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Autore: ranyare    11/07/2015    4 recensioni
È bello, Ben, è radioso come non mai. Gli tremano le dita quando scosta il velo e finalmente posso vederlo, posso abbracciarlo con lo sguardo sperando che possa scorgere, nei miei occhi, tutta la gioia e l'amore che provo, tutta l'impazienza che scalcia e nitrisce dentro di me: non riesco ad aspettare, non ho aspettato altro che questo per tutta la mia vita.
Questo è il nostro nuovo inizio.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Wicked & Humorous Tales'
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wedding


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Sto per sposarmi.

Questa è l'unica verità che ruzzola e si arrabatta nella mia testa, travolgendo tutto il resto.

Sto per sposarmi.

La stoffa del vestito – il mio vestito da principessa – mi riempie la testa col suo morbido fruscio quando, per l'ennesima volta, ignoro lo specchio e ricomincio il mio angosciato andirivieni a piedi nudi in questa ampia stanza dove, sotto gli occhi pazienti di Anna, sto di sicuro cercando inconsciamente di scavare il remake del solco della preoccupazione di zio Paperone.

-Ray, prendi fiato e cerca di stare tranquilla.- mi dice, guardandomi con quei suoi occhi color ghiaccio e sorridendomi, incoraggiante – ma io non riesco a calmarmi, a prendere fiato, a tranquillizzarmi, perché sto per sposarmi ma c'è qualcosa che manca e che mi impedisce di sentirmi felice come, in teoria, dovrei e vorrei essere.

-Non posso farlo.- mugolo, infilandomi le dita nei riccioli biondi che Anna vorrebbe raccogliere per lasciarmi scoperto il viso, ancora struccato. -Non posso sposarmi adesso. Non posso.- continuo a gemere, sconvolta, lanciando un'occhiata al grande specchio che mi restituisce uno sguardo disperato, angosciato, vuoto.

Non posso uscire da questo boudoir ottocentesco, non posso percorrere il salone del castello affittato solo ed esclusivamente per il mio matrimonio, non posso raggiungere Ben e non posso sposarlo – nonostante sia la cosa che desidero di più in questo mondo no, io non posso farlo.

-Un po' di panico è normale, Ray!- sospira Anna, esasperata, ma io scuoto la testa: il mio non è panico, non è paura, non è insicurezza... quello che sento io è un'indicibile, profonda e incolmabile mancanza.

Io non posso sposarmi così, in questo posto meraviglioso, vestita delle sete e dei pizzi più belli e sontuosi, con l'uomo della mia vita, perché mi manca qualcosa – qualcuno – Will.

Solo il pensiero del suo nome mi stiletta il petto con una violenza inaudita.

Will.

Io non posso sposarmi perché qui non c'è Will.

Da quando io ed Angel abbiamo litigato, due anni fa, William ed io ci siamo sentiti sempre più di rado: ho cercato di allontanarmi un poco da lui per non causargli discussioni, imbarazzo o segreti con la sua compagna: ne ho sofferto, ne ho sofferto così tanto, ma era la cosa giusta da fare... lui vive in America, la stessa America da cui io sono fuggita a diciott'anni, vive la sua vita ed è felice, realizzato... mentre io sono qui, terrorizzata, con addosso il mio vestito da sposa mentre tutte le persone che vogliono bene a me e a Ben sono là fuori ad aspettare – mentre Ben è là fuori ad aspettarmi – e mi lascio sopraffare dal panico che provo all'idea di fare questo passo senza William al mio fianco.

L'affetto che provo per lui non è mai venuto a mancare, non è mai scemato, non si è mai spento: Will rimane, per me, lil fratello che mi ha salvata quando non volevo essere salvata, il fratello che mi ha sempre sostenuta nei momenti di debolezza, il fratello che ho il terrore di aver perduto... e la colpa è solo mia. Io ho allontanato William da me, io ho cercato di tagliare i ponti per permettergli di andare avanti senza di me, io sono l'unica da biasimare per tutto questo... e sempre io sono troppo spaventata per uscire da questa stanza e andare a sposare l'uomo della mia vita. Perché Will non è qui.

-Non è panico, Anna.- sospiro, lasciandomi cadere su una soffice poltroncina in broccato che, se fosse autentica, varrebbe almeno quanto un mio polmone sul mercato nero. Nascondo il viso fra le mani, sconsolata, sentendo ogni singolo battito del mio cuore impazzito riverberarmi nei polpastrelli accaldati. -Ma non posso.-

Non posso.

