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Autore: gratia    08/07/2015    4 recensioni
"Questa non è una spiaggia di turisti. E’ troppo piccola, troppo isolata, non c’è musica, non c’è un bar. C’è solo il mare. Ed il mare, si sa, in Grecia non costa nulla. Non è mai costato nulla. E’ la cosa più comunitaria che esista in tutta la Grecia. Comunitaria in un doppio senso: è comune ed accomuna. In questa spiaggia ci sono solo Greci."
Tre piccole storie di persone greche nella vita di tutti i giorni. Nei giorni del referendum.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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OXI - Tre piccole storie greche
 
 
Dedicato a Marco T.
 
 
 
Atene – 5 luglio 2015
 
Fa caldo oggi. Gli scorsi giorni non mi sembrava che la calura opprimesse il mio corpo fino quasi a farlo sciogliere sull’asfalto.
 
Il mio viaggio fino ad Atene in auto dura di solito un’ora, oggi ci mettiamo ancora di meno. Perché è domenica. No, non è per quello. E’ il giorno delle elezioni, il giorno del referendum. Il giorno di OXI-NAI.
 
Il pedaggio non si paga oggi. Tutto è gratis, l’autostrada, il parcheggio, abusivo o meno. Niente multe. Questo è il giorno del referendum. Non si può chiedere alla gente di pagare, perché la gente sta già pagando tanto.
 
Mi fermo ad uno sportello bancomat. La coda è meno di quanto pensassi, di quanto avessi visto nei giorni precedenti. Sarà perché è il giorno del referendum, pochi pensano a ritirare i soldi, tutti pensano a votare.
 
Mi metto in coda, ritiro i soldi per i genitori di mio marito, che sono anziani. Inizio a sudare, fa caldo, saranno 35 gradi all’ombra. La cosa strana della Grecia è che il mare è blu e sembra sempre che possa rinfrescarti, con la sua sola vista. Ma qui in centro ad Atene, non posso vedere il mare, quindi il caldo mi annienta.
 
Guardo la persona davanti a me in coda, avrà 75 anni. Come fa a stare in piedi in coda con questo caldo? Come fa a non liquefarsi al suolo?
 
Mi giro e guardo dietro di me. Ci sono già altre tre persone che si sono accodate. Iniziano a parlare tra loro, parlano con me. Parlo greco, è facile capire e farsi capire. Nessuno parlerebbe con qualcuno in una lingua diversa della silenziosa tragedia che stanno vivendo tutti i giorni. Perché certe cose le puoi esprimere solo nella tua lingua madre.
 
Una signora vestita di nero ed accaldata, mi sorride e mi dice che a questo sportello sono finite le banconote da 20 euro, quindi invece dei tanto sospirati 60 euro, potremo ritirarne solo 50.
 
E’ già una settimana che persone di ogni età vanno in processione ogni giorno ai bancomat, con qualunque tempo, a qualunque ora, perché non si sa quanta gente si troverà e non si sa quando finiranno i soldi. E’ un pellegrinaggio silente, gli amici tra loro si dicono a quale sportello c’è meno coda, si telefonano. Si aiutano.
 
“Kiria, poson xronon iste?” – domando all’anziana vestita di nero, chiedendole l’età. Lei mi risponde: “Koukla mou, ime 72.” Sorride. Incredibile, penso io. Quella signora sta ritirando i soldi sotto il sole a 35 gradi, vestita di nero, come forse fa ogni giorno da una settimana a questa parte, e sorride.
 
Le chiedo perché non torna più tardi a ritirare i soldi. Mi dice che stanno arrivando i nipotini a cena e quei soldi le servono per fare la spesa. Non può aspettare.
 
Mi guardo indietro e vedo altre persone sorridere, parlare tra loro. Stare in coda. Ordinatamente. Sarà lo spirito di sopportazione che hanno maturato nei loro geni dai tempi del dominio ottomano? Sarà l’eredità di Socrate? Non lo so. Ma più guardo queste persone in coda per 50 euro al giorno, più penso che io urlerei di rabbia. Ma loro, rimangono in coda.
 
