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Autore: Growl    15/07/2015    2 recensioni
Una mattina, un ragazzo, uscendo dal teatro dove è andato con la scuola, non riesce a trovare il suo zaino. E' sicuro di averlo lasciato lì, ma non c'è traccia dell'oggetto plastico. Dov'è finito?
Insieme ad altri personaggi il protagonista dovrà cercare per tutta la città nella speranza di riabbracciare il suo compagno di avventure.
Una storia scritta più di un anno fa, basata su un evento accaduto realmente. Non so se vi potrà piacere, è per questo che la posto: vedere se piace.
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Dal testo:
Il corso è pieno di vicoli, è nel centro storico della città e in questi si può nascondere di tutto: pizzerie, case, foto di famiglia e zoo.
Non li ho mai visti, ma un mio compagno di classe mi ha raccontato che lui ne ha esplorato uno un giorno.
[...]
Mentre tutti divoravano la loro colazione al bar, Maria fece un’interessante nonché curiosa osservazione.
-Ehi, Giulio!
-Che vuoi? Offrirmi un gelato cinque gusti?
-No… ma… dov’è il tuo zaino?
Ah. Ah. Ah. Che domanda divertente che era.
Una volta avevo perso un giubbotto, una seconda avevo rischiato di perdere una felpa e avrò lasciato il telefono da qualche parte almeno dieci volte.
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Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ieri doveva essere un giorno normale, dovevo seguire ugualmente la mia routine, anche se sarebbe cambiata un po’.

Poche settimane fa la nostra bidella preferita, soprannominata Buona, perché, sapete, esistono varie categorie di bidelli, ci annunciò che saremmo andati a teatro per vedere la rappresentazione di “Un amico ritrovato”. Credo che nessuno di noi avesse la minima idea di che cosa fosse, ma posso assicurare che più della metà della classe si concentrava sul perdere quattro ore di scuola e dover sopportare solo religione.

Anche io, sinceramente. Potrei dire “non ditelo a nessuno” ma lo sto dicendo a tutti.

Lascio perdere tutte le prediche dei miei genitori che continuavano a dire che non studiavamo proprio, visto che più o meno ogni settimana uscivamo da qualche parte in quel periodo, altrimenti le mie dita non riuscirebbero a scrivere questa fantastica avventura.

Benissimo, ora che abbiamo finito con il flashback ritorniamo al presente, ovvero il momento della risoluzione di tutto il problema?

No, che state leggendo a fare? Andiamo con un altro flashback, quando mi rendo conto della tragedia. Poi nel corso della narrazione ci saranno anche altri flashback –o, per esaltare la nostra lingua e far felice la mia prof di italiano, analessi- ma questo non sarà un racconto tipo Inception, non preoccupatevi.

 

Io e quattro miei amici, Maria, Matteo, Armando e Francesco, avevamo appena finito di vedere lo spettacolo e quindi decidemmo di andare a mangiare qualcosa in un bar.

Ci incamminammo per il Corso Da Vinci, una zona pedonale, dove si diresse tutta la scuola. Matteo propose di prendere un cornetto al Bar Blu, che era un posto dove andava sempre e dove, a detta sua, facevano i cornetti migliori di tutti.

Per lui migliore vuol dire più buono, più buono significa più grasso.

Armando continuava a sostenere, però, che in un vicolo ci fosse un particolare bar artigianale dove sfornavano ciambelle buonissime e cornetti non da meno.

-Perché non possiamo andare in un posto dove vado sempre?

-Beh, io vado sempre in quel vicolo! Quindi cosa dovremmo fare, separarci?

-Non siamo in un film horror.- intervenne Maria. –Potremmo farlo.

-La frase “non siamo in un film horror” la usano sempre nei film horror! Non è che siamo realmente in un film horror?- scherzò Francesco

-Per favore, stai zitto.

-Ok, ok.- Francesco alzò le mani.

Di tutta quella storia non m’importava proprio, dopotutto io non avevo soldi e non potevo mangiare niente. Mia madre m’intimava sempre che non dovevo mangiare troppo, altrimenti sarei diventato come Matteo. Lo soprannominiamo Muccopotamo, per la sua stazza.

Poi mia sorella è ingrassata e ora calcola solo lei. Io non voglio diventare troppo grasso, comunque.

-Perché non votiamo?- chiesi io.

-Potresti mangiare al Bar Blu dopo, Matteo, non credo che qualcuno ti fermi!- fece Armando

-Ehi, stai insinuando che potrei fare due colazioni?

-Esatto!

Matteo non disse niente per qualche secondo, poi gioì.

-Grande idea! Non ci avevo pensato! Andiamo al tuo strano bar!

Non rimanemmo sorpresi, a differenza di chi non lo conosceva. Probabilmente fare due colazioni per lui era normale.

 

Il corso è pieno di vicoli, è nel centro storico della città e in questi si può nascondere di tutto: pizzerie, case, foto di famiglia e zoo.

Non li ho mai visti, ma un mio compagno di classe mi ha raccontato che lui ne ha esplorato uno un giorno.

Fatto sta che trovammo il bar in pochi secondi. Era in un posto che non avevo mai visto e c’era anche una piazzetta abbastanza grande di fronte a “Paste da Giulia”.

Non aveva tavolini, quindi con suo grande dispiacere, Muccopotamo fu costretto a mangiare in piedi mentre io guardavo i quattro che s’ingozzavano. Armando si prese anche un mini cornetto e mi chiese anche se volevo qualcosa. Avrebbe pagato lui per me.

Dissi no anche se volevo dire di sì. Quanto volevo dire di sì.

Mentre tutti divoravano la loro colazione, Maria fece un’interessante nonché curiosa osservazione.

-Ehi, Giulio!

-Che vuoi? Offrirmi un gelato cinque gusti?

-No… ma… dov’è il tuo zaino?

Ah. Ah. Ah. Che domanda divertente che era.

