*O*
Ciaociao e Buon Natale, Capodanno ed Epifania a tutti! (questo era quello
che teoricamente avrei dovuto scrivere all’inizio della fic, SE l’avessi postata quando la dovevo postare).
Dato che non scrissi niente per il
compleanno di Lavi, ho voluto rifarmi con quello di Allen. È una fic semplice, niente di specialissimo, senza grandi parti
riflessive (quelle lasciamole a Color Of Blood) e senza ‘Bookman-non-ha-cuore’
tipo di problemi. Sinceramente non è venuta fuori esattamente come
volevo, ma vabbè, è stato un
allenamento utile. Ci sono alcune parti decisamente irreali, a immagine e
somiglianza del manga, infatti. Volevo però precisare che io non so
esattamente come si preparino gli Esorcisti la mattina, perché
l’unica scena che ora mi ricordo dove loro sono ai bagni è quella
del numero 14, dove Allen si lava i denti ecc. Dato che mi serviva la parte
prima, ho supposto che si comportino come facevo io di solito nelle colonie con
i bagni comuni, ossia andare in bagno per lavarsi e vestirsi e poi, dopo
colazione, tornare per lavarsi i denti. Comunque, chissene
in fondo, l’autrice sono io e faccio quello che voglio, bwahuahuah. Mentre, un’altra cosa, in questa fic avrei voluto fare un Allen appare abbastanza incolume
ai punzecchiamenti di Lavi, senza che passasse i 4/5 della storia ad arrossire PomodoroStyle, dato che qui io lo immaginavo come è
negli ultimi capitoli in Francia, ossia più figo
del solito, divisa, aria professional, e
nell’insieme più… macho (?)
rispetto a com’era all’inizio del manga. Secondo me ora è
più il tipo di uke naive che non coglie al volo i
significati subliminali, ma che in realtà, quando è il momento,
ha moolta grinta <3 Spero si sia capito quello che
voglio dire sennò pace a voi! *wossh*. Beh, ho fallito, e
l’ho rifatto quasi PomodoroStyle. Trulallèèèè~
In conclusione, volevo provare a
scrivere una oneshot e l’ho fatto, e spero che,
nonostante le sue numerose imperfezioni, vi piaccia comunque.
Disclaimer: Se, come regalo di Natale, la Hoshino
mi concedesse i diritti su D.Gray-Man, sarei la yaoista più felice del mondo. <3
Oo0o0o0o0o0o0o0oO
Oo0o0o0o0o0o0o0oO
Allen Walker aveva
la fastidiosa abitudine di parlare nel sonno.
Non che
dicesse qualcosa di coerente, anzi, si esprimeva più a onomatopee che a
parole. Risultato, per una persona con il sonno leggero questo rappresentava un
problema.
Howard Link
non si era mai sprecato di osservare cosa Walker
dicesse durante i suoi soliloqui notturni, se non nei primi giorni del suo
trasferimento nella medesima stanza, quando ancora sperava di poter ricavare
dal manifestarsi del subconscio del ragazzo qualcosa di utile per aumentare le
prove del suo tradimento verso la Chiesa. Fallimento totale.
Grazie al
cielo queste sessioni non si verificavano ogni notte e per tutta la sua durata:
con il trascorrere del tempo si facevano sempre più soffocate e
silenziose, fino a smettere del tutto.
