Quando ti ho
sognato eri un goccia…
Una
goccia.
Sento
la pesante densità di una goccia.
Così
inosservata, una goccia. Nel suo silenzio mille schianti da soffocare.
Una
goccia -che non è una lacrima- perché i giovani cuori a furia di fallire non
piangono più. A Roby può interessare?
Eppure
scivola con la stessa velocità, si allunga e deforma per raggiungere la base,
l’approdo, perde la propria identità quando senza coraggio affronta il vuoto.
Così
leggera perché non cè nessuno a sostenerla.
Appiattirsi,
fondersi, sentirsi tutt’uno con ciò che è più basso, oh piccola goccia.
Sei
a tuo agio solo tra gli estremi.
E
poi?
E
poi anelare l’oceano, per non lasciare traccia.
Un
tuffo nell’amorfa e rassicurante indifferenza.
Peccato
che l’oceano sia di gomma, che non abbia alcuna intenzione di accogliere, per
cui non resta che ribalzarci contro, come tanti addii pronunciati troppo in
fretta.
L’oceano,
la base, tutto ciò che è liscio e regolare, tutto ciò che rappresenta l’annullamento,
il superamento di confini troppo stretti che emarginano, perché fortemente
irregolari, che se ti ingoiano è solo per risputarti, a pezzi.
Pezzi di
porcellana, pezzi di roccia.
E
a pezzi non si riesce ad esprimere ciò che si ha dentro (che non voglio sapere,
che vuoi sapere, che proprio non voglio sapere, che adesso voglio sapere…)
A
pezzi si soffre e basta, in ogni singolo, centuplicato frammento.
Ma
sento davvero di aver qualcosa qui
dentro me, una bile corrosiva che si rimesta ad ogni sospiro, un inferno che
questa crudele acqua salata non riesce a placare.
Se
almeno fossi qui a fingere di cullarmi, mon frère d’election, se avessi
la tenerezza di ingoiarmi lentamente, ad occhi chiusi, quale naufragio potrebbe
essere più dolce?
Ma
io posso annegare solo in una lurida vasca da bagno.
Il
resto, sai, è un po’ il mare…
Quello
che per gli altri è solo imbarazzante e virtuale.
Quello
che per gli altri talvolta può diventare reale.
Quello
che ormai non riesce a farti più del male.
Continuo
a sognarti, piccola e serafica goccia.
Perché
appartengo alla stessa pioggia.
Perché
attendo lo stesso schianto, perpendicolare, come quelle formali parallele che
si incontrano almeno all’infinito,
per fare tutti più contenti.
A
me è negata la speranza di incontrarti persino lì.
(Perché
sei il mio più dolce pensiero - anche se non sei più vivo, anche se non sei più
capace di amare - me.)