Una volta avevo perso un giubbotto, una seconda avevo rischiato di perdere una felpa e avrò lasciato il telefono da qualche parte almeno dieci volte.

In queste situazioni il cuore inizia a batterti velocemente, molto velocemente e non sai che dire.

In realtà io non sapevo nemmeno se l’avevo portato. Non riuscivo a pensarci. Lasciato a casa? A scuola? Nell’autobus? A teatro? A terra?

-Stai bene?- chiese Francesco –L’hai portato o no?

Io, già tutto sudato, non sapevo che rispondere.

-Sì, io mi ricordo di sì! L’ha lasciato a teatro!- rise Maria.

E Matteo e Armando si unirono a lei.

-Io non mi ricordo, veramente!- esclamai.

Era proprio uno stress. Non per lo zaino in sé, ma per i libri che c’erano dentro. Non l’avevo svuotato, questo era certo, quindi c’erano almeno cinque libri.

Mi maledissi perché chi è così stupido da portarsi uno zaino con cinque libri quando te ne serve solo uno?

Io, ovviamente.

-Vai al teatro!- urlò Armando

-Ok, vado lì. Poi raggiungetemi.

Corsi dov’ero stato fino a un quarto d’ora prima, non sapendo se quello che cercavo fosse stato realmente lì.

 

Come potevo non essermi reso conto che avevo girato senza zaino per quindici minuti? Non sentivo una leggerezza naturale?

Sarà che ero così abituato all’idea di portare lo zaino cinque giorni a settimana che la mia schiena si è abituata. Sono diventato il primo uomo di una nuova specie. L’homo sarcinae. (grazie mille traduttore italiano latino, non avevo idea di come si dicesse zaino. O la traduzione più giusta. Baci baci.)

Mia madre dice che chi non si adatta muore. Spero che questa abilità mi consenta di vivere almeno qualche anno in più.

Mentre correvo, diminuendo la distanza tra me e il teatro, scorsi con lo sguardo quattro persone che non dovevo incontrare.

Gli zii.

Famiglia formata da marito, moglie e due gemelle. La vera rovina è la madre, che parla di tutto ciò che vede, sente, tocca, mangia e ascolta. Non doveva vedermi, altrimenti mi avrebbero trattenuto e qualcuno avrebbe potuto prendere la mia fedele cartella. Avrebbe continuato a borbottare anche se gli avessi avvisato che i miei libri erano in pericolo. Se non gliel’avessi detto sarebbe anche stato meglio. Chissà cosa si sarebbe inventata… avrebbe potuto collegare la mia ricerca a quando lei perse la sua calza natalizia, a quando sua figlia si ruppe una gamba, oppure al nuovo film di Indiana Jones.

Per un attimo, pensai di dover fare delle manovre stealth degne di un videogioco di successo.

Io non sono bravo negli stealth. Perdo sempre.

Però, forse grazie al mio karma immacolato, una delle due gemelle disse di dover andare in bagno. Quindi i quattro si diressero al bagno del Bar Blu.

Sentivo cori di angeli cantare. Almeno qualcosa sarebbe andato bene.

Essendo riuscito a perdere solo pochi secondi, mi diressi coraggiosamente verso il luogo del mio desiderio. (E sono consapevole che l'avrò detto una decina di volte ormai.)

-

Nessun problema mi bloccò durante la strada e arrivai salvo al teatro -non molto sano però, avevo un fiatone...- che era adesso circondato da bambini delle elementari.

Parliamoci chiaro, non odio i bambini a differenza della metà delle persone che conosco, ma mi guardavano in un modo che sembrava dire "Oh, e questo che ci fa qui?" oppure "Questo è il nostro posto, vai via!" senza contare le loro maestre che avevano sguardi da cani rabbiosi.

Penso che credessero che fossi più piccolo di 14 anni, forse dodici, ma non erano sicure. Se lo fossero state mi avrebbero sicuramente minacciato e rintracciato con i loro smartphone i miei genitori.

Superati tutti questi blocchi, aprii la porta che conduceva al teatro. In esso non c'era praticamente nessuno, sia ringraziato il cielo, non avrei potuto sopportare altre persone. L'unica cosa da fare, a questo punto, era entrare nella sala, vedere se c'era lo zaino e ritornare alla mia routine. Se ci fosse stato sarei stato tranquillo, se no sarei stato preoccupato. Ma, in fondo, non avevo idea di dove avrei potuto lasciarlo, poteva benissimo essere ancora a casa. 

Posso giurare che un bambino sembrava volermi fare uno sgambetto. Che malefico.

 

Arrivato in sala, era rimasto solo un attore e una donna delle pulizie con i capelli rossi TINTI. Si vedeva chiaramente. Io, a differenza del 99,99% della popolazione mondiale ho capelli rossi naturali. Naturali. Io sono uguale alla stessa percentuale dei batteri che rimangono dopo un lavaggio con Amuchina.

L'attore mi vedeva, ma era troppo lontano per dirmi qualcosa, mentre la "cameriera", vedendomi vagare come un barbone, mi iniziò a fare qualche domanda.

-Scusa, circhi qualcusa?- con un chiaro accento dell'est europa.

Non vorrei essere razzista dicendo "est europa", ma non avevo idea di che nazionalità potesse essere. Quindi accontentatevi.

-Non trovo il mio zaino.

-Sicuru di averlu purtatu? Duv'ira?

-Beh, sì.. più o meno. L'avevo lasciato qui, credo...- feci puntando una sedia.

Poi la toccai e mi venne uno Squarcio Dimensionale -o qualcosa del genere shhh-. 

Mi ricordai che lo zaino dietro la schiena mi dava fastidio e che quindi lo misi sotto alla sedia. Non sapevo se la mia mente mi giocava degli scherzi, ma di solito quando ricordo qualcosa, questa cosa è vera.

Mi abbassai e cercai sotto alla sedia, ma non c'era altro che polvere. E quanta polvere, tra l'altro. Che pessima signora delle pulizie.

