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Autore: Hitsuki    10/07/2015    1 recensioni
{ introspettivo; angst; sentimentale? }
Ma la mano di Shin'ya rimaneva sulla spalla di Guren. La sua mano attutisce tutti i fremiti trattenuti; forse li assorbe. […] «Guren, ricordati che puoi sempre contare su di me». Da quel giorno il Tenente Colonnello non ebbe neppure il bisogno di ricordarlo; un nuovo credo fluiva continuamente nelle sue vene, e non svanirà. […] Quando ci si lascia trasportare, si usano troppe frasi fatte e i dati di fatto scompaiono. I giochi di parole raggirano l'illusione. I paradossi mistificano il lavoro di ogni organismo. Sono tutte prese in giro. Non per niente Mahiru rideva, non sputava in faccia alla società, ma con grazia le faceva lo sgambetto, e Guren era l'unico che - seppur zoppo - non inciampava. […] La profondità si cela nell'ironia. ×
Il desiderio di dimenticare è implacabile, ma al contempo s'arrende.
[ • Guren/Mahiru/Shin'ya | triangolo! ]
[ • + pre!owasera | canon divergence? ]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Guren Ichinose, Mahiru Hīragi, Shinya Hīragi
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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~ allora, le nda sono iniziali perché devo precisare alcune (molte) cosine! i fangirleggiamenti li metto alla fine per non appesantire. essendo alcuni pezzi della fanfiction ambientati prima della serie, vorrei precisare le canon divergences (che magari diventeranno canon per davvero, chissà) della one-shot.
ok, so. vi dico che non ho ancora letto la novel, quindi non so quanta attinenza ci sarà con il canon; sì, avrei potuto leggerla e poi scrivere, ma l'ho stesa di getto e insomma, al libero sfogo ci si affida appena arriva. BUT ho letto i loro articoli sulla wiki di owasera, così non sgarro proprio tutto. e sì, sono troppo pigra per iniziare la novel. scusate.
inoltre! non ho inserito linee divisorie nel testo, sebbene non sia una one-shot tanto corta (tremilaquattrocentosessantuno pillole di deprimenza, dudes), ma spero non sarà pesante. è che volevo collegare ogni paragrafo a un altro, in modo incessante, e ci tenevo molto a questo risultato - fortunatamente riuscito e senza troppi problemi.
tbh, sono preoccupatissima per l'ic. quando si va ad approfondire un personaggio bisogna tener conto non solo dei sentimenti, ma anche del loro comportamento effettivo, ed i tre sono veramente difficili da rendere il più plausibile possibile. io ci ho provato, i pareri li lascio a voi,,, quello che più m'ha dato filo da torcere è stato shin'ya (e me l'aspettavo, come cosa), mentre mahiru (stranamente) l'ho rappresentata con poca difficoltà. anche se ho il terrore di aver reso mahiru antipatica agli occhi del lettore, ma io la vedo così. avrei voluto chiedere un parere prima di pubblicare, ma in seguito mi sono fatta coraggio e ho deciso di pubblicarla lo stesso; se ho fatto un buco nell'acqua con la loro caratterizzazione non importa, vuol dire che imparerò dai miei errori! inoltre ho bisogno di pareri, davvero tanto. ultimamente mi sento molto male al pensiero di una cosa inerente alla scrittura (l'arte) e il tempo… ne so il perché ma non mi voglio dilungare. è una sensazione orribile, comunque. e quindi desidero ardentemente commenti altrui, affinché riesca a rafforzare le mie fanfiction. ovviamente, non spingo nessuno né a leggere né a recensire.
