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Autore: cuore di carta    03/07/2015    10 recensioni
Gwendolyn è una ragazza di sedici anni fisicamente nella norma, ama leggere e guardare film strappalacrime in compagnia della sua migliore amica Audrey Hepburn, una yorkshire. Ma non tutto è come sembra. Dall'età di nove anni soffre di una grave malattia che le ha impedito di vivere una normale vita, ed è proprio a causa di questo male che è costretta a trasferirsi nella grande città di Londra. La sua sola preoccupazione è quella di non far soffrire chi le sta intorno allontanando chiunque possa avvicinarsi al suo essere così distruttiva. Ma qualcosa cambierà, nel momento per lei più difficile, dove quel poco di felicità rimasta verrà messa a dura prova, avrà al suo fianco una piccola luce che la aiuterà regalandole un po' di quella vita che non ha mai potuto godere.
Riuscirà ad aprirsi mostrandosi in tutta la sua bellezza?
Ha messo un lucchetto nel suo cuore, chi sarà in grado di aprirlo?
A chiunque decida di immergersi nelle pagine della mia storia: buona lettura!
Tratto dalla storia.
[...] Vuoi sapere cosa sei Gwendolyn? Sei la debole e fragile margherita fiorita in un campo di rose rosse, così tanto invisibile, così tanto spettacolare.
COMPLETA.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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EPILOGO - CASTIEL.

