredda e bianca. - "Basta! Basta! Stupido potere tornatene da dove sei venuto!" - Pensava Lebitha, dopo aver visto che la neve che le usciva dalle mani contro la sua volontà complicava le cose: ora la porta era bloccata. Intanto tre uomini le si erano fatti vicini. Guardò oltre a loro per scorgere un volto che potesse aiutarla, ma dietro vide solo un ragazzino talarita un po più grande di lei, per il quale Lebitha aveva una cotta. Si scordò del ragazzino ed, emettendo un grido di rabbia, si buttò su uno dei tre uomini con tutta se stessa. Lo colse alla sprovvista, d'altronde nessuno si aspettava ciò da una contessina, tanto meno da una timida e docile quale gli era sempre sembrata Lebitha. Ma lei non perse tempo: con forza graffiò a sangue il volto dell uomo. Un altro le si avvicinò con la spada, ma la contessina si girò verso di lui con occhi fiammeggianti, aprì una mano verso la spada che si congelò all istante. Poi la chiuse. La lama dell arma andò in mille pezzi. Il terzo talarita si diede alla fuga. Nessun soldato ebbe il coraggio di riavicinrsi a lei. Anche se era una strega era una guerriera magnifica. Chissà che Guardia incredibile sarebbe potuta diventare,se solo avesse potuto frequentare lezioni di spada. Il conte era sparito dal suo trono. Lebitha, con il fiatone, si guardò intorno inorridita dal macello che aveva combinato. Sulla pedana vide Anyas con i due bambini in braccio. Saiph sembrava essersi ripreso un po. Le bastò che le persone a lei più care stassero bene. Poi il senso di colpa:"Che cosa ho fatto? Cosa mi è successo? Sono diventata un mostro!". Già che c'era, però, decise di lanciare a tutti un avvrtimento. - "Questo succederà a chiunque oserà torcere un capello al femtita Saiph!". - A quel punto gesticolò un po con le mani, le portò sopra la testa e le riabbassò aprendole verso il basso con velocità. Grossi e alti spunsoni di ghiaccio di innalzarono dal terreno davanti a lei. La gente intorno rimase paralizzata dalla paura. Le Pietre del piccolo Talareth persero la loro luminosità. Adesso erano solo sassolini scuri. Lebitha era esausta. Megassa, dietro di lei, approfittò di quel momento per prendere un'altra volta la figlia per i capelli e trascinarla personalmente in camera sua. Dopo poco sbatterono dentro anche Talitha, che mantenne le distanze dalla sorella. A Lebitha venne da piangere. - "Litha non avere paura di me. Io non ti farò mai del male, io ti voglio tantissimo bene." - Le sorrise stancamente. Talitha sembrò riacquistare fiducia. Per quanto sfinita fosse, e anche se la fonte di magia le mancava, Lebitha girò un po le mani avvicinandole l una all alta. Presero a brillare di una luce azzurrina. Talitha guardò con ammirazione la luce che illuminava la stanza buia. Vedendo sua sorella felice dell incantesimo, volle fare qualcosa di speciale, anche se si stava addormentando in piedi. Sempre girando le mani formò un bellissimo diadema di ghiaccio luminoso e lo mise sulla testa della sorellina. Litha rimase estasiata da quell oggetto nato dal nulla, e vedendo qualcosa luccicare sopra la sua testa guardò su, congiunse le manine stringendole e portandole sotto il mento. La sua espressione di sorpresa si trasformò in un sorriso aperto. Lebitha si senti immensamente felice. - "Ora sei come la Regina della Neve" - le disse - "Come te!" - rispose Talitha di rimando. Lebitha sentì una fitta allo stomaco. Ma poi purtroppo capi che la sorella aveva ragione. - "Si, come me..." - aggiunse con un sorriso triste. - "Bitha staà emple co me?" - - "Si Bitha starà con te... finché potrà starà sempre con te." - La sorellina fu contenta. Si buttò tra le sue braccia e si addormentò in un baleno. Lebitha la portò a letto. Le tolse il diadema mezzo sciolto dalla testa piena di riccioli ramati, che al suo tocco però, si riaccese un pochino. Schioccò le dita e la coroncina si disdolse in delle volute bianche luccicose. Meglio se si manteneva in forze: suo padre non le avrebbe fatte uscire dalla camera facilmente. Aveva già chiuso a chiave e messo una sentinella di guardia. La notte Lebitha non dormi subito. Sentiva suo padre urlare con sua madre. - "La prossima volta che ti riavvicini ad una di loro, che mostri interesse o per Talitha o per Lebitha, te ne ammazzo una, delle tue figliole. Giuro! Te ne ammazzo una! In quanto a quella strega... la terrò d occhio, e a quattordici anni via in monastero! Diventerà Piccola Madre, cosi non darà noia a nessuno qui." - Lebitha capì solo ora la grandezza dal guaio che aveva combinato. Doveva trovare un modo per cancellare dalla mente di tutti il ricordo di quella giornata. Sapeva che esisteva un modo. Ma quale? Mentre pensava a tutto ciò,però, le tornò in mente il ragazzino di cui era innamorata: Kristen. Con quel dolce pensiero, si abbandonò al sonno.
   
 
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