ci ho messo l'anima, comunque. parole, coniugazioni verbali, aggettivi e ritmo della lettura sono stati analizzati pur dando spazio alla casualità - il mio stile è spontaneo allo stato puro, è dopo che ci aggiungo un occhio più critico. e, ecco, lo volevo dire per un motivo: non ho inserito le note per /ogni/ cosa che volevo appuntare, quindi se avete dubbi ditelo pure! qualcosa mi sarà pur sfuggito. però capita frequentemente che faccia una scelta stilistica più per il fatto che me lo sento dentro che per altro. ho azzardato un sacco con i tempi verbali; no, non passo randomicamente da passato/presente/futuro senza rendermene conto, è proprio un mio esperimento. quindi non vi preoccupate se leggete cose come queste: “Guren non conoscerà il futuro, ma conosce Mahiru; e conosceva anche la leggera increspatura delle sue sopracciglia che ora la affliggeva, assieme a una piega delle labbra caduta troppo in giù”. È UN LAVORACCIO, FIDATEVI. ecco, questa è la parte che più volevo precisare: la modifica dei tempi verbali vale moltissimo per me che finalmente ho trovato qualcosa a cui aspiravo da tempo, ma essendo i fili del trash e dell'originalità molto labili è ovvio che un'opinione esterna sia tutt'altra cosa. e credetemi, porre al lettore una cosa uscita tanto di getto e parecchio discutibile non è semplice; non so dove ho trovato questo coraggio. sono contenta, però, perché vuol dire che ho molta voglia di migliorare. solo questo. ci ho messo l'anima, il corpo, la mente ma soprattutto sentimento e voglio assolutamente perfezionare questa "tecnica" dei tempi verbali - voglio perfezionare ogni lato dei miei scritti, in verità. non preoccupatevi, non l'ho inserita OVUNQUE, l'ho dosata in base agli effetti che volevo suscitare e tenendo conto che questo è il mio primo tentativo e bisogna proporlo con calma. altrimenti sì che diventa pacchiano, ahah. (e poi da come la descrivo sembra chissà che cosa, ma fidatevi: leggendo la one-shot non è poi nulla di che.)
… oddio, quante cose imbarazzanti, perché /// vbb, io ho finito. passo. i'm out. addio serietà. cretineria portami via.
sono emozionata [praying emoji]. in genere ci metto secoli a pubblicare, ma voglio tanto che gli altri la leggano e quindi pubblico prima che la timidezza mi blocchi (niente e nessuno mi può fermare, bitches!). buona lettura, dunque. 
 

L'Ironia della Sorte vale meno dell ' I r o n i a da sola
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La flemma di Shin'ya coincideva con lo stesso sangue freddo che possedeva mentre sparava. Impugna il fucile, lo stringe a sé, osserva il suo bersaglio con una velocità invidiabile; e poi spara. Spara e il volto rimane imperturbabile. 
Da giovane aveva meno flemma. La diplomazia che gli sfiora le labbra in un sorriso ironico scompariva ai tempi fra gli spettri di un'anima inesperta ed inquieta; ma i sentimenti rimanevano in lui invariabili, quasi costanti durante tutto il tempo passato. Quando spara, è il suo volto ad essere imperturbabile; e dunque anche il suo cuore lo è? Errore. Shin'ya non è così superficiale. Anzi, certe volte è quasi paranoico, ma non lo dice mai; e dunque nessuno si accorge del suo subbuglio? Errore. Guren se ne accorge.
Un tempo Guren Ichinose era un giovane uomo ma, badate, non un vecchio fanciullo - altrimenti sarebbe stata inspiegabile la sua popolarità accentuata dai mormorii delle ragazze. Stranamente, il suo rispondere con la beffa non coincideva con l'arroganza a tal punto da renderlo irritante, e anche se fosse stato del tutto fastidioso - perché sì, effettivamente lo era, ma solo in parte e questo è male - le sue abilità compensavano la bilancia inclemente degli Hīragi. L'intera famiglia accettava a malincuore sia la sua capacità che la sua caparbietà, chiudendo entrambi gli occhi sul rapporto fra lui e Mahiru, pur sapendo che ignorando non avrebbero velato la coscienza degli altri - però la loro autorità rende tutti dei pesciolini silenziosi all'inseguimento della corrente e in fuga dai vampiri.
E Guren e Mahiru continuavano a coltivare i loro segreti da amanti, che si chiamavano sì segreti, ma possedevano un significato effettivo differente e paragonabile un poco a delle effusioni.