Quindi,
quando il giovane dai capelli bianchi cominciava a discutere insensatamente tra
sé e sé, Link si limitava a girarsi su un fianco e portare il
cuscino sopra la testa, sperando che il rumore dei borbottii inconsulti venisse
attutito dalla morbida stoffa bianca e dal soffice ammasso di piume
all’interno. Il diciannovenne aveva sempre avuto qualche problema a
prendere sonno, e tale situazione non lo aiutava minimamente: aveva chiesto
più volte alla matrona se conosceva qualche modo per fermare le litanie
serali di Walker, ma quella gli aveva risposto che
non c’erano soluzioni, che se lo sarebbe dovuto sorbire ogni singola
notte. Link era inoltre convinto che la piega all’insù degli
angoli della bocca della matrona fossero una prova della soddisfazione
interiore dell’anziana per la cattiva sorte capitatagli. Quando era
arrivato alla Sezione Centrale si era aspettato di essere accolto con astio da
molti, ma essere trattato come un nemico persino dalla matrona…
Probabilmente anche questo era principalmente a causa di Walker:
la questione del sorveglianza ventiquattr’ore
su ventiquattro doveva aver irritato la maggior parte delle persone che conoscevano
il ragazzo, e si fidavano di lui. Ma nessuno riusciva a comprendere la minaccia
che si celava dietro quel viso angelico e quei modi gentili?
Il suddetto
ragazzo dai modi gentili emise un altro verso impreciso particolarmente
pronunciato e sonoro, e si rigirò più volte nel letto,
abbracciando il cuscino sotto la sua testa e lasciando cadere un lembo di
coperta sul pavimento.
“Ngh...nn ‘bbim… tor…nh…vi…”
Seguì
quello che pareva un ansito, una rapida respirazione affannata, e infine un
breve silenzio.
Sinceramente,
il sorvegliante non si era aspettato di aver contro anche Dio. Quella sera, la
sacra vigilia di Natale in cui il Salvatore era nato e si era manifestato il
potere divino da cui derivava oggi l’arma primaria nella battaglia contro
il Conte, Allen Walker era decisamente troppo rumoroso.
Oo0o0o0o0o0o0o0oO
Aveva le
gambe intrappolate in un intricato avvolgimento di coperte, i cui orli erano
sradicati da sotto il materasso e giacevano o sul letto o per terra. Il cuscino
era misteriosamente arrivato a metà strada tra la sua testa e i piedi, e
uno sberluccichìo dorato gli fluttuava a pochi
centimetri dal viso. A parte il lieve suono dello sbatter d’ali
proveniente dallo stesso punto in cui si trovava l’oggetto volante, nella
stanza non si sentiva alcun rumore. Sbatté un paio di volte le palpebre,
ancora pesanti di sonno, e tentò di focalizzare la sua attenzione su
quella pallina dorata davanti a lui. Allungò una mano verso l’alto
per raggiungerlo e, quando le sue dita arrivarono a toccarlo, la pallina, che
brillava innocentemente alla luce dei primi raggi di sole, aprì quella
che sembrava una bocca e inghiottì due delle sue dita. Il dolore
arrivò dopo una decina di secondi.
“Oi oi oi,
Timcanpi!! Fa mostruosamente male, lasciaaa!” gridò Allen, scuotendo bruscamente
la mano per fare allentare la presa al golem.
Tim
aprì nuovamente le fauci, lasciando scappare le dita che Allen strinse
nell’altra mano.
“Dannazione,
Tim! Per cos’era quello?!”
Il piccolo
golem, per tutta risposta, volò rapido verso il muro opposto al letto, e
picchiò la coda attorcigliata contro un blocco di fogli appeso con un
chiodo. Allen lo guardò perplesso, poi sbatté le palpebre per
mettere a fuoco ciò che stava indicando Tim, e…
“Ah.”
Il
calendario era sulla pagina di Dicembre e con la sua zampetta Tim stava
indicando il numero 25.
“È
Natale…” commentò con voce debole.
Era l’anniversario del giorno in cui aveva iniziato davvero a vivere,
quello in cui il suo padre adottivo l’aveva trovato e preso con
sé. Stava per immergersi completamente nel mondo dei ricordi quando
ancora una volta Tim sfruttò la sua grazia innata per distrarlo
attraverso lancinanti dolori. Il golem si lanciò alla velocità
della luce contro la sua fronte e lì si schiantò, spedendo Allen
contro il materasso del letto.
