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Autore: thebrightstarofthewest    18/07/2015    2 recensioni
Dopo la catastrofe avvenuta al Jurassic Park, Alan Grant ed Ellie Sattler hanno deciso di sposarsi e metter su famiglia; hanno difatti due figli ormai ventenni, Bernard e Nicholas, entrambi appassionati a modo loro alla paleontologia. La vita della famiglia Grant procede più che tranquillamente, finché due chiamate non cambieranno tutto: qualcosa sta per accadere nuovamente ad Isla Nublar ed i Grant stanno per finirci dentro fino al collo per la seconda volta.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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4. La carne


Alloggi degli studiosi, Isla Nublar, 120 miglia al largo della Costarica, ore 6:01

C’era qualcosa che assolutamente non tornava: più Bernard ci rifletteva, più le informazioni che aveva a disposizione gli parevano quantomeno sospette. Quella notte non aveva dormito, ma aveva passato l’intero tempo a scartabellare furiosamente tra i documenti fornitigli dai laboratori di Jurassic World, sottolineando dati interessanti e scribacchiando appunti al lato delle pagine.
Perché diavolo ordinano tutta questa carne?’. Quella domanda, all’apparenza assurda, gli martellava in testa dalla sera prima, riempiendolo di dubbi.
Era soltanto il suo quinto giorno sull’isola e fino a poche ore prima a stento riusciva a contenere la propria gioia: non pensava che realizzare i propri sogni potesse essere oggettivamente così inebriante. Il primo momento di pura commozione lo aveva provato il secondo giorno, durante la l’uscita di ricerca iniziale: era allora che aveva visto il suo primo dinosauro. Un Apatosauro. Per suo padre e sua madre si era trattato di un Brachiosauro, il che rendeva le esperienze in qualche modo simili: anche lui, come i genitori, aveva sentito le gambe cedere sotto il peso dell’emozione e si era seduto sull’erba, ammirando l’enorme creatura che si spostava a passi eleganti dinnanzi a lui. Il suo cuore era esploso e aveva percepito i suoi occhi bagnarsi di lacrime: come potevano le persone credere che quella per i dinosauri fosse una passione stupida, infantile? Quei giganti erano stati progettati dalla natura per dominare la Terra per milioni di anni, in un regno costruito sul sangue, sulla legge del più forte, su una intramontabile battaglia per la sopravvivenza. Se non c’era fascino in ciò, in cosa poteva essercene, allora?
E così le sue giornate erano passate veloci, tanto si era calato nello studio di quei giganteschi rettili: aveva avuto modo di analizzare il metabolismo dei Triceratopi, di misurare personalmente la velocità dei Gallimimus, aveva compiuto tante di quelle azioni che non riusciva più neppure a ricordarle tutte. Nell’euforia di quei momenti, solo raramente aveva chiamato i suoi, che comunque gli erano apparsi di ben poche parole; eppure non gli interessava. Era rimasto abbagliato dalle potenzialità di quel parco, attanagliato dal suo fascino. Tutto questo, finché un particolare, forse sciocco, forse passato inosservato, lo aveva riportato coi piedi per terra.
Proprio la sera prima, avevano annunciato che lo studio del pomeriggio seguente avrebbe riguardato il T-Rex: a stento Bernard era riuscito a contenere la propria gioia, nell’udire la notizia. Mille erano i quesiti che gli balenavano in testa al pensiero di poter vedere un Tirannosauro in carne ed ossa: a che velocità andava? Com’erano i suoi riflessi? Quanta carne mangiava?
Quando aveva prontamente posto queste domande agli esperti del parco, quelli avevano riso, ma bonariamente, e gli avevano dato una copia di alcuni documenti riguardanti i dinosauri presenti nell’isola, così da saziare le propria curiosità. E le aveva saziate, molte curiosità, ma ne aveva anche alimentata una nuova, una prorompente, una inaspettata: perché ordinavano tutta quella carne?
Nei fogli che gli avevano fornito, difatti, c’era anche segnate le quantità di cibo acquistate per gli animali, ed i numeri di capi di bestiami era assurdamente alto: lo aveva fatto notare al suo compagno di camera, un tale William Brooks, il quale si era limitato a stringersi nelle spalle, ipotizzando fossero per il T-Rex. Certo, il T-Rex mangiava molto, su questo non c’erano dubbi: ma così tanto?
Ormai i suoi sospetti erano sin troppo profondi e voleva arrivare in fondo alla questione: passò l’intera notte a calcolare la frequenza delle consegne delle provviste, il numero di dinosauri carnivori, le quantità ingerite da ogni singolo animale… Continuava a non tornare. E non di poche libbre, si trattava proprio di una differenza di tonnellate e tonnellate di carne in più.
“Perché diavolo ordinano tutta questa carne?”, ripeté, ad alta voce, quasi grugnendo per la stizza. Qualcosa gli sfuggiva e doveva assolutamente scoprire di cosa si trattasse: aveva avuto l’incredibile sfortuna di nascere Grant, varrebbe a dire, curioso sino all’ossessione ed altrettanto cocciuto. Non aveva mai avuto la pazienza di sua madre o suo fratello.
Giusto, suo fratello. Un’idea gli balenò in mente e non poté fare a meno di sorridere: forse aveva trovato la soluzione a tutti suoi problemi.