Quindi decisi di fermarmi all'ingresso della sala per aspettare gli altri. Un minuto dopo arrivò Francesco, che mi aiutò a cercare meglio, ma niente.

L'est europea se ne uscì con una frase degna di citazione.

-Pirchì lu circhi? Issiri zainu, nun issiri carta.

Mi ci volle qualche secondo per capirlo, quindi lascio anche a voi il tempo per assimilarlo.

...

...

...

Fatto? Sì?

Se non l’avete afferrato, faceva il paragone tra lo zaino e una carta di credito. 

Ci credo che uno zaino non è una carta di credito, ma dentro ci sono i libri. E costano abbastanza.

Francesco non capì e glielo dovetti spiegare. Subito dopo, ci disse ancora qualcosa.

-Putiti spustarvi? Mi dati fastidiu... nun andati duvi divu puliri!- anche lei in stile cane rabbioso.

Ci spostammo ma ce lo disse un paio di volte ancora. La gente è strana. 

 

Uscimmo e arrivò Matteo. Cercai anche con lui, la signora delle pulizie disse le stesse identiche cose, non trovammo niente, andammo via dal teatro. 

Maria e Armando vennero da noi annunciando che se ne stavano per andare e anche Francesco dovette ritornare a casa sua cinque minuti dopo. 

Lo zaino non era a teatro anche se io ero sicuro che fosse lì. Ripercorrendo le mie passate esperienze, pensai all'idea di averlo dimenticato o sull'autobus o a scuola. Forse era pure a casa, ma ne dubitavo fortemente. 

-Mi sa che devi chiamare tua madre.

-Ma si arrabbierà...

-E' l'unico modo! Forse l'hai lasciato da qualche parte! Se poi ti vede senza zaino chissà cosa penserà!

Sapevo di dover chiamare quell'essere mutaforme chiamato mamma da alcuni e madre da altri, anche se non lo volevo fare. Fino a pochi mesi fa iniziavo i discorsi con brutte notizie con questa frase:

"Mamma... è successa una cosa brutta."

SEMPRE.

Poi mia madre si arrabbiava, quindi quel giorno decisi di non cominciare in quel modo, ma andare subito al sodo. 

Almeno volevo provarci.

-Ehm... sono andato a teatro e... ehm... poi non ho trovato lo zaino...

-E poi?- chiese mia madre iniziando ad arrabbiarsi.

-E non l'ho trovato.-

-Ma adesso ce l'hai?

-No, è per questo che ti ho chiamato...

-QUINDI HAI PERSO LO ZAINO!?

-Non esattamente, non l'ho propr-

-Sicuro di averlo lasciato a teatro?

-No, però mi sembra di averlo portato!

-NON VUOL DIRE NIENTE "MI SEMBRA", DEVI ESSERE SICURO!"

Dopo alcune urla, acconsentì di venire in mio aiuto con la sua auto. Eh, avete capito?

Aiuto, auto?

Sono simili! AHAAHHAAHAH

...Ok, possiamo andare avanti.

 

Matteo ritornò a casa un paio di minuti prima che mia madre arrivasse da me.

-Come fai a perdere lo zaino? CHI E' CHE PERDE UNO ZAINO!- iniziò appena scesa dalla macchina.

Io non ne avevo idea. Però era successo. Un'altra casella da colorare nelle "cose che non vorresti ti capitassero".

-Dov’è che sei stato?

-Beh, a casa, a scuola, nell’autobus e a teatro! Forse l’ho lasciato a casa!

-No, mi ricordo che sei uscito con quello… quindi sicuramente l’hai lasciato in giro! Hai controllato bene e dico BENE nel teatro?

Ho tentato di evidenziare il “bene” in tutti i modi possibili, ma lo disse con un tono così marcato e sottolineato che non potrò mai farvi sentire come mi sono sentito io.

-Sì, mamma… non c’è.

-E ALLORA COM’E’ POSSIBILE CHE TU L’ABBIA PORTATO?!

-Non lo so, ma io ricordo di averlo portato!

Effettivamente non avevo idea di quello che potesse essere successo al mio povero zaino.

Anche mia madre controllò nella sala, dove c’era ancora la signora delle pulizie, che puntualmente ripetè la sua bellissima frase sulle carte di credito, aggiungendo anche un sospetto con una nuova.

-Fursi qualcuno ha prisu lu zainu per fari unu schirzu a suu figliu!

Poteva essere possibile, Federico poteva esserne capace, ma non l’avrebbe mai fatto con così tanta gente. E poi me ne sarei accorto.

Le parole della pazza accanita della pulizia della sala del teatro maledetto però non mi dissero nient’altro. Non credo che rubare uno zaino fruttasse molto.

-Anche se fosse così- disse –L’abbiamo perso. Non abbiamo un microchip su quello zaino come nei film di spionaggio.

Era triste, molto triste. Ma era vero. Che peccato.

-E’ sicuro di non averlo visto?- continuò

-Cirtu, cirtu! Io non avir visto zainu!

Che accento orribile, dovevo andarmene.

Uscimmo per la quarta volta dal teatro. Ormai ero lì da un’ora e non avevamo ottenuto niente. Io ero depresso, mia madre approfittava del mio stato emotivo per essere furiosa.

Perché quando io sono triste, lei è sempre arrabbiata. Quando sono felice, è arrabbiata. Quando sono arrabbiato, è arrabbiata.

Non è certo una persona lunatica.

 

Saltammo in macchina diretti verso la scuola. Io continuavo a sostenere che la mia cartella non fosse lì, ma mia madre voleva provare tutte le opzioni disponibili.

Durante il viaggio, chiamò Liliana, una grande amica di mia madre.

In quel momento, mia madre era il mio nemico.

Ricordiamoci che il nemico del tuo nemico è tuo amico, ma l’amico del tuo nemico è ovviamente un nemico.

Potreste pensare che questo ragionamento è inutile, ma la realtà è che è completamente inutile. Volevo semplicemente evidenziare la situazione in cui mi trovavo.

