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Autore: Mr Apricot    01/07/2015    3 recensioni
[TRAILER: http://youtu.be/ndfs75Lblkk]
Nome?
-Andrea
-Alberto
Età?
-18 anni
-Prossimamente 19!!
Segni particolare?
-Nessuno...
-Vediamo, occhi verde-ghiaccio, tanti e troppi tatuaggi...insomma, mi si vede lontano un miglio che sono io!
Sapresti definire il tuo carattere con una sola parola?
-Lunatico...molto!
-Solare!
Che lavoro fanno i tuoi genitori?
-Mio padre!? Psicologo...
-Ho solo una madre! Psicologa...che stress!
Che rapporto hai coi tuoi genitori?
-Mi sono dimenticato di dire che mio padre come secondo lavoro si impegna a rovinarmi la vita!
-Da piccolo mi usava come una cavia per i suoi studi...diciamo che il nostro rapporto non è certamente cominciato col piede giusto!
Come definiresti la tua vita sociale?
-Inesistente...
-Molto spesso mi sveglio con gente che non ho mai visto in vita mia! Ahah!
Etero o gay?
-Nessuna delle due...è normale?!
-Decisamente gay!!
Quante volte l'hai fatto?
-Mai!
-Troppe...
Ultima domanda: a cosa non potresti mai rinunciare nella tua vita?
-Facile: alla danza hip hop!
-E c'è da chiederlo?! Alla danza hip hop ovviamente!!
Genere: Fluff, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 8: Am I Wrong (ENVY)
 
Andrea's POV:
 
"Che c'è?!", chiese la dottoressa Martin,
visibilmente stizzita.
"Avrei urgentemente bisogno del bagno!",
esclamai con il sorriso più ingenuo e stupido
che sapevo fare.
 
Tutta questa storia stava cominciando a puzzare un po'
e visto che c'era mio padre di mezzo dovevo capire
a tutti i costi cosa stava succedendo!
 
C'erano poche cose che mi facevano scattare e sclerare
male di punto in bianco:
 
Primo: essere chiamato Andreino...o peggio, Andreuccio...
 
Secondo: che qualcuno mi dicesse che quando ballavo
facevo schifo, perchè non era per niente vero!
E al diavolo l'umiltà e la modestia in quei casi!
 
Terzo: i piani assurdi e senza senso che mio padre metteva
in pratica di punto in bianco...
 
I miei occhi si fecero due fessure.
 
Avevo a che fare con due psicologi di fama internazionale?
 
Che si preparassero ad avere a che fare con una
persona completamente pazza e psicopatica allora...
Volevo vederci chiaro!
 
"Non ho tempo adesso...", sbuffò lei. "Devo uscire e
sono pure in ritardo."
 
C'era qualcosa di stanco tirato nel suo
aspetto che non mi piaceva per niente.
 
"La prego!", dissi usando un tono patetico e mettendo
in bella mostra il mio classico aspetto anonimo da sfigatello,
sfoggiando poi un sorrisetto da bambinetto.
 
Unico obiettivo: Dovevo.Entrare.In.Quella.Casa.
ORA!
 
"Rischio di farmela qui e adesso...", cantilenai appoggiando
le mani sul cancelleto d'ingresso.
Eddai, apri il cazzo del cancello, stupida donna...
 
Dovevo sembrare un malato di mente,
ma in quel momento ero troppo preso
da quello che stavo facendo per pensarci.
 
Dopo qualche istante di tentennamento,
alla fine la dottoressa Martin cedette,
aprendo finalmente la porta del cancelletto.
 
"Tu!", mi girai poi di scatto verso Samantha.
"Se vedi mio padre, fermalo! Buttalo 
a terra se necessario!", ordinai.
"Che...?", fece lei guardandomi sconvolta.
"Fai come ti dico!", ribattei.
 
Dopodichè afferrai Ella per il polso,
trascinandola via con me.
"Andrea...", provò a dire lei. "Che stai..."
Non c'era tempo per le spiegazioni.
 
Senza dire nulla, buttai poco elegantemente
Ella letteralmente addosso alla dottoressa Martin,
che per poco non cadde.
 
"Ella, sii gentile e spiega alla signora i compiti che deve fare Alberto!",
dissi aggirando la donna ed entrando in casa
senza troppi complimenti.
 
Perdonami, amore mio!
 
Cominciai a guardarmi intorno senza farmi
troppi problemi a nascondere che stavo chiaramente
cercando qualcosa. O meglio qualcuno!
 
Apparentemente in quello che sembrava essere
il soggiorno, non trovai anima viva, così passai 
a grandi passi a controllare il resto delle stanze.
 
Di mio padre naturalmente neppure l'ombra...
ma sapevo per esperienza che sarebbe presto
spuntato fuori.
 
Spalancai ogni porta che trovai, finchè non ne
trovai una chiusa a chiave.
 
"Chi c'è qua dentro?!", esclamai bussando forte.
 
Nessuna risposta.
 
Mi appiattii sulla porta, appoggiandoci sopra l'orecchio
e cercando di captare qualche rumore,
mentre non la smettevo di bussare con sempre
più insistenza.
 
Improvvisamente, nel giro di pochi istanti, sentii 
il rumore dello scatto della serratura e vidi la porta
aprirsi. Non so perchè ma trattenni il respiro.
 
Am I wrong for thinking out the box from where I stay? 
Am I wrong for saying that I choose another way? 
I ain't trying to do what everybody else doing
Just cause everybody doing what they all do 
If one thing I know, I'll fall but I'll grow 
I'm walking down this road of mine, this road that I call home 
 
"Non si può neppure andare in bagn...
Che ci fai tu qui?", mi domandò
Alberto con aria sorpresa.
Sorpresa e...
 
