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Autore: applestark    05/07/2015    1 recensioni
Inverno dell’anno 1100, convento di Romsey.
Edith, figlia del re di Scozia e della sua seconda moglie, vive da sette anni con le suore del monastero, insieme a sua sorella Maria. Tutti vedono per lei un futuro da badessa, come sua zia Cristina, e invece Edith detesta stare rinchiusa tra quelle mura e vorrebbe solo fuggire via.
Henry, ultimo figlio di Guglielmo il Conquistatore, alla morte del fratello Guglielmo II, a causa della lontananza del duca Roberto dall’Inghilterra, è pronto a prendere il trono d’Inghilterra e Normandia. Tuttavia, deve assolutamente trovare una moglie.
I personaggi ed alcuni dei fatti narrati sono realmente accaduti, basta anche un po’ consultare internet per riscontrarlo. Tuttavia, non seguirò precisamente le vicende storiche, per dare spazio alla mia fantasia.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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Capitolo I

Aveva piovuto tutta la notte. I tuoni, i lampi, la candela sul davanzale che si spegneva ad ogni folata di vento, ed io che non riuscivo a dormire.
Per quanto mi piacesse quel posto, mi sentivo come imprigionata in un futuro che gli altri avevano provveduto a decidere per me. Erano ormai passati sette anni dalla morte di mio padre, sette anni dal mio trasferimento a Romsey, e non sapevo cosa succedeva oltre quella contea. Persino cavalcare  nel bosco mi era proibito, nonostante lo facessi spesso negli ultimi tempi.
Per fortuna avevo mia sorella Maria con me, ed era l’unica persona che mi faceva sentire veramente a casa. Anche zia Cristina, per quanto bene mi volesse, con i suoi modi sempre rigidi, e glaciali, mi rendeva la vita difficile.
Non mi andava di passare il resto della mia vita a pregare, leggere la Bibbia e fare i ricami sui bordi delle lenzuola per le nuove suore che si consacravano a Dio. E, soprattutto, non volevo essere una di loro.
Io sognavo di evadere, volevo un principe, uno di quelli delle favole che leggevo prima di andare a dormire, ma andava bene anche semplicemente ritornare alla corte ad  Edimburgo, con le mie amiche scozzesi, tra le braccia di mia madre. E invece non vedevo tutte quelle persone dal giorno dei funerali di mio padre.
Trovavo quel destino molto crudele per me, certamente stavo meglio delle donne costrette alla schiavitù, ma comunque mi sentivo un uccellino in gabbia.
Non appena il sole fu in cielo, ed udii il gallo cantare, mi gettai giù dal letto e mi vestii con uno degli abiti standard, grigi e a maniche lunghe, indossai le scarpe scure e mi pettinai in fretta e furia, intrecciando i capelli castani in una pettinatura disordinata.
Dovevo uscire in silenzio, senza far capire a nessuno dove stessi andando. Volevo cavalcare un po’ con la mia puledra, regalo del diciottesimo compleanno da parte di mia madre, e se mi avessero vista mi avrebbero costretta alle preghiere mattutine.
Inoltre, da quanto ricordavo, quel giorno sarebbe venuto a farci visita uno dei Normanni, con il quale avrebbero voluto farmi sposare.
Era già successo con Alano il Rosso, un uomo che mi voleva in sposa e che era morto prima di concludere “l’affare”.
Insomma, non ero d’accordo con quel modo di fare, noi donne eravamo in grado di sceglierci chi amare, ma c’era una cosa ancora peggiore: mia zia Cristina aveva detto in giro che io volessi dare i voti e diventare una suora.
Non esisteva bugia più grande! Tuttavia, mi chiedevo cosa fosse meglio per me. Se rimanere lì, al sicuro, o concedermi ad uomo, e scoprire cosa succedeva nel mondo.
Ad ogni modo,  scesi giù nelle stalle e salii in groppa al cavallo, dandogli una lieve pacca sul dorso per farla iniziare a correre. Ero diretta verso la foresta, luogo che visitavo spesso perché trovavo affascinante, e ricco di mistero.
