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Autore: _Carol_    02/07/2015    2 recensioni
[Show by rock!]
"Non era semplice, nulla poteva definirsi tale- ma se si trattava di Shu, allora nulla era davvero facile."
Oneshot sulla RomShuu.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non era semplice, nulla poteva definirsi tale- ma se si trattava di Shu, allora nulla era davvero facile.

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«È stato magnifico! Non credi?»
Un euforico Shu si girò dall'altra parte del soffice letto doppio, mostrando senza nessun pudore i peccaminosi segni sulla sua pelle. Era una delle solite serate dopo un'esibizione, una di quelle dove la stanchezza prevaleva su tutte le altre sensazioni e rendeva il corpo sempre più pesante. Le luci nell'appartamento erano tutte spente, lasciando ai due ragazzi l'occasione per poter concentrarsi esclusivamente l'uno sull'altro. I loro corpi, spogli di qualsiasi altro indumento impuro, sembrarono sfiorarsi per un secondo dopo quel gesto.
«Ah-ha.» sorrise Rom, perdendosi per qualche minuto nelle gemme color acquamarina di colui che si trovava accanto. «Sono sicuro che il pubblico era anche aumentato rispetto all'ultima volta.»
«Ed è solo l'inizio!» la sua mano andò a stringere inevitabilmente quella dell'altro, in un vizioso circolo di entusiasmo e ambizione. «Arriveremo al TOP, Rom! Te lo prometto!»
«Al TOP, heh? Stai forse sognando?» una lieve risata sfuggì dalle labbra del giovane leopardo nel percepire la sfuggente euforia nelle parole e la determinazione negli occhi dell'amico: quando Shu parlava di qualcosa che gli stava molto a cuore, i suoi occhi brillavano di luce propria. E la sua bellezza aumentava a dismisura.
«Dovresti smette di avere la testa tra le nuvole, tu.» gli scompigliò scherzosamente i capelli corvini, mentre il povero malcapitato cercava di liberarsi dalla sua presa. Delle risate riecheggiarono in tutta la camera, riempiendo ogni possibile spazio vuoto: era una gioia perlopiù puerile, ma i due ragazzi non potevano farne a meno. I loro sguardi si incontrarono, e le loro labbra si unirono naturalmente.