Gwendolyn.
Ho sempre trovato quel nome buffo.
G w e n d o l y n.
Mi piace scandirlo, l'ho fatto molte volte nei primi mesi che stavamo insieme. Mi ritrovavo a ripetere il suo nome più e più volte di notte quando nessuno poteva ascoltarmi, per poi finire con la faccia coperta dalle mani imbarazzato, ripetendomi
« Castiel, ma sei impazzito? »
Gwendolyn... quante cose mi ha insegnato quella piccola Noce. 
Non credevo più a nulla. La vita mi scorreva davanti, priva di emozioni. 
Credevo di poter curare le mie delusioni, il mio cuore, con avventure di una notte e svariate bottiglie di vodka.
Avevo la mia band, ma fuori da quella sala prove e lontano dalla mia musica mi sentivo solo, solo e perso.
Non sono mai stato un grande osservatore, mi limitavo a non guardare oltre il mio naso, a pensare solo a me stesso, fregandomene di ciò che mi accadeva intorno, ma quella mattina di una giornata che gridava pioggia, su quella panchina sgualcita, con un libro in mano e degli occhiali dotati di lenti troppo grandi e troppo spesse, la notai.
Una ragazza. 
Una di quelle ragazze che incontri tutti i giorni e che neanche guardi.
Il mio primo pensiero fu
« Ma sì, perché non divertirci un po' ? »
Mi avvicinai a lei, dicendole con voce autoritaria e assente di alzarsi dalla mia panchina, cosa non vera.
Lei si girò un attimo per incontrare il mio sguardo per poi tornare al suo libro.
Non so cosa mi attirò del suo gesto, ma mi sedetti accanto a lei e mi misi le cuffie all'orecchio, gettando qualche occhiata al libro ingiallito che aveva sulle gambe magre, mi stupii di trovare un libro di poesie, tutto evidenziato con colori diversi. Pensavo che le adolescenti di oggi non leggessero poesie.
Iniziai a leggere qualche riga di qualche poesia dal suo libro e stranamente mi fece rilassare, così presi una delle mie amate sigarette e ne accesi una. Di colpo la ragazza si alzò dicendo che era allergica al fumo, poi scappò.
Degli eventi che accadderò in seguito posso solo dire che più mi guardava, più mi entrava dentro.
Non capivo gli strani sentimenti che balenavano dentro di me. 
Con Debrah era tutto passione, sete e fame. 
Ciò che provavo per Gwendolyn era casa, vertigini e sole.
Era così diversa da tutte le ragazze che mi ronzavano intorno, non pensava al sesso o alle feste, era così piccola e ingenua ma così matura, che non potevi non finire per cadere ai suoi piedi. Sapeva ascoltarmi, si metteva lì con gli occhi socchiusi e un dito sul mento e stava in silenzio, potevo parlare anche per ore, lei non perdeva un singola sillaba, mi sentivo importante, mi faceva sentire importante, e alla fine trovava sempre le parole giuste da usare per farmi riflettere e per farmi sorridere che con il tempo divenne quasi una droga per me, credo che tutta la mancanza di attenzioni che avevo avuto nella mia vita fosse stata colmata da lei.
E a me piaceva ascoltare lei, aveva così tanto dentro, così tanta dolcezza e rabbia verso quel mondo che la stava distruggendo che finii per farmi completamente stregare da lei.
Ero deciso ad non regalare più nulla di me a nessuno, ma nel momento in cui i nostri sguardi si sono incontrati non ho potuto non inchiodare le mie labbra alle sue. Provai la sensazione del vento fresco in estate, così bello ma così poco durevole.
Poi scoprii ciò che devestò ogni mia piccola cellula umana.
Aveva un cancro che la stava uccidendo lentamente.
All'inizio credevo fosse tutto uno scherzo, mi aspettavo che uscisserò le telecamere ed il mio amico Lysandro ad urlare
« Ah ah! Ci sei cascato amico! Dovevi vedere la tua faccia! » Ma incontrai di nuovo i suoi occhi e capii che era tutto vero. 
Avevo voglia di gridare, ma non lo feci.
Chiesi spiegazioni in uno stato di semi shock.
Più parlava più volevo che stava zitta. Non volevo ascoltare né sentire più niente. Volevo ritornare nella bolla in cui ho vissuto tutta la mia vita, non volevo più provare emozioni del genere, emozioni che ti uccidono lentamente.
Alla fine la presi tra le mie braccia, più per me che per lei, e notai quanto fosse piccola e magra, allentai la presa, avevo paura che potessi spezzarla se avessi messo anche solo un quarto di forza.
Da quel momento il mio unico pensiero fu quello di farla felice.
Le volevo, dovevo, farle vivere tante delle esperienze che si era persa combattendo contro la sua malattia. Così le feci stilare una lista e piano piano vedevo nei suoi occhi una piccola luce ricca di speranza, quella speranza che magari l'ha tenuta in vita fino al giorno del suo intervento, dove doveva contare solo sulla sua forza per uscire viva da lì.
Una delle sue richieste fu quella di andare a vedere il tramonto sul mare. Mi parve strana come esperienza, ma accettai, e misi cuore e anima nel rendere il momento perfetto con l'aiuto di Lysandro e Rosalya, che hanno sempre tifato per noi.
Convincere i genitori di Gwen, Tiziana e Eden, non è stato facile. Rimasi solo a parlare con loro e tra le lacrime dissero che se avessero perso Gwendolyn non se lo sarebbero mai perdonati, che anche un solo raffreddore poteva metterla in grave rischio. Io dissi loro che mi ero occupato di tutto, avevo portato con me tantissime coperte, al mare ci aspettava un falò acceso e del cibo preparato al vapore senza neanche un germe o batterio.
Alla fine la mandarono, e passai con lei una delle serate più belle di tutta la mia vita.

Era così bella nella sua semplicità, accucciata lì accanto a me, nel bagliore della luce... mi stavo innamorando e non lo sapevo, ma ricordo ancora quando capii finalmente che mi ero totalmente e perdutamente innamorato di lei. 