Le suore mi impedivano di andare in quei posti perché, a loro parere, la foresta era popolata dai pagani, uomini che non avevano subito la cristianizzazione e allora facevano strani rituali e sacrifici umani sotto le querce.
In realtà io non ci credevo, o almeno, di giorno quel posto era sempre stato tranquillo.
-Vai Bella!- esortai il mio cavallo bianco, accennando una risata che fece eco tra gli alberi, che emanavano un profumo pungente, come la menta e l’eucalipto. Allo stesso tempo, dal suolo si innalzava l’odore del terreno bagnato, che mi faceva pensare alla mia infanzia, ai giochi al castello in Scozia, a quei giorni bellissimi che non sarebbero tornati più.
Improvvisamente il mio cavallo si arrestò, nitrendo.
-Cosa succede? Bella, Bella perché non corri?- domandai alla bestia, accarezzandole la criniera e guardandomi intorno con aria sospetta.
Il cavallo continuava ad agitarsi, mentre io mi chiedevo il motivo. Intorno a me non c’era niente, eppure gli animali percepiscono il pericolo, così mi spaventai anche io.
Se mi fosse successo qualcosa avrebbero incolpato tutte le sorelle di Romsey, e a me dispiaceva.
Un rumore dietro dei cespugli mi fece sobbalzare, così esortai Bella a camminare, e ritornare indietro, ma lei aveva paura e non si muoveva.
Ancora quel rumore, che mi costrinse ad emanare un urlo fortissimo, in grado di cercare aiuto a chiunque fosse nei paraggi.
Forse non fu la scelta migliore da fare, ma ero come paralizzata sul cavallo, continuavo a fissare un punto dritto davanti a me, nella zona da dove proveniva quel rumore.
Poco dopo sentii il rumore degli zoccoli di un cavallo che sfrecciava nella foresta, ed il cuore prese a battermi fortissimo, allo stesso tempo Bella era incontrollabile, così con un balzo scesi giù dal cavallo e la presi per le briglie, cercando ci calmarla in qualche modo.
-Chi va la?- gridai, mettendo una mano nella tasca del mantello dove avevo un pugnale regalatomi da mia madre tanto tempo prima, del quale nessuno era a conoscenza.
Una lady con un pugnale, che scandalo.
-Chi va là?- dissi più forte, battendo i piedi a terra, fino  a che non vidi giungere da lontano un uomo a cavallo, un uomo vestito benissimo, con i capelli scompigliati e la barba rossiccia incolta.
-Sbaglio o qualcuno ha urlato?- affermò, sicuro di se, frenando il suo destriero e facendo un agile balzo per scendere giù dalla sella.
-Beh c’era un rumore e mi sono…spaventata- risposi, guardandolo dritto negli occhi.
Erano color corteccia, scuri ma sulle tonalità del marrone.
-E cosa ci fa una fanciulla nella foresta? Tra l’altro, se mi permette, la foresta più pericolosa del sud dell’Inghilterra-
-Volevo fare una passeggiata con il mio cavallo-
Accarezzai Bella, accennando un sorriso.
-Poco prudente-
-Voi non siete nessuno per giudicarmi- dissi, sulla difensiva.
Lui rise, alzando gli occhi al cielo. Mi sentii vagamente urtata da quel gesto, così sbuffai, e iniziai a camminare in avanti, verso il convento.
-Dove andate? Non vi importa sapere qual era il rumore che vi turbava?-
Non risposi, il tono di quell’uomo mi dava fastidio, e poi ero in imbarazzo.
-Si trattava di un animale della foresta, ma dove andate?-
Gli passai davanti, e lui allungò la mano per prendermi il braccio. Mi spostai immediatamente, il mondo era pieno di malintenzionati e, anche se quel tipo doveva sicuramente essere un nobile, meglio essere prudenti.
-Vi ringrazio per essere venuto in mio aiuto ma devo proprio andare- lo liquidai, fermandomi solo un attimo per guardarlo.