-Allora diamocela a gambe. C'è un'auto qua fuori piena zeppa di regali di nozze: saltiamo su e filiamo verso il tramonto.-

Riesco chiaramente a sentire il mio cuore fermarsi quando qualcuno che non è Anna mi rivolge questa assurda proposta.

Se io fossi in un film o in un libro di certo rimarrei immobile, sconvolta, prima di alzare lentamente lo sguardo per scoprire, in un fulgido lampo di consapevolezza e di gioia, che William è davvero qui, che non mi sono sognata la battuta di pessimo gusto con cui ha deciso di fare la sua maldestra e familiare entrata in scena – ma questo non è un libro, non è un film, non è nemmeno una delirante fantasia adolescenziale. E proprio per questo io alzo gli occhi ad una velocità ipersonica, sapendo di essere diventata pallida come un cencio, nello stesso momento in cui il mio stomaco fa un triplo salto carpiato.

-Will...- riesco solo ad esalare, senza fiato. Lo guardo, sconvolta, riconoscendolo solo dopo un intero secondo di puro sbigottimento: William è proprio lì, sulla soglia del boudoir, con indosso un completo grigio che gli sta benissimo, i soliti capelli biondi e arruffati, il volto sbarbato alla perfezione e gli occhi azzurri, gli occhi azzurri che io conosco così bene, che riflettono il suo sorriso caldo, accogliente, divertito.

Dopo quel secondo sento solo il vestito ondeggiare come una mareggiata attorno alle mie gambe e il parquet pulsare sotto i miei piedi scalzi mentre corro verso di lui, rischiando di inciampare sui tre gradini posti strategicamente in mezzo alla stanza da un qualche sadico architetto medievale e incespicando nella gonna prima di buttargli le braccia al collo e scoppiare in un pianto a dirotto. -Sei qui!- strillo, disperata, fra le lacrime, stringendomelo convulsamente addosso e beandomi della sensazione di calore avvolgente, sicuro e protettivo che ho sempre provato fra le braccia di William.

Il suo petto vibra di una risata sommessa quando mi serra le braccia muscolose intorno alla vita, abbassando la testa per appoggiare la fronte alla mia spalla, come ha sempre fatto. -Will...- singhiozzo, alzando lo sguardo e stringendogli le mani sulle guance, toccandolo perché ancora non sono certa che sia qui davvero, che non sia solo il parto della mia povera mente malata.

Will sorride, ma riconosco una traccia di lacrime trattenute a stento in quelle iridi celesti e limpide che non sono affatto cambiate in questi lunghi mesi di distanza, di silenzio, di stupidità – perché io sono stata una stupida e lo so, ma adesso non importa, adesso il mio migliore amico è qui fra le mie braccia e tutto va bene, tutto andrà bene, tutto non può che andare bene, perché Will è qui.

-Non piangere, raggio di sole. Sono qui.- mi prende in giro, ed io non riesco a far altro che a scoppiare di nuovo a piangere, boccheggiando come un pesce fuor d'acqua.

-Come... chi...- lancio un'occhiata al di sopra della mia spalla, cercando la mia amica con lo sguardo e trovandola lì dov'è stata finora, seduta accanto alla toeletta, sconvolta dall'apparizione di Will almeno quanto me. -Anna?- le chiedo ma, in fondo, so già che risposta mi darà.

-Non guardare me!- esclama, infatti, con una vocetta stridula che non le appartiene.

Io torno a guardare Will, quasi piantandogli le unghie nelle spalle per essere certa che non mi sfugga, dimenticandomi per un istante dell'infarto che sicuramente ha mandato a puttane almeno una buona metà dei neuroni sani che mi erano rimasti quando, dalla sua espressione, ottengo la muta conferma di ciò che il mio cuore già sa.

-...Ben.- riesco solo a mormorare, mentre un sorriso mi sboccia sulle labbra e nel cuore. -Ti ha chiamato Ben.- ripeto, scuotendo appena la testa e reprimendo a stento la risata isterica, sollevata e felice che sento salirmi in gola dritto dallo stomaco che, da annodato e in subbuglio qual'era fino a poco fa, ora si è disteso e brontola perché ha una fame da lupi e si mangerebbe William tutto intero pur di essere placato a dovere.

