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Autore: Conodioeamore    02/07/2015    3 recensioni
Neide è una ragazza di sedici anni che, a causa della partenza improvvisa del padre per Londra, si è dovuta trasferire temporaneamente nella residenza dei Mogedius, suoi lontani cugini.
In questa immensa e sontuosa villa fa la conoscenza dei cinque affascinanti fratelli, dallo sguardo magnetico.
Il riservato e impenetrabile Shaun, il severo Rhys, il perverso e sfacciato Redgrave, il pragmatico Steven e il bellissimo e possessivo Asher.
I cinque giovani rimangono subito stupiti e affascinati dalla personalità e dal carattere di Neide. La ragazza presto troverà un vecchio diario scritto dalla madre e verrà a conoscenza di un segreto che le stravolgerà completamente la vita...
© (Copyright 2015 by Martina Carlucci)
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Ognuno di noi ha dentro di se dei demoni. Se ne sei consapevole, puoi imparare a controllarli. Il brutto è quando pensi di essere il più puro degli esseri viventi su questa Terra, e non ti accorgi che i demoni hanno il pieno controllo di te...

 

NEIDE

Sono ormai tre ore che sto viaggiando in questa limousine. È comparsa questa mattina verso le 9. Ero scesa per fare colazione e per andare poi in chiesa ad occuparmi dei bambini del catechismo, quando ho trovato sul tavolo della cucina un biglietto che aveva scritto mio padre.

Bocciolo,

Passerai un po' di tempo con dei tuoi lontani cugini. Purtroppo mi hanno chiamato con urgenza ed ho dovuto prendere il primo volo per Londra, pare che abbiano avuto qualche problema con le nostre banche. Ci vedremo al mio ritorno. Alle 9 passerà una limousine a prenderti e ti accompagnerà nella nuova dimora. Stai attenta e abbi sempre la testa sulle spalle.

Con affetto, papà

È tipico di mio padre, si preoccupa sempre per ogni cosa. Da quando è morta la mamma, due anni fa, è diventato un super visore. Controlla ogni mio movimento, non mi manda a nessuna festa serale, non vado in discoteca. Io non mi permetto nemmeno di chiederglielo, perché so già la risposta e anche il motivo: ha paura che mi accada la stessa cosa che è successa alla mamma. Stava tornando da una festa insieme a delle sue amiche e mentre erano in macchina è venuta un'auto che stava guidando contro mano e le ha mandate fuori strada. Le sue amiche si sono salvate, ma lei no. Era seduta sul sedile davanti come passeggero e nel momento dell'impatto l'airbag non è uscito, così ha sbattuto la testa contro il vetro ed è morta. Mio padre non si è più ripreso dopo la sua scomparsa. Ha iniziato a dedicarsi anima e corpo alla sua carriera e a farmi anche da madre.

Mi ero sbrigata a prepararmi e a fare le valigie. Mancavano solamente dieci minuti alle nove e dovevo fare tutto in quattro e quattr'otto. Alle nove in punto il clacson della macchina suona fuori casa mia. Mi affretto a prendere le valigie e a chiudere bene la porta di casa. Appena uscita venni travolta da una bellissima limousine nera. L'autista mi aveva aperto lo sportello e mi aveva invitata ad entrare.

Così ora mi trovo in viaggio verso dei parenti che nemmeno sapevo di avere. Fantastico! La mia destinazione è un piccolo paesino a tre ore da Roma, circondato da tanta vegetazione: Belanu. Certo per una che è abituata ad abitare ai Parioli, non sarà affatto facile abituarsi a vivere nella natura, fuori dal mondo. Questo è quello che mi scoccia. Tra due giorni la pausa dalle vacanze di Pasqua finirà, e non voglio dovermi subire tutti i giorni andata e ritorno dalla mia nuova casa fino a Roma; voglio dire, non è che posso mettermi in viaggio tutti i giorni per andare alla mia scuola, e subirmi tre ore d'andata e tre ore di ritorno. È troppo stressante!

La strada inizia a farsi sempre meno asfaltata, lasciando pian piano posto alla terra. Okay, questi abitano in una fattoria. Dovrò dar da mangiare alle galline, mungere le mucche e tosare le pecore! In vita mia non ho mai visitato fattorie, e non intendo certo farlo ora. La macchina inizia a traballare e a me iniziano a salirmi i nervi. Ma guarda un po' che mi tocca sopportare!