Debrah aveva preso il mio viso tra le mani e mi aveva baciato intensamente, in un primo momento non mi scansai, le sue labbra mi faceva affiorare un ricordo intenso, ma aprii gli occhi e vidi l'immagine di Gwendolyn davanti a me, che mi sorrideva con quel suo fare bambinesco che trovo adorabile. La spinsi lontano da me. La cacciai via da casa mia. Io non appartenevo più a lei, anzi, non sono MAI appartenuto a lei, io ero stato in perenne viaggio alla ricerca di Gwendolyn, noi ci appartenevamo sin da quanto abbiamo messo i piedi sulla terra.
Ma quando Debrah stava per uscire dalla porta di ingresso, spuntò Gwendolyn con il viso preoccupato. Doveva venire da me appena dimessa dall'ospedale... pensare a quella mattina mi mette ancora i brividi. Lei che cade tra i banchi di scuola... pensai di averla persa per sempre e nulla aveva mai logorato così tanto il mio cuore. Urlavo disperato il suo nome, anche quando l'avevano caricata sull'ambulanza. Il suo viso pallido. Le mani senza vita. Il tragitto per arrivare all'ospedale e ciò che accadde dopo mi appare confuso. Ero arrabbiato e stanco, ma soprattutto arrabbiato, con me stesso credo. E distrutto, anche distrutto.
Dopo vari tentativi di spiegare a Gwendolyn che per me l'incontro con Debrah non aveva scosso nulla, le rivelai pienamente ciò che provavo, urlandole il mio amore.
Quello che accadde dopo lo ricordo ancora molto bene. 
Immagini di noi due tremanti abbracciati, lontani da tutti, in un posto tutto nostro, dove non esistevamo altro che noi, due persone finite per sbaglio in un mondo che non ci apparteneva.
Quante emozioni mi faceva scatenare, mordevo le sue labbra come potessi renderle mie, la guardavo e ancora non ci potevo credere a quello che stava accadendo fra di noi, non avevo mai vissuto un'esperienza del genere, avevo finalmente trovato un senso al "fare l'amore", perché è questo che stavamo impacciatamente facendo, amarci, amarci al tal punto da possederci.
Poi  fu tutto un alto e basso. Settimane di ricovero in ospedale, qualche giorno fuori, e poi subito di nuovo in ospedale. La mia vita ormai si divideva tra la scuola (le poche volte che ci andavo in quel periodo) e Gwendolyn. Volevo vederla sempre, ero in pensiero ogni volta che non la sentivo per qualche minuto, è orribile la sensazione di poter perdere qualcuno che ami in un momento all'altro.
Mia madre Tabata e mio padre Micheal adoravano Gwendolyn, per lei era la ragazza adatta a me, non mi serviva un'altro fuoco, ma qualcuno che lo sapeva domare, facendo uscire la parte migliore di me.
Per il suo sedicesimo compleanno volevo prenderle un regalo perfetto, mia madre mi accompagnò in gioielleria, avevo pensato ad un bracciale, ma niente riusciva ad essere così semplice ma anche così decorato da poter essere portato al polso da Gwendolyn. 
Poi mia madre vide un anello, mi feci tantissime domande, quell'anello era perfetto, aveva solo una piccola pietra al centro ma luminosa al punto giusto, ma mi sentivo veramente pronto per questo passo? Ammetto che mia mamma ha messo del suo nel convincermi, ma lo presi perché volevo prenderglielo. 
Le feci incidere una frase "A domani" che nella nostra situazione era sempre un grande forse. Sapevo che l'avrebbe apprezzato.

« Non credere di poterti mettere un jeans e una maglietta! » Disse mia madre.
Io credevo di sì.
Mi portò in un negozio d'abbigliamento per cermonie
« ma stiamo scherzando?!
 »