-E ha fatto bene.- annuisce, lui, con una decisione tale che non posso fare altro che scuotere la testa, sconvolta dalla familiarità e dalla complicità che c'è fra me e lui e che ero così spaventata di aver perduto. -Avevi davvero intenzione di sposarti senza dirmi niente? E poi chi ti avrebbe portata all'altare, scusa?- mi rimprovera, aggrottando le sopracciglia in quel modo che mi ha sempre fatto tanto ridere.

Realizzo ciò che ha detto con qualche secondo di ritardo, lo ammetto, ma mi si può perdonare: alle spose si perdona tutto.

-Io... tu...- boccheggio, sgranando gli occhi e fissandolo. -Will...-

Già. Will. Il fratello che non avrei mai pensato di avere, l'amico che mai avrei sperato di trovare.

Altre lacrime mi rotolano sulle guance quando non riesco a fare altro che buttarmi di nuovo fra le sue braccia – e adesso so che tutto andrà bene, che tutto sarà perfetto, che tutto sarà come ho sognato – perché Will è qui con me.

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In questo castello la navata è troppo lunga. La strada che devo percorrere è troppa.

Vorrei ignorare le facce dei familiari di Ben, degli amici, di mia sorella.

Vorrei calciare via le scarpe e fare questi quindici metri di corsa, a piedi nudi, perché là in fondo c'è l'uomo della mia vita e tutto ciò che voglio è correre da lui, che è l'unico volto nitido che riesco a mettere a fuoco in questa grande sala gremita.

Vorrei strapparmi dal viso il velo per poter ricambiare il suo sguardo che mi trapassa fin qui, che è pieno d'amore e di felicità e che, vorrei dirgli, è tutto ciò che desidero dalla mia vita, tutto ciò che mi basta, tutto ciò che mi completa.

Non lo faccio, perché l'agonia che provo ad ogni passo – troppo lento – è dolce e sospirata come un sorso d'ambrosia e, nonostante tutto, in me, scalpiti, sono decisa a godermi tutti gli istanti possibili di questa interminabile attraversata.

L'ancora che mi trattiene è il braccio di Will, forte e saldo e rassicurante, ed un fiotto di tenerezza mi avvolge quando mi accorgo che mi sta stringendo la mano con fin troppa decisione – Will è agitato quanto me, Will sta combattendo la sua battaglia interiore, quella che non ha mai smesso di tormentarlo: quella di chi non vorrebbe mai permettere ad una persona a cui vuol bene di volare via, perché sa che, da quel momento in avanti, il terrore di vederla cadere lo accompagnerà per sempre.

Eppure è proprio lui che mi guida, un passo dopo l'altro, verso il cielo azzurro ed infinito e pieno di speranza e di gioia che ha il volto ed il sorriso di Benjamin Barnes. È proprio lui che, quando la navata e la folla svaniscono alle mie spalle, scioglie la stretta delle mie dita per posare la mia mano su quella di Ben, scostandomi da sé quando spalanco le ali e mi lascio abbracciare dal calore del Sole, del vento e dell'infinito.

E tutto il resto smette di esistere.

-Chi offre questa sposa?- chiede padre Dwight, ma io non me ne rendo conto e non me ne importa un fico secco. Per me c'è soltanto Ben.

-Il fratello.-

Will si tira indietro, non senza aver stretto affettuosamente una spalla a Ben, e sparisce in quella nebbia sfocata ed opalescente in cui tutto il mondo è sprofondato nel momento stesso in cui sono arrivata qui e ho guardato l'uomo accanto a me – l'uomo che sta per diventare mio marito – Ben.

È bello, Ben, è radioso come non mai. Gli tremano le dita quando scosta il velo e finalmente posso vederlo, posso abbracciarlo con lo sguardo sperando che possa scorgere, nei miei occhi, tutta la gioia e l'amore che provo, tutta l'impazienza che scalcia e nitrisce dentro di me: non riesco ad aspettare, non ho aspettato altro che questo per tutta la mia vita.

Questo è il nostro nuovo inizio.