"Come vi siete permessi?!", sentii tuonare dietro di me.
 
Ecco la rompi cazzo della madre di Alberto che si era
liberata dal mio diversivo.
 
Si frappose con prepotenza tra me e Alberto,
allontanando un poco il figlio e puntandomi un
dito contro, molto ma molto minacciosa.
 
"Se ti permetti un'altra volta di fare una cosa del genere...",
cominciò di nuovo a sbraitare.
 
"Dove si nasconde mio padre?", la bloccai con aria altrettanto
poco diplomatica e incrociando le braccia sul petto in tono di sfida.
 
Voleva giocare a chi aveva più controcazzi, la signora?
Bene! Giochiamo allora!
 
"Non so di cosa tu stia parlando...", disse lei, facendo scemare
tutta la foga di poco prima.
 
Indizio sospetto numero uno: stava palesemente mentendo.
 
"Lo sa perfettamente invece...", ribattei convinto.
 
"Ad ogni modo dovete andarvene immediatamente", fece
lei. "Altrimenti sarò costretta a chiamare la polizia!", minacciò.
 
Indizio sospetto numero due: troppo facilmente irritabile.
 
Ella, che nel frattempo ci ebbe raggiunto, sgranò gli occhi.
"Alberto...", provò a dire.
 
"Mamma...", cercò di intervenire lui, ma lei 
con un gesto della mano lo zittì, mentre con 
lo sguardo era intenta a trasmettermi tutta
l'ostilità di cui era capace.
 
Ressi il suo sguardo, sempre tenendo le braccia
incrociate e gonfiando il petto per darmi
maggiore imponenza.
 
"Signor Latorre!", sentii d'un tratto strillare da fuori. "Ma lei cosa ci fa qui!?"
 
Bingo.
 
E brava Samantha pure!
 
Rivolsi alla dottoressa Martin un sorrisetto
da Stregatto, per poi dirigermi a grandi
passi verso l'uscita.
 
"Papi!", esclamai tutto fintamente contento, 
quando lo trovai fuori, esattamente davanti alla
macchina che avevo visto prima e con Samantha che
lo stava trattenendo per un braccio,
stordendolo con discorsi a raffica.
Che donna!
 
"Come mai sei qui?", gli domandai con fare
innocente quando lo ebbi raggiunto.
"Andrea...", borbottò lui. "Che ci fai tu qui, piuttosto?",
mi rigirò la domanda.
E no mio caro!
"Io sono venuto ad avvisare Alberto", dissi alzando la voce in
modo che mi sentisse anche la madre. " Che i professori ci
hanno incaricato di dirgli che se non si presenta a scuola
nei prossimi giorni, visto che ha saltato un bel po' di verifiche,
gli fanno fare una brutta fine!", mentii spudoratamente.
Mi girai un'istante, appena in tempo per vedere la madre sussultare.
 
Era palese che era una che ci teneva all'andamento
scolastico del figlio!
 
Rivolsi poi un sorrisetto d'intesa ad Alberto
-che mi guardò comunque confuso-,
Ella e Samantha, in modo che mi reggessero
il gioco.
 
"È vero?!", esclamò la dottoressa Martin
girandosi sconvolta verso Alberto.
 
"Assolutamente!", si intromise Ella che era vicino a loro.
"Ci avevano chiesto di chiamare noi Alberto, prima che lo facessero loro!",
continuò poi.
 
"Davvero hanno intenzione di chiamare a casa?!", domandò sconvolta
la dottoressa Martin. "Non capisco, non ha superato il limite dei giorni di assenza!"
 
"Quando un professore c'ha le palle girate...", fece Samantha, rigirandosi
tra le dita uno dei suoi riccioli, con aria di chi la sapeva lunga. "...o fai quello
che vuole lui, o puoi ritenerti bocciato come minimo!"
"E io, Alberto, non vorrei essere al tuo posto!", disse poi.
 
"La Severi pensa che hai saltato il suo compito di proposito",
disse Ella. "Sai che non ti ha mai potuto sopportare!"
 
"E ora ha la scusa per rimandarti di brutto in matematica", aggiunse Samantha.
 
"Col rischio di non farti ammettere alla maturità...", fece Ella.
 
"Sai che quella se la lega al dito poi, vero?", domandò Samantha.
 
"E ti toccherà ripetere l'anno...", disse Ella con fare drammatico.
 
"Incomincerai in ritardo l'università", aggiunsi io.
 
"E quando entrerai nel mondo del lavoro?", continuò Samantha.
"Alberto, domani devi assolutamente venire a scuola!"
 
Che improvvisazione fantastica!
Ella e Samantha erano state fenomenali, stordendo di parole
la signora Martin, che ora tremava, visibilmente sconvolta.
 
"Ma...", cominciò a dire la donna.
 
"Niente 'ma'!", la interruppi io. "I professori fanno la legge!"
 
Ormai la signora Martin era sul punto di crollare. 
 
"Andrò io a parlare con gli insegnanti, per spiegare loro la situazione",
si intromise mio padre.
 
...
 
Contai mentalmente fino a dieci per cercare di sedare
sul nascere quel desiderio pressante di ammazzare mio
padre, dissanguandolo in quel preciso momento.
Grrrrrrr!
 
"Grazie, Marco!", fece la signora Martin, tranquillizzandosi un poco.
"Quanto a voi", disse poi, tornando alla sua maschera di freddezza.
"Se non ci sono altre questioni importanti, vi pregherei di andarvene!
Come ho già detto prima, ho da fare!"
 
"Alberto potrebbe...", iniziò a chiedere Ella, ma venne subito
interrotta dalla dottoressa Martin.
 
"E Alberto con me!", aggiunse la donna con un tono che non
ammetteva repliche.
 