Ma prima d'ogni cosa, Guren Ichinose è il migliore amico di Shin'ya Hīragi; e Shin'ya odiava con tutto se stesso questo fatto. È riportato che era prima d'ogni cosa, ma ciò non vuol dire che fosse in cima alla gerarchia dell'amore. I significati d'una parola discordano spesso con la realtà, ma discordano altrettanto spesso con il loro stesso significato; perché, molto semplicemente, sono di così libera interpretazione da non aver nessun carattere preciso e vagano nella mente dell'uomo alla ricerca di un posto dove stare. E dunque potrei dire volontà così come potrei dire voluttà, segreto al posto di effusioni, ma anche bello al posto di bello.
E Shin'ya inizialmente non voleva essere il suo migliore amico. Avrebbe preferito rimanere un amico come altri, piuttosto che situarsi tanto vicino a lui da essere superato lo stesso da un'altra persona.
Mahiru, in realtà, a Shin'ya piaceva; si vedevano entrambi come fratelli, e a Shin'ya garbava la determinazione di Mahiru e Mahiru ammirava la pazienza di Shin'ya, ma nulla di più. Si conoscevano solo per mezzo di apprezzamenti e un leggero vento di curiosità, reso più forte dalla giovinezza, ma nulla di più. (Buffo di come il suo lavoro, nella famiglia Hīragi, doveva essere quello di amarla.1) Un rapporto che s'interromperà troppo bruscamente proprio quando stava per diventare amicizia; un fiore reciso da una terza persona importante per entrambi. 
Guren, dopotutto, passava sempre più tempo con Mahiru. (Era riuscito a raggiungerla e ormai le scale non [le] contavano più.2)
Un giorno accarezzava lentamente i morbidi capelli di lei, osservando le sue ciglia e le sue palpebre chiuse, la figura rilassata e i lineamenti maturi. Guren non era avvezzo di certe cose dolci - Shin'ya lo sapeva -, ma capita a tutti di sentire il bisogno dell'amaro e di ciò che si disprezza; certe persone preferiscono addirittura l'infelicità al piacere.
Guren comunque in quel momento era felice, così come lo era Mahiru, siccome la pace inghirlandava il cielo e quasi un'aureola cingeva le nuvole come un anello di serenità. Scorgeva nella chiarezza di quel momento un chiaroscuro allentato dalla calma e si domandava se mai l'avrebbe visto di nuovo.
Mahiru per un attimo socchiuse le palpebre, poi le richiuse, appoggiando il capo sulla spalla di Guren; inizialmente lui ebbe l'istinto di spostarsi, ma poi si disse che era Mahiru, di lei si fidava, e in fondo quel gesto gli parve gradevole. 
Mahiru, sempre con gli occhi chiusi, parlò. «Guren» si limitò a dire, attendendo la risposta dell'altro, così come la sposa attende il futuro marito sull'altare.
«Sono qui».
«E ci sarai sempre?».
Guren rimase un attimo interdetto da quella domanda bizzarra. Certo, gli Hīragi erano strani, Mahiru era bizzarra, ma gli parve quasi inquieta quella domanda, più avida dell'altra frase, più triste e malinconica di quando poco fa aveva pronunciato il suo nome. Deforme, ai livelli del grottesco, alterata. Però le rispose: «Sempre». Lo disse in tutta sincerità, perché è ovvio che non aveva coscienza del futuro, e fin quando non si conosce il futuro e come manipolarlo un po' tutti sono sinceri. Guren non conoscerà il futuro, ma conosce Mahiru; e conosceva anche la leggera increspatura delle sue sopracciglia che ora la affliggeva, assieme a una piega delle labbra caduta troppo in giù.
(Mahiru, invece, si preoccupava molto per il futuro di Guren.3)
Mahiru non disse nulla, però gli strinse forte il braccio, tanto da procurargli dolore. Guren non fece nulla, non per inerzia, ma proprio perché la cosa migliore in quel caso era non fare nulla. Conosceva Mahiru e conosceva anche le abitudini della sua famiglia. Certo, conosceva Mahiru più degli altri, e proprio per questo ella rimane un mistero per Guren. Gli amanti sono misteriosi; è naturale. Ma lei rimarrà sempre un mistero in sé e non una sua ramificazione. 
