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Autore: Skull D Rix    26/06/2015    0 recensioni
Londra, 1546
Edward é un ragazzo in cerca di un piccolo guadagno per vivere. Un giorno viene invitato a bordo di una nave mercantile per la tratta degli schiavi con il ruolo di mozzo. Inizierà una grande avventura e nasceranno nuove amicizie che lo spingeranno a ripetere il viaggio per rimediare ai danni commessi.
Genere: Avventura, Azione, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Il sole opaco si alzava lentamente al di sopra del mare nel cielo rosato. Le leggere nuvole lo circondavano senza coprirlo. Era uno spettacolo.
Richard Knight era appoggiato al bordo sinistro della nave. Osservava quella scena con nostalgia. Lo faceva ogni mattina, era come un rituale per lui. Gli ricordava i vecchi tempi.
Un uomo anziano si fermò alle sue spalle.
<< Anche oggi sei qui? Deve proprio piacerti l’alba. >>.
Knight si girò solo per vedere la persona in faccia. Il suo sguardo gelido tornò subito verso l’orizzonte.
<< Bah, divertiti. >> concluse il vecchio, sorridendo.
 
<< Alzate il fondoschiena, marinai! O sarò costretto a riempirlo di calci! >>. La voce potente del capitano rimbombava in tutti gli alloggi. L’equipaggio si fiondò fuori dai letti, chi prima e chi dopo.
Ovviamente Edward fu l’ultimo: si svegliò solo perché Harry, nell’amaca sopra di lui, gli cadde addosso. Entrambi, ancora doloranti, si misero in riga con gli altri.
<< Voglio raggiungere le Canarie in meno di due settimane, quindi datevi una mossa! Brooks! >> disse John Parrot rivolgendosi al ragazzo accanto a lui. << Svegliali un po’ con una delle tue canzoni. Voglio sentirvi cantare! >>.
Oliver Brooks era un ragazzino molto giovane e timido, forse anche un po’ imbranato, ma aveva un gran talento musicale. Suonava il violino, uno strumento poco conosciuto, ma dal suono celestiale. E anche la sua voce era melodiosa: riusciva a trascinare tutta la ciurma nel canto.
<< Ehm… sì… >> disse il ragazzo. Appoggiò l’arco allo strumento e iniziò. Tutta la ciurma iniziò a lavorare canticchiando: era una canzone molto famosa e conosciuta tra i pirati, lo stesso Capitano la aveva insegnata alla ciurma la sera precedente. Gli ricordava i vecchi tempi. La canzone parlava di ciò che prova ogni pirata quando naviga, si chiamava “Il liquore di Binks”.
 
Edward e Harry erano come al solito a pulire il ponte, circondati dal continuo movimento dei loro compagni di viaggio: Jack, il ragazzo dai capelli rossi, era occupato ad osservare la direzione della nave sull’albero maestro, Rob Dumb sistemava i pochi cannoni sul ponte urlando e imprecando, Richard Knight era fermo a poppa e osservava la ciurma, il capitano era nella sua cabina e aveva lasciato il controllo dell’ imbarcazione a Will James, il timoniere e carpentiere di bordo.
<< Ehi, Eddy, non dovevamo andare nella stiva oggi? >> disse Harry Ponds.
Il biondo rispose: << Sì, aspettiamo il momento giusto e filiamo sottocoperta. >>.
 
Poco dopo i due si scambiarono uno sguardo di intesa, lasciarono gli strofinacci e strisciarono giù per le scale. Knight li seguì con lo sguardo, restando in disparte. Nessuno sapeva cosa pensasse, e nessuno osava guardarlo negli occhi.
I due si trovavano sul piano degli alloggi, dove c’era anche un ampio spazio usato come stiva, con i rifornimenti per la ciurma.
<< Ok, è il momento. Per qualche ragione il Capitano non ci vuole dire cosa contiene la carena, ma ora lo vedremo con i nostri occhi. >>.
I due stavano per scendere la successiva rampa di scale, quando una mano li prese da dietro.
<< Ehi, …ragazzi! – Hic! – Dove credete di and… >>. L’uomo cadde a terra. Russava rumorosamente. Era un giovane uomo con i capelli mori raccolti in un codino, una barba non curata e i classici vestiti del dottore di bordo. Ed era già ubriaco di prima mattina.
<< Se questo è il dottore… >> disse Ed.
 