Situazione in cui non volevo trovarmi, per essere precisi.

Liliana e mia madre pensano le stesse cose, agiscono ugualmente, parlano ugualmente e mangiano allo stesso modo. Ho sempre pensato che una fosse il clone mal riuscito dell’altra, oppure che fossero gemelle separate alla nascita. Tutto questo mi sembra improbabile ma cos’è che non può accadere nel nostro mondo!

Liliana chiama e mia madre risponde al telefono.

-No, per favore non è il momento.

Vociare incomprensibile dal cellulare.

-Perché mio figlio ha perso lo ZAINO. Come fai a perdere uno zaino?!

Mi sembrò di sentire urlare anche dall’altra parte. Poi mia mamma si rivolse a me.

-Vedi? Anche Liliana la pensa come me! Sei una persona troppo distratta!

-Ma ma…

-ZITTO! Comunque sì, Liliana. Dice di averlo lasciato al teatro, ma lì non c’è. Potrebbe averlo preso qualcuno… ma chi è che si ruba uno zaino! …Sì, buona idea! …Vabbè, poi chiamami! …Ci vediamo dopo. Ok, buona fortuna.

Chiuse la breve conversazione.

Pensavo che sarebbe andato peggio. Di solito quando mia madre è arrabbiata con me e parla con le sue amiche, queste le creano un effetto che amplifica la sua rabbia. Oggi non è stata amplificata molto. Per fortuna.

-Giulio, dov’è il terminal?

Ok, ok. Qua devo fare una parentesi che deve essere assolutamente specificata. Io avevo preso un autobus di città.

Nella nostra città ci sono due terminal: uno per gli autobus urbani e uno per gli autobus extraurbani. Non ho mai messo piede in nessuno dei due, non sapevo se qualche urbano si parcheggiasse dov’erano quelli extraurbani o viceversa e non sapevo che risponderle.

-Quale terminal?

-COME QUALE TERMINAL C’E’ PIU’ DI UN TERMINAL?

-Beh, sì. Ce ne sono due, però uno è per gli autobus di città e uno per quelli di provincia.

-E A QUALE DOBBIAMO ANDARE?! DEVI ESSERE PIU’ VELOCE NEL RAGIONARE!

Ero stressatissimo. Compatitemi.

-Beh, non so dove sia quello che ho preso io, il due…

-MA E’ URBANO O NO?!

-Sì.

-E ALLORA ANDIAMO A QUELLO URBANO!

-Ma non so se è lì!

-SE E’ URBANO PERCHE’ DOVREBBE STARE TRA QUELLI EXTRAURBANI!

-Che cosa ne so, non sono mica un autobussista!

-MA SE QUELLA PAROLA NEMMENO ESISTE, COME FAI A ESSERLO?

-Intendo quelli che guidano l’autobus!

-DIMMI DOV’E’ PIU’ PROBABILE CHE SIA ALMENO!

Effettivamente aveva ragione, ma io al momento non riuscivo a capire quello che mi accadeva intorno. Gli alberi mi sembravano capelli, le strade crema pasticcera e le persone formiche.

Ero nel torto. Odio ammetterlo ma ero nel torto.

-Prendi a caso, quello urbano. Sta vicino scuola.

-

Dopo pochi minuti arrivammo a scuola. Il terminal urbano era proprio a fianco ad essa, quindi potevamo risparmiare parecchio tempo. Chiesi a mia madre se lei poteva andare da sola al terminal mentre io andavo a cercare in classe, ma lei mi urlò in faccia di no.

Quindi mi diressi correndo verso il cortile scolastico mentre mia madre riprendeva il telefono per sfogarsi in modo esagerato con Liliana.

Era ormai l’una e mezzo e le classi erano vuote, tutti gli alunni se n’erano andati. Dopo aver superato prove impossibili, mi aspettava lo sguardo del vicepreside.

Il nostro vicepreside è più presente della preside, che credo aver visto una sola volta in un anno. E’ sempre in giro, sempre a guardarci, sempre a sgridarci, sempre ad avvertirci. Dopo la squola, ci caccia e rimane sulla porta, probabilmente a riflettere sul senso della vita. Non so perché rimane lì, ma ogni volta che dimentico qualcosa o che qualcuno ritorna dentro, inizia a fare domande.

Ho contemplato l’idea di fare il giro e di entrare da dietro, ma mi avrebbe visto ugualmente, poi seguito e mi avrebbe interrogato come un poliziotto.

Mi diressi coraggioso verso l’entrata.

Non lo guardavo.

Ed entrai.

-Ehi, che fai qui?

-Ho dimenticato una cosa!- feci velocemente. Provai a correre subito dopo.

-E cosa? Il giubbotto?

Un giorno trovò un giubbino. Io non trovavo il mio, quindi pensai fosse il mio, ma non era il mio, bensì di Riccardo. Il mio era sull’autobus.

Non lo ritrovai mai più.

-No. Un libro.

Non volevo di certo dire: “Ho dimenticato lo zaino! E non so nemmeno se è qui!” e tra l’altro, non dico mai quello che cerco veramente quando ritorno dentro scuola.

Un paio di volte dovevo andare in bagno urgentemente e ho detto ai bidelli che dovevo riprendere un disegno di tecnica. L’anno scorso dovevo prendere un disegno di tecnica per mostrarlo all’esame e dissi ai bidelli che dovevo andare in bagno.

Sono molto creativo con le scuse.

Il vicepreside mi guardò interrogativo, però mi fece passare. Allora ricominciai a correre come un ossesso, quando, se lo zaino fosse stato lì, non è che si sarebbe potuto volatilizzare.

In classe non c’era. Lo cercai benissimo, ma non c’era.

Però trovai un libro di Francesco.

Nella mia mente continuavo a maledire mia madre, visto che ero sicuro che l’avessi portato a teatro… anche se lei era completamente contraria, poiché non credeva nella volatizzazione di oggetti.