Guren, allora, se si considera questo alone di mistero, conosceva meglio Shin'ya e viceversa. Se Shin'ya allunga il passo, allora non ha fretta, ma il contrario. Se Shin'ya sbatte un attimo le palpebre, sta pensando a come ribattere. Se Shin'ya cinge le braccia, allora sta pensando a come creare una buona strategia. Però Shin'ya sorride sempre e quello era un'enigma che incrinava la stabilità di Guren.
E se Guren aggrotta le sopracciglia, allora non capisce bene una situazione oppure è irritato. Se Guren cammina lentamente, allora è cauto. Se Guren porta le braccia sui fianchi, allora ha più sicurezza e un poco di orgoglio.
Ma il mistero di Shin'ya persisterà; le radici rimanevano intaccate nel terreno arido dei cenni automatici, continuando a nutrirsi di tutte le lacrime versate sul campo di battaglia. Shin'ya sorride per evitare di piangere - non gli piace il gusto amaro sulla bocca, predilige distendere le labbra in una pronuncia cordiale. 
Guren lo sapeva, ma quella conoscenza era ben sotterrata dal sorriso stesso, siccome Shin'ya sorrideva ancor più misteriosamente quando s'accorgeva del dubbio ancor più nitido di Guren. E dunque giaceva fra cadaveri senza anatomia e congetture inesistenti questo sorriso di cui, alla fin fine, a Guren importava ogni giorno meno: Shin'ya è fedele all'umanità ed è accanto a lui in ogni battaglia, questo basta - anzi.
Un giorno, uno di quei giorni in cui Mahiru aveva teso la mano al Demonio che altro non era se l'ombra di lei stessa, dopo tanti giorni dalla morte di Mahiru, Shin'ya aveva azzardato spolverando un poco il mistero del suo sorriso.
C'era polvere perfino lì, ove si trovavano, ma non ripulirono nulla, il suolo costellato da cadaveri: le stelle erano tutte per terra, dunque nel cielo giaceva solo la luna, la luna che forse era Mahiru all'erta. Ecco, Mahiru. Quando Mahiru c'era, Shin'ya non esisteva. Ora era morta ma rimaneva non una figura persistente, bensì consistente - e più di prima. Mahiru divenne, nella mente della famiglia Hīragi, come un profeta impazzito; ma nel credo di Guren, nell'arma che la racchiudeva, quasi riposava la reliquia della crudele divinità ch'era stata.
Shin'ya sospirò, evitando di guardare ancora la luna, avvicinandosi a Guren e poggiandogli una mano sulla spalla. Sorrideva un poco, tristemente, con lo sguardo rivolto al basso. Anche Guren aveva lo sguardo basso, ma le labbra serrate ed i pugni stretti. Quando Guren serra i pugni, ha bisogno di una mano sulla spalla - e Shin'ya lo sa. «Guren,» scandì il suo nome come una lettera stropicciata che viene dispiegata «ti ritieni sempre in colpa quando si parla di morti. Non dovresti essere così duro con te stesso». Guren stava per ribattere ma stranamente rimase in silenzio, rilassando un poco le mani. Niente più pugni stretti. «Pensi a quanto sia lodevole il sacrificio di tutte queste persone, di tutti questi… martiri, più che altro, per me sono dei martiri… rattrista anche me». Staccò la mano dalla spalla di Guren proprio nell'istante esatto in cui l'altro era in procinto di torgliersela di dosso; s'è già accennato di quante frazioni di secondo venivano calcolate dai due nel lasso di tempo in cui intercorrevano le loro azioni. Sta tutto nella deduzione: scacco matto.4 Un minuto di silenzio, quasi nel lutto di rimembrare tutti i morti lì accanto a loro, poi Shin'ya prosegue. «Ma tu, tu ti preoccupi non tanto della loro eroica scomparsa, ti preoccupi più per loro perché ti erano cari. Sono tutti parte della tua famiglia, in un modo o nell'altro, e provi affetto per ognuno di loro; anche il nuovo arrivato, anche il più inetto, anche il più spavaldo, vuoi bene a tutti. E vederli morti ti fa soffrire». E la sua mano ritornò sulla spalla di Guren, e la strinse.