Arrivarono al piano inferiore. La stanza era buia. Per fortuna Harry aveva preso una torcia. La accese e vide.
Era completamente vuota.
I due si guardarono, camminarono in giro affannosamente. Questo poteva significare molte cose, ma la prima che passò per la mente dei ragazzi fu: << Siamo stati ingannati! >>.
Edward Evans trovò una porta: era la stiva. La aprì e trovò altri viveri, polvere da sparo e… altri oggetti di poco valore: qualche vecchia arma, qualche piccolo gioiello luccicante, della stoffa e dell’ alcol.
<< Non può essere… >> disse il biondo.
Harry si avvicinò a lui e osservò meglio quegli oggetti: << Questa roba… non vale niente! >>.
Erano sbalorditi. Avevano mille domande, ma nessuna uscì dalla loro bocca:
- Il Capitano è impazzito? –
- Ci stanno fregando? -
- Crede di fare soldi con questa roba? –
- Cosa faremo per i prossimi sei mesi? –
- Ci pagheranno? -
Erano immobili davanti alla stiva aperta, quando per l’ennesima volta vennero sorpresi da qualcuno. Questa volta era un vecchio, basso, con pochi capelli, bianchi come la barba.
<< Voi non dovreste essere qui! >> disse accarezzandosela.
I ragazzi si spaventarono, bisbigliarono delle scuse e tornarono di corsa sul ponte.
Il vecchio sogghignò. Il suo nome era George Fisher, il Secondo Ufficiale e cartografo. In effetti era strano che si trovasse lì.
Era un amico del capitano, che si era imbarcato con lui in onore dei vecchi tempi.
 
I mozzi passarono davanti al dottore ancora appisolato sul pavimento e tornarono a pulire il ponte. Nessuno dei due fiatava.
- Eppure… ieri ho chiesto in giro. – pensò Harry, mentre sfregava energicamente la scopa sul pavimento – Nessuno sa esattamente cosa trasporti la nave, molti credono si tratti di tessuti e stoffe… o mentono loro, o è il capitano a mentire! Ma a quale scopo… -.
 
Quella stessa sera la nave era governata da un’ atmosfera di tristezza: Brooks suonava una musica triste, i marinai si muovevano lentamente e borbottavano, poche luci illuminavano la scena. Anche il capitano, al timone, era stranamente silenzioso.
Ed era assorto nei pensieri: fissava il vuoto sdraiato sull’amaca. Aveva troppa paura di chiedere spiegazioni al capitano, poteva accadere di tutto: potevano essere uccisi, o peggio, non essere pagati.
<< Ehi Eddy, smettila di pensarci e andiamo a farci una bottiglia, in onore dei vecchi tempi! >> Harry si avvicinò all’amico.
Edward si girò dandogli le spalle: << Mi fa schifo il rum, sembra piscio di cane. >>.
<< Non importa, hai bisogno di liberare la mente, alzati! >>.
Il moro lo tirò su di forza e lo accompagnò a prendere l’alcol.
<< Aspettate, ho sentito che volete – Hic! – bere! Venite nella mia cabina, ho giusto quello che vi serve! >> il dottore li accompagnò in una stanza con molti letti e si sedette per terra, invitandoli a fare lo stesso. Poi prese una bottiglia e la diede in mano al biondo.
<< Cosa? Whisky? Ma non ce n’è sulla nave! >>
<< Strano, - Hic! - a me sembra che tu ce l’abbia in mano. Ma se non lo vuoi… >> il dottore allungò la mano come per riprendersi la bottiglia.
<< No, no, scherzavo! >> Edward iniziò a bere lentamente. Quel sapore gli ricordava i vecchi tempi…
I due bevevano avidamente, mentre Harry ci andava piano: voleva rimanere sobrio.
<< Allora… come ti chiami? >> chiese.
L’uomo ci mise un po’ ad elaborare la domanda, poi rispose: << Sono il Dottor Nicholas Dark, e quella che state bevendo è la mia riserva speciale. >>.
<< Senti, Dottor Dark, sa qualcosa sul contenuto della stiva? Cosa trasporta la nave? >> Harry mirava proprio a questo.
<< Uh? Non c’è nessun carico! Almeno… non ancora! >> detto questo cadde nel mondo dei sogni.
Aveva senso. Come aveva fatto ad essere così stupido? Probabilmente la merce doveva ancora essere caricata, magari alle Canarie, e poi sarebbe iniziato il suo trasporto per la rivendita. Si sentiva stupido per aver pensato ad un inganno.
Accompagnò Edward a letto e si mise a dormire. Effettivamente aveva ragione: la “merce” doveva ancora essere caricata.
  
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