Strinsi rabbiosamente i pugni delle mani.
 
Giuro che non sarebbe finita così
facilmente questa storia!
 
Oh, eccome se non sarebbe finita così!
 
So am I wrong? 
For thinking that we could be something for real? 
Now am I wrong? 
For trying to reach the things that I can't see? 
But that's just how I feel, 
That's just how I feel 
That's just how I feel 
Trying to reach the things that I can't see 
 
Dopo quell'episodio io, Ella e Samantha ci salutammo,
tornando ognuno ai propri impegni.
Per il momento non si poteva fare altro.
 
Tuttavia ero fuori di me!
 
Che cavolo stavano combinando?!
 
E soprattutto con così tanto mistero!?
 
Ci rimuginai sopra per non so quanto tempo,
finchè non tornò a casa pure mio padre.
 
"Che sta succedendo?", domandai andandogli incontro
a grandi passi.
 
"Non saluti nemmeno?!", esclamò lui mentre era intento
a togliersi le scarpe. "Dove sono finite le buone maniere?!"
 
Buttate nel cesso!
 
"Che è successo ad Alberto?", domandai, con un po'
più di calma.
 
"Come mai ti interessa così tanto?", mi guardò torvo lui.
 
"Perchè dobbiamo fare un corso insieme!", esclamai.
"Fatto fuori lui, mi ritrovo solo e nella merda io!", continuai fuori di me.
 
"E che corso sarebbe?", domandò poi mio padre.
 
Sbuffai spazientito. "Letteratura italiana...alla scoperta di Dante!", mentii
spudoratamente con un sorriso a trentadue denti.
 
Occhio per occhio, dente per dente, papi!
 
Se mio padre non mi voleva dire cosa stava combinando,
non ho capito perchè dovevo farlo io con gli affari miei.
Che si attaccasse!
 
"Tornando ad Alberto...", feci poi. "Mi serve!"
 
"Non riesci a fare questa cosa da solo?! È solo letteratura, Andrea!"
 
"E sono solo un numero imprecisato di ragazzini!", obiettai. "E comunque no, non ce la faccio! Voglio pure Alberto!"
 
Vidi mio padre riflettere per qualche secondo. "Che rapporto hai con
Alberto?", domandò poi di punto in bianco.
 
"Che rapporto dovrei avere con lui?", domandai a mia volta perplesso,
strabuzzando gli occhi e aggrottando le sopracciglia.
 
"Non lo so...", fece mio padre. "Lui come ti tratta?"
 
C'era qualcosa che suonava strano in quella domanda,
dove voleva andare a parare mio padre con quel discorso?
 
"Siamo solo compagni di classe", risposi semplicemente,
il che era la pura verità poi.
 
"Mm...", fece mio padre, perso in chissà quali pensieri.
 
Non mi aveva ancora detto un tubo di quello
che volevo sapere però!
 
"Che è successo alla signora Martin?", tornai alla carica.
"Sembrava così stressata...sta male, per caso?", domandai
innocente.
 
Mi resi conto solo in quel momento che persino
mio padre era stranamente meno polemico
e puntiglioso del solito...
La faccenda si faceva seria!
 
"No", rispose mio padre.
 
"Sei sicuro?", domandai ancora.
 
"Sì", disse lui.
Mannaggia a lui! Dovevo sapere qualcosa di più!
 
"È stata vista da un medico? Aveva una brutta cera oggi!", commentai.
 
"No...è solo stressata", fece vago mio padre.
 
"Stressata da cosa?", insistetti.
 
"Da Alberto..."
 
E stì cazzi però, eh!
 
"Che ha fatto?", chiesi, cercando di mantenere
la calma e non sclerare dal nervosismo.
 
"Niente..."
 
"La signora Martin non sembra una che
si lascia turbare da niente...", commentai,
inarcando un sopracciglio.
 
Touchè!
 
Mio padre si passò una mano sul viso,
con fare stanco.
 
"Alberto ha preso un vizio altamente insano e deleterio...", cominciò.
 
Alberto si drogava?! Ero allibito!
 
"È drogato?!", domandai sconvolto.
 
"No...", rispose mio padre. "E questi ultimi giorni
io e sua madre li abbiamo passati a cercare di fargli
capire quanto il suo comportamento fosse sbagliato."
 
"E come?! Rinchiudendolo a chiave come in una prigione?!", domandai ironico.
 
"Se non ci fossi stato io...", fece mio padre terribilmente serio. "Sua madre
l'avrebbe sicuramente fatto."
 
A quelle parole mi si gelò il sangue.
 
"Il che ha dell'incredibile...", continuò mio padre tra sè.
 
Perchè c'era pure dell'altro?! Questo putiferio già di per sè non bastava?!
 
"Lucia non ha mai ascoltato nessuno al di fuori di se stessa...", disse poi.
 
Chissà perchè ma la cosa non mi sorprendeva granchè...
 
"E di Giuseppe", aggiunse poi.
 
Ecco! Era questo che volevo sentire!
Informazioni utili!
 
Alzai gli occhi al cielo e ringraziai mentalmente Dio.
 
"Giuseppe chi?", domandai innocentemente, mentre
la mia mente diabolica cominciava a lavorare.
 
"L'ex marito di Lucia...il padre di Alberto", rispose mio padre
con voce lontana.
 
Sembrava che non stesse nemmeno parlando con me in quel momento.
 
"Giuseppe...", dovevo avere un nome preciso. "...Martin?", buttai lì.
 
"No!", esclamò lui. "Giuseppe Fufigna!", disse con fare ovvio.
 
Pff...Ahahah...okay, no!
Mi morsi una guancia per non scoppiare a ridere!
Dovevo rimanere serio e concentrato!
Tuttavia rischiai di soffocarmi con la mia stessa saliva!
 