“Diavolo,
Tim! A Natale si dovrebbe essere più buoni, non più distruttivi
del soli—” si bloccò mentre si massaggiava la fronte
dolente, quando qualcuno bussò alla sua porta. “Sì,
arrivo!” rispose ad alta voce, poi aggiunse abbassandola: “Questa
me la paghi, Tim… Oggi niente colazione.”
Il golem lo guardò frustrato – o meglio, Allen si immaginò
uno sguardo frustrato, dato che Tim non era effettivamente in grado di avere
espressioni, ma era sicuro che se le avesse avute, lo sguardo sarebbe stato
quello. Afferrò la camicia piegata sulle sbarre del letto, si
alzò di scatto dal materasso e camminò verso la porta mentre si
infilava l’indumento. Solo che, nel mentre, calciò qualcosa di
grosso, che grugnì in disappunto. Un attimo, grugnì? Allen
guardò per terra, per vedere una figura umana uscire con un viso
cadaverico da sotto un ammasso di coperte.
“Per
l’amor del cielo, Walker! È deciso a
schiacciarmi, pur di sbarazzarsi di me?” la voce di Link risuonò
spettrale nella stanza. Allen lo guardò stupito, chiedendosi
perché il suo sorvegliante aveva la faccia di uno che non dormiva da
secoli. Pensò che probabilmente di notte stava sveglio per controllare
che lui non si trasformasse in qualcosa di orrendo e che, colto da un impulso
distruttivo pari solo a quello di Timcanpi, non
carbonizzasse l’intero Ordine approfittando dell’oscurità
della notte. Il ragazzo scrollò le spalle, disinteressato.
“Oh!
Mi scusi, mi ero dimenticato di lei. Beh, buon Natale!” gli sorrise
luminoso e, detto ciò, lo scavalcò con un balzo ed andò
finalmente ad aprire la porta. Si trovò davanti una ragazza dai neri
capelli a caschetto, vestita con un abito rosso e bianco che mostrava gran
parte delle sue lunghe gambe.
“Allen,
buon Natale!” esclamò Lenalee sprizzante
gioiosità, mentre lanciava una rapida occhiata all’interno della stanza, forse
per controllare che il quindicenne non avesse ucciso Link quella notte. O
magari viceversa. “Senti, volevo essere sicura che ti fossi svegliato,
dato che in mensa stiamo festeggiando tutti insieme e ti stavamo
aspettando.” lo informò.
“Certo,
dammi un attimo e sarò da voi.” disse Allen. Lenalee
gli rispose con un cenno della testa e si voltò per andarsene
“Tim” continuò lui “vai dal maestro ora, immagino che
abbia bisogno di te come al solito.” Il piccolo golem annuì, si
strusciò brevemente contro la sua guancia e si defilò, seguendo Lenalee. Allen richiuse la porta sorridendo. Mentre
prendeva i suoi vestiti e un asciugamano, si rivolse all’altro:
“Link, io sto andando a prepararmi, ci vediamo dopo.” E con questo,
uscì il più velocemente possibile dalla sua stanza di ottimo
umore, convinto, dato lo stato in cui si trovava l’ispettore quella
mattina – e ora che ci pensava, da un po’ di giorni –, di
poter andare ai bagni comuni senza essere assillato dalla sua continua
presenza. Ma quando si trovava a pochi metri dalla sua destinazione, un rumore
di passi in corsa arrivò da dietro di lui, accompagnati da una voce,
ormai tremendamente fastidiosa e inopportuna: “Walker!
Walker, mi aspetti assolutamente!”
Così,
insieme al suo fidato cane da guardia, Allen entrò nei bagni, con il
livello di positività dell’umore abbassatosi drasticamente.
Andò ad uno dei grandi lavandini in pietra e di lato vi appoggiò
le sue cose. Troppo concentrato nell’ignorare la presenza di Link di
fianco a lui, e della sagoma nera che si rifletteva nello specchio appeso al
muro, il ragazzo sussultò violentemente quando un braccio lo
circondò improvvisamente al collo.
“Ehi, Moyashi, come va?
Oh, che sorpresa, anche tu qui, Due Nei?”
