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Autore: Sassanders    19/07/2015    2 recensioni
Dal testo:
"-Posso chiederti cosa ci fa una ragazza completamente disinteressata ad una commedia americana, in una sala di un cinema dove trasmettono una commedia americana?- le chiese, sottovoce.
-Ti risponderò solo se mi dirai come mai Synyster Gates è in un cinema tutto solo a guardare una commedia americana.- gli rispose, sempre sussurrando."
Genere: Commedia, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Take another shot just to stay the same.'
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Dopo tanto tempo, Minerva, poteva finalmente dedicare un po’ di tempo alla cura di sé stessa. Beh, cura non è il termine esatto se si intende una serata al cinema in compagnia di una scatola gigante di pop corn e una pepsi ghiacciata. Kilocalorie. Troppe kilocalorie. Di solito Minerva, se ne fregava bellamente del cibo: era abituata a mangiare in insulsi fast-food tra una pausa e l’altra a lavoro. Ma quella sera ci pensò particolarmente. Anche se, in fondo, aveva ventisei anni, e la vita poteva ancora godersela. Ventisei anni e una responsabilità non indifferente: una sorella di dieci anni più giovane, a cui badare costantemente. Una sorella che adorava, ma che a volte odiava per i suoi comportamenti scorbutici e decisamente sconvenienti. Era tornata a casa mille volte con tinte diverse, piercing e vestiti esclusivamente neri. Alla sua età lei non era così, ma forse perché anche in quel caso era stata abituata a responsabilizzarsi. Ma non sono qui per raccontarvi una storia melodrammatica, bensì vi narrerò cosa successe una noiosissima sera di un noiosissimo dicembre, in cui la nostra Minerva, decise di passare del tempo in solitudine, solo con una commedia fottutamente e tipicamente americana e tanto tanto cibo spazzatura.
Minerva Andrews, ventiseienne newyorkese dai lunghi capelli color rame, che le arrivavano fin oltre metà schiena, delle labbra carnose ma non eccessivamente e un nome di battesimo che le faceva accapponare la pelle. La gente le rideva in faccia quando pronunciava quel nome, e anche se ci aveva fatto l’abitudine, la trovava una cosa alquanto fastidiosa. Occhi grigi e maledettamente enormi, aggiunti allo spruzzo di lentiggini che le ricopriva il naso e buona parte degli zigomi, erano i particolari che più colpivano in lei. Minerva non era bella, era semplicemente particolare e affascinante. Non aveva nemmeno delle belle tette o un culo da paura, solo delle gambe abbastanza lunghe e sfiorava il metro e settanta. Nella media, insomma.
Quella sera Minerva, uscì di casa vestita con un maglione enorme marroncino, un cappellino di lana rosso acceso, un paio di jeans quasi logori e delle semplici scarpe da ginnastica. Non era il massimo della femminilità, in quella tenuta, se ci mettiamo anche un naso del tutto arrossato e delle labbra completamente screpolate a causa del freddo. Ma non le fregava nulla, in fondo stava semplicemente andando a trascorrere una serata al cinema, si era detta.
Una volta arrivata a destinazione, capì che quella non sarebbe stata esattamente la serata che aveva programmato. Aveva voglia di un horror, o di un film drammatico e strappalacrime, ma si era ritrovata catapultata in una sala semideserta, con ben dieci dollari in meno nel portafoglio, nella mano destra una confezione abnorme di pop corn e nella mano sinistra una lattina di pepsi. Della fottuta pepsi, in sostituzione alla sua coca cola. Ma, peggio di ogni cosa, si era ritrovata in una sala a guardare una commedia americana. Dio, che pena.
“Come ti spaccio la famiglia”, così si intitolava il film. L’espressione disgustata sul suo volto si percepiva lontano un miglio, tant’è che quei pochi presenti nella sala, cercarono di allontanarsi per paura di contrarre qualche tipo di malattia standole accanto. Sbuffò, poggiando la pepsi nell’apposito contenitore delle bibite accanto alla poltrona, e la borsa per terra. Controllò che nessuno la stesse osservando e si distese con i piedi sulla poltroncina di fronte alla sua, quando ormai le luci erano spente e i titoli di testa apparivano sul maxi schermo. Si accorse che la sua fila era totalmente vuota, con un sorrisetto soddisfatto sulle labbra, felice di non dover avere nulla a che fare con qualcuno troppo loquace o qualsiasi altro tipo di essere umano, che in quel momento non aveva proprio voglia di vedere. Il film cominciò e dopo nemmeno cinque minuti sbadigliò, mentre il resto dei presenti si lasciava sfuggire qualche risata divertita, per le battute -decisamente di basso livello, pensò Minerva- dei personaggi. Mentre sbadigliava forse per la decima volta nell’arco di un quarto d’ora, si sentì come osservata e si guardò intorno. A pochi posti da lei, sedeva un ragazzo, più o meno suo coetaneo, che la fissava con un sorrisetto sghembo. Pazzo maniaco, pensò la ragazza, sospirando. Qualche minuto dopo il ragazzo si materializzò al suo fianco e si sedette accanto a lei, che si girò a guardarlo, perplessa. Capelli corvini lunghi più o meno fino alle spalle, occhi castani, un naso all’insù e prettamente da donna, un brillantino sulla parte sinistra di esso e un fisico abbastanza atletico. Fu allora che lo riconobbe: Synyster Gates, chitarrista per cui Lucy, sua sorella, andava completamente matta. Suonava negli Avenged Sevenfold e ormai sapeva anche quante volte al giorno respirasse, a causa della fissazione della sorella per quell’uomo.
