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Autore: piccolo_uragano_    04/07/2015    0 recensioni
«Forse non siamo mai stati niente. Forse ci siamo presi in giro per sedici anni, Luca.»
«Forse ci siamo amati per sedici anni senza rendercene conto, invece.»
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Se Luca avesse una migliore amica di nome Lara, che non ha paura del giudizio della gente e che per Luca è la sua famiglia da sedici anni? E se poi accadesse dell'altro?
Non so cosa mi passi per la testa, ma questa storia girava tra i miei neuroni da una vita.
Genere: Romantico, Slice of life, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Luca Benvenuto, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Immagino di dover dire qualcosa, prima, ehm ... la storia è ambientata più o meno nella terza stagione. Nasce perchè, ormai lo sappiamo, l'autrice non ci sta con la testa, e anche per dare alla stessa autrice la possibilità di sperimentare nuovi modi, nuovi mondi, nuove realtà. Ecco, per il resto, leggete e ci rivediamo a fine capitolo.



Ogni canzone mi parla di te.

Capitolo uno: ‘la spirale ovale’
(O ‘sei un tesoro’, o ‘ricominciare di nuovo’)


Luca guardava Lara dormire su quel divano scuro e scomodo. Era arrivata a casa sua la notte prima, piangendo. Anche con quel ragazzo era andata male, nemmeno questo Giorgio era quello giusto, nemmeno lui se la meritava. Luca lo sapeva, alla fine. Era finita esattamente come con Matteo, Marco, Giulio, Francesco … era finita perché nessun uomo al mondo riusciva a comprendere quanto in realtà lei fosse meravigliosa, con quel suo modo di gesticolare e di fare facce strane quando ragionava troppo, con quei pantaloni assurdi e quei capelli sempre in disordine. Lara era arrivata in lacrime, dicendo che si sentiva sbagliata e stupida. Lui si era limitato a spalancare la porta e ad abbracciarla. Che altro poteva fare? Erano anni che cercava di convincerla che non era lei ad essere sbagliata, ma gli uomini che si sceglieva. Ma lei era così, lei, pur di non incolpare gli altri dei suoi disastri, si sarebbe tagliata un braccio. Era così, era schietta, coraggiosa, leale ma fin troppo altruista. Per Luca, Lara era sempre stata quella persona che sapeva di poter trovare sempre accanto a lui, sempre disposta a sorridere, sempre disponibile a incoraggiarti.
Lara si mosse un poco, aprendo prima un occhio, poi l’altro, illuminando il mondo con quelle sue iridi azzurre e fredde, eppure così calde e piene d’amore.  «Buongiorno.» biascicò, stiracchiandosi e accennando un sorriso. Gli occhi erano ancora un po’ tristi.
Lui sorrise. «Caffelatte?» era quello il bello di essere amici da sedici anni: metà della loro vita l’avevano passata insieme, e conoscevano meglio le abitudini dell’altro che le proprie.
Lara sorrise, mettendosi a sedere. «Sei un tesoro.» gli baciò velocemente la guancia e si alzò, con addosso quella vecchia maglietta dei Beatles scolorita.
Luca la guardò andare verso il bagno: se avesse dovuto scegliere una donna per il resto della vita, senza dubbio avrebbe scelto lei. Si alzò anche lui, già pronto per uscire, andando verso la cucina, per preparare i due caffelatte (quello di Lara con due cucchiai di zucchero, il suo, invece, senza niente) e il caffè per Adriano, il suo compagno, che si sarebbe alzato a breve, mettendo in tavola i biscotti e leggendo il quotidiano che aveva preso dalla cassetta della posta appena sveglio.
Quando Lara uscì dal bagno, indossando dei jeans sotto a quella stessa maglietta, con un sorriso accennato si stava legando i lunghi capelli rossi.
Luca le sorrise. «Quindi, ora che farai?» le chiese.
«Beh» rispose Lara sedendosi. «immagino che dovrò di nuovo cambiare Commissariato, che dovrò ricominciare tutto di nuovo. Mi passi lo zucchero?»