Paleobar, Isla Nublar, 120 miglia al largo della Costarica, ore 8:23

“Non se ne parla nemmeno”. Con quelle cinque parole Nicholas liquidò immediatamente l’assurdità appena propostagli dal fratello, “E non ti azzardare neppure a domandarmelo di nuovo”.
Quando Bernard lo aveva chiamato alle sei e mezzo del mattino, Nick aveva pensato che si fosse completamente bevuto il cervello: al telefono aveva blaterato di incontrarsi quanto prima ad uno dei bar dell’isola, chiamato con estrema originalità ‘Paleobar’, per parlargli di una questione di massima importanza. Dapprima il ragazzo si era un po’ allarmato, temendo che il gemello fosse incappato in qualche guaio, ma adesso che lo aveva davanti seduto al tavolino, provava solo una gran voglia di strozzarlo: era il suo primo giorno libero e lui lo aveva svegliato ad un orario indecente.
“Ascoltami, Nick”, tentò di convincerlo l’altro, passandosi una mano tra i capelli sparuti, “Non sto scherzando, è una questione seria”.
Una questione seria”, gli fece il verso Nicholas, scocciato, “Senti, avranno sbagliato a scrivere sul fascicolo”.
“Allora devono aver sbagliato su tutti gli ultimi documenti”, rispose Bernie, rabbioso, “Guarda qua, guarda! Ogni mese, da ormai diverso tempo, la quantità di cibo in eccesso aumenta. Parliamo di tonnellate di carne che arrivano sull’isola e poi scompaiono nel nulla. Non sono quelle consumate dai turisti, questi sono fascicoli riguardanti solo l’approvvigionamento delle bestie”.
Nick sospirò. “Allora, ricapitoliamo”, mormorò, mescolando distrattamente il suo caffè, “Tu hai ricevuto questi dati ieri. Hai notato per puro caso che la carne che acquistano per nutrire i dinosauri è troppa. Hai calcolato che aumenta di mese in mese. Hai controllato i registri delle cucine e la carne ordinata risulta a parte rispetto a quella per gli animali… E quindi?”.
“E quindi questa gente ci sta nascondendo qualcosa!”, controbatté prontamente il giovane paleontologo. Testardo come un Pachicefalosauro, lo definiva  spesso sua madre, ed aveva ragione.
“Supponiamo tu abbia ragione, va bene? Supponiamo che ci stiano nascondendo qualcosa, cos’è che dovrei fare, io?”, domandò allora Nicholas, abbastanza estenuato, “Sono qui esattamente da quando lo sei tu. Sono a malapena un apprendista, cosa credi potrei fare?”.
Bernard sogghignò appena, con un fare saccente che fece centuplicare nel gemello la voglia di strozzarlo. Se c’era qualcosa infatti che non sopportava di suo fratello, era la sua supponenza: era sempre stato più bravo, negli studi, e non aveva mancato di fargli pesare la cosa. Non con cattiveria, chiaramente. Però lo aveva fatto, più di una volta.
“Cerca di riflettere con la tua testa, non con quella di quel gorilla del tuo boss”, lo spronò Bernie, afferrandogli la spalla, “In quanto suo secondo hai diritto ad entrare in archivi in cui io non potrei mai ficcare il naso. Non credo troveremmo risposte precise alle nostre domande, lì, ma almeno potrei farmi un’idea”.
Nicholas allargò le braccia in segno di resa, un sorriso sardonico sul volto. “Stai cercando misteri dove non ci sono, lo sai? Lo hai sempre fatto: ti sei sempre divertito ad ingigantire le cose. Non posso credere che tu sia rimasto un tale bambino”. Si staccò dalla presa del fratello con una violenta scrollata di spalle e fece per andarsene.
“Nick”, lo chiamò Bernard, a bassa voce, “Un’ultima cosa. Poi giuro che la pianto, con questa storia”.
“Lasciami andare, Bernie, per favore”.
“Fammi parlare ed io ti lascerò andare”, continuò l’universitario, sospirando, “Io non voglio coinvolgerti in niente senza la tua volontà e so di non poterlo fare, ma c’è un fatto oggettivo da considerare, e che ti dirò, affinché tu possa rifletterci su: se queste persone stanno ordinando più carne, vuol dire che qualcuno o, presumibilmente qualcosa, la consuma… E’ vero che qua non si bada a spese, ma certo i soldi non vanno sprecati. Quel che voglio dire è… Qualche animale le mangia, quelle tonnellate di carne cruda in più, e per le quantità che sono, i casi sono tre: o stanno crescendo un reggimento di Raptor senza che tu o Grady lo sappiate, o per qualche ragione tengono segreto un secondo Tirannosauro… O nascondono qualcos’altro. Qualcosa di peggio”.
Nicholas fece una smorfia con la bocca. “E cosa potrebbe esserci di peggio di un tirannosauro?”.
L’uomo, fratellino”, rispose Bernie, fissando un punto nel vuoto, “chi altri?”.