Il colpo di
gomito allo stomaco fece indietreggiare il rosso, che lasciò la sua
presa sul ragazzo e imprecò silenziosamente.
“E io…che contavo sul fatto che a Natale si fosse
più buoni…” boccheggiò
Lavi.
“Che… che maleducato!”
“È
Allen! E l’essere più buoni potrebbe anche implicare il
risparmiare le persone dai tuoi osceni soprannomi almeno per oggi” Allen
guardò un attimo Link e parve ripensarci “o almeno me.”
Lavi
ghignò malignamente: “Come potrei trattenermi dall’irritare Yuu anche solo per un giorno? Sarebbero ventiquattro ore
completamente sprecate! Vero, Frangettina?”
Sia Allen
che Lavi ignorarono del tutto le imbarazzate lamentele dell’ispettore, e
continuarono a parlare tra di loro.
“Beh,
oggi è il 25 Dicembre, quindi buon compleanno Allen!” esclamò
dopo un po’.
“Ehm… grazie. Ma lo sai, non è effettivamente
il mio compleanno, quindi…”
mormorò Allen imbarazzato.
Lavi rispose
divertito: “Ma l’intera Sezione Scientifica ha bisogno di un giorno
in cui innalzare le tue lodi, ora che i piani alti cercano di screditarti
così” l’unico occhio visibile di Lavi si spostò per
una frazione di secondo su Link, intento a guardarsi la fronte allo specchio
“E il fatto che il tuo compleanno cada proprio il giorno di Natale
costituisce un’ottima scusa per festeggiare con un po’ più
di un freddo ‘Tanti Auguri E Ciao’, come invece sarebbe se fosse un
giorno normale. Perché in quel caso, se organizzassero una festa, per
come stanno ora le cose, verrebbero sicuramente ripresi. Quindi sfruttano la
baldoria natalizia a tuo vantaggio” sospirò, alzando gli occhi al
soffitto “Ah, e io che ho sempre pensato che nascere a Natale
significasse meno regali.”
Le guance di
Allen arrossirono, e il ragazzo continuò a borbottare tra sé:
“N-non che ci sia niente da festeggiare, davvero…”
Il rosso
rise, poi si voltò di nuovo verso il giovano ispettore, squadrandolo:
“Ehi, Due Nei, oggi mi sembri particolarmente stanco. Cosa
c’è, dormire in camera con Allen ti crea problemi?” chiese
con voce interessata.
Link, senza
togliere lo sguardo dal suo riflesso, sbuffò con aria scocciata:
“Più di quanti si possa immaginare, Bookman
Junior.”
Lavi fece
una smorfia schifata, forse, Allen pensò, per il nome con cui era stato
chiamato, ma la sua espressione cambiò in un attimo in una più
maligna, la stessa espressione di qualcuno che si prepara a distruggere
emotivamente una persona che considera assolutamente inferiore
“Ispettore, lei per caso passa le notti sveglio a guardare Walker che dorme?”
Link
spostò finalmente gli occhi su di lui, perplesso: “Ovviamente
no.”
“Mh, ne siamo sicuri? No, lo dico perché Walker è un ragazzo con un certo quantitativo di
fascino – anche se lui stesso non ne sembra conscio – e lei, beh… lei è l’incaricato alla sua
sorveglianza. Giorno e notte. Notte e giorno. Sa, in queste situazioni
l’attaccamento alle persone cresce. Cresce a tal punto da poter diventare
un’ossessione. Mi chiedo se questa sua stanchezza, che è parsa
molto chiara a tutti nell’ultima settimana, sia dovuta in qualche modo al
fatto che lei occupa la notte a importunare Walker
nel sonno.”