"Non ha riconosciuto Alberto?", domandai.
 
"Lucia non gliel'ha mai fatto sapere", rispose semplicemente mio padre.
 
"Perchè?"
 
"Non ha mai superato il fatto che lui abbia preferito un uomo a lei", fece poi.
 
Okay, mi ero perso un passaggio.
 
"Il padre di Alberto è gay?", domandai.
 
"Non solo lui a quanto pare", rispose mio padre. "E per Lucia è come rivivere un incubo...già allora rimase profondamente sconvolta!", disse con gli occhi persi
chissà in quali ricordi.
 
Stava cominciando a divagare troppo per i miei gusti.
"E il padre che fine ha fatto? Si vedono ancora? Cos'è che l'ha sconvolta tanto?",
domandai a raffica, approfittando del fatto che mio padre avesse finalmente cominciato a parlare!
 
"Lui...", cominciò mio padre. "Ha un piccolo bar,
un po' in periferia...", dunque stava in questa città? Ottimo...
"...Lucia questo non lo sa, da quando lui l'ha lasciata, non
ha voluto più sentirne più parlare! Però quando stavano
insieme lei era letteralmente persa...Lui aveva una fortissima
influenza su di lei."
 
"E cosa pensi che succederebbe...se, per caso, si incontrassero
adesso...dopo tanto tempo?",
domandai cauto.
 
"Non saprei...", fece mio padre. "Certo,
sicuramente Lucia sarebbe ancora facilmente
completamente assorbita dalla sua presenza,
come ai vecchi tempi."
 
Era così tanto pericoloso quest'uomo!?
Comunque...nel frattempo il cervello malato
aveva partorito una meravigliosa, fantastica
e alquanto fuori di testa, per non dire
magnifica, idea!
 
"Meraviglioso!", cinguettai allegramente poi di punto in bianco.
"Vado a preparare la cena!"
 
Muahahahahah!
 
Am I tripping for having a vision? 
My prediction: I'ma be on the top of the world
Walk your walk and don't look back, always do what you decide 
Don't let them control your life, that's just how I feel 
Fight for yours and don't let go, don't let them compare you, no 
Don't worry, you're not alone, that's just how we feel 
 
Okay...
 
Ricapitoliamo:
 
Stavo brutalmente saltando la scuola...
 
Dopo aver passato tutta la notte in bianco a fare
ricerche su internet e a rimuginare...
 
Per andare a trovare uno sconosciuto...
 
Sul quale non sapevo una benemerita minchia...
 
Il tutto per cercare di smuovere quell'essere di ghiaccio
della madre di Alberto...
 
Così che Alberto potesse tornare a scuola...
 
E fare quel corso di hip hop.
 
Bene, e dopo questa potevo rendermi conto di quanto 
la mia mente fosse seriamente malata e problematica!
 
Lo stavo veramente facendo tutto questo per uno stupido
corso di hip hop?
 
Solo perchè volevo parteciparvi pure io?
 
Solo per soddisfare un mio desiderio?
Altamente egoistico tra l'altro!
 
O c'era anche altro?
 
Perché stavo arrivando a spendermi tanto per una
persona? Con cui non avevo neppure chissà quale rapporto poi!
 
Beh...qualcos'altro dovevo ammettere che c'era.
 
In tutta quella strana storia era palese che non se la stesse
passando per niente bene.
Se la cosa fosse rimasta tra lui e sua madre, non avrei
potuto fare più di tanto...ma c'era pure mio padre di mezzo.
Mio padre sapeva.
Mio padre era parte attiva in quella faccenda.
E questo mi faceva sentire responsabile di Alberto
in prima persona...nonostante non potessi
pretendere niente.
 
Però non potevo fare altrimenti.
 
Far finta di niente sarebbe stato il
comportamento peggiore di questo mondo.
 
E quello che stavo per fare mi sembrava
tra tutte l'idea migliore.
 
Feci un sospiro un bel respiro profondo,
dopodiché spinsi la porta d'entrata.
 
Mi guardai intorno, osservando ogni particolare
di quel locale.
 
Si trattava di un piccolo bar, di quelli ricavati da un precedente
vecchio edificio -lo si capiva da alcuni cavi elettrici che spuntavano
qua e là e da alcune tubature in vista palesemente arrugginite-.
Ma il tutto era ricoperto e decorato con colori a tinte pastello
e fiori dai colori sgargianti come tulipani, violette, girasoli.
Sembrava più una fioreria che altro!
Però nel complesso dava una bella impressione.
Forse non era un bar all'ultima moda,
ma si sentiva che c'era amore e passione
in quel locale.
Voleva essere un posto accogliente.
 
Buttai un occhio sul listino dei prezzi.
Rimasi stupito.
Non erano neppure alti!
 
Peccato che non ero lì per quello...
 
Mi avvicinai al bancone del bar, dove un ragazzo era intento
ad asciugare e a sistemare dei bicchieri,
mentre chiacchierava con l'unico altro cliente che c'era.
 
"Ciao", mi salutò il ragazzo non appena mi vide avvicinarmi.
 
"Ciao", gli risposi accomodandomi su uno sgabello.
 
"Cosa posso servirti?", mi domandò cordiale.
 
"Un caffè...", risposi semplicemente.
"Senti, posso farti una domanda?", feci poi con le mani che
cominciavano a tremarmi.
Fanculo all'ansia!
 
"Certo", fece lui, inserendo la polvere del caffè nella macchinetta.
 
"Per caso un certo Giuseppe...", mi veniva troppo da ridere. "Fufigna...lavora qui?"
 
"Sì! È il proprietario del bar!", mi rispose lui tranquillo.
 