Non sento nemmeno mezza parola della messa che padre Dwight celebra per iniziare la cerimonia: per me c'è solo il suono del respiro di Ben, il colore dei suoi occhi, la forma del suo sorriso. Rimango immobile, al suo fianco, stringendo le sue mani nelle mie mentre un angolino della mia testa si chiede se sia possibile morire di felicità.

E poi giunge, più rapidamente di quanto mi aspettassi, il momento delle promesse.

-Ray.-

Il mio nome, pronunciato da lui, è bellissimo.

Mi stringe le mani – e gli tremano, le sue – e mi guarda, schiarendosi la voce prima di continuare. -Quattro anni fa sei arrivata nella mia vita come un fulmine a ciel sereno, e l'hai resa migliore di quanto non fosse mai stata prima d'allora. Mi hai reso la persona migliore che io potessi e potrò mai essere, e più felice di quanto di certo non sarò mai più senza di te.-

Vorrei gridare, a lui e a tutto il mondo, che quanto ha appena detto lo avrebbe potuto urlare anche il mio cuore: sento gli occhi inumidirsi e sorrido, e so che lui capirà queste mie reazioni per quello che sono, per quello che vorrei dirgli, che sento, che provo.

-Con te voglio vivere e invecchiare fino all'ultimo giorno della nostra vita, e condividere tutto l'amore e la serenità che saremo in grado di trovare l'uno nell'altra.- continua, prima di sfilarmi il guantino di pizzo bianco, allungare una mano verso il paggio e prendere la fede d'oro che reca il suo nome. -Con questo anello io ti sposo.- sussurra, pianissimo, senza mai scostare gli occhi dai miei.

Il peso di questa sottile fascia di metallo mi trasmette una scarica elettrica che mi riempie la pelle di deliziosi, delicati formicolii: non ho mai portato anelli, prima d'ora, ma all'istante comprendo che non mi separerò mai da questo, che porta inciso questo giorno di giugno e il nome dell'unica persona, in questo mondo, che non potrò mai smettere di amare.

-Ben...- mormoro, prendendo un lungo respiro prima di alzare gli occhi su di lui. -Tu mi hai salvata. Nel momento stesso in cui ti ho incontrato tu mi hai salvata... dall'unica persona che potesse distruggermi davvero: me stessa.-

Pronunciare queste parole, che non gli ho mai detto e che non credo gli ripeterò mai più, vale molto più di quanto avessi pensato quando ho scritto le mie promesse. Lui lo sa, sa quanto importante è sempre stato per me, ma colgo la sua espressione rischiararsi e le sue labbra tremare appena quando sono proprio io a dirlo a voce alta, davanti a lui e a me stessa: non c'è mai stato l'orgoglio, fra noi, è vero, ma... adesso, finalmente, non c'è nemmeno più nessuna paura.

-Mi hai insegnato ad amare ed io ho imparato ad amare te, con ogni battito del cuore, con ogni mio respiro.- continuo, respirando sempre più a fondo perché sento le lacrime salirmi agli occhi ma non voglio piangere, voglio continuare a sorridere perché tutto questo è troppo bello per piangere, perché da quando Ben è entrato nella mia vita ho capito che non avrei mai più dovuto farlo.

-Sei l'uomo della mia vita, Ben Barnes, e non desidero altro che viverla assieme a te.- riesco a terminare, ed è solo per il sorriso emozionato e tremante di Ben che riesco a prendere la sua fede, tenendo le sue belle mani fra le mie mentre la infilo al suo anulare. -Con questo anello io ti sposo.- ripeto, come lui ha detto poco fa, ed è forse il tono decisamente convinto e anche un po' possessivo nella mia voce a far sorridere tutti e due. 

Padre Dwight sorride, probabilmente, perché riesco ad avvertire la sua contentezza quando parla.

-E con questo io vi dichiaro marito e moglie.- dichiara, e qualcosa ruggisce dentro di me nel sentire queste parole. -Non credo di aver bisogno di dirti che puoi baciare la sposa.- aggiunge, abbassando la voce, rivolgendomi un occhiolino quando gli lancio una rapida occhiata stupefatta.

-Infatti.- mormora Ben, con la voce roca, prima di agguantarmi per la vita e tirarmi contro di sé nello stesso attimo in cui gli butto le braccia al collo, baciandomi appassionatamente nello scroscio di un applauso entusiasta che io, fra le sue braccia, non penso nemmeno di voler sentire.