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«Non possiamo andare avanti così. Ormai non siamo più dei liceali, Shu.»
Le parole del vecchio amico lo colpirono peggio di un pugnale dietro la schiena. Non erano più dei liceali, già, potevano definirsi dei professionisti; peccato che la strada da percorrere insieme si era spezzata in due, divincolandosi in due separati cammini. Ci fu una lunga pausa prima che Shu sussurrasse un impercettibile «Lo so». Almeno per una volta, non stava sorridendo.
La luce del neon sulle insegne dei negozi di Newyard appariva come l’unica fonte luminosa in una stradina dove il buio faceva da padrone: la gente all’infuori di essa ignorava lo scenario che si stava evolvendo a qualche metro di distanza, come se la stessa oscurità celasse anche l’identità del cantante della band più in voga del momento e del batterista degli Shingancrimsonz.
«Non possiamo- non possiamo riportare indietro quello che avevamo.» c’era del dolore nella voce di Rom, del nudo e crudo dolore che non riusciva a non trasmettere, e Shu non riuscì ad ignorarlo.
«Lo so.»
Come non saperlo, era il pensiero che lo attanagliava da sempre: lo sapeva, lo sapeva anche fin troppo bene. Avrebbe potuto tingersi nuovamente i capelli di nero, riprendere a fumare la solita marca di sigarette e tornare a vivere nel suo stesso appartamento, ma no, nulla sarebbe stato più come prima. Era doloroso, così doloroso che non si azzardava neppure di sfoggiare uno di quei soliti sorrisi pieni di menzogna.
«E allora COSA, Shu, cosa?!» ringhiò, le mani che si arricciarono istintivamente in due pugni e gli occhi color zaffiro che si infiammarono dalla rabbia. «Se sai così tante cose, forse conosci anche un modo per risolvere questa situazione?»
«E tu, Rom? Che cosa sai, tu?!» ribatté prontamente l’altro. «Cosa ne sai TU, di quello che provo io?»
Il giovane idol racchiuse tutto il suo rancore all’interno di quelle frasi, quasi come a voler espellere via tutto il risentimento accumulato in tutti quegli anni: già, cosa poteva mai saperne dei suoi sentimenti? L’unica cosa che riusciva a fare perfettamente era quella di investirlo con quella solita aria d’irritazione e stringere i pugni come se volesse colpirlo da un momento all’altro. Che cosa poteva mai saperne, lui.
«Cosa so’, huh?» l’altro digrignò i denti, frenetici impulsi che iniziavano a circolargli tra le vene: poteva mettere la parola fine a quella stupida faccenda, e invece no, si sforzava ancora di ascoltarlo e rispondergli a tono. Cosa, forse non voleva davvero terminare quell’incontro? «Sicuramente di trovarmi dinanzi ad un’idiota al quale non importa nulla di quello che sta’ succedendo.»
Adesso era troppo.
«M’IMPORTA, Rom, eccome se m’importa!» un velo di malinconia si posò sul volto di Shu, lasciando tremare la sua voce. A sua volta, Rom non poteva fare a meno di notarlo. «Mi manca, quel tempo. La musica, la band, NOI!»
Il biondo si esibì in un’espressione di totale stupore, portandosi una mano dinanzi alla bocca che aveva lasciato scappare via quelle parole: a quel punto era troppo tardi per pentirsi dei suoi stessi gesti, e come si dice, non si poteva più piangere sul latte versato. Un intenso e imbarazzante silenzio riempì l’atmosfera di tensione, rendendo quasi impossibile persino respirare. Shuzo maledì, maledì tutto quello che non era riuscito a tenersi dentro, intravedendo la sua stessa espressione sul viso del vecchio amico. Quest’ultimo si coprì gli occhi con uno dei due pugni, proprio come per evitare ad ogni costo il suo sguardo.
«Io- è meglio che vada.»
I movimenti del leopardo precedettero le sue parole, costringendolo ad allontanarsi più velocemente di quello che pensava. Alla fine, stava solo cercando di trattenere delle lacrime rimaste imprigionate troppo a lungo.
In poco tempo rimasero soltanto Shu e l’oscurità che lo circondava a conferire un segno di vita in quel vicolo abbandonato: portò gli occhi al cielo, sentendosi beffeggiato persino dalla luna che brillava sopra d’egli. Ormai era tutto inutile, tutto aveva perso il suo significato senza Rom, o forse lo aveva già perso da tempo. Perché, perché doveva lasciarsi sfuggire quei dannati pensieri? Si morse il labbro inferiore così violentemente da lasciar fuoriuscire persino il sangue, sferrando un calcio al muretto per la frustrazione. Inutile, era tutto inutile, lo era sempre stato. E in un momento, il pianto che quel ragazzo riuscì a trattenere si riversò crudelmente nei suoi occhi.