Guren allora non volle sentire altro, bloccandolo dal continuare, con impulsività - proprio come quando era giovane. «Shin'ya, senti, non è così. Smettila». Impressionante di come le frasi taglienti di Guren coincidessero con quelle lunghe ed elaborate di Shin'ya. Le parole di Guren affilano tutte le frasi e i bordi concessori di Shin'ya.
Ma la mano di Shin'ya rimaneva sulla spalla di Guren. La sua mano attutisce tutti i fremiti trattenuti; forse li assorbe. Con eterna flemma, Shin'ya preferì non premere ancora quel tasto dolente. Quando parlò Guren s'aspettava il fendente finale, una presa in giro per la sua sensibilità; incontrò invece un sostegno accanto a lui. «Guren, ricordati che puoi sempre contare su di me». Da quel giorno il Tenente Colonnello non ebbe neppure il bisogno di ricordarlo; un nuovo credo fluiva continuamente nelle sue vene, e non svanirà.
Non svaniva neppure Mahiru. Era lei il fendente fatale, la sua arma a doppio taglio. Un Demone che uccideva Vampiri5, sì, ma uccideva anche il suo possessore. Forse Guren era un Vampiro.
Guren zoppicava spesso nei molti pensieri conflittuali e, sebbene tutti ignorassero l'Apocalisse - ormai era già avvenuta -, rimuginava continuamente su quanto l'uomo giudicasse perfino l'universo ma temesse il Giudizio Universale. Quando Mahiru era ancora viva e i Demoni parevano Utopia, disse una cosa piuttosto bizzarra. Perfino la sua amante si stupì. «Svelare! Cos'altro deve svelare, Dio?».
Mahiru sorrise, poi comprese la serietà di quella frase - Guren invece pensava di impazzire - e poggiò un dito sulle labbra. Aumentò la concentrazione muovendo un poco le gambe, staccandole dalla staticità dell'attimo sempre di fretta. Sussurrò qualcosa, come per giudicare se stessa, si voltò verso Guren, sorrise di nuovo, rispose. Rispose blandamente, come ogni risposta ad una domanda seria che si rispetti. «… In molti dicono che la vita sia ancora un mistero».
«Ah! La vita! Cosa mai dovrebbe nascondere? Siamo nati per vivere e moriamo per dare spazio a nuova vita. Non vedo che cosa ci sia di strano: lo scopo della nostra vita è vivere. Sì, è così». Si ricordò di trovarsi su un prato. Lo strato d'erba profumava e ciò era molto strano, poiché il profumo della natura dà la parvenza velata di essere Distopia6; ma insistentemente l'aroma dell'erba si propagava come un incenso di universi lontani, universi tanto lontani da essere lì vicino a loro. L'universo della natura non ancora infettata dall'artificioso: ecco, in quel mondo il vero mistero è quello. Dopo Mahiru e il sorriso di Shin'ya, s'intende. 
Si tuffò in tale universo per assaporare meglio il gusto dei pensieri, ma intanto un rumore vibrava fra i fili verdognoli attraverso onde invisibili - onde sonore, ma si sa che inserire invisibili è solo un pretesto per rendere più poetico l'usuale che già è poetico di suo.
Mahiru si limitò a ridere. «Da quando parli con frasi tanto poco nette?». Guren sgranò gli occhi: aveva ragione. Quando ci si lascia trasportare, si usano troppe frasi fatte e i dati di fatto scompaiono. I giochi di parole raggirano l'illusione. I paradossi mistificano il lavoro di ogni organismo. Sono tutte prese in giro. Non per niente Mahiru rideva, non sputava in faccia alla società, ma con grazia le faceva lo sgambetto, e Guren era l'unico che - seppur zoppo - non inciampava. Mahiru qualche volta allungava il piede quando lui camminava nei pensieri, ma era così perso in lei da sapere le sue mosse e superarle. Mahiru ne era felice. E allora rideva, e alla sua risata s'aggiungerà quella di Guren. La profondità si cela nell'ironia.