"Non è che potrei parlare con lui?", okay, e dopo questa cominciavo
veramente a sentirmi un cretino.
Che cavolo stavo facendo?!
 
"Sì...", fece lui. "Un attimo che te lo vado a chiamare", disse sparendo dietro
una porta dietro al bancone.
 
Ora.
 
Volevo morire.
 
Volevo che la terra si spaccasse sotto i miei
piedi in quel momento e precipitare.
 
Volevo essere da qualsiasi parte, ma non lì.
 
Volevo scomparir...
 
"Ciao!", mi salutò un uomo spuntato da dietro la porta e
seguito dal ragazzo con cui avevo parlato.
 
E che cavolo però, neppure libero di finire i miei piani
di autodistruzione!
Questa era maleducazione, altroché!
 
Si trattava di un uomo dai capelli brizzolati ma dall'aria
incredibilmente giovanile, di altezza normale, ma con un fisico niente
male per un uomo della sua età -che poteva oscillare dai quaranta ai cinquanta-.
Mi sbagliavo pensando che Alberto avesse i tratti della madre.
Alberto era la fotocopia di suo padre.
Stessi tratti del viso.
Stessa forma del corpo, anche se Alberto era leggermente più magro del padre.
Stessi occhi verdi e freddi come il ghiaccio,
che però traevano in inganno,
viste le persone gentili e allegre che li possedevano.
 
"Ciao...", dissi guardandolo con aria interrogativa.
Perchè stavo facendo questa cavolata?
...
 
Ah! Sì, giusto! Alberto!
 
"Cioè, buongiorno!", mi corressi.
 
"Dammi pure del tu", mi disse l'uomo con fare amichevole.
 
"È lei Giuseppe Fufigna?", non gli dovevo ridere in faccia, non
gli dovevo ridere in faccia.
 
"Forse volevi dire: 'sei tu'?", mi corresse lui.
 
Darmi una cazzo di risposta no, eh?
Mi limitai a guardarlo.
 
"Sì, sono io", si arrese alla fine.
 
"Bene!", finalmente una buona notizia.
"Le devo assolutamente parlare!"
 
"Il 'tu' non me lo vuoi prorpio dare eh?", fece lui.
 
Mi limitai a sorridere in modo cordiale.
Chissà perchè ma...no, non gli volevo dare del tu.
Non mi girava proprio.
 
"Di cosa mi devi parlare?", mi domandò incrociando le braccia.
 
"Di suo figlio", mi limitai a rispondere come se nulla fosse.
 
Scoppiò a ridere.
"Mi sa che hai sbagliato persona!", esclamò tra una risata
e l'altra.
Anche il cameriere e l'altro cliente avevano cominciato a ridere.
 
Voglia di ammazzarli tutti?
Tanta voglia di ammazzarli tutti...
 
"Io penso di no...", risposi. "Le dice niente il nome Lucia Martin?", buttai lì.
 
Come c'era da aspettarsi, lo vidi sbiancare di colpo
e poco ci mancò che si strozzasse con...le sue stesse risate -era possibile?-
o comunque la sua stessa saliva.
Le risate si trasformarono di punto in bianco in violenti
colpi di tosse, tanto che il ragazzo dietro il banco cercò
di aiutarlo a calmarsi.
 
"Andiamo fuori!", disse poi con un filo di voce non appena riuscì
a riprendersi un poco.
 
   ***************
 
Senza dire un'altra parola, eravamo usciti dal bar e stavamo
passeggiando lì intorno, senza una meta precisa.
 
"Bene...", dissi poi d'un tratto per rompere quel silenzio
denso e imbarazzante che si era creato.
 
Cominciai a raccontare, mentre lui mi ascoltava
in silenzio, attento e concentrato, come se avesse voluto
stamparsi ogni singola parola che dicevo nella sua testa.
 
Gli parlai di Alberto, di come l'avevo conosciuto,
di tutti quello che sapevo di lui, della madre, 
un po' di me -per fargli capire chi ero-, di mio padre...
 
"Sei il figlio di Marco?!", mi interruppe lui.
 
"Sì, perchè?", domandai.
 
"Forse tu non ti ricorderai molto di me,
ma io mi ricordo di te, quando ancora eri
molto piccolo...", disse abbozzando un sorriso.
 
"Ah, sì?", dissi ridendo.
Questo non me lo sarei mai aspettato.
 
"Già...non avrei mai immaginato di vederti
cresciuto un giorno!", disse dandomi una leggera
pacca sul braccio.
"Mi fa piacere vedere che sei diventato un bel ragazzo",
aggiunse poi.
 
"Grazie", dissi solo, sorridendo.
La cosa che mi colpì di più era che non c'era malizia o altro
nella sua voce, semplicemente un poco di orgoglio.
Non mi dispiacque, nonostante non fosse il genere di complimento
che un ragazzo si sentiva fare da un uomo
più grande di lui -non così diretto almeno-.
 
"Senti, Andrea...", fece poi, fermandosi e ficcandosi le mani
in tasca. "Apprezzo tutto quello che hai fatto, che mi hai raccontato,
mi hai aperto un mondo!", fece una pausa. "Però capisci pure tu che,
dopo vent'anni non è che di punto in bianco possano cambiare le cose!
Nel senso, Alberto ha la sua vita e io non posso spuntare dal nulla
e stravolgergliela, se lui non ha mai provato a cercarmi.
Quindi, per quanto non so come quella donna possa averlo
cresciuto, insegnandogli ad odiarmi sicuramente, non è il caso
che io mi faccia vivo con lui..."
 
Lo guardai con la faccia sconvolta!
Come poteva dire una cosa del genere dopo che...
 
Giusto...non lo sa ancora!
 