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E’ stato magnifico. Talmente tanto che il bagliore delle luci del palcoscenico sembravano riflettersi ancora nelle loro iridi.
La folla iniziava a disperdersi, soddisfatta nell’aver assistito ad uno dei migliori concerti della storia, ma l’emozione era ancora palpabile nell’aria: tutte le band sentivano quelle sensazioni post-concerto alle quali erano ormai abituate, chiacchierando nei camerini dopo una lunga, lunga notte di musica e festeggiamenti. Dopotutto, dopo la sconfitta di quel losco individuo, MIDI City era finalmente salva.
Rom uscì lentamente dalla hall deserta del backstage, accertandosi di aver lasciato la sua preziosa batteria nel posto giusto. Non ci volle molto prima che avvertisse lo sguardo del vecchio amico su di lui. Finivano solitamente per incontrarsi in quel modo dopo un’esibizione, ma in quel momento a differenza degli altri Shu stava sorridendo, e non con uno di quelli falsi che tanto lo irritavano. Stava sorridendo. A lui.
«Quindi…» il ragazzo dalla carnagione più scura cercò di dire qualcosa, qualcosa che possibilmente non avrebbe rovinato il momento. Avrebbe voluto dirgli così tante cose- che era stato fantastico durante lo spettacolo, o con quel mostro, ma le parole si rifiutavano di uscire dalla sua gola.
«Quindi.» replicò Shu, battendo le sue lunghe ciglia e rendendo la situazione sempre più complicata. L’altro sviò altrove lo sguardo, evitando di incrociare quello che aveva dinanzi a lui: non capiva cosa dire, o cosa fare, specie perché erano soli, e tutto era cambiato adesso. Si limitò ad abbassare un orecchio e ridere nervosamente, cercando di capire perché si trovasse così a disagio in quel momento.
«Per una volta non sento il bisogno di darti un pugno su quell’odiosissimo bel faccino che ti ritrovi.»
Shu scoppiò in una risata, vivace e bellissima. Non lo sentiva ridere così da- da quanto, esattamente? Troppo, troppo tempo per ricordare. Il suo cuore perse un battito al solo pensiero.
«E poi» si schiarì la gola, mostrando per una volta delle gote particolarmente calde e, diamine, cosa gli stava succedendo, cosa poteva mai essere? Da quando si sentiva nervoso con Shu nei paraggi, poi? Era un amico, soltanto un amico- no? «Mi è mancato suonare così.»
«E?» domandò con un sorriso beffardo, ammiccandogli maliziosamente. Era dannatamente accattivante, non avrebbe dovuto esserlo. Eppure Rom sorrise dolcemente, riuscendo ad intravedere il suo riflesso negli occhi dell’altro.
«Mi sei mancato anche tu, Shu.»
Non ebbe neppure il tempo di reagire o di aggiungere altro prima che Shu annullasse la distanza tra loro, soffocando qualsiasi altro suono superfluo con le sue labbra impegnate in appassionato e disperato bacio. Rom non si rese conto di star ricambiando quel gesto d’amore proibito, stringendo le sue muscolose braccia attorno a quei fianchi. Avrebbe dovuto essere sconvolto, avrebbe dovuto respingerlo, ma non ci riuscì. Perché, perché doveva essere tutto così complicato e confuso? Era colui che riusciva sempre ad avere il controllo della situazione, eppure in quel momento sembrava una completa marionetta nelle mani di un esperto burattinaio; ma d’altronde, nulla di quello che possedeva poteva definirsi razionale o chiaro se riguardava Shu.
Ma non poteva perdersi troppo nei suoi pensieri, dato che l’altro aveva già iniziato a spingerlo contro la parete lattea mentre le sue dita si insinuavano al di sotto del suo gilet di pelliccia, creando libidinose circonferenze attorno ai suoi pettorali: lo nutrì con dei dolci e disperati gemiti che entrambi credevano non esser più in grado di ascoltare, lasciando infilare un ginocchio tra le sue gambe e- no, no, era impossibile.
«Non qui,» Rom respirò, interrompendo quell’incontro rimandato da tempi immani. «Dobbiamo parlarne, non possiamo semplicemente ritornare a-»
«Per favore.» il suo tono era supplichevole, lasciando intendere di volerne di più, di più e più ancora, fin quando non sarebbe diventato sazio di quell’immorale circolo vizioso che era per lui l’amore. Così da vicino, Rom riusciva a vedere tutto: dalla lucente sfumatura rosata del lucidalabbra, passando poi al mascara dipinto sulle sue lunghe ciglia e a quegli occhi socchiusi in un’espressione completamente diversa da quella che indossava di solito. Non era più Shu
Zo, ma Shu, e tutto ciò che Rom potesse desiderare.
Deglutì, respirando profondamente: non avrebbero dovuto, non avrebbero dovuto, no, no, dovevano parlare, non avrebbero dovuto, non-
Shu gli leccò il labbro inferiore, frantumando qualsiasi altro indugio. «Non farmi aspettare ancora a lungo.»
La goccia che fece traboccare il vaso.
Rom afferrò un po’ troppo violentemente la sua mano, trascinandolo in direzione del suo camerino. In silenzio, poiché i battiti del suo cuore parlavano per lui. Shu lo seguì, concedendosi una sola, sincera risata, ed intrecciando insieme le loro dita.
Sarebbe stato bene. Sarebbero stati bene.

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Non era semplice, nulla poteva definirsi tale- ma se si trattava di Shu, allora ne valeva sempre, sempre la pena.

Choo choo welcome to the romshuu train here is your conductor Carol speaking
Seriamente, sto scrivendo troppo su di loro. Fermatemi. X’’
Allora- non so cosa dire, ecco un’altra RomShuu perché questi due mi hanno rovinato la vita e- boh, sono sicura scriverò altro su di loro. Buh. qq
E nulla uhuh- se vi è piaciuta, lasciate pure una recensione! Grazie a tutti quelli che hanno letto e alla prossima! ewe
_Carol_
  
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