-Posso almeno sapere il vostro nome, Lady sfacciataggine?-
Lo guardai torva. –Mi chiamo Edith.-
-Io sono Henry-
-Grazie, Henry- gli dissi, poi salii in groppa a Bella, e corsi via veloce.
Non sapevo proprio avere a che fare con il sesso maschile, forse perché non avevo mai visto uomini che non fossero preti, e la loro presenza mi metteva in imbarazzo.
Poi quell’Henry era anche parecchio…bello, ed io mi sentivo in soggezione.                   
 
Poco dopo giunsi all’Abbazia, e trovai tutte agitate perché mi avevano invano cercata per tutto il convento.
Non raccontai loro dell’incontro nella foresta, o si sarebbero agitate inutilmente.
-Edith, signorina! Tra cinque minuti il futuro re di Inghilterra sarà qui e voi… guardatevi!- mi riprese suor Sarah, ed io sbuffai.
Non mi andava nemmeno di conoscere uno di quei Normanni, futuro nemico di mio fratello Will, re di Scozia.
-Edith, mi hai fatta preoccupare, vieni che ti sistemo i capelli-
Mia sorella Maria comparve nella sala degli incontri, con una spazzola tra le mani e il suo miglior sorriso.
Era così bella, con i suoi capelli corvini e gli occhi grandi ed espressivi. Somigliava tanto a mia madre, o almeno, al vago ricordo che avevo di lei.
Lasciai che mi sciogliesse la treccia e mi pettinasse i boccoli castani dai riflessi dorati, e mi sistemasse l’abito, per quanto brutto fosse.
-Noi suore non possediamo abiti degni di una futura regina- commentò Sarah, dispiaciuta.
-Non date per scontato che io voglia sposare quest’uomo-.
Dalla porta entrò mia zia Cristina, la badessa, e tutte ci inchinammo al suo cospetto.
Era seguita da un uomo dalla statura impressionante, un certo Lord Benjamin, zio del principe che avrei conosciuto in pochi minuti.
-Mi dispiace annunciarvi che il principe Henry è sparito- affermò, evidentemente infastidito, e mia zia gli fece eco affermando che se non si fosse presentato in poco tempo le trattative sarebbero state annullate.
Quel Benjamin si inchinò davanti a me, ed io sorrisi lievemente, tenendo lo sguardo fisso sulla porta, dalla quale sarebbe entrato il futuro re.
Mi aspettavo un uomo vecchio e sgarbato come quell’Alano morto un anno prima, un uomo noioso, uno statista che mi avrebbe usata solo per procreare e dargli eredi.
-Vi prego di perdonarmi per il ritardo. Badessa, zio, scusatemi-
La porta si aprì repentinamente, accompagnata da quelle parole e un sorriso loquace.
Occhi color corteccia, un bel sorriso, i capelli scompigliati di chi ha cavalcato in fretta.
Si trattava di Henry.
Henry che avevo visto poco prima nella foresta.
-Edith di Scozia, lasciate che mi presenti, sono Henry, principe ereditario della corona inglese.-
Mia zia si avvicinò a me, come a proteggermi, mentre Lord Benjamin si posò accanto al nipote.
-E’ un piacere conoscervi, Henry.-
Accompagnai quelle parole con una riverenza, e lo guardai con un sorriso divertito sulle labbra.
Ci eravamo incontrato poco prima, e l’avevo persino trattato male.
-Che ne dite di lasciare i nostri zii ai loro affari?- mi domandò, porgendomi subito il suo braccio.
-Dico che è una fantastica idea- gli risposi, lasciandomi guidare fuori da quella stanza troppo silenziosa.
Sapevo che la badessa Cristina si sarebbe fermamente opposta a quel matrimonio, ed in effetti io non avrei mai sposato un uomo senza conoscerlo.
Tuttavia, una passeggiata in giardino sembrava il primo passo per un futuro più divertente di quello che si prospettava per me, tra quelle grigie mura. 
  
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