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Credo di non aver mai pianto tanto in tutta la mia vita.

Ho cominciato a piangere fra le braccia di Ben, mentre uscivamo dalla navata sotto una pioggia torrenziale di chicchi di riso; nuove lacrime mi hanno rigato le guance quando abbiamo tagliato la torta e quando Will ha deciso che non poteva vivere senza aver dato vita a un rocambolesco brindisi agli sposi che per poco non lo ha ucciso – ma credo che quelle fossero più di disperazione che di commozione, a dire il vero –, e adesso sto piangendo di nuovo, a occhi chiusi e seminascosta nell'incavo della spalla di Ben, con in faccia lo stesso sorriso un po' idiota che non riesco a togliermi dalle labbra da quando è finita la cerimonia.

Credo che non si possa essere più felici di così.

Anche Ben non riesce a parlare, ma so che non piangerà nonostante, probabilmente, si senta esattamente come mi sento io: tempo fa mi ha promesso che non lo avrei mai più visto piangere e, lo so bene, Ben mantiene sempre le sue promesse.

Come se fosse possibile mi stringo ancora di più a lui, chiudendo le dita sulla stoffa della sua camicia immacolata; lui sorride, fra i miei capelli, ignorando la musica che scema lentamente e continuando ad accarezzarmi delicatamente una spalla mentre con l'altra mano mi stringe, senza dire niente. Non abbiamo mai avuto bisogno di parole, noi due: ci siamo sempre parlati tramite gli sguardi e, soprattutto in questo momento, compresi.

Tuttavia, sono le circostanze che impongono a entrambi di separarci, sebbene faccia quasi male il pensiero di sciogliere questo abbraccio, più intimo di qualsiasi atto d'amore: Patricia – mia suocera – si è avvicinata, sorridendo, ed io capisco al volo che è arrivato l'unico momento che avrei davvero voluto evitare, oggi: il ballo con i genitori.

Io non ho un papà con cui ballare. L'uomo che mi ha generata nemmeno sa che oggi è il giorno del mio matrimonio.

Ben lo sa e lo sento esitare, avverto le sue mani trattenermi contro di lui in un gesto estremamente protettivo... ma, un respiro più tardi, sorride e si china su di me per lasciarmi un bacio sulle labbra, sciogliendosi da me nonostante io sia estremamente confusa.

-Direi che questo sia il nostro ballo, signora Barnes.-

Il sollievo e la contentezza sbocciano istantaneamente dentro di me quando riconosco la voce familiare di Will, apparso magicamente alle mie spalle. Sorrido, passandomi velocemente una mano sulle guance per nascondere le ultime lacrime, voltandomi verso di lui.

-Direi di sì.- annuisco, allungando istintivamente le mani verso il mio amico e sospirando di sollievo quando mi passa una mano sulla vita e mi avvicina a sé, mentre la musica riparte.

Non c'è nessun altro, al mondo, con cui vorrei ballare questo valzer.

-Balli divinamente, raggio di sole. Dovresti fare i complimenti al tuo insegnante, perché ha fatto un lavoro eccellente.- si complimenta dopo qualche istante, facendomi girare su me stessa in una lenta e sorprendentemente aggraziata piroetta. Inarco un sopracciglio, pestandogli casualmente un piede quando torno ad avvicinarmi a lui.

-Non montarti troppo la testa, Will. Si tratta di talento naturale.- replico, rivolgendogli un sorriso civettuolo e talmente pregno di sarcasmo che non riusciamo a trattenerci dallo scoppiare a ridere tutti e due. Io non ho proprio nessun talento naturale come ballerina: quel poco che ho imparato è merito suo, e Will lo sa benissimo.

Quando la musica scema di nuovo non riesco ad evitare che ennesime lacrime attentino al trucco, fortunatamente waterproof, che Anna ha impiegato quasi un'ora per sistemare fino all'ultima ciglia: morirò disidratata prima che faccia sera, temo.

Will, che mi ha letto in faccia la commozione e tutte le parole che non sono capace di dirgli, ride, togliendomi dall'impaccio e abbracciandomi strettamente.

-Non sarebbe stato lo stesso senza di te.- riesco a mugugnare sulla sua spalla, resistendo alla tentazione di piantargli le unghie nella schiena ampia per trattenerlo qui ancora un po': non credo di essere pronta a vederlo andare via di nuovo, e sono certa che lui lo sappia.