Quando ritornai all’ingresso, c’era Buona la bidella e il vicepreside era scomparso. Avevo un libro, quindi probabilmente non mi avrebbe scoperto, però avrebbe potuto vedere dentro e si sarebbe reso conto che quel coso non era di mia proprietà… Francesco metteva sempre una sua foto nella prima pagina delle cose di sua proprietà.

Strano.

Ma mi ero abituato a quel punto.

 

Nel cortile mi suonò il telefono. Era Matteo.

-Pronto?- feci io

-Giulio, hai trovato lo zaino?

-No, non ancora. Purtroppo non è nemmeno a scuola.

-Hai pensato di cercare a casa?

-Pensi che l’abbia potuto lasciare a casa?

-Beh, cosa te lo impedisce? Io non mi ricordo che tu l’abbia portato!

-Invece io sì!
-E quindi?

Odio quando le persone dicono “e quindi?” quando ho già dato tutte le informazioni. E quindi l’ho portato, non è difficile da capire!

-Lascia stare Matteo, mi hai chiamato per qualche cosa particolare? Avete per caso rintracciato lo zaino?

-No, mica siamo detective. Però sto giocando a League of Legends.

-Mi spieghi come possa aiutare? Questa informazione è utile per la mia ricerca?

-Boh, credo di no.

-Allora mi stai facendo perdere tempo, non sembra difficile da capire.

-Ci vediamo stasera, quando usciamo allora?

-Va bene, ora devo chiudere. C’è mia madre che mi sta urlando contro e mi dice di muovermi.

Chiusi la chiamata più inutile della mia vita. Per fortuna.

 

Mia madre venne con me al terminal, decidendo di entrare con l’auto.

All’entrata, protetta da una sbarra che però era alzata, c’era un posto dove si trovava un controllore, non ho idea di come si chiami quindi accontentatevi della definizione.

Si stava leggendo una rivista tipo Chi, Oggi, e sul tavolo probabilmente aveva anche Cosa, Domani e Perché. Appena la ruota anteriore entrò nel suo campo visivo iniziò a domandare.

-Ehi, cosa volete?

Mia madre voleva saltargli addosso e staccargli la testa, probabilmente, ma si limitò a dire:

-Mio figlio ha perso il suo zaino, era nell’autobus. Per caso ce l’ha lei?

-Qui non c’è nessuno zaino. E se non c’è qui non c’è da nessuna parte.

A questo punto volevo saltargli addosso… pure io.

-Ne è sicuro?

-Sì. Se entrerete non troverete niente. Quindi potreste pure andarvene. Fate come volete.

Ricominciò a leggere gossip per la maggior parte falsi.

Ovviamente io e mia madre non eravamo persone che si arrendevano alle parole di un rozzo buzzurro, quindi, principalmente per dargli fastidio, entrammo senza timore.

Nel cortile c’erano un paio di guidatori che parlavano di cose boh.

Mia madre si diresse verso uno di essi.

-Scusi, mio figlio forse ha lasciato il suo zaino in uno dei vostri autobus.

-Beh, piccolo. Ti ricordi il numero?- fece lui rivolgendosi a me.

Piccolo? Ho 14 anni. L’eta è sicuramente qualcosa di relativo. Per esempio, mia madre dice che sono quasi maggiorenne e che dovrei comportarmi da adulto. Anche se mancano tre anni e mezzo alla maggiore età.

-Sì- risposi. –E’ il numero due.

-Ok, ce ne sono due. Dovrebbe essere quello alla tua destra.

Quindi scesi dalla macchina e andai a vedere se lo zaino si trovasse dove mi ricordavo di essermi seduto. Feci qualche passo ed entrai. A prima vista non notai niente, tranne le sedie. Insomma, nessuno aveva lasciato qualcosa nell’autobus. Che sarebbe la cosa giusta da fare.

E poi se qualcuno avesse dimenticato una cosa tipo l’anello di fidanzamento non credo che, esposto a circa una quarantina di persone, rimanga a terra in attesa del proprietario originario.

Diciamo che verrà adottato sicuramente.

Non so se gli zaini sono apprezzati quanto giubbotti, anelli, vestiti e smartphone.

Guardai sotto e sopra ogni sedile, ma lo zaino lì non c’era. Uscii triste dal bus.

-Non c’è?- urlò il guidatore

-No…-

-Beh, guarda… ti ho detto che dietro all’edificio c’è un altro due. Magari l’hai lasciato lì.

Ripresi a camminare cambiando direzione. A questo punto il secondo due doveva essere l’unico posto plausibile dove si trovava lo zaino. Se non era lì, la signora delle pulizie aveva ragione.

 

Feci il giro del quartiere generale degli autobus urbani fino ad arrivare all’altro autobus.

Mi sa che sto usando troppe volte la parola “autobus” quindi ora al suo posto scriverò mezzo pubblico.

Capii subito che il secondo mezzo pubblico non era quello su cui ero salito qualche ora prima, perché i sedili erano verdi e non azzurri. Quello era il 2 di seconda mano, che veniva quando il 2 principale era rotto. Voglio dire, aveva dieci sedili contati che rischiavano ad ogni viaggio di crollare.

Io non avevo preso quello, ne ero certo.

Cercai lo stesso, anche se sapevo benissimo che la mia cartella non poteva trovarsi lì, visto che non possedeva il potere del teletrasporto.

O forse sì… questo avrebbe spiegato molte cose.

No, non era così.

Ritornai deluso da mia madre che vedendomi senza zaino diventava sempre più furiosa e scocciata.

-Mamma, lì non c’è.

-Eh, vabbè. E allora dove l’hai lasciato!

-Io penso di averlo lasciato a teatro, per-

-Non è possibile, LI’ ABBIAMO GIA’ GUARDATO!

I due guidatori la guardarono strani.

Probabilmente a quel punto mia madre si rese conto di star dando in escandescenze quindi mi chiese di risalire in auto.