 
Paralia Klimaki – Isola di Evia
 
Questa non è una spiaggia di turisti. E’ troppo piccola, troppo isolata, non c’è musica, non c’è un bar. C’è solo il mare. Ed il mare, si sa, in Grecia non costa nulla.
 
Non è mai costato nulla. E’ la cosa più comunitaria che esista in tutta la Grecia. Comunitaria in un doppio senso: è comune ed accomuna. In questa spiaggia ci sono solo Greci.
 
L’acqua è così trasparente da sembrarmi una cosa viva. Poche persone calpestano la sabbia oggi. L’anno scorso, in giugno, ce n’erano molte di più. Siamo in luglio, e le persone si contano sulle dita di una mano.
 
Una signora anziana con un grande cappello a falda ampia è in acqua con me. Una delle cose più greche che esistano, è la conversazione in mare. Tutti parlano in mare. Se fai il bagno insieme, condividi lo stesso frammento di acqua. Quando si condivide qualcosa, è scontato iniziare a parlare. Che ci si conosca o meno. Ed infatti, come da copione, la signora mi parla.
 
“Den ine krio to nero simera.” E’ vero, l’acqua mi sembra più calda, mi pare quasi mi possa scaldare la pelle.
 
Mi dice che vive nel villaggio vicino, che di solito venivano tutti i giorni in spiaggia in auto per portare i nipotini, mentre la figlia lavora. La classica Yaya, insomma. Però, quest’anno è diverso, qualcosa è cambiato. Sono i 60 euro al giorno che possono ritirare dai bancomat. Che ovviamente, diventano automaticamente 50 quando finiscono le banconote da 20 euro negli sportelli.
 
Mi dice che la benzina per andare al più vicino bancomat le costa 10 euro, quindi fa il viaggio e la coda per 50 o 40 euro, dipende dal taglio di banconote rimasto. Mi dice anche che hanno ridotto le loro discese alla spiaggia.
 
E’ vero che la spiaggia in Grecia non costa nulla, ma la benzina costa. Soprattutto se puoi avere solo 60 euro al giorno. Nonostante il mare sia parte dei Greci come l’aria che respirano, quando hai 60 euro in tasca e devi comprare da mangiare e fare benzina, il mare diventa un lusso.
 
Esco dall’acqua, il sole mi bacia la pelle, è caldo, ma le gocce d’acqua ancora mi danno freschezza. La signora con cui ho condiviso il mare mi si avvicina. In acqua non si riescono bene a definire le persone, ma fuori tutto torna reale.
 
E’ una signora sui 70 anni, grassoccia, con il cappello a falda fermamente calato sulla testa. Un’altra cosa che ho imparato della Grecia è che tutte le signore sopra i 60 anni vanno in spiaggia con un cappello. A falda o con la visiera. Niente cappello, niente spiaggia, niente mare.
 
“Thelete viscino? To eftiaxa ego sto spiti. 10 euro ena kilo.” Fa la marmellata di visciole, le ciliegie selvatiche, e la vende. La guardo e penso ai 10 euro di benzina che spende per andare a fare 2 ore di coda al bancomat per ritirare 50 o 60 euro. Le dico che mi farebbe molto piacere averla. Lei mi sorride.
 
Vedo che va dal marito e dai nipotini. Poi si avvia alla sua auto e mi porta il barattolo di marmellata fatta in casa. Le do i 10 euro e lei mi ringrazia con un sorriso e con il famoso “Efharisto poli”. Ogni volta che sento quella parola, penso che eucaristia deriva proprio dall’efharisto greco.
 
Decido di rituffarmi in mare, il calore mi avvolge. Penso vagamente che, almeno per quel giorno, le ho dato i 10 euro di benzina che le serviranno per andare al bancomat.
 
