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Autore: hiromi_chan    16/07/2015    0 recensioni
Si assicurò di non perdere l'abitudine di poggiare sempre le dita sopra quelle del suo signore – lo faceva per fargli sentire maggiormente la sua presenza, affinché sapesse di avere accanto a sé una guida e non si sentisse perduto nel buio; ora lo faceva semplicemente per il gusto di farlo.
{Jane/Rochester}
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note:

Scritta di getto per la Drabble Night del 9 Luglio 2015 organizzata dal gruppo We are out for prompt.

Prompt: Jane/Mr. Rochester. I due sono sposati da qualche anno e Rochester ha recuperato in parte la vista. Lo nasconde a Jane perché gli piace essere viziato da lei. Ma un giorno Jane se ne accorge... Una cosa molto fluff, please ^^



 


 

Quello che vedono gli occhi


 



 

Successe una sera di Novembre. Jane si era alzata da tavola per andare a riempire di nuovo la brocca di vino ignorando tranquillamente le proteste del marito; il signor Rochester avrebbe certamente preferito continuare ad avere accanto Jane accanto che lo imboccava o lo divertiva con le sue battute. «Sono cieco, amor mio, e tu sei così crudele da abbandonarmi qui tutto solo!» aveva protestato a gran voce.
Lei aveva solo sorriso tra sé, rassicurandolo del suo immediato ritorno. Mantenne la parola impiegandoci solo qualche minuto ma, quando fece per aprire la porta del salone, che era appena socchiusa, lo vide: il signor Rochester stava mangiando da solo, la schiena dritta in quella sua eleganza rude così tipica; ma non lo stava facendo maldestramente, i suoi movimenti erano precisi e sicuri e, quando un pezzo di carne gli cadde dalla forchetta, lo infilzò di nuovo subito e con precisione. Jane si portò una mano alla bocca, attenta nel non fare alcun rumore – oh, no, anche volendo non ci sarebbe riuscita; il fiato le era morto in gola. Suo marito doveva aver riacquistato la vista almeno in parte! E non le aveva detto nulla ma, oh, Jane non provava alcuna delusione né risentimento. Sapeva che il suo uomo amava essere amato, viziato e coccolato da lei, e non c'era niente che Jane stessa amasse di più.
Con il cuore leggero, decise quindi che l'avrebbe assecondato anche questa volta, ma, come per tutte le cose, che l'avrebbe fatto a modo suo.
Rientrò nella stanza curandosi di fare rumore e si comportò come se nulla fosse successo, anche se i suoi arti formicolavano di emozione e credeva di aver provato raramente felicità più vera. Mentre imboccava il signor Rochester, con grande piacere di lui, gli concesse anche qualche rapido bacio, mantenendo comunque la sua gioia nascosta. Per qualche giorno andò avanti in quel modo, prendendosi del tempo per verificare che le sue impressioni fossero esatte. In effetti, il signor Rochester si appoggiava al suo braccio più con languidezza che con bisogno, ora. Era una differenza minima, ma Jane si sentì comunque una sciocca per non averla colta prima. Si assicurò di non perdere l'abitudine di poggiare sempre le dita sopra quelle del suo signore – lo faceva per fargli sentire maggiormente la sua presenza, affinché sapesse di avere accanto a sé una guida e non si sentisse perduto nel buio; ora lo faceva semplicemente per il gusto di farlo.
Ma una sera, Jane pensò che fosse arrivato il momento di smettere di viziare il suo vecchio leone – e di viziare se stessa, viziando lui. Raggiunse il marito nel salone, indossando un ciondolo con un rubino anziché la collana di perle con il diamante verde che le aveva donato lui.
«Temevo che gli spiriti della gente dalla quale discendi fossero venuti a riprenderti, Jane» la salutò il signor Rochester, seduto sulla poltrona davanti al fuoco. Il cuore di Jane si strinse ricordando quel suo padrone che anni prima l'aveva interrogata sulla sua strana natura seduto allo stesso modo, chiedendole poi se non lo trovasse un bell'uomo.
«Temevo avessi intenzione di restare lontano da me» disse ancora il signor Rochester.
«Oh, no, niente del genere. Mi sono attardata nelle mie stanze per cercare la collana che mi avevi regalato. Ho avuto paura di averla persa, ma per fortuna non è così.»
Jane lo vide voltare appena il volto dalla sua parte, le sopracciglia corrucciate – aveva già iniziato a tradirsi.
«Ma non temere, l'ho ritrovata. Ce l'ho indosso ora» disse, avanzando fino a che non fu davanti alla poltrona.
Il signor Rochester era decisamente confuso, adesso, e anche irritato; gli occhi grandi e scuri erano puntati sul rubino.
Jane premette le gambe contro le sue ginocchia e gli prese una grande mano nelle sue, conducendola fino al gioiello. «Senti? È la tua collana.»
«Non è vero, Jane, questa qui è rossa!» scattò il signor Rochester, e in quello slancio di vitalità tornò l'uomo che era stato un tempo. Ma poi si rese conto di cosa aveva detto e guardò la sua sposa, allibito e con aria di sconfitta.
Un sorriso genuino si aprì sul volto di Jane. «Oh, è quella con il rubino? Non me ne ero accorta, davvero. Pare che la tua vista sia diventata migliore della mia.»
Il signor Rochester la scrutò ancora, sbigottito, e poi... scoppiò a ridere fragorosamente, allungando le braccia verso di lei; la afferrò per la vita sottile e la trascinò a sedere su di lui, e Jane fu felice come non mai di avvolgergli le braccia intorno alle spalle forti.
«Sei furba come una volpe, mon Janet. Non dovrei stupirmene tanto.»
«E' vero» disse solo lei, prendendogli il volto tra le mani, quel volto duro ora ammorbidito dagli anni e dall'amore più sincero. Gli scostò i capelli neri e selvaggi dalla fronte e gli carezzò la mandibola, poi piano piano le palpebre.
«Non sono del tutto guarito» disse lui, «ma ci vedo quel tanto che basta per restare incantato da te, ancora e ancora». E la baciò con trasporto per lunghi attimi. «Ma anche quando non potevo vederti» mormorò, «ero comunque incantato da te. Mi hai stregato con i tuoi poteri.»
Lei lo zittì prontamente con un nuovo bacio.

   
 
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