«Te l’ho già messo io, lo zucchero.» sbuffò lui, sorridendo. «Lara, sai qual è l’unico commissariato della zona in cui non sei ancora stata?»
Lara storse il naso. «Sì.»
«E qual è?»
«Il Decimo Tuscolano.»
Luca sorrise. «Quindi presumo che fra qualche giorno verrai a lavorare con me.»
Lara fece una smorfia che indicava che gli stava facendo il verso.
«Perché non vuoi lavorare con me?»
«Perché no.»
«Dai, Lara. A sei anni ti era permesso rispondere ‘perché no’, ora abbiamo trentadue anni e siamo in grado di dare delle rispose sensate.»
«Era bello, quando avevo sei anni. Ero figlia unica e ancora non ti conoscevo.» bevve l’ultimo sorso di caffelatte e sorrise. «E io ne ho ancora trentuno. Non farmi invecchiare così a caso.»
Luca sorrise. «Ma non sei vecchia
Lei alzò gli occhi al cielo, poi prese la tazza e si alzò. «Comunque, non mi manderanno al Decimo.»
«E perché no?»
«Avete appena cambiato Commissario e ancora non avete beccato l’assassino della Rivalta, insomma …»
«Tu lo beccheresti.» replicò lui secco, ma con una nota dolce. Ancora intenta a lavare le tazze (l’aveva sempre divertita moltissimo, lavare le tazze giganti di Luca) Lara si voltò di scatto, incarnando un sopracciglio. «Perché ne sei così certo?»
«Perché tu hai una marcia in più, in certe cose.»
«Si chiama sesto senso femminile. Chiedi a Valeria
Lara pronunciò il nome della compagna lavorativa di Luca con una nota di disprezzo. Lui non fece in tempo a ribattere, perché Adriano uscì dalla camera da letto sbadigliando, con addosso solo un paio di boxer.  «Buongiorno.» disse, baciando Luca sulle labbra e strizzando l’occhio a Lara.
«C’è pronto il tuo caffè.» gli comunicò Luca.
«Sei un tesoro.» rispose l’altro, mettendosi a sedere. «Di che parlavate?»
«Di Lara che si trasferirà al Decimo.»
«Non è vero.» replicò secca lei, asciugandosi le mani e voltandosi verso il tavolo.
«Cambi di nuovo?» chiese Adriano, con stupore.
Lara lo guardò, con la bocca mezza aperta, sperando che capisse. Lui rispose continuando a guardarla dubbioso.
«Ieri sera ho mandato a fanculo il mio capo, nonché mio ex fidanzato. Devo chiedere il trasferimento prima che lui mi licenzi.»
Adriano alzò le spalle. «Non vi capirò mai, a voi poliziotti.» trangugiò il suo caffè e si diresse verso il bagno.
Luca tornò a guardare Lara con un mezzo sorriso stampato in volto.
«Luca?» disse Lara, rispondendo al sorriso. «Guarda che ore sono.»
Lui osservò distrattamente l’orologio che portava al polso, e quando si accorse che mancavano tre minuti alle nove si alzò di scatto, prese la giacca, corse verso il bagno per salutare il suo compagno, mentre Lara, urlando un saluto ad Adriano e dicendo a Luca che lo avrebbe accompagnato, afferrò le chiavi della macchina e uscì dalla porta, seguita da Luca.
«Non sono mai arrivato in ritardo, diamine!»
Lara ingranò la marcia per uscire dal vialetto di parcheggi del condominio. «Eh, già. Valeria potrebbe offendersi.»
Luca alzò gli occhi al cielo. «Smettila.»
«Potrai essere gay quanto ti pare, Benvenuto, ma certe cose una donna le capisce subito. Quella ha la puzza sotto al naso. Parola mia.»
«Okay, forse è un po’ rigida, ma non ha la puzza sotto al naso.»
Fu il turno di Lara ad alzare gli occhi al cielo. «Oh, andiamo Luca, quante volte mi sono sbagliata?!» replicò, mentre imboccava una stradina secondaria.
«Sbagli quando hai trentadue anni e ancora hai paura delle rotonde!»
«Trentuno, dannazione, trentuno!!» replicò lei quasi strillando. «E, per la cronaca, passando di qui si fa anche prima!»