Allen, che
stava bevendo un sorso d’acqua del lavandino, sputò non troppo
raffinatamente tutto ciò che conteneva la sua bocca sullo specchio
davanti a lui. Lavi, a quanto pare insensibile al gesto di stupore del ragazzo,
si voltò di scatto verso di lui fingendo preoccupazione: “Dimmi,
Allen, sei sicuro di notte…di non sentire…come posso dirtelo…mani che passano lentamente sul
tuo corpo…” – la mandibola di Allen
arrivava quasi a toccare il pavimento, tanto era aperta, e la faccia di Link
era diventata rossa almeno quanto i capelli di Lavi – “che ti toccano in ogni pun—”
il resto del discorso fu gentilmente risparmiato ai due da una potente manata
alla testa di Lavi, che mandò suddetto ragazzo in ginocchia e con la
faccia a terra.
“Apprendista
idiota…”
“N-non… riesco a credere…
un tale affronto… persino tendenze omosessuali…”
“Perché,
Due Nei, omofobo?” Un'altra violenta, dolorosa manata in testa.
“Stai
zitto, stupido!” inveì Bookman “Lo
scusi, ispettore, è solo un idiota.” continuò in tono
apologetico.
“R-riferirò l’accaduto al caposezione,
s-sperando che—”
“Non
c’è bisogno, non c’è bisogno!” cantilenò
Lavi, tirandosi su da terra e dando al biondo una pacca sulla spalla
“Link, lo sai che non ti accuserei mai seriamente di essere, mh, gay. Stavamo
scherzando, è Natale! Prendilo come un Pesce d’Aprile!”
“Ma
siamo a Dicembre!” esclamò Link oltraggiato.
“Allora
è un Pesce d’Aprile natalizio! Che uomo puntiglioso.” Ultimo
colpo, l’arma finale. Lavi si ritrovò ancora per terra.
Bookman guardò il suo allievo con disprezzo e si scusò
ancora con l’ispettore. Intanto Allen, che si era lentamente ripreso
dalla fase di shock, porse a Lavi una mano perché si alzasse.
“Ehm, graz—” cominciò il rosso, ma fu
interrotto di nuovo, questa volta da
un pugno diretto alla sua fronte “Diavolo, Allen, ora anche tu?!”
esclamò sconvolto, e stava per continuare a lamentarsi, prima di vedere
che l’albino gli stava sorridendo angelicamente e si teneva il pugno
nella mano sinistra con fare minaccioso.
“Lavi”
chiamò con voce calma e serena. Lavi era indeciso se indietreggiare o
fuggire del tutto “la prossima volta che fai giochetti a sfondo sessuale
come questo, ti assicurò che
ti farò diventare omofobo.” L’altro deglutì
sonoramente, ignorando il gemito di esultanza proveniente da Link.
“Detto
ciò” Allen riprese “penso sia meglio sbrigarsi, Lenalee ci sta aspettando.” Proprio quando
finì la frase, il suo stomaco emise un sonoro ruggito, e lui
arrossì imbarazzato mentre Lavi tentava, fallendo, di trattenersi
dal ridere.
In tutta
risposta, Lavi finì di lavarsi e vestirsi nel giro di due minuti –
ce ne avrebbe messi uno e mezzo, ma ad Allen sembrò che mentre si stava
mettendo la camicia pulita, Lavi si fosse fermato per qualche decina di secondi
a guardarlo…– e poi uscì con il
più giovane dai bagni, lasciando momentaneamente indietro Link e il
vecchio.
“Miracolo,
Due Nei non si è fiondato a seguirti!” commentò Lavi
sorpreso.
Allen
ridacchiò: “Ho qualche sospetto per credere che abbia, in un certo
senso, paura di te.”
Continuarono
a camminare insieme per gli interminabili corridoi dell’edificio, fino a
che non arrivarono alla mensa. Davanti all’ingresso c’era Lenalee, che, quando lo vide, saltellò eccitata
andandogli incontro.
“Allen!
Abbiamo una sorpresa per te, muoviti!” la ragazza lo prese per i polsi e
lo trascinò a un passo più veloce verso la sala. Lavi tenne il
ritmo, e rimase al suo fianco.