La limousine si ferma davanti ad un enorme cancello nero e dorato. Dietro c'è un enorme villa che sembra risalire al XV secolo o giù di li. È qualcosa di spettacolare. È tutta fatta in mattoni con varie tonalità di marrone. Il tetto non è proprio a punta, sono più tetti messi uno accanto all'altro per separare le alee della villa, sono fatti alcuni a trapezi e altri a tronco di piramide. Al centro del giardino c'è una fontana fatta completamente in marmo grigio con una statua di un drago (o almeno credo che lo sia). L'autista mi apre lo sportello.

«Siamo arrivati, signorina Di Fazio» dice l'autista invitandomi a scendere. Accenno un mezzo sorriso per ringraziarlo e scendo dalla macchina. Rimango per qualche istante a fissare l'imponenza che emana questa sontuosa villa. In confronto mi sento una formichina. Il lato positivo è che non sono finita in mezzo alle fratte. L'autista mi porge le due valigie che mi sono portata a presso.

«Ecco a lei» mi dice porgendomele.

«Grazie, arrivederci» gli rispondo. L'autista risale in macchina e se ne va, lasciandomi da sola ad affrontare questa nuova avventura (se così la si può chiamare).

Percorro tutto il giardino, che è decorato con tante tipologie di fiori diversi, fino ad arrivare ad una gigantesca porta in legno massiccio. Busso con il batacchio che sta sulla porta, perché non ha campanelli, che trogloditi. Nessuno però mi viene ad aprire alla porta. Sbuffo, non piace aspettare troppo tempo, sono già trascorsi un paio di minuti. Apro la mia borsetta per prendere il cellulare; però non faccio nemmeno in tempo ad inserire il codice per sbloccarlo, che la porta si apre. Sobbalzo di colpo nel sentire il rumore che fa la porta nell'aprirsi. È lo stesso rumore che si sente nei film dell'orrore. «Iniziamo bene» borbotto tra me e me. Prendo le valigie ed entro nella villa.

L'atrio è molto grande. A un paio di centimetri da me ci sono sei colonne poste ad ambo i lati della porta. Sotto i miei piedi si estende un lungo tappeto rosso che scende dall'enorme scalinata che ho di fronte. Mi ricorda molto quelli che vengono usati per i red carpet.

«È permesso?» enuncio in tono del tutto normale. «C'è qualcuno?» domando in tono più alto. Nella casa regna un tale silenzio che sembra che sia disabitata. Appoggio le valigie accanto alla colonna che ho sulla destra e vado a cercare qualcuno. Dubito di trovare anima viva. Mi guardo in torno con un aria da ebete. Sul soffitto scende un enorme lampadario color oro.

Ai lati della scalinata ci sono due statuette in bronzo raffiguranti due draghi con le ali, accovacciati su un piedistallo in marmo grigio. A sinistra si estende un corridoio. Volto la testa a destra e vedo un divanetto in velluto verde. Su di esso c'è sdraiato un ragazzo. Mi avvicino verso di lui per svegliarlo, per avvisarlo che sono arrivata. Forse si è addormentato nell'aspettarmi.

Molto gentile da parte sua. Un po' mi dispiace interrompergli il sonno, è così carino mentre dorme. È incredibilmente attraente. La sua pelle è perfetta, bianca senza nemmeno un'imperfezione. Come hanno il volto i bambini piccoli, perfetto e fino con contorni dolci. I suoi capelli sono rosso scuro.

«Scusa» gli dico piano, per non svegliarlo in modo brusco.

Mi avvicino un po' di più verso di lui. Indossa un completo nero, come di chi fa parte di una band rock metal. I pantaloni sono di pelle nera, mentre la camicia è bianca, ce l'ha sbottonata fino al quarto bottone, facendogli assumere quell'aria da cattivo ragazzo.

«Ehi! Mi senti?» lo chiamo. Inutile, non si muove. Gli tocco il braccio per svegliarlo a modo mio. Sussulto. La sua temperatura corporea è molto fredda. Oh mio Dio! «Sei freddissimo!» dico spaventata. «Ehi! Stai bene? Riesci a sentirmi?» dico alzando di più la voce. Poggio l'orecchio sul suo petto. Non c'è battito! Devo chiamare un ambulanza, mi dico. Mi affretto a prendere il cellulare per digitare il numero del 118, però il telefono mi viene sfilato dalle mani in una velocità impressionante. Mi spavento un poco. Il cellulare ora ce lo ha in mano il ragazzo.