« Assolutamente no Cassy! Non devi sfigurare. »
Provai tantissimi abbinamenti tra vestiti di tessuti che neanche capivo. Il commesso parlva una lingua diversa dalla mia, sicuramente. Poi disse « perché non un bello e pratico smoking? » 
E sì, devo dire che mi stava proprio bene, mi sentivo molto elegante. Mi piaceva tantissimo. Più dei vecchi pantaloni strappati che indossavo di solito.
Mia mamma disse subito di sì appena mi vide, e andammo. 
Preparai tutto: CD con canzoni romantiche, un bel film "con questo tuo padre prese il mio cuore!" Diceva mia mamma, il regalo e una bottiglia d'acqua, l'alcol era vietato.
Appena la vidi scendere dalle scale di casa sua il mio cuore fece sette capriole. Era bellissima con il suo vestito bianco. Per un attimo mi incantai a guardarla. Pensavo a com'ero fortunato ad essere lì con lei in quel momento. 
Pianse quando le diedi l'anello, credo per la felicità, ma a interromperci furono i suoi genitori, che piombarono in casa con la notizia che Gwendolyn si sarebbe operata il giorno dopo il suo compleanno, di mattina.
La paura prese il sovravvento su di me, mi sentivo in paradiso e mi avevano tagliato le ali in un secondo. Non sapevo cosa fare o dire, volevo solo toccarla, ma dal suo sguardo capivo che non voleva nessuno accanto a lei. 
Tornai a casa e non chiusi occhio tutta la notte, avevo promesso a Gwendolyn che andavo a scuola ma occupai tutta la mattinata a fumare, non avevo più toccato una sigaretta da quando stavo con lei, ma ne sentivo troppo il bisogno, ero stanco, arrabbiato e non lo so. Ma neanche loro riuscirono a calmarmi, allora iniziai a correre e correre, la mente annebbiata, non volevo che le accadesse qualcosa, ed io mi sentivo così inutile, non potevo fare assolutamente nulla.
Alla fine mi fermai e respirai profondamente. Presi qualcosa dal Mc Donald's e tornai a casa.
Mi sistemai e andai da lei, con il sorriso migliore che riuscii a fare.
 Conobbi i suoi nonni, delle persone fantastiche come lei.
La serata trascorse troppo velocemente, volevo starle vicino ma era arrivato anche per me il momento di andare.
Mi passarono a prendere la mattina, rimanemmo mano nella mano tutto il tragitto fino all'ospedale. Poi scoppiai e le dissi che doveva tornare da me, io ormai vivevo per lei. Era tutto e niente, sole e luna.
Il resto del tempo scorse lentamente. Non ricordo quante ore è durata l'operazione, ricordo di essere rimasto notte e giorno in ospedale, non la facevano vedere a nessuno.
Poi entrò in coma, per qualche complicazione, il suo corpo non accettava pienamente il nuovo organo.
E non ricordo neanche quanto tempo è stata in coma, a me è sembrato un tempo infinito. 
La prima volta che la vidi su quel letto tutta intubata non sembrava neanche lei. I suoi occhi vivi erano chiusi, il suo volto privo di luminosità, le mani fredde. 
I suoi genitori facevano avanti e indietro da quella stanza, con il viso sciupato e i vestiti stropicciati, io le raccontavo quello che facevo durante la giornata, sperando che magari, come diceva il dottore, stesse ascoltando.
Poi un giorno eravamo nella sua stanza, Tiziana le stava leggendo qualche poesia, Eden sorseggiava un caffè ed io la guardavo, nella speranza che aprisse gli occhi.
E, aprì gli occhi.
Ciò che mi invase era pura euforia.