Lo guardai serio, dritto negli occhi.
 
"E se adesso...", cominciai come se nulla fosse. "Le dicessi
che suo figlio potrebbe trovarsi in guai seri...lei cosa farebbe?"
 
Vidi due fiamme accendersi nei suoi occhi.
 
Am I wrong? (Am I wrong?) 
For thinking that we could be something for real? 
(Oh yeah yeah yeah) 
Now am I wrong? 
For trying to reach the things that I can't see? 
(Oh yeah yeah yeah) 
But that's just how I feel, 
That's just how I feel 
That's just how I feel 
Trying to reach the things that I can't see 
 
Alberto's POV:
 
 
Sbuffai spazientito, buttando la
testa all'indietro.
Non ce la facevo più.
 
Era da non so quanti giorni che stava
andando avanti questa storia.
Ormai avevo perso completamente
la cognizione del tempo.
 
Il primo giorno lo avevo passato chiuso
a chiave in camera mia, fino alla sera.
 
Lì il padre di Andrea era venuto ad aprirmi
la porta, dicendomi di essere riuscito a far ragionare mia
madre sul suo gesto un po' troppo sconsiderato
e impulsivo...ma comunque le cose non è
che fossero migliorate poi molto.
 
Non mi era permesso uscire,
neppure per andare a scuola.
Cellulare, computer, mp3...
mi era stato sequestrato tutto.
 
E ogni giorno lo passavo costretto ad
ascoltare i discorsi senza fine di mia madre,
che ovviamente non poteva accettare che suo 
figlio fosse gay.
 
Avevo sempre saputo che
covava un odio profondo versi
gli omosessuali...
ma non avevo mai capito il...perchè?
 
Non era una una malattia,
una perversione, una deviazione,
nulla di tutto ciò...era semplicemente
uno dei tanti aspetti di una persona.
Un aspetto che non si poteva
fare altro che accettare.
 
Perchè lei non lo capiva?
 
"Per la miliardesima volta, Alberto...",
ricomiciò mia madre.
 
Sospirai pesantemente.
Era da tre ore che stavamo seduti su quel
dannato tavolo, il tutto per stare a sentire
i suoi discorsi campati in aria.
 
Ma che altro potevo fare?
Che altro avrei potuto fare per
riuscire a risolvere quella situazione?
 
Il padre di Andrea si limitò
a lanciarmi un'occhiata.
 
"Ti rendi conto vero che", cominciò a dire
mia madre. "Gli...", non riusciva neppure a dirlo.
"Omosessuali...vengono continuamente
presi di mira per la loro...diversa natura?"
 
"Sì...", mi limitai a rispondere.
Sapevo già dove voleva andare a parare.
 
"E non pensi che un motivo ci sarà se succede questo?!",
esclamò poi. "Se la società non li accetta?! Li reprime?!"
 
"Magari la società è sbagliata...non i gay", ribattei
senza alcun tono nella voce.
Ero stanco...
 
Non ne potevo più di quella situazione...
 
Volevo solo essere lasciato in pace...
 
"Ma bisogna adattarsi a questa società!", contestò mia madre.
"Cos'è che non ti attrae di un corpo femminile?", tornò alla carica
dopo un attimo di silenzio. "Perchè provi repulsione per una ragazza?"
 
"Io non provo repulsione per una ragazza..."
 
"E allora perchè non dovrebbe appagarti
come tu sei erratamente convinto che
dovrebbe fare un uomo?!"
 
"Io...", feci per rispondere,
quando improvvisamente venni  interrotto
dal campanello della porta.
 
Vidi mia madre e il dottor Latorre
guardarsi sorpresi.
 
Inizialmente nessuno si mosse,
ma il campanello continuò a suonare con sempre
più insistenza, finchè non divenne
un fastidioso suono continuo.
 
Chiunque fosse, sapeva per certo che eravamo in casa.
 
"Guarda", fece mia madre alzandosi per andare ad aprire.
"Se è ancora tuo figlio, Marco, con quelle sue amiche, 
giuro che..."
Ma non appena aprì la porta d'ingresso 
la vidi sbiancare di colpo.
 
If you tell me I'm wrong, wrong 
I don't wanna be right, right 
If you tell me I'm wrong, wrong 
I don't wanna be right 
If you tell me I'm wrong, wrong 
I don't wanna be right, right 
If you tell me I'm wrong, wrong 
I don't wanna be right 
 
"Lucia! Da quanto tempo!", sentii dire da una voce
maschile che non riconobbi per niente.
 
Vidi il dottor Latorre invece scattare in piedi
e precipitarsi alla porta con la velocità di un razzo,
borbottando qualcosa di incomprensibile.
 
Dopo qualche minuto decisi di alzarmi anch'io
per andare a vedere cosa cavolo stava succedendo.
 
Davanti ad un ammuttolito dottor Latorre e una stranamente
rossa in faccia madre, c'era un uomo che non avevo mai visto.
Eppure aveva un'aria familiare...
 
Più o meno doveva avere la stessa età del dottor Latorre
e di mia madre, solo che aveva un atteggiamento molto più
giovanile e cordiale.
 
Quando mi vide buttò in male modo un mazzo di fiori che teneva
in mano addosso a mia madre, che nel frattempo non si
era ancora ripresa, mentre una strana luce gli illuminò gli occhi.
 
"Ma guarda!", fece rivolto verso di me. "Non pensavo che avrei trovato
un ragazzo venendoti a trovare!", esclamò verso mia madre.
"Quanti anni hai?", domandò poi rivolgendosi di nuovo a me.
 
"Diciannove...", risposi a malapena.
Chi era quest'uomo?
 