Arrivato
alla soglia, un boato sommerse il giovane, che si ritrovò davanti a
decine di facce conosciute che gli sorridevano contente e gli gridavano in coro
‘tanti auguri’. Allen si era, a questo punto, aspettato qualcosa
del genere, ma vederli radunati tutti lì, mentre gli davano pacche
amichevoli sulla schiena – oddio, gliene era arrivata una anche sul
sedere?! – e gli rivolgevano saluti calorosi e complimenti, era
più piacevole di quanto si era aspettato. La sala, poi, era addobbata
magnificamente: un piccolo albero di Natale era posizionato vicino a uno dei
tavoli, e alla cima di esso risplendeva una stella dorata; i tavoli stessi
erano eccezionalmente ricoperti da tovaglie rosse e bianche, intonate ai drappi
e ai festoni appesi ai candelabri a muro, e vasi di scarlatte stelle di Natale
adornavano ogni angolo della vasta stanza. Allen si guardò intorno
felicemente stupito, continuando a sfoggiare il suo miglior sorriso a tutti i
presenti.
“G-grazie a tutti…”
balbettò, incerto su cosa dire. Ovviamente, il suo stomaco parlò
per lui. Una risata generale si estese a tutti, mentre Allen arrossiva a
disagio e una strada tra la gente si apriva fino al punto di ordinazione del
cibo. Allen tentò di recarvisi velocemente, ringraziando ancora le
persone che riconosceva, soprattutto i ragazzi della Sezione Scientifica, ma
quando mancava poco a raggiungere Jerry e la sua cucina, qualcuno lo fermò,
e solo lo stupore dell’albino impedì alla persona di ritrovarsi
con un braccio in meno. Regola Numero 1: mai
mettersi tra Allen e il suo cibo.
“Allen!”
chiamò Crowley “Per stamattina non si
ordina, Jerry ti ha preparato una sorpresina” l’esorcista gli fece
l’occhiolino “Lo sai che ci tiene ai tuoi bisogni
alimentari.”
“Eh
eh..eh…” fu tutto quello che Allen
riuscì a dire mentre l’altro lo trascinava tra la folla. Quando
arrivarono a uno dei tavoli a ridosso delle pareti, Allen capì cosa
intendeva dire Crowley: le cinque più grandi,
immense torte che egli avesse mai visto, con strati di pan di spagna,
cioccolato, crema e altre sostanze non ben definite ma soddisfacenti alla
vista, erano disposte in fila, e sembravano aspettare solo di essere divorate da
qualcuno. Desiderio che Allen era pronto a esaudire.
Jerry
comparve nel suo raggio visivo, con in mano un coltello e una pila di piatti.
“Allen, serviti pure! Volevo farti qualcosa di speciale per il tuo
compleanno, spero che ti piaccia!”
Allen
tentò disperatamente di trattenere la saliva che la sua bocca aveva
cominciato a produrre in quantità irragionevoli: “Ma…tutti gli altri? Quanta…
quanta ne dovrei lasciare?” chiese con voce sofferente.
Jerry
però rise di gusto, e appoggiò la pila di piatti sul tavolo,
insieme al coltello: “Non preoccuparti, ragazzo, ne ho fatta
un’altra per gli altri, mangia quello che vuoi!”
Allen non se
lo fece dire due volte: si scagliò con velocità irreale sulle
torte e cominciò a mangiarle senza ritegno. Proprio quando si allungava
per prendere la quarta torta, si vide comparire un Lavi sorridente seduto al
suo fianco lungo la panca.
“Aargh!”
“Cosa
c’è?”
“Perché
continui a farlo?!”
“Continuo
a fare cosa?”
“A
comparire all’improvviso dal nulla!”
“Ah,
abilità innata. Davvero, niente di speciale. Meglio la capacità
di mangiare cinque torte nel giro di cinque minuti e non esplodere.”
“Ah
ah, divertente.” commentò Allen sarcastico, mettendo su un finto
broncio.
“Aww, non fare quella faccia, sei troppo carino