-Posso chiederti cosa ci fa una ragazza completamente disinteressata ad una commedia americana, in una sala di un cinema dove trasmettono una commedia americana?- le chiese, sottovoce.
-Ti risponderò solo se mi dirai come mai Synyster Gates è in un cinema tutto solo a guardare una commedia americana.- gli rispose, sempre sussurrando.
-Mi conosci?-
-Beh, se so il tuo nome mi sembra ovvio. Mia sorella è fissata con te.- disse e alzò il tono della voce senza rendersene conto, beccandosi un’occhiataccia da un cinquantenne seduto due file più avanti rispetto a loro.
-Ah, ecco, mi sembrava strano che una ragazza della tua età ancora mi sbavasse dietro.-
-Anche se non ne rimarrei stupito, in fondo sono Synyster Gates, no?- aggiunse subito dopo, pavoneggiandosi bellamente.
-Non hai risposto alla mia domanda, bellezza.- disse lei, ignorando il palese egocentrismo e la scarsa modestia presente nell’affermazione precedente.
-Dolcezza, cosa vuoi che ti dica, non sapevo cosa fare e sono venuto a vedere una cazzo di commedia americana che non fa nemmeno ridere solo perché i miei compagni di band erano troppo pigri per alzare il culo e andare da qualche parte a rimorchiare.- ribatté Synyster, sollevando gli occhi al cielo.
-Tocca a te.- continuò.
-Volevo guardare un cazzo di horror, che avrebbe fatto sicuramente più ridere di questa schifezza- disse, incrinando leggermente il tono di voce nell’ultima parte, -e invece mi hanno messa in una sala dove trasmettono una commedia americana perché nell’altra, i posti erano finiti.- spiegò, sgranocchiando qualche pop corn.
-A proposito dolcezza, non mi hai detto come ti chiami.-
-Promettimi di non ridere.-
-Giuro.-
-Minerva.-
Brian ci rifletté su per qualche istante.
-Lo trovo un nome misterioso e affascinante.- affermò.
-Sul serio?-
Lui annuì.
-Spero vivamente che Synyster non sia il tuo nome di battesimo.-
-No, infatti non lo è, mia cara Minerva. Dovresti saperlo, non ti ha informato del mio vero nome, tua sorella?-
-Oh avanti, ora pretendi troppo.-
-Brian, comunque.- si presentò, tendendo la mano a Minerva, che la strinse senza pensarci due volte.
-Oh aspetta, quanti anni hai?- chiese lui, guardandola negli occhi.
-Tu quanti me ne daresti?-
-Devo essere sincero, dolcezza?-
Andrews annuì, sorridendo leggermente, in preda alla curiosità.
-Non più di diciassette.- rispose, afferrando qualche pop corn dalla scatola di lei e mangiandoli.
-Non se so si possa considerare un complimento, visto che mi vedi più giovane, o un insulto, visto che mi vedi come una ragazzina.-
-Sinceramente non lo so nemmeno io, credo sia un complimento. In ogni caso, saresti una ragazzina niente male.-
-Ne ho ventisei, di anni.-
-Sul serio? Sei più grande di me? Non posso crederci.-
-Perché tu quanti ne hai?-
-Venticinque.-
Furono però interrotti dallo stesso signore di prima, solo molto più alterato.
-Un po’ di silenzio, per favore.- disse, aggrottando le sopracciglia.
-Dopo sarebbe così gentile da spiegarmi le battute per cui sta ridendo? Sa, non le ho capite.- rispose lei, gesticolando. L’uomo grugnì e si voltò verso lo schermo. Brian ridacchiò.
-Io direi di andare a bere qualcosa, ci stai?- propose lui, sorridendo quasi maliziosamente.
-Sì, il film è una noia mortale e mi stai salvando la vita. Ti devo un favore.- lo ringraziò, alzandosi dalla poltrona.