"Diciannove anni...", ripetè assorto fra sè l'uomo.
"Lucia, io ero passato per farti una visita di cortesia, ma qui mi sa
che mi devi dare un paio di spiegazioni!", disse l'uomo.
 
"Lui non è tuo...", cominciò a sibilare mia madre.
 
"Ah!", la interruppe l'uomo. "È inutile che provi a mentire! Sai che
con me non ci riesci!", esclamò l'uomo scoppiando a ridere.
"E di certo non può essere figlio di Marco! Guardalo! Assomiglia
tutto a mia madre!", esclamò di nuovo lui tra una risata e l'altra.
 
Improvvisamente ebbi un violento brivido lungo
la schiena.
Chi diavolo era quest'uomo?!
 
"E così ho un figlio e non mi hai mai detto niente in vent'anni?",
domandò retorico l'uomo.
 
Mia madre non disse niente.
Era la prima volta che la vedevo in difficoltà.
 
Se io sono suo figlio...allora vuol dire che lui è...
 
"Beh, vorrà dire che magari per recuperare un po' il tempo
perso, potrei approfittarne per fare una chiacchierata con mio
figlio visto che sono qui!", disse guardandomi negli occhi,
pieno di orgoglio.
 
C'era qualcosa di incredibilmente assurdo e irreale
in un uomo che si presenta di punto in bianco
a casa tua e dal nulla comincia a dire che sei suo figlio...
Ma c'era il silenzio di mia madre a dare conferma alle sue parole...
 
"Tu non...", cominciò a dire mia madre.
 
"Io non cosa?", domandò lui.
 
"Alberto non può uscire", si corresse mia madre.
 
"E perchè, se posso sapere?"
 
"Non è il caso che tu sappia", ribattè mia madre.
 
"Io credo proprio che sia il caso invece", ribattè a sua volta l'uomo.
"Che ha combinato?", domandò poi.
 
"Niente", rispose mia madre.
 
"Perchè tenerlo chiuso in casa allora?", fece lui.
 
"Non puoi capire!"
 
"Tu spiegamelo lo stesso, Lucia", incalzò lui.
 
"Cosa ti dovrei spiegare?!", sibilò mia madre.
 
"Per esempio...", fece lui tranquillo. "Perchè non mi hai detto niente di lui,
perchè lui ora è segregato in casa e perchè non vuoi
che gli parli...potresti cominciare a rispondere a questo intanto!"
 
"Non vedo perchè dovrei metterti a parte di queste cose!",
esclamò mia madre. "Lui non ha nessun rapporto con te!"
 
"Vedila così...", cominciò l'uomo cambiando tono di voce.
"Lui potrà pure decidere di non voler avere niente a che fare con me...
ma tu ora devi mettermi a parte di tutto quello che mi hai tenuto
nascosto in questi anni, chiaro? Non me ne vado di qui finchè non
ho le risposte che voglio e non provare a raccontarmi balle perchè mi accorgo
quando le dici. Puoi  pure provare a chiamare carabinieri e chi vuoi...
ma sappi che se lo fai ti faccio causa...e una psicologa dell'infanzia
del tuo livello alle prese con una denuncia per il fatto di non aver detto niente
al padre di suo figlio, sappiamo tutti e due che è una tra le
peggiori pubblicità che ci  siano  nel vostro campo...",
disse con un tono leggermente minaccioso.
"Quindi piantala di fare la ragazzina e comportati
da quella persona adulta che ti sei sempre pavoneggiata di essere."
Lo vidi poi incrociare le mani al petto, in un tono che non
ammetteva repliche.
 
Mia madre se ne stava in religioso silenzio,
tenendo lo sguardo fisso a terra,
mentre il dottor Latorre faceva saettare continuamente
lo sguardo dall'uomo a mia madre e viceversa.
 
"Allora?", fece l'uomo d'un tratto, dopo un tempo
che parve interminabile. "Io non me ne vado finchè non
cominci a spiegarmi per bene la situazione!"
 
Mia madre sospirò rassegnata.
 
"Alberto, vai dentro, per favore...", disse
con voce stanca.
 
Am I wrong? 
For thinking that we could be something for real? 
Now am I wrong? 
For trying to reach the things that I can't see? 
But that's just how I feel, 
That's just how I feel 
That's just how I feel 
Trying to reach the things that I can't see 
 
Anche se non avrei voluto, fui costretto
a rientrare in casa.
La cosa peggiore era che non avevo modo
di mettermi ad origliare, così l'unica cosa che potei
fare fu aspettare.
Aspettare.
Aspettare.
E aspettare ancora.
Stranamente  mi ritrovai a non pensare
a niente,  rimasi semplicemente in attesa che la porta
d'ingresso si aprisse.
 
Avevo passato i giorni senza più pensare
a niente, stordito dai continui discorsi di mia madre,
aspettando semplicemente che tutto finisse.
 
Non so di preciso quante ore passarono,
ma quando la porta si aprì, fuori ormai si era fatto buio.
 
Andai incontro a mia madre,
sperando che mi dicesse qualcosa.
 
"Vai fuori...", disse solo, senza neppure guardarmi,
col tono della voce stanco ed esausto.
"Tuo padre ti vuole salutare."
 
Senza farmelo ripetere due volte mi precipitai fuori,
dove trovai l'uomo ancora ben piazzato sullo
stesso punto in cui l'avevo lasciato qualche ora
prima, con le mani appoggiate sui fianchi, lo sguardo 
fiero e un sorriso a trentadue denti
stampato sul viso.
 
"Ehi!", mi salutò non appena mi vide.
 
"Ehi...", risposi a mia volta, non sapendo bene cosa dire.
Rimasi poi in silenzio aspettando che dicesse lui qualcosa.
 