-Non sarei mancato al tuo matrimonio per tutto l'oro del mondo.- mi risponde, piano, dandomi un bacio in fronte come ha fatto mille altre volte. Vorrei dirgli mille altre cose, vorrei che capisse quanto ha significato, per me, averlo qui oggi, ma credo non ce ne sia bisogno; perciò gli sorrido, stringendogli forte una mano e drizzando le spalle.

-Grazie, Will.-

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Dopo questa giornata interminabile, sebbene meravigliosa, arrivare a casa è la cosa più simile a un miracolo che io possa descrivere. Siamo talmente stanchi che altro che prima notte di fuoco, credo che crolleremo tutti e due senza nemmeno cambiarci: sarà già un traguardo arrivare al letto, per quello che mi riguarda... per fortuna King è con Will, perché davvero non credo che sarei in grado di dargli le attenzioni che merita, stasera.

Quando scendo dalla macchina, però, Ben mi sorprende: mi si avvicina, con un sorriso fresco come una rosa sulle belle labbra, ed io mi chiedo – per l'ennesima volta – dove abbia nascosto il ritratto che gli garantisce la giovinezza eterna.

-Permettimi...- sogghigna, perché non è che io gli permetta proprio niente: è lui che, senza tanti preamboli, mi passa un braccio sotto le ginocchia e mi prende in braccio, senza nessuno sforzo apparente, come se pesassi grammi invece di chili.

-Ben!- strillo, perché proprio non mi piace per niente non avere i piedi piantati per terra, artigliandogli le spalle e ringraziando il cielo di aver tolto il mio ingombrante vestito da sposa dopo il ricevimento, perché non sarebbe stato per niente divertente ritrovarmi appesa per aria in quel mare di tulle e di pizzo. -Sono pesante! Mettimi giù!- protesto, ma Ben ride sommessamente e si avvia, bello come il Sole, verso la porta.

-Non ci penso nemmeno. E smettila di dire stupidaggini.- mi rimbecca, ed io gli rispondo con una pernacchia e una smorfia contrita che, tuttavia, non dura per molto: nonostante questa sia la nostra casa da anni, ormai, provo un'emozione del tutto nuova quando mi porta oltre la soglia, nel silenzio morbido ed ovattato del nostro salotto.

Soltanto dopo aver richiuso la porta alle nostre spalle, con un calcio, Ben mi mette giù, tenendomi però fra le braccia e appoggiando la fronte contro la mia. -Benvenuta a casa, signora Barnes.- mormora, pianissimo, e sono praticamente certa che il mio cuore abbia smesso di battere nel sentire queste parole.

Rido, stringendolo forte fra le mie braccia, aggrappandomi alle sue spalle quando mi avvolge nelle sue ed il suo calore, i suoi polpastrelli che accarezzano la mia schiena nuda e il sorriso che gli illumina gli occhi scuri diventano l'unica cosa che abbia davvero importanza.

-Ti amo, signor Barnes.-

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My Space

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Di solito non inserisco nessuna gif nelle mie fanfiction, ma questo è, all'incirca, lo stato in cui verso in questo momento.

Avevo promesso che avrei scritto questa one-shot e ho mantenuto la mia promessa, ma non avete idea di come mi senta. Sarà sciocco, forse, ma Ray è una mia creatura e scrivere il suo matrimonio è stata un'emozione indescrivibile.

Emozione che ha rischiato di uccidermi quando la mia adorabile compare di feels, di scleri e di amicizia, Cla, ha fatto nientemeno che il fotomontaggio del vestito di Ray (se cliccate sull'immagine potrete vederlo più grande):

È la cosa più emozionante che abbia mai visto e mi sento come il Grinch, ho il cuore che ha preso due taglie in dieci secondi. Ti adoro, socia. 

Detto questo, penso che andrò a piangere ancora un po' in questo oceano di feels. La vita di una shipper non è per i deboli di cuore.

Il castello di Shrewsbury è la location che ho immaginato per questo ricevimento, mentre la canzone (che fa anche da titolo alla one-shot) è It's your love di Tim McGraw.

Spero che questo stralcio di vita vi sia piaciuto, e magari emozionato! Se vi andasse di farmelo sapere ne sarei molto felice. :)

Alla prossima!

B.

   
 
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