Non per niente, Shin'ya sorride sempre con ironia. Era difficile da raggiungere e sventare. Guren pensava che se mai avesse del tutto scoperto il suo comportamento, ci sarebbe stata la vera Apocalisse.
A dir la verità, Guren sapeva: semplicemente non ammetteva. Tanti passi indietro ricadevano nell'abisso che disconnette il sapere dall'ammettere, ove le percezioni ballano con la lucidità andata a male, ammuffendo la convinzione - errata - che la razionalità sia sempre un bene. Non che l'irrazionalità sia la retta via; l'ortodosso sta nel non usare nessuna delle due. Basta solo non affidarsi a nessun appoggio, e non fidarsi delle influenze altrui ma solo delle influenze personali e solitarie. I malati di egocentrismo non sono molto falliti, sotto questo aspetto. A differenza di Guren.
Guren spalancava le braccia alle parole di Mahiru e attendeva trepidante l'aiuto di Shin'ya, perdendo inesorabilmente ma ammirevolmente quella spolverata d'indifferenza che l'avrebbe reso divino, confermando il suo essere prima di tutto un soldato umano. Guren, di divino, non aveva niente; le parole, magari, ma neppure quelle. Il divino ama le parole - dette e non dette -, lui le odia. Comunque mai nessuno vedrà il divino, quindi è difficile affermarlo con certezza. Il divino non esiste negli déi; esiste negli umani che s'atteggiano inconsciamente da déi.
Shin'ya incarnava leggermente di più l'ideale crudele dello spettatore, ma rimaneva anch'egli ben ancorato nei sentimenti repressi. Le profezie lo affascinavano, mentre Guren le allontanava scettico, vanificando il lavoro delle Moire che per lui non erano altro che sarte bizzarre. Un giorno avevano discusso del Destino ed entrambi trassero la conclusione che il famigerato Destino non esiste, ma che gli uomini lo creeranno molto presto; si sbagliavano però in un dettaglio, ovvero che gli uomini avevano provveduto alla creazione del Destino da un bel po'. Conclusero infine che neppure il futuro esisteva, dunque era impossibile predire l'Apocalisse - si sapeva già, quando sarebbe avvenuta, poiché era scivolata via per il passato. Questa cosa rincuorò un poco Guren, che dell'ammettere le labbra di Shin'ya nella sua vita non ne voleva sapere. O almeno, la sua razionalità non ne voleva sapere.
Discorrevano molto e spesso si stuzzicavano a vicenda; ma, più che discorrere, scorrevano nell'inferno delle parole. Era una piccola via di uscita che non li tratteneva dal far disertare l'un l'altro, giusto un poco, per poi ritornare fra le schiere dell'Impero. La vista esterna non era neppure molto gradevole, ma preferivano la cruda realtà delle parole rarefatte piuttosto che la realtà in sé. Ci sono molte realtà e troppi architetti improvvisati.
La maggior parte del potere in ambito oratorio l'ha Shin'ya; Guren preferisce ascoltare e tentare in tutti i modi di trovare una piccola incongruenza, quando le incongruenze si trovano solo sulla sua fronte corrucciata. Shin'ya invece si comporta sempre in modo rilassato e confidenziale, fin troppo tranquillo, così tranquillo da dividere con minuzia - dettaglio che si deve attribuire al suo essere cecchino - la soggettività dall'oggettività. Con gesti ampli delle mani dispiega la mente e spiega le ragioni che lo portavano a dire una certa cosa, ricamando sulla flemma della mimica e le microscopiche decorazioni che possono ornare una frase.
Certe volte Guren si ricordava che con Mahiru, d'altra parte, non parlava quasi mai. Ad accompagnare i gesti non c'erano le parole; il movimento era il solo ed unico detonatore degli attimi. Ad aggiungersi al silenzio c'era il mormorio incessante dei loro cuori, ma dopo tempo cominciarono a sedare il loro imbarazzo attraverso la certezza che non dovevano nascondere nulla. Le certezze, giuste o sbagliate che siano, sono molto utili.