"Allora...", fece poi lui. "Penso che sia strano tanto per me
quanto per te", disse. "Però a quanto pare tu ed io siamo proprio
padre e figlio, tua madre mi ha dato la conferma", disse infilandosi
le mani in tasca e leggermente in imbarazzo.
In effetti faceva un certo effetto dire una cosa del genere.
Pa...papà...
Non l'avevo mai detto prima in vita mia.
 
"Mi sono anche fatto raccontare quello che è successo in questi
ultimi giorni...stai tranquillo, adesso tua madre dovrebbe aver smesso
col suo regime del Terrore", disse.
"Ad ogni modo", fece poi, allungandomi un pezzo di carta.
"Qui c'è il mio numero di telefono, per qualsiasi evenienza...anche
per una semplice chiacchierata", disse facendomi l'occhiolino.
 
"Okay...", dissi semplicemente, prendendo il pezzo di carta.
 
"E...non dire a tua madre che ti ho dato il mio numero! Le ho promesso
che non l'avrei fatto!", aggiunse poi.
"Ultima cosa e poi mi tocca davvero salutarti: ricordati di dire grazie al tuo
amico Andrea", disse enigmatico facendomi  l'occhiolino un'altra volta.
 
Dopodichè fece per andarsene.
 
"A presto allora!", mi salutò prima di incamminarsi.
 
'Ciao", lo salutai.
 
Papà.
 
Rientrato in casa, richiudendo piano la porta dietro di me.
Mi appoggiai poi ad essa e tirai
un profondo sospiro di sollievo.
 
So am I wrong? (Am I wrong?) 
For thinking that we could be something for real? 
(Oh yeah yeah yeah) 
Now am I wrong? (Am I wrong?) 
For trying to reach the things that I can't see? 
(Oh yeah yeah yeah) 
But that's just how I feel, 
That's just how I feel 
That's just how I feel 
Trying to reach the things that I can't see
 
Come mio solito ero schifosamente in ritardo.
Era diventato un classico ormai...
 
Mi buttai letteralmente addosso alla porta della mia classe,
spalancandola brutalmente.
 
"Buongiorno!", esclamai in automatico. "E scusi il ritardo!
Posso entrare?"
 
Vidi Riboni sbuffare contrariato
e sbattere il libro di italiano sulla cattedra.
 
"Entra!", disse solo, seccato.
 
Vidi che come al solito Samantha mi aveva tradito
per stare in banco con Ella -o meglio, Ella mi aveva fregato
il posto!- ma quando incrociai i loro
sguardi c'era un certo entusiasmo nei loro occhi,
del tipo 'hai visto?!'.
 
Pensai che doveva trattarsi di qualcosa che riguardasse
il prof Riboni, visto che era il loro idolo indiscusso, così
scossi la testa.
 
Quando la alzai per cercare un banco vuoto, vidi per
la prima volta dopo giorni Alberto, seduto al proprio posto,
che non appena mi vide, diede due colpetti con la mano
sulla sedia vicino alla sua.
 
Okay...doveva trattarsi sicuramente di un'allucinzaione!
 
Voleva che mi sedessi vicino a lui?
 
Mi avvicinai un po' titubante verso suo banco.
 
"Ehi!", disse lui sorridendomi semplicemente
scostando appena la sedia dal banco.
 
"Ehi..."
 
 
 
SPAZIO AUTORE:
 
Lo so...
Mi volete brutalmente ammazzare di nuovo!
Vi prego di perdonare e comprendere!!!!
Ieri avevo un esame e ho dovuto passare gli ultimi giorni
senza poter pensare ad altro se non allo studio!
(L'esame l'ho passato comunque!! ^w^ yeeeeh!!)
E per festeggiare ho finito di scrivere questo capitolo, che avevo lasciato come mio solito scritto a metà XD ahahah
In più (udite udite!!) ho deciso di cominciare a pubblicare un'altra storia: se avete
amato la mia one shot Sexy Liar, sappiate che questa sarà la storia a più capitoliXD e non per vantarmi ma ho aggiunto alcune cosucce che la rendono una figata stratosferica!!! Ahahah
Per cui se passerete a leggere anche lì e sarete tanto buoni da lasciarmi un commento, giuro che vi amerò che non avete idea!!!
Passando ai nostri due pargoletti preferiti, io personalmente adoro questo capitolo!
Penso che sia il più lungo che abbia mai scritto fino adesso, però comunque da un lato volevo come minimo rendere al meglio i vari personaggi, ricompensarvi per la pazienza e soprattutto cavare Alberto fuori dai guai XD
Poi ho adorato: Andrea, che ha tirato fuori il suo carattere lunatico XD non sottovalutatelo ragazziXD Alberto che...vabbè, tanta tenerezza, visto quello che ha passato! Spero di aver reso abbastanza bene le motivazioni che si nascondono  dietro ai gesti da pazza sclerotica della madre di Alberto! Insomma pure lei diciamo che non ha avuto un felice matrimonio dopo una scoperta del genere no?XD e...penso che si capisca che adoro il padre di Alberto :3 ahahahah
Voi che dite??fatemi sapere eh!!! Comunque siamo a quota 19recrnsioni (per me sono davvero tante *_*!!!) spero che con questo capitolo riuscirò ad arrivare a 20!XD (anche se nei miei sogni più utipistici spero di arrivare a 30!XDahahah)
Comunque recensite che mi fate felice!!!
Che succederà nel prossimi capitolo secondo voi??
Io lo so già! Ma non vi dico niente pargoletti miei;3
Ultima cosa: dedico il capitolo a Destiny_96, che tra pochi giorni ha il fantomatico orale della maturitààààààààààà! In bocca al lupo;)
E in bocca al lupo anche a tutti coloro che sono alle prese con esami e prove varie!!!
A presto,
mr Apricot
 
  
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