-Se abbiamo notizie dello zaino la chiamiamo. Ci può dare il suo numero?- chiese l’altro guidatore

-Certo. Eccolo.- rispose mia madre nel modo più calmo possibile.

Risalii in auto e proprio mentre ce ne andavamo, notammo che la sbarra che dava l’accesso alla strada principale era chiusa.

-Scusi.- fece mia madre al controllore –Può alzare la sbarra?

Quello probabilmente fece finta di non sentire e continuò a leggere riviste strane.

-SCUSI, PUO’ ALZARE LA SBARRA?

Il controllore, con tutta calma, posò Oggi e lentamente alzò gli occhi al cielo.

-Non ho sentito, può ripetere?

Era chiaro che lo faceva per indispettirci.

Mia madre scese dall’auto e per poco non gli sputò in faccia.

-Le ho chiesto gentilmente se può alzare la sbarra.

Quello fece una faccia strana per cinque secondi, poi premette un tasto e la sbarra inizò ad alzarsi.

-L’avete trovato lo zaino?

Ecco un’altra domanda inutile. Lui sapeva che non l’avevamo trovato, era a due passi da dove avevamo parlato con quegli altri due tizi. Voleva solo girare il dito dentro la piaga. Tant’è che quando ce lo chiese aveva un ghigno degno da Signore del Male.

Aspettammo un minuto per uscire, visto che la sbarra si alzava in modo lentissimo. Se fossimo stati in un cartone animato oppure in un film d’azione avremmo fatto i fighi e saremmo andati contro la sbarra, spaccandola a metà.

Ma, poiché siamo nella realtà, non volevamo prendere una multa e probabilmente andare in prigione, quindi ci accontentammo, pazientando e poi uscendo da lì senza avere quello che cercavamo.

 

Ricominciai con il mio discorso.

-Vedi, mamma? Che ti ho detto!? Per me era a teatro.

-Ma lì non c’è! E non hanno potuto nemmeno rubarlo, dai. Cosa ci guadagni con uno zaino!

-Magari qualcuno ha il suo zaino rotto e non voleva comprarne uno nuovo…

-E’ inutile continuare a fare ipotesi. Non abbiamo la minima idea di dove sia!

-Visto che non mi credi e pensi che non sia a teatro, l’unico posto dove cercare è casa.

-Non credo sia lì. Entrambi siamo sicuri che l’hai portato.

-Beh, io non più.

-Io sì, invece.

-Tu non mi credi per il teatro, io non ti credo per la casa.

Mamma ricominciò a urlare.

-SENTI, SEI STATO TU A PERDERLO! IO TI STO AIUTANDO! NON DEVI ANDARE CONTRO TUA MADRE!

Quando lei inizia a dire di non contraddirla, è meglio non contraddirla.

-Però…- continuò –E’ l’unico posto che non abbiamo controllato, quindi lo faremo.

-Ecco, per fortuna.

-Ma non lo facciamo perché lo vuoi tu, ma perché lo voglio io.

-Certo, mamma. Perché lo vuoi tu.

-Sei ironico?

-No, quando mai sono stato ironico nella mia vita!

-Sicuro?

-Certo, lo sto facendo solo perché lo vuoi tu! L’idea l’hai avuta tu ed è stata fantastica!

Ero ironico, comunque.

 

Era la nostra unica speranza e non eravamo per niente speranzosi. Casa nostra era veramente l’unico posto che non avevamo controllato ed eravamo completamente sicuri che lo zaino non fosse lì.

Io lo ero, mia madre probabilmente pure, visto che non avrebbe sopportato comprarmi i libri che avevo perso. Non avevo idea del valore complessivo, ma presumo che almeno una centinaia di euro li valevano.

Ci parcheggiamo nel cortile quasi investendo i due gatti randagi che oramai si erano stabiliti lì a nostro discapito, favoriti dalla vicina amante dei felini, e salimmo per le scale, poi entrando in casa.

Quella non era solo l’occasione per ritrovare la compianta cartella scolastica, ma anche per valutare i danni monetari che avremmo dovuto subire nel caso lo zaino non fosse stato lì.

Ma prima di tutto, dovevo andare in bagno.

La storia della ricerca dello zaino durava da due ore ormai e lo stress era tutto confluito nella mia vescica. 

Allora, mentre mamma cercava al piano di sotto, io andai al piano di sopra. Prima di tutto, vidi che libri mancavano. Non c’erano epica, fisica, i rispettivi quaderni, storia dell’arte e il quaderno di latino.

La cosa ridicola era che quel giorno non dovevo fare nemmeno una di quelle materie, ma come vi ho già detto sono stupido e non rifletto prima di fare le cose, specialmente quando sono preoccupato/stressato/euforico/arrabbiato e affamato soprattutto. Quando sono affamato faccio cose molto strane.

Prima cercai in camera mia, dimenticando tutti gli avvisi di mia madre di tenerla in ordine, ma non c’era. Fortunatamente non era una cosa piccola, altrimenti la mia stanza sarebbe diventata l’aftermath di un uragano forza cinque, che secondo Google non è forte, non è estremo, è CATASTROFICO. Non vi consiglio di andare al piano di sopra di casa mia quando cerco qualcosa.

Mai.

Però non era nemmeno in camera di mia sorella, nemmeno dei miei genitori, figurati nello sgabuzzino e, contro tutti i pronostici, non si trovava in bagno, nel quale di solito trovavo tutto quello che perdevo.

Scesi dalle scale consapevole che nemmeno mia madre l’aveva trovato, altrimenti l’avrebbe annunciato al vicinato intero, un po’ come la nonna dello spot dei Fonzies.

Avete sentito? Mio figlio, zaino trovato!

Invece di esultare, mi sgridò per dieci minuti, ripetendomi sempre le solite storie sull’essere responsabili, attenti e intelligenti nella vita quotidiana.

-Non ti capisco! Prendi voti altissimi a scuola e non riesci nemmeno ad allacciarti le scarpe!

