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Autore: FAT_O    05/07/2015    0 recensioni
I personaggi di una storia, di un romanzo, di tutto ciò che viene scritto, esistono davvero solo nella mente di chi li ha creati, e di chi legge le vicende che li riguardano? O forse, essi possiedono un mondo tutto loro, di cui noi non siamo a conoscenza, ma che palpita di una sua vita imperfetta? E se le cose stanno così, che cosa può accadere quando uno Scrittore decide di stravolgere la vita dei suoi personaggi? E' possibile per questi due mondi incontrarsi e compenetrarsi?
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parte Prima
 
Quel giorno, lo Scrittore si sentiva bene. Bene, come non gli succedeva da moltissimo tempo.
Nella sua mente, per molte ore si era agitata un’idea, che adesso aveva preso una forma precisa. Tutto sarebbe cambiato.
Si avvicinò al suo computer, lo accese e aprì il programma di scrittura. Quindi, cominciò a pigiare rapidamente sui tasti. Era intenzionato a descrivere un nuovo personaggio. Per quel giorno gli sarebbe bastato. Le altre idee avrebbero riempito nuove pagine nei giorni successivi, ma in quel momento, non gli interessavano.
Scrisse poche, precise parole: “Era una ragazza sui vent’anni, snella e minuta, con la pelle chiara, il naso a punta, gli occhi castani. Aveva denti piccoli e bianchi, in una bocca di un rosso lieve.”
Quindi, chiuse gli occhi, tirò un lungo sospiro e sorrise. Poi, si alzò, spense il computer e si preparò per andare a dormire. Non aveva bisogno di altro, almeno fino al giorno seguente.
 
D’improvviso, era viva. Aveva riempito una porzione di spazio che fino all’istante prima era vuota.
Per lei, fu un’esperienza traumatica. E’ sempre così, quando cominci ad esistere.
Lentamente, mentre avvertiva il battito del suo cuore rallentare, iniziò a guardarsi intorno. Ma c’era davvero poco da vedere. Era circondata da un immensa distesa bianca. Tuttavia, in lontananza, le pareva di scorgere qualcosa, un edificio, come immerso in una nebbia profonda.
Non era sicura di volerlo raggiungere. In un certo senso, ne aveva paura, come si ha paura di tutto ciò che non si conosce. Si chiese se sapesse qualcosa, qualunque cosa. E subito, si rese conto di conoscere un linguaggio. Poi, a gran fatica, come cercando di ricordare qualcosa che aveva già fatto tempo prima, aprì la bocca, con le labbra che tremavano, e sussurrò: “Io esisto.”
Il suono si estinse subito, ma lei sapeva di poterlo riprodurre in qualsiasi momento. Per un istante si rallegrò per questo fatto, ma subito riprese ad interrogarsi. Mentre pensava, inconsapevolmente si portò la mano alla testa, come per compiere un gesto abituale, e sobbalzò. La sua mano aveva toccato una superficie liscia e morbida, del tutto uniforme, mentre lei ricordava... Ricordava? No, non ricordava nulla. Eppure... Sentiva, che la mano avrebbe dovuto trovare qualcosa di diverso. Le venne in mente la parola che cercava. Capelli. Dov’erano i suoi capelli? Istintivamente, si sentiva privata di una parte fondamentale di sé.
Abbassò lo sguardo sul suo corpo. Indossava vestiti semplici. Dei jeans, una camicetta bianca. Niente calze né scarpe. Più tempo passava, più la sua mente si riempiva di interrogativi. Ma stava davvero passando del tempo? Cos’era poi, il tempo, in quel luogo, sempre che lo si potesse definire tale, tanto vacuo e desolato?
Decise, di colpo, di dirigersi verso quella sorta di edificio lontano. Sembrava l’unico modo per dare una svolta a quella storia. Ma proprio mentre stava per avviarsi, vide una figura uscire dalla nebbia, e si immobilizzò. Si trattava di una creatura umanoide, senza dubbio, ma non riusciva a distinguerne i tratti. Avvertì l’impulso improvviso di fuggire, nascondersi, ma dove? L’unica direzione che sembrava poter offrire un riparo era quella in cui si trovava l’edificio, quella da dove era uscita la figura. Fuggire non aveva senso, se fosse rimasta comunque sempre visibile. Quindi, stabilì di rimanere immobile, attendendo la figura. Si accorse di sudare freddo, ma non si mosse. La figura era ormai piuttosto vicina.
La ragazza la guardò dritta in viso, cercandone gli occhi. Ma non li trovò. Con raccapriccio, si rese conto che non c’era assolutamente nulla su quello che avrebbe dovuto essere il volto. Niente occhi, bocca, naso, nulla. Solo una sorta di testa incompleta di tutto. La ragazza stava per mettersi a correre, preda di un violento terrore, quando sentì il lamento. Era un suono dall’origine incerta, come se provenisse dalla gola della creatura, ma non potesse uscirne, a causa della mancanza di una bocca. Eppure, esprimeva un dolore che toccò la ragazza nel profondo. Sentì in quel dolore qualcosa di simile a ciò che aveva provato quando si era resa conto dell’assenza dei suoi capelli, ma sapeva che doveva essere molto peggiore. E a quel punto, smise di avere paura. Provava soltanto una grandissima pena per quell’essere. Avrebbe voluto aiutarlo, ma non sapeva nemmeno come aiutare sé stessa.
Così, quando la creatura l’ebbe superata, pur sentendo i suoi occhi inumidirsi, si avviò verso la casa nella nebbia.
   
 
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