Villaggio turistico, Isla Nublar, 120 miglia al largo della Costarica, ore 9:42

Bernard vagava in solitaria, circondato da centinaia di rumorosi turisti provenienti da ogni angolo del mondo. Attribuiva quel sapore amaro che aveva in bocca al cattivo caffè che aveva bevuto, ma sapeva bene che non era quella la causa: aveva sperato davvero che Nick lo comprendesse. Le prove che gli aveva portato non erano infondate, erano solo apparentemente innocue. A chi interessano gli ordini di provviste di un grande parco, dopotutto? Tirò un calcio ad un giocattolo a forma di Compsognathus, abbandonato lì da qualche bambino distratto; poi ci ripensò e lo raccolse da terra, facendoselo passare da una mano all’altra.
“Signor Grant”. Un’acuta voce femminile lo distolse dai suoi pensieri: alzò lo sguardo solo per trovarsi Claire Dearing davanti, con un sorriso smagliante stampato sulle labbra. Un sorriso che non prometteva niente di buono.
Signorina Dearing”, calcò bene la prima parola con fare ironico, “Posso fare qualcosa per lei?”.
“No, per la verità no”, rispose, senza togliersi quell’espressione beffarda dal viso, “Ma sono contenta di averla incontrata”.
Bernard rise. “Questa sì che è una novità”.
“So del suo segreto, signor Grant”, esordì lei, trasformando la gioia del suo volto in sfida, “So che ha cercato di nascondermelo, ma non c’è riuscito, ne può star certo”.
A Bernie si congelò il sangue nelle vene: maledizione, aveva scoperto le contraddizioni nei dati soltanto la sera prima, come diamine faceva lei a saperlo?
“Non so di cosa stia parlando”, controbatté, facendo spallucce e sperando di apparire quanto più naturale nei comportamenti.
“Lei non mi frega, Grant”, rispose la donna, “Io so tutto. Ho occhi ovunque qui. So benissimo che anche suo fratello è sull’isola, è inutile che tenti di negarlo. Due Grant ad Isla Nublar, una doppia piaga, chi lo avrebbe mai detto”.
Il ragazzo sgranò gli occhi, esterrefatto; poi tentò di darsi un minimo contegno, trattenendo a stento una risata. “Oh, beh”, rispose sghignazzando, “Mi ha proprio beccato! Beh, peccato, vedrò di fargliela un’altra volta”.
Fu il turno di Claire di rimanere stupita. “Sta dicendo forse che non me lo stava nascondendo?”.
“Chi, io?”, esclamò lo studioso, “Al contrario, confesso, mi prostro ai suoi piedi”. A quel punto, rise liberamente. L’atteggiamento di quella donna gli era insopportabile, ma sapeva avere dei lato comici.
“Senta”, cominciò lei, ispirando a fondo con le narici, “Se lei pensa che…”.
“No, mi senta lei, per una volta”, la interruppe Bernard, con decisione, “Lei crede che io nasconda qualcosa? Da quale pulpito lei mi accusa di un atto del genere?”. Le si fece vicino, abbastanza per mormorarle nell’orecchio: “So che c’è qualcosa che tenete segreto, qui”. Claire trattenne il respiro.
“Le ho già detto cosa accadrà se non si comporterà secondo i piani, non credo che importi…”.
“No, non importa ripeterlo. Ma non creda di essere più furba di me, signorina Dearing, perché si sbaglia. Io non ho occhi dappertutto sull’isola, di occhi ne ho solo due, ma sono sempre, sempre vigili”. Si allontanò con flemma dalla donna e le sorrise, ammiccando, con un’espressione molto simile a quella che aveva lei all’inizio della loro conversazione. “Buona giornata, signorina Dearing”. Fece un breve inchino e se ne andò per la sua strada, lasciandola ammutolita, ma con una furia negli occhi che aspettava solo di essere liberata.
Bernard prese il pupazzetto di Compsognathus e lo fissò dritto negli occhi.
“E’ incredibile”, disse al piccolo dinosauro, scuotendo la testa, “E’ incredibile come riesca sempre a mettermi nei casini”.

L'angolo dell'autrice:
Ancora salve! In realtà in questo piccolo appunto scriverò ben poco, ma, una volta tanto vorrei fare dei ringraziamenti: prima di tutto vorrei ringraziare DownInTheHole_, che è sempre presente e pronta a recensire le mie nuove follie; un ringraziamento va a Everdeen Robin, che con le sue fantastiche parole mi fa sempre sciogliere; grazie anche a yumiko06 che segue la storia e radael99, che l'ha aggiunta alle preferite.
Davvero, grazie a tutte/i.
Un dinoabbraccio,
thebrightstarofthewest
  
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