«Lara Mancini, la donna che a quasi trentadue anni ancora temeva le rotonde.»
«Luca Benvenuto, l’uomo che a trentadue anni e un mese ancora non ha smesso di rompermi i … ma questo?» Una Punto uguale a quella di Lara era appena passata davanti a loro ad una velocità assurda.
«Quello è Roberto Ardenzi.»
«Può essere chi ti pare ma non sa guidare!» strillò lei, ormai giunta a destinazione.
«Lara, quanti punti hai sulla patente?»
Lara inchiodò e guardò Luca con finto odio. «Più dei tuoi neuroni.» Luca sorrise. «Sono le nove e due minuti, ispettore. Scenda o la Ruggero si preoccupa.»
«Ti odio.» replicò secco lui.
«Si, pure io.»
Luca scese dalla macchina borbottando qualcosa sul fatto che Lara guidasse in modo allucinante, e lei, sorridendo, lo guardò allontanarsi.

Lara citofonò alla porta della casa in cui era cresciuta, maledicendosi per aver dimenticato di nuovo le chiavi. Fece un paio di passi indietro per osservare da lontano quella casette dispersa in campagna, con i muri gialli e le imposte verdi, la porta grande e le tende chiare. Solo chi ci aveva vissuto poteva capire il mondo che c’era dentro.
«Chi è?» chiese una voce che Lara conosceva fin troppo bene.
«Sono Lara, mamma.» rispose, facendo il sorriso più convincente che riuscì a sfoggiare.
La porta si spalancò, e Lara si trovò davanti alla sua esatta fotocopia, solo vent’anni più vecchia e con i capelli scuri. I capelli rossi di Lara erano tutto ciò che lei aveva di suo padre. Quando sua madre la abbracciò, Lara, come ogni volta che andava a trovarla si ripropose di andarla a trovare più spesso. Era vedova da quasi due anni, ormai, eppure, da quando era uscita di casa per cercare di portare avanti una delle sue prime storie serie, faceva fatica a tornarci. Era come tornare in una tana che, ormai, ti sta stretta.
«Lara, piccola mia, che bello vederti, che bello, ogni tanto … vieni, piccola, entra … hai pranzato? Vuoi pranzare?»
Lara riuscì a staccarsi di dosso la donna, trovando le cose del defunto marito di sua madre esattamente come le aveva lasciate lui l’ultima volta che era uscito di casa. quando vide le chiavi della moto nello svuota tasche all’ingresso ed il berretto sull’appendiabiti, a Lara si chiuse lo stomaco. Per fortuna, sua madre era una delle persone che parlava di più al mondo, e non si accorse di non aver ricevuto risposta, quando Lara si sedette al suo posto (quello era sempre stato il suo posto, e sarebbe rimasta una delle poche certezze della sua vita), la donna stava ancora parlando.
«Tua sorella sarà qui a momenti, sai? Sarà contenta di vederti, si, sarà contenta, anche se mi racconta che vi sentite con quelle cose … quella macchinetta che si porta sempre in tasca, come si chiama?»
«Cellulare, mamma.» rispose Lara.
«Ecco, si, me lo racconta lei, che vi sentite con quelle macchinette lì … vuoi un caffè, tesoro?»
«Si, grazie.»
«Tua sorella sta prendendo la maturità, sai? È brava, è brava davvero … sono stata ai colloqui, la settimana scorsa … hanno detto che studia, che è intelligente, che potrebbe andare avanti, che potrebbe andare all’università … beh, fa casino, parla sempre, dicono, ma è intelligente …»
Lara sapeva che quella, per sua madre, era una soddisfazione immensa: lei non era assolutamente mai stata la figlia perfetta (lei e Luca erano sempre in presidenza per qualche scherzo che, a quanto pare, non divertiva mai nessuno al di fuori di loro due) lei non aveva mai portato a scuola dei nove, lei arrivata al sette. Lei era quella che si vestiva fuori moda, che portava i jeans strappati e che la sera stava fuori talmente tanto che tornava per la colazione.