«Quanto chiasso!» borbotta lui, guardandomi con due occhi verde chiaro, che mi danno l'impressione di essere arrabbiati. Sembra che si sia svegliato con la luna storta. «Non sei a casa tua, perciò vedi fare un po' di silenzio!

«Sei vivo» farfuglio.

«Ovvio che sono vivo» ribatte. Mi guarda con aria accigliata.

«Scusa. Mi sono spaventata perché non avevi battito» continuo.

Mi alzo da terra. Il ragazzo mi afferra per il braccio e per la vita, sbattendomi di colpo sul divano.

«Che fai?» urlo con voce tremante.

«Sai già la risposta, sto per farti mia» mi sussurra all'orecchio.

Cerco di dimenarmi. «Stai ferma, farò in fretta» dice prima di iniziarmi a leccare il collo. Trasalgo.

«Asher... quante volte ti ho detto che non devi fare queste cose nell'atrio dove accogliamo i nostri ospiti?!» dice improvvisamente una voce maschile. Quindi il suo nome è Asher. Buono a sapersi. Il ragazzo che è sopra di me si volta di scatto. Mi giro anch'io per vedere chi è. In piedi, davanti a noi c'è un ragazzo. È molto alto, indossa un'completo nero, con il panciotto rosso. Ha i capelli nero corvino e gli occhi marroni, sono coperti dagli occhiali rettangolari. Anche lui ha un viso fino, benché la sua espressione è accigliata.

«Rhys, tsk. Che vuoi?» gli domanda seccato Asher.

«Ci troviamo nella sala d'ingresso. Ovvero il luogo dove accogliamo i nostri ospiti. Conduci queste attività nella tua stanza privata» gli risponde seccato Rhys. Sembra la classica figura autoritaria che è obbligata a fare da supervisore.

«Sì, sì. Quante storie» borbotta Asher. Si alza da me.

È il momento buono per alzarmi dal divano e scappare.

«Ti prego aiutami!» urlo impaurita andandomi ad aggrappare al braccio di Rhys.

Il ragazzo mi guarda dall'alto verso il basso, con aria di superiorità. «E tu saresti...?» mi domanda.

Mi scosto quel che basta per guardarlo dritta negli occhi. «Sono Neide... Di Fazio» mi affretto a rispondere. «Mio padre mi ha detto che sarei dovuta venire a vivere qui.»

Il ragazzo rimane un po' spaesato. «Non ho sentito nulla del genere» borbotta. Si gira a guardare Asher. «Asher, gradirei una spiegazione.»

Asher fa la faccia imbronciata e scocciata. «Eh? Cosa vuoi che ne sappia?» gli chiede sarcastico. «Non mi hai detto nulla di questo, tappetta!»

«La colpa è tua per avermi aggredita così all'improvviso» ribatto. Asher distoglie lo sguardo. Che smorfioso! Sbaglio o mi ha appena dato della tappetta? «Un attimo... hai appena detto tappetta. Ti riferivi a me?»

«Certo che mi riferisco a te. Stupida! Non riesci ad arrivarci dal momento che sei bassa come un puffo?»

Che stronzo. Vorrei tanto dargli uno schiaffo. Solo perché non sono tanto alta, non significa che mi deve schernire in questo modo.

«È alquanto strano» esorta Rhys di punto in bianco. Mi giro verso di lui. «Non ne sono stato informato.»

Certo che scortesi. Io ho detto loro il mio nome, invece loro nemmeno mi hanno detto il loro. Mi costringono a chiederglielo. «E voi chi siete?»

«Non dovremmo parlare qui» mi risponde in fretta. «Per il momento seguimi. Occupati dei suoi bagagli» dice infine. Ma con chi ce l'ha?

Mi giro per seguirlo, e mi ritrovo al fianco un maggiordomo. Faccio un salto. Da dove è spuntato? Il maggiordomo sparisce nel corridoio con i miei bagagli. Mi giro per guardare Asher che è ancora seduto sul divanetto. I suoi occhi verdi mi fissano. Il suo sguardo è gelido come il ghiaccio incutono molto timore. Distolgo immediatamente lo sguardo, sembra che siano in grado di leggermi dentro.

Mi sbrigo a raggiungere Rhys, che sta salendo le scale. Ma dove diamine mi ha spedita mio padre? E questi dovrebbero essere miei parenti? Uno è uno psicopatico depravato e l'altro un maniaco del controllo.

Ma in che posto mi trovo?

   
 
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