-Eh, no. Questo no, ho imparato almeno quattro anni fa!        

Ricordiamoci pure che per lei sono quasi maggiorenne, quindi le tragedie vengono addirittura amplificate nella sua mente.

Sto pensando di rivelarle che ho solo quattordici anni, ma ho paura che tutte le sue convinzioni sulla vita vengano sradicate come le radici di un albero sottoposte all’uragano che ho menzionato poche righe fa.

 

Dopo la predica, rimasi altri dieci minuti a casa a pensare come fare. Non avevo zaini decenti oltre a quello perso.

E inoltre pensavo a come avrebbero reagito i miei compagni quando avrebbero scoperto che non lo trovavo più. Totale vergogna assoluta eterna.

Che presumo non sia una cosa bella, poi potete giudicare voi se vi ritenete bravi come Maria de Filippi come in Italia’s Got Talent. Magari potrei candidarmi. Il mio talento è la disattenzione. Prendetemi e sarete sicuri che non mi presenterò mai alle semifinali perché arriverò in ritardo. Fantastico.

Presi in considerazione varie scuse, ma la mia vena creativa non ne trovava alcuna adatta alla situazione. L’unica soluzione non poteva essere rivelare la verità, avrebbe seriamente rovinato la mia già pessima reputazione. Si sarebbe sparsa la voce che avrei potuto perdere un compagno di classe durante un’uscita, dubito che sia possibile ma chi può dirlo... potrei farlo, anche se non vorrei.

Poi, quando nessuno se l’aspettava, la suoneria del cellulare di mia madre.

Era Liliana.

Solitamente non è una buona cosa, ma quella volta lo fu.

-Giulio…- mi disse mamma –Liliana sa dov’è lo zaino.

 

Ovviamente ora non mi metto mica a dire dov’è. Seh, sarebbe bello. No, dovrete patire e soffrire per l’eternità –o almeno finchè non vi dico la verità- per scoprire dove si trova! Lo scoprirete, ma quando!?

La risposta la conosco solo io!

Muahahaahahaahaha!

 

Dopo tutte le avventure che avevo passato, le tragedie a cui ero andato incontro, le persone odiose che avevo incontrato, le urla di mamma che ero stato costretto a sentire, eravamo arrivati alla risoluzione del mistero. Sapevamo dov’era lo zaino.

Sapevamo cos’era successo esattamente.

Sapevamo com’era successo.

Insomma, per farla breve, sapevamo tutto.

Mentre io sentivo mamma che faceva facce sconvolte, cercavo di capire dove avessi dimenticato lo zaino origliando la conversazione. Non riuscii a capire niente, però, Liliana parlava con voce troppo bassa e quindi rimasi sulle spine per un po’ di tempo.

Mia madre mi disse di seguirla fino all’auto per arrivare alla cartella che avevamo cercato per una mattinata intera.

-Ma… dov’è lo zaino?

-Beh, è il momento che ti racconti una storia.

 

[Immaginatevi una transizione schermo bianco come Movie Maker, ora sarete molto più immersi nella narrazione.

Stavo uscendo dal teatro insieme a Matteo, Armando, Maria e Francesco insieme ad una marea di gente, mentre gli attori stavano domandando al pubblico se volevano fare domande, cosa che io non faccio mai, considerando la mia voce bassissima.

Dopo che tutti quanti uscirono, venne la signora delle pulizie “polacca” che fece qualche parola con il direttore.

-Vai a pulire… c’è davvero un sacco di casino.- fece lui

-Certu, lu farù, cumi vuule lii.

La tinta entrò nella sala e iniziò a spazzare e buttare nella spazzatura i milioni di popcorn che erano caduti o che erano stati lanciati dai ragazzi che avevano visto lo spettacolo, quando adocchiò una particolare sedia.

-Eh, cusa c’è lì?

E indovinate un po’, lì c’era il mio zaino. Lo guardò per un po’, poi si girò intorno e lo afferrò. Con la sua calma innaturale, lo aprì per scoprire che dentro c’erano dei libri. Non so cosa le stava passando per la testa, ma se lo mise in spalla e sbirciò dalla tenda che separava la hall da dove era prima. Non c’era nessuno, il direttore se n’era andato. Salì per le scale in modo furtivo ed entrò nello sgabuzzino, dove si trovavano diversi attrezzi per pulire. Appoggiò lo zaino, nascondendolo dietro due secchi, poi prese una chiave e lo chiuse, appunto, a chiave. Riscese le scale, sempre assicurandosi che nessuno le sbarrasse la via, poi ritornò in sala e ricominciò a pulire come se non fosse successo nulla.

 

-Quindi è stata l’est europea! Avevo sospetti per lei, ma non volevo dirlo…

-Perché non l’hai fatto?

-Mi sembrava scortese.

-Scortese?

-Senti, spiegami come ha scoperto Liliana che la ladra era lei.

-Certo, certo. Allora…

 

Flashback time!

Mentre io ero a scuola a parlare con il vicepreside, mamma stava parlando con Liliana, come vi avevo detto prima.

-Cara, mio figlio è davvero un disastro!- iniziò mia madre.

-Lo so, lo so. Spero che riesca a trovare lo zaino al più presto.

-Non so se lo troverà… spero sia a scuola, però ho paura che l’abbia lasciato chissà dove…

-Ma dov’è che è andato a teatro?

-Al Teatro Raffaello… ci era già andato e per poco non aveva dimenticato sua sorella!
-Lì? Il proprietario è un mio grande amico! Magari lui l’ha visto e l’ha preso!
-La signora delle pulizie dice che non ha idea di dove sia…

-Possiamo provare, almeno.

-Presumo di sì. Non essere troppo stalker.

-Ma che stalker. Sono gli altri che stalkerano me, non io che stalkero loro!

-Va bene, fai come vuoi.

 

 

-Mamma, la prossima volta non parlarmi delle discussioni tra te e Lilia, ok?