«Dice che le piacerebbe studiare Medicina, sai? Per diventare un medico, una dottoressa, come suo padre, che era un dottore ...»
Tipico di quella ragazzina: nascondersi dietro l’ombra di qualcuno di più grande e più importante di lei.
«Tu … tu un giorno sei entrata da quella porta dicendo che tu e Luca siete entrati in Polizia … vi farete ammazzare, vi farete, ve lo dico io …»
Lara, senza smettere di sorridere, fece il gesto scaramantico delle corna sotto al tavolo. Sua madre era al primo stadio di quella malattia mentale chiamata Alzheimer, e lei si sentiva tremendamente in colpa. Sua madre stava perdendo il senno e lei non c’era.
«Ah, come sta Luca? È un po’ che non lo vedo neanche lui, sai?»
«Luca sta bene, mamma.» rispose, girando lo zucchero nel caffè.
«Tu e Luca state insieme, alla fine?»
«No, mamma. Luca è omosessuale, ricordi? Te lo ha detto dieci anni fa.»
«Omosessuale, si … si, me lo ricordo, me lo ricordo .. vuol dire che gli piacciono gli uomini, si, mi ricordo …»
In quel momento, la porta si spalancò, e una ragazza identica alla madre di Lara entrò in casa. «Mamma, ma perché la porta era apert … Lara
Lara si alzò ed abbracciò la sorella. «Ciao, bella. Tutto bene?»
Ludovica annuì, e poi guardò sua madre. «Hai visto, mamma? Te lo dicevo che sarebbe venuta a trovarci prima o poi!»
«Ludo, tu lo sai … lo sai che Luca è omosessuale?»
Ludovica non perse il sorriso. «Si, mamma, lo so. E se non mi sbaglio, convive.»
Lara annuì. «Si, convive.» prese un biscotto dal contenitore sul tavolo e lo addentò.
«E il suo compagno com’è?»
«Adriano? Si, beh, è simpatico.»
«E vive con Luca?» chiese la madre.
«Si.» Lara era lì da dieci minuti e aveva già voglia di correre via.
«Ma anche lui è omosessuale?»
«Si, mamma. Luca e Adriano stanno insieme, come marito e moglie.»
«Come marito e moglie …» ripeté la donna. «E tu? Tu non ce l’hai un marito?»
«No, mamma, non ce l’ho un marito. Io e il mio fidanzato ci siamo lasciati ieri.»
«Che cosa?!» domandò Ludovica, con aria esterrefatta. «Ma quando? Cioè, perché
Lara le fece segno che non importava. «Mamma, ascoltami. Io torno a lavorare qui vicino, se hai bisogno, okay?»
«Venite a cena?» chiese la madre, ignorando la domanda di Lara.
«Chi?»
«Tu, Luca, e quello che è come se sono marito e moglie.» il suo sguardo era improvvisamente lucido. Luca per lei era stato come un figlio, e il pensiero che almeno uno dei suoi figli avesse una vita sentimentale che riuscita a stare in equilibrio la rasserenava e le dava lucidità.
Fu per questo che Lara sorrise e disse: «Si, mamma, io, Luca e Adriano verremo a cena.»



Erano le sette e dieci, Lara, che si era cambiata e lavata, era appoggiata alla sua Punto grigia fuori dal Decimo Tuscolano. La maglietta larga mostrava il simbolo storico del Rolling Stones, e lasciava intravedere il tatuaggio che aveva alla base del collo. I capelli rossi erano raccolti nella solita coda, ma quando Luca uscì da quella porta e la vide, pensò comunque che fosse bellissima, anche con il broncio gigantesco che portava. Valeria Ruggero, Roberto Ardenzi e Mauro Belli, dietro di lui, furono folgorati da quello strano personaggio.
«Hai detto che mi odi!» le urlò contro Luca, sorridendo.
«Sono sedici anni che te lo dico, Benvenuto.» replicò lei, appena i quattro si furono avvicinati. «Ma è mio dovere morale ammettere che oggi, per la prima volta in questi sedici anni, avevi ragione.»