« HA APERTO GLI OCCHI!! » Urlavo. « DOTTORE! UN DOTTORE! »
Tiziana le prese la mano e sussurrava il suo nome piangendo.
Eden tirò il caffè a terra e andò da lei. Io corsi a cercare un dottore. 
Il dottor Debshire girava lì per caso e lo avvertii, lui corse con me alla sua stanza, fece uscire a tutti e prima che la porta si chiuse incontrai lo sguardo di Gwendolyn. La cosa più bella che avessi visto negli ultimi due mesi.
Stava bene, era in uno stato confusionale, ma stava bene.
C'è voluto un po' prima che si riprendesse, ma poi era tornata la bellissima Noce di cui mi ero innamorato.
Ci sposammo, io lavoravo con i ragazzi, siamo diventati più famosi di quello che avessimo mai creduto possibile, Gwendolyn è la migliore veterinaria in circolazione, anche se quando ci siamo uniti a nozze studiava ancora.
Ricordo quando la vidi nel suo abito bianco arrivare verso di me al braccio di suo padre. Aveva il tatuaggio che avevamo fatto insieme in mostra, e le stava a pennello. Versai qualche lacrima, con lei avevo scoperto di essere in grado anche io di piangere. Aveva messo su diversi chili e non l'avevo mai vista stare così bene.
Non so cosa provai in quel momento, con lei provavo emozioni sempre diverse, che non capivo ma che mi facevano sorridere come un bambino.
Il viaggio di nozze l'abbiamo passato in Italia. Un paese meraviglioso, tanto quanto lei.
Siamo andati a vivere in un appartamentino in periferia, per i primi tempi andava bene, avevamo decorato la nostra casa come un piccolo confetto.
Qualche anno dopo, conseguita la laura, abbiamo anche provato ad avere dei  figli, ma era molto improbabile dato il suo passato da cancro al fegato, il dottore ci consigliò di provare con un figlio in provetta.
Un mese dopo, abbiamo scoperto che era incita. Una femmina. Astro, così la vuole chiamare Gwen. Nascerà tra qualche mese. Il dottore ha detto che possiamo mettere l'argomento cancro in un cassetto lontano dalla nostra vita.
***
Adesso stiamo tornando dal matrimonio di Lysandro, io ero il testimone così come lui al mio, ha finalmente conosciuto una ragazza che gli ha fatto dimenticare Rosalya una volta per tutte, è innamorato e sono molto contento per lui.

Ogni tanto tolgo la mano dal cambio e le accarezzo il viso. Ho acceso l'autoradio per tenermi sveglio, ma la tengo bassa per non svegliare lei. Io non so cos'è la felicità, ma deve essere qualcosa di simile. 
 
ANGOLO AUTRICE.

Cosa dire... eccoci arrivati alla fine di questo percorso.
Non ho veramente parole per ringraziarvi. 
Quando ho pubblicato il primo capitolo non credevo che qualcuno potesse perdere del tempo a leggerlo, l'avevo messo per gioco, e magari se fosse andato bene avrei continuato, poi però è successo qualcosa di straordinario: avete iniziato a seguire la mia storia ed ad appassionarvi insieme a me.
Piano piano lo scrivere per voi è diventato anche una via di fuga dalla mia vita monotona.
Mi sono innamorata della storia di Gwen, piano piano e intensamente.
Ammetto che all'inizio le mie intenzioni erano poco carine nei confronti di Castiel e Gwendolyn, avevo pensato a diverse cose che avrebbero rovinato la loro storia d'amore per sempre, ma alla fine ho deciso che non potevo essere così cattiva, e allora questo è il finale. 
Ho scoperto il gioco di Dolce Flirt molto tempo fa, e poco prima di pubblicare il primo capitolo di "Sono una macchina da scrivere fatta di sogni" ho scoperto il mondo delle Fan Fiction.
E mi sono messa in gioco. Tirando le somme, sono felice di ciò che sono riuscita a fare, e felice ciò che voi avete dato a me, riempiendomi di complimenti che neanche merito.
Siete fantastiche, e tengo ringraziare tutte coloro che hanno messo la mia storia tra le preferite, tra le seguite, che hanno recensito e quelle lettrici silenziose che hanno speso del tempo della loro vita dietro la mia piccola storia.
Spero di essere riuscita a farvi emozionare.
In special modo vorrei ringraziare delle ragazze che se all'inizio, alla metà, o solo alla fine mi sono state vicine o mi hanno fatto aprire gli occhi:
Forrest.
Chiara0804 e la sua nipotina Gaia.
Silviax.
Nina16.
MayaRusso04.
La lettrice di Fan fiction.
Leggere Dolcemente.
marylu83_sabarese.
Jopline.
Adalhaidis.
xMaya, 
ed una ragazza che purtroppo non è più qui su EFP, se leggerai questa dedica, sai che è per te.
Siete fantastiche.
P.S Se volete ci saranno diverse One Shot su diversi avvenimenti della loro vita dai diversi punti di vista!
Un abbraccione, cuore di carta.
  
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