-E tu fottiti, le battute le cerco su internet!- urlò al cinquantenne, mostrandogli il dito medio. Uscirono entrambi ridendo dalla sala, prima che il signore potesse chiamare qualche tipo della sicurezza.
Si diressero ad un bar vicino al cinema e ordinarono due birre.
-Allora, Minerva, cosa fai nella vita?- domandò Gates, sorseggiando il liquido ghiacciato.
-La fotografa e la scrittrice.-
-Figo. Cosa scrivi?-
-Thriller. Li ho sempre adorati, fin da piccola.- rispose, poggiando una mano sulla guancia e voltando la testa di lato per guardare Synyster negli occhi.
-Stephen King al femminile, insomma.-
-Una specie. Solo con molto talento e molta fama in meno.-
-Suoni qualche strumento?-
-Fino a qualche tempo fa il basso e il pianoforte, ma per colpa del lavoro li ho un po’ trascurati, ultimamente.- affermò, lasciando trasparire una nota di dispiacere nella sua voce.
-Sei una tipa interessante.-
-Potrei dire lo stesso di te, se solo non sapessi già praticamente tutto.-
-Fidati, c’è ancora molto da scoprire su di me.- disse, guardandola enigmaticamente.
Lei sollevò le sopracciglia e sorrise leggermente, bevendo un sorso di birra.
Minerva si accorse solo dopo qualche secondo che nel locale in cui erano seduti, si sentiva della musica jazz. Buddy Rich, per la precisione. Così iniziò a tamburellare le dita sul tavolo, a ritmo.
-Ti piace il jazz?- chiese lui, strabuzzando gli occhi.
-Certo che mi piace, Buddy Rich era un fottuto mito.-  rispose lei, sollevando un sopracciglio.
-Non avevo mai incontrato una ragazza a cui piacesse il jazz. Di solito ascoltano house o dubstep, oppure fingono di essere fan della mia band.- affermò, piacevolmente stupito.
-Una volta mi capitò di incontrare una versione femminile di Skrillex che ci stava provando con la sottoscritta. Menomale che sono etero.- raccontò ridendo e contagiando anche Brian.
-Facciamo un giro?- chiese lui, e la ragazza annuì, sorridendo.
Pagarono i conti separati: Minerva non era una che amava le carinerie e tantomeno le persone che le pagavano da bere.
-Conti separati. Mi fai sembrare davvero poco gentile.- disse, cominciando a camminare, con le mani nelle tasche del cappotto.
-Mi dispiace farti sfigurare, bellezza, ma odio la gente che paga i drink solo per provarci.- ribatté, roteando gli occhi al cielo con fare teatrale.
-Lo terrò a mente.-
Brian scoppiò improvvisamente a ridere e lei gli rivolse uno sguardo preoccupato.
-Perché stai ridendo? Non sarai già ubriaco con una birra?- chiese lei, allarmata.
-No, figurati. Solo che in ventiquattro anni della mia vita mi hanno chiamato in tutti i modi, tranne che bellezza.- chiarì.
Lei arricciò il naso e fece spallucce.
-Sono troppo confidenziale, a volte.- dichiarò.
-Forse è un bene.- rispose Gates, voltando il capo per guardarla negli occhi. Grigi, con sfumature verdi. Lei notò il suo sguardo imbambolato e si fermò ad osservare i tratti somatici del viso di Brian, squadrati e virili, ma con un naso poco adeguato e decisamente femminile.
-Il tuo naso mi fa ridere.-
-Il mio naso è perfetto.- ribatté, fingendosi offeso.
A furia di camminare e di scambiare quattro chicchiere, non si accorsero di essere arrivati di fronte ad un albergo.
-Io sono arrivato.- dichiarò, salendo gli scalini che conducevano all’hotel.
-Ho passato una bella serata.- Minerva non riuscì a terminare la frase perché si ritrovò le labbra di Brian incollate alle sue. Come nei peggiori cliché americani, solo che fu una cosa leggermente più spinta. La ragazza spalancò gli occhi, ma poi si lasciò trasportare dal bacio, facendo scontrare la sua lingua con quella di lui.
-Non credo ci sia bisogno di chiederti se vuoi salire.- disse lui, con le labbra ancora attaccate alle sue.
-Credo proprio di no, a questo punto.-
Brian esibì uno di quei sorrisetti di chi sa di aver fatto colpo.
Si avvicinò alle porte scorrevoli dell’albergo che si aprirono, rivelando una favolosa hall, piena di gingilli e eleganza. Brian prese la mano della ragazza e si avvicinarono alla reception, dove un ragazzo sulla ventina d’anni li stava osservando con un sorriso tanto cordiale quanto finto.
-Ecco a lei, signor Haner. Buonanotte.- augurò, porgendo una chiave della stanza, con appeso una piccola lastra di vetro, con inciso su il numero della stanza. 212.