«Non era affatto la prima volta, ma riguardo a cosa?» La domanda ebbe subito una risposta dall’espressione imbronciata della donna. «Ti hanno trasferita qui?» Di nuovo, Lara non rispose, ma Luca scoppiò in una risata di cuore, corse verso l’amica e l’abbracciò, sollevandola da terra. Poi, tenendole un braccio attorno alle spalle, si girò verso i tre colleghi che avevano assistito alla scena con un mezzo sorriso. «Ragazzi, so che vista così sembra uscita da un vecchio video musicale, ma lei è l’ispettore Lara Mancini, e vi giuro che ha un sesto senso che fa paura.»
Roberto, divertito da quella scena, tese la mano a Lara. «Piacere, ispettore Roberto Ardenzi.»
Lara gli strinse la mano sorridendo. «Piacere mio.»
Mauro seguì subito l’amico. «Mauro Belli, al suo servizio.»
«Belli, dammi del lei e farai una brutta fine.» replicò lei sorridendo.
Valeria sorrise e tese la mano a Lara. «Sarà un piacere averti come collega, Lara. Luca parla sempre benissimo di te.»
Lara strinse la mano alla donna con un mezzo sorriso. «Non credergli, Valeria: ne faccio una giusta e dieci sbagliate.»
«Sei una bugiarda.» replicò Luca.
Lara non diede segno di averlo sentito.
«Inizi domani?» chiese Mauro.
Lara annuì. «Pare di sì. Oggi sono venuta a ritirare Benvenuto per prenderlo a calci nel sedere.»
Valeria sorrise. «Non maltrattarlo troppo.» raccomandò.
Lara non fece in tempo a rispondere, perché Luca, anticipando la sua risposta, chiese prontamente se Lara, in quella giornata libera, avesse fatto visita a sua madre.
Lara, che era più bassa di Luca di cinque centimetri, lo guardò dal basso verso l’alto. «Sì. E le ho detto che saremmo andati a cena da lei.»
«Che cosa?!»
«Scommetto che ora rimpiangi di aver avuto ragione, questa mattina, vero?»
I tre sorrisero e si dileguarono, mentre Luca salì in macchina. «E Adriano?»
«Lo passiamo a prendere ora, Adriano.» rispose lei, allacciandosi la cintura di sicurezza e procedendo in retro per uscire dal parcheggio.
«Che canzone è?» chiese Luca, alzando il volume della radio.
«Spirale Ovale.» rispose prontamente Lara, riavvolgendo il nastro dell’audiocassetta. «Me l’ha prestata mia sorella, lei è in fissa con questi Articolo 31, ora.»
Luca sorrise, cercando di ascoltare le parole della canzone, mentre raccontava a Lara della giornata, e lei criticava ogni sua mossa, sorridendo e insultando le persone alla guida delle altre auto.
Non noto la pettinatura ed il vestito, ma muoio per il tuo sorriso.
 

Ecco, allora, mio caro lettore, mia cara lettrice, mi sento in dovere di porgere delle spiegazioni.
Andiamo in ordine.
Il nome del capitolo è, si, riferito alla canzone degli articolo 31, e, nel caso qualcuno avesse letto 'la neve se ne frega' di Luciano Ligabue, avrà notato che questa cosa dei più titoli per uno stesso capitolo è presa da lì. Si, sono talmente indecisa da doverlo fare.
Per quanto riguarda le canzoni, invece, si accettano offerte.
Il personaggio di Lara. Allora, non so da dove mi sia uscita questa donna, davvero, ma sono contenta che sia arrivata, perchè l'idea di lei e quel figo di Benvenuto (si può dire che è figo?) mi diverte molto. Che cosa succederà? Beh, lo sapremo presto. 
La struttura del capitolo, invece, sarà la stessa per gli altri. Nel senso, la frase finale in corsivo è presa dalla canzone che da il nome al capitolo (il nome ufficiale, almeno) e sarà una frase che entrambi si dedicano, dapprima inconsciamente, come la prima volta, e poi ... beh, vedremo! 
Spero di avere detto tutto e spero di vedervi nelle recensioni.
Fatto il misfatto! (si, dovevo dirlo comunque)
la vostra Claude :3

 
   
 
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