E Guren era certo che l'intesa migliore la costruiva con Shin'ya. Mahiru era divenuta la sua spada; Shin'ya è il suo compagno. La metamorfosi di Mahiru gli pareva un tradimento, ma ora che l'aveva fra le mani ne sentiva ancora il vivido bruciore dell'anima - scottature rivolte a lui, mentre l'ardere inseguiva l'ambizione ed il potere. A sanare le ferite e placare il fuoco ci pensava Shin'ya, con un'irremovibilità senza pari, continuando pazientemente a ricamare sopra il passato per sperare in una memoria migliore. Ammirevole di come la chimica creasse reazioni fra l'irrazionalità di Guren e la razionalità di Shin'ya: questo perché Guren appariva rigido e severo, ma in realtà era Shin'ya quello meno sensibile di fronte alle tragedie. 
Certe volte Guren pensava che Shin'ya non avesse una tragedia, ma fosse una tragedia in sé. Non perché fosse troppo teatrale, né tantomeno per l'assistere continuamente alla morte di soldati, ma perché nascondeva qualcosa d'invisibile al mondo. Si domandava perché mai dovesse celare qualcosa che nessuno vedeva. Una volta glielo aveva addirittura chiesto.
«Sai, l'uomo può vedere, certo, ma può anche accorgersi. Il fatto che qualcuno s'accorga di un mistero, al posto di vederlo, è una delle cose peggiori che ti possa capitare». Guren non ribatterà. Ammise che aveva ragione, pur non sapendone il motivo preciso - s'era accorto che quell'affermazione era giusta. Shin'ya accennò un sorriso. Quella fu la prima volta che Guren ammise qualcosa senza concessione od orgoglio a qualcuno che non fosse Mahiru; la prima volta che s'accorse di aver sempre visto qualcosa di più nel sorriso di Shin'ya.
Dopo lunghi anni, Guren maturerà ed ammetterà pure altro; ma lo disse solo a se stesso. Certe volte guardava il fodero lucido della sua spada e si ricordava gradualmente che sì, anche Mahiru aveva avuto i capelli luminosi, lo sapeva bene lui che li aveva toccati più e più volte, ed anche gli occhi brillavano con una strana luce che non era riflesso di niente - eppure brillavano. Sfiorava la superficie, chiudeva gli occhi, e riponeva la spada in qualche luogo recondito. Con tutta l'oggettività possibile, analizzò con chirurgia quasi paragonabile a quella di un cecchino la luce che lo accompagnava nel suo percorso; era Mahiru. Questo perché lei era una luce a sé stante, certo. Eppure c'era un'altra luce, più simile però a quella di un lume, e lasciando da parte la dignità e la sua arma ammise; era Shin'ya. Anni dopo dovette ammettere ancor di più che amava Mahiru, ma in un certo qual modo qualcosa lo univa a Shin'ya, e se ne vergognò. Ancora più in là lo ammetterà nuovamente - questa volta senza nessun riverbero della vergogna, anzi, con una naturalezza disarmante. Ammise tutto con una flemma che gli ricordò sia Shin'ya che Mahiru.
In realtà, Mahiru non era molto quieta; sembrava quieta. Era una copertura ben calcolata per renderla innocua, quando in realtà era capace di sventrare ogni morale od identità. Non le interessava molto dell'identità; le interessava il divino. E lei - lo si ammette con tutta tranquillità - aveva la stoffa dell'indifferenza struggente. E dunque moltiplicava le sue identità, sapendo che nessuna era sua, ma neppure di qualcun altro. C'era solo un'identità che attribuiva al contatto con Guren - quello fu il suo errore -, ma null'altro. Sì, lo amava, e non ebbe bisogno di ammetterlo, perché lei lo sapeva già così come gli altri conoscevano l'Apocalisse; e solo lì, in quella convinzione, in quella certezza, il futuro esisteva e viveva. Lei si preoccupava molto del futuro suo e di Guren - del loro futuro personale. Il resto era evanescente.