-Buonanotte.- mormorarono in contemporanea sia Minerva che Brian. Prenotarono l’ascensore e vi entrarono frettolosamente, schiacciando il pulsante che li avrebbe condotti al piano dove era situata la stanza e ricominciando a baciarsi. Non era una che andava a letto con il primo sconosciuto che le capitava sotto tiro, ma Brian l’aveva intrigata da quando avevano cominciato a chiacchierare nel cinema.
Una volta arrivati, riuscirono ad entrare in stanza, non senza molte difficoltà, vista l’evidente fretta di entrambi. Erano intenti a baciarsi all’interno della stanza e a spogliarsi dei rispettivi cappotti, quando lei cominciò a parlare.
-Cosa cazzo racconto io a mia sorella?- chiese, tra un bacio e l’altro.
-Non le dirai nulla.-
-Potrebbe uccidermi.-
Lui rise contro la bocca di lei, sfilandole il maglione troppo largo.
-Se avessi saputo che saremmo andati a finire così, mi sarei vestita in maniera più consona.- disse Minerva, togliendo il gilet al ragazzo e esponendo il torso nudo, ricoperto di tatuaggi.
-Come cazzo fai a stare a dicembre con un gilet?- domandò, dopo che Brian aveva cominciato a lasciarle dei baci sul collo.
-Non puoi fare a meno di stare zitta?- chiese, in risposta e tirandole leggermente la lunga chioma ramata.
Lei sbuffò, sbottonandogli i jeans neri.
-Non…- Minerva non completò la frase perché Brian l’aveva nuovamente zittita con un bacio.
-Stronzo.- biascicò, allacciando le braccia attorno al suo collo.
Tutto quello che ottenne fu un sorrisetto esplicativo e un bacio decisamente inappropriato.
-Sai di avere degli occhi strani ma meravigliosi, Minerva?- chiese, mentre stavano per stendersi sul letto, vestiti solo con della misera biancheria intima.
-Grazie, Brian. Il tuo naso è carino, comunque.-
-Grazie, ne sono pienamente consapevole.- rispose, e lei si lasciò sfuggire una risata, cadendo sul letto, sotto il ragazzo.

 
                                                                                                                                                          **
 
 
La mattina successiva, Minerva aprì gli occhi, ritrovandosi con il volto spalmato sul petto tatuato di Brian e un suo braccio attorno alla vita. Si sentiva stanca e spossata, a causa della turbolente notte precedente.
La ragazza si mosse, svegliando Gates che aprì gli occhi, mugolando.
-Buongiorno, Brian.-
-Buongiorno a te, Minerva.- rispose, sorridendo con una angolo della bocca.
-Quando sarete in concerto qui a New York?- domandò lei, alzandosi dal letto e rivestendosi.
-Dopodomani.- rispose, con la testa sotto il cuscino.
-Vedo di portarci mia sorella.- affermò, infilandosi il jeans, saltellando con un piede.
Lui si sollevò di scatto e sorrise. Ebbe persino un giramento di capo, ma non gli importava, non dopo che aveva saputo che l’avrebbe rivista.
-Nel cassetto ci sono due pass per il backstage. Prendili.- affermò, indicando con il mento il cassetto accanto al letto.
-Mia sorella mi adorerà. Grazie mille.-
-Pretendo di vederti nel backstage.-
-Puoi contarci.- disse, prendendo i pass e chinandosi sul letto per baciare sulle labbra il ragazzo.
-Ti lascio il mio numero. Passa a trovarmi quando sarete a New York, bellezza.-
-Puoi contarci, dolcezza.- rispose, facendole un occhiolino mentre Minerva scriveva il numero di cellulare su un bigliettino. Dopo poco uscì dalla stanza, sistemandosi il cappellino rosso sulla testa e sorridendo a Synyster, che ricambiò. Quella sera si era indubbiamente presa cura di sé stessa, e ne era più che soddisfatta.






N. d A.
Salve a tutti!
Sono tornata con questa nuova, nuovissima OS.
L’idea mi era venuta ieri notte, mentre mi rigiravo nel letto, nella speranza di dormire, ma invano. Quindi, ho preso il pc e ho cominciato a scrivere ciò che la mia mente malata aveva elaborato qualche minuto prima. Stamattina poi, l’ho completata e ho modificato qualche particolare e ora, a lavoro completato, posso dirmi abbastanza soddisfatta. Non è nulla di particolare, solo che avevo voglia di pubblicare qualcosa di nuovo, quindi eccomi qui!
Ci sarà un sequel di questa OS, che sto già scrivendo e che molto probabilmente posterò in questi giorni, poi mi occuperò di continuare “If it means a lot to you”.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
A mooolto presto.
Un bacio
Shads.             
     
   
 
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