-Certo, questa era un’eccezionale eccezione, non ti dirò mai di cosa parliamo. Potresti scoprire cose scioccanti.

Tutto d’un tratto mia madre e Liliana mi facevano paura. Non volevo approfondire quella questione per nessuna cosa al mondo.

-Ok, ok. Quindi ha scoperto tutto… ma come?

-Devo fare un’altra analessi?

-Perché la chiami analessi? Flashback è senz’altro più fashion!- feci con un accento tipico di Sharpay Evans.

-Ah.- sospirò –Ti spiego cos’è successo.

 

Flashback time! 

La ladra che tutti dovrebbero temere stava ancora spazzando per terra, quando il direttore, che ho scoperto chiamarsi Martino, si diresse verso di lei.

-Signora Werthykoski, ha visto uno zaino da queste parti?

Lei iniziò a preoccuparsi.

-Nu, pirchì mi lu chiidi?

-Mi è giunta informazione che è scomparso uno zaino. L’ha visto?

-Nu… sulu carta e pupcurn.

-E’ sicura di non averlo rubato? Le ricordo che il mese scorso l’ho vista mentre tentava di rubare una felpa.

-Mica la rubavu! La… stavu sistimandu!

-Sistemando nel suo sgabuzzino? Ora, mi dica se l’ha preso o sarò costretto a licenziarla.

Lei stava morendo dalla paura, stava sudando dappertutto e si notava che era sottopressione. Anche il tono di Martino la stava intimorendo sempre di più

-Nun puù inculparmi senza pruve!

-Potrei prendere la chiave e vedere nello sgabuzzino. Ora me la dia. Vado a vedere se è lì, se lo vedo assumerò mia nipote. E lei lavora quasi gratis!

La straniera sapeva di non aver chance con il direttore, quindi a malincuore confessò.

-Sì, l’hu prisu io… perù nun lu dica al ragazzo!

-Mi dispiace, non puoi farla liscia. Non solo non dirò che è stata lei, informerò la mia amica.

 

Mamma mi raccontò quello che Liliana aveva sentito tramite la telefonata con Martino.

-E hai visto che stava al teatro? E tu che non mi credevi! Te l’avevo detto!

-Sì, era a teatro? E quindi? E’ tutto merito mio!

E quindi… sarebbe stato meglio se non l’avesse detto.

-Che vuol dire che è merito tuo? E’ stata Liliana a conoscere il proprietario e a telefonarlo!

-Ma chi è che conosce Liliana? Io! Quindi è merito mio!

Ovviamente non condividevo il pensiero di mia madre. Tramite questo “io conosco quello che conosce chi conosce…” potrei arrivare dovunque, anche che sono stato io ad avere l’idea di tenere lontano i gatti con le bottiglie d’acqua, visto che conosco mio padre e gli ho detto di farli stare più distanti possibile da casa nostra.

A teatro non c’era più nessuno, le porte erano chiuse e mamma fu costretta a bussare.

Indovinate un po’ chi le ha aperto.

Ah, che bello quando l’ho vista.

E’ stata la ladra.

Il mio cuore ha saltato di gioia, esaltato dalla mia parte più maligna, quando mi sono reso conto che è stata l’est europea a consegnarle il mio zaino. Non so se sapeva che eravamo a conoscenza del suo furto, ma spero che ne fosse al corrente. Se è così, è impossibile che non si sia vergognata. Sicuramente sarà sprofondata in un abisso d’imbarazzo che auguro non dimenticherà mai e la tormentera fino alla fine dei suoi giorni. Se esiste l’aldilà, sarei contento se lei lo ricordasse per l’eternità. Sarebbe un bel regalo di compleanno.

 

Per concludere, tutto è bene quel che finisce bene –sempre escludendo i catttivi- e mi sento in dovere di fare un’analisi dei personaggi sempre per far contenta la mia prof.

Potrebbe riuscire a risalire a questo documento tramite un hacker e non voglio farmi trovare impreparato.

 

Quindi, il protagonista sono io, sicuramente il miglior personaggio principale che potesse finire in questo tipo di storia. Il mio charm, la mia abilità e i miei talenti hanno dato origine a questa avventura sono fantastici e consiglio vivamente a qualche regista di creare un cortometraggio o anche un film dedicato alla mia storia.

L’antagonista, l’incarnazione del male, è l’est europea. Anche lei è stata la causa del mio vagare e anche se ha agito nell’ombra, può essere definita come il principale ostacolo che ho dovuto affrontare. Che malignità si nascondeva dietro a quei capelli tinti!

Il ruolo di aiutante se lo aggiudica mia madre, che può sembrare un’antagonista, ma in realtà non lo è. Infatti grazie alla sua auto ho potuto girare per la città in cerca di notizie che però non mi sono servite a niente.

Posso definire Liliana e Martino, personaggi secondari, i risolutori, infatti sono loro e non io, che mi permettono di arrivare al mio fine. Complimenti a loro, perché senza l’antagonista sarebbe riuscito a farla franca! E anche tedesca!

Maria è la messaggera. E’ lei che mi spinge a iniziare la ricerca dello zaino. Senza di lei potrei aver addirittura dimenticato che esistesse…

I Personaggi secondari sono i miei restanti tre amici e i guidatori dei bus, insieme ai piccoli oppositori che mi si profilano durante i miei pellegrinaggi, ovvero gli zii, il vicepreside e quel controllore che dopo la signora Werthykoski è sicuramente il più cattivo individuo che ho incontrato.

Saluto tutti coloro che hanno letto questa storia senza morire o avere crisi epilettiche/convulsioni e mi complimento con quelli a cui è piaciuta, vi assicuro che è complicato farsela piacere!

Mi chiedo, ora che sto scrivendo queste ultime righe, se qualcuno leggerà veramente questa piccola storia, che ho deciso di mettere su carta solo per rendervi partecipe della mia vita confusa.

 

A presto,

dalla persona più distratta che potreste incontrare.

   
 
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