 
Petries – Isola di Evia
 
La taverna è vuota. Il tramonto pare dipinto con colori ad olio, il mare è di un colore argenteo, l’acqua non sembra più liquida per quanto è calma. Sembra quasi si sia solidificata.
 
L’anno scorso, in questa stessa taverna avevamo cenato con turisti tedeschi che avevano raggiunto Petries seguendo dei circuiti anti-turistici. Quest’anno, non c’è nessuno. Le taverne greche regalano viste senza prezzo ad un costo incredibilmente economico. La vista, il silenzio del mare, l’odore della terra, tutto questo non ha prezzo.
 
Ci viene a servire una signora bionda sui 55 anni, doveva essere una donna molto bella da giovane, adesso solo i fianchi sono appesantiti, la pelle del viso è ancora levigata.
 
Ordiniamo il pesce che suo figlio ha pescato appositamente per noi, come avevamo concordato la sera prima. Nessuno chieda se il pesce è fresco qui. Sono usciti di notte per pescarlo, per noi. Perché sapevano che saremmo andati a cenare alla loro taverna, lo avevamo concordato il giorno prima. Tutto basato sulla parola, qui la parola di gentiluomo conta ancora qualcosa.
 
“To logariasmo” – chiedo alla fine di quella cena a base di pesce pescato con la barca di suo figlio e di verdura del loro orto. Le chiedo come va la situazione in Grecia. Mi guarda e per un attimo mi pare che i suoi occhi diventino lucidi. Quasi mi pento di averle fatto quella domanda.
 
Mi risponde di guardare la taverna. Non c’è bisogno che io la guardi, so che è vuota. Mi dice che la sua famiglia è qui da 27 anni. Il figlio si è appena laureato in Economia all’Università di Atene. Il primo laureato della famiglia. Forse dovrà andare all’estero a lavorare. La signora teme che si dimentichi della taverna, del mare, della sua famiglia. Perché la taverna ed il mare sono la sua famiglia. Si farà altri amici. Anche la lingua, teme, non la ricorderà.
 
Io le dico che mi dispiace, che la capisco, anche io vivo all’estero da anni. Lei si stringe nella spalle. Mi dice che avevano una coppia greca nella stanze a picco sul mare che affittano a 40 euro al giorno, ma sono dovuti andare via quando è iniziato il pellegrinaggio dei bancomat.
 
Le hanno detto di guardare il loro portafogli, rimanevano solo 130 euro, non avevano altro. Avevano prenotato per 10 giorni, ma non sapevano se potevano pagarla. Così, hanno deciso di partire il giorno dopo l’inizio della processione agli sportelli bancari.
 
La signora bionda mi guarda, mi pare sempre più che stia per piangere. Mi dice che avevano ragione loro, perché un turista greco dovrebbe venire a spendere i soldi per una vacanza in cui, ogni giorno, deve andare al paese e fare 2 ore di coda per prendere 60 euro? “Aftes den ine diakopes.” Queste non sono vacanze, mi dice.
 
Sarebbe diverso con i turisti stranieri, ma Petries non è un posto per stranieri, vive di turismo locale. Vive, è una parola sbagliata, visto che mi pare stia morendo lentamente.     
 
Poi mi indica i resti del pesce che abbiamo appena mangiato. Mi dice che nessun turista greco in questi giorni prenderebbe un pesce tanto costoso. Solo noi.
 
Poi guardo il conto: 42 euro. Per 800 grammi di pesce pescato appositamente per noi, verdura dell’orto, bevande e vista irreale sul mare.
 
Disclosure: Questo è solo uno spaccato di vita reale in Grecia raccontata da un testimone, un piccolo scritto che non vuole dare nessuna opinione politica sul referendum. Il titolo OXI deriva semplicemente dal fatto che la maggioranza dei Greci ha votato OXI. Con questo pezzo, spero solo di suscitare qualche emozione in quelli che vorranno leggerlo. Vi ringrazio di cuore.
   
 
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