Le preoccupazioni di Guren, d'altro canto, collidevano con quelle di Mahiru; lui si occupava del presente e non si preoccupava di niente, se non dei soldati. Inutile dire che Shin'ya possedeva un'impronta passata, pur rimanendo realista completamente privo d'irruenza - era passato prima ancora che il suo futuro arrivasse. Shin'ya bilanciava tutto, come un cecchino che si rispetti, e rigorosamente da lontano. Quando però i suoi cari hanno bisogno di lui accanto, s'avvicina in un battito di ciglia; a preannunciare il suo arrivo non ci sono serafini o cherubini, ma il suo immancabile sorriso, e a introdurre il dialogo compariranno sulle labbra parole ironiche.
L'ironia era il sale dei tre, donava sapore a tutto ciò che si presenta in quel mondo; il sale brucerà sulle ferite. Per loro esistono gli angeli, non Dio, poiché Dio non è divino; e l'Angelo incontrastato, beffardamente aggraziato, fu l'Ironia.
 
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1 — "(Buffo di come […] amarla.)"; ho letto nella sua pagina della wiki di owari no seraph che è stato adottato dagli hīragi per essere il consorte di mahiru. 
2 — "(Era riuscito […] contavano più.)"; nella pagina della wiki che tratta di guren, c'è scritto proprio così; aveva il terrore di non poterla raggiungere, di perderla.
3 — "(Mahiru, invece, […] di Guren.)"; è una cosa ufficiale, sempre presente nella wiki di owari no seraph, più precisamente nei trivia di mahiru. come potete notare, in questa parte e le due precedenti ho inserito delle parentesi che servono a sottolineare dei dettagli. il perché ho scelto questo metodo è, uhm, difficile da spiegare. licenza poetica, diciamo.
4 — "Sta tutto […] scacco matto"; questo dovrebbe ricordare quando nel manga Guren e Shin'ya dicono checkmate; ma siccome non mi piace utilizzare parole in lingua straniera nelle mie fanfiction e trovavo stonasse un po' con l'atmosfera, ho tradotto in "scacco matto" e ho accennato alla deduzione. se vi vengono in mente traduzioni più consone, non esitate a farmelo notare!
5 — "Vampiri": verso l'inizio ho scritto "vampiri" in minuscolo, ora tratto di queste creature in maiuscolo: è una cosa voluta. l'interpretazione, poi, sta a voi.
6 — "Utopia […] Distopia"; ecco, prima definisco i demoni utopia e ora l'erba come distopia. preciso solo che non mi sono confusa, è una cosa voluta. anche qui, libera interpretazione.
 

ok, questo triangolo merita moltissimo. anche se pendo ESTREMAMENTE verso la gureshin, oh, insomma, i gay bros che si aiutano a vicenda sono il meglio.
eee qui la gureshin è un po'… ambigua? ma la trovo attinente alla serie, anche lì è più vaga rispetto alla mikayuu (che gli hyakuya si danno subito alla passione, saranno gli ormoni). non è che sia onesided, per me guren ha amato sia mahiru che shin'ya, ma quest'ultimo non potrà mai pareggiare mahiru. è una cosa crudele di cui se ne fa una ragione. still— guren tiene davvero molto a shin'ya, assolutamente sì! sono i genitori della demon army! (inoltre, non ho precisato se guren e shin'ya siano effettivamente in una relazione romantica o meno: la scelta sta voi.)
e nulla, io amo moltissimo le coppie e i personaggi più adulti e maturi. siccome hanno più esperienza e una marea di spunti da prendere in considerazione. no, wait. una cosa la devo precisare: non saprei se questa one-shot sia da considerare missing moments o meno. non credo, essendo più che altro composta da headcanons (la prima volta che shin'ya afferma a guren che può contare su di lui, le scene con mahiru e così via), ma idk.
ah! riguardo alla cosa su dio e il divino eccetera, spero di non aver offeso nessuno; non è mia intenzione. ciò che scrivo lo scrivo sì in base a ciò che penso, ma anche a ciò che pensano i personaggi e trovo che calzi molto bene con quello che volevo trasmettere. 
non ho molta voglia di scrivere altro. bum. finisco qui. non ho neppure fangirlato più di tanto (avevo scritto tango, come piango). spero vi sia piaciuta, probabile che pubblicherò altro in futuro! | HITSUKI. 
~ [ cambio grafica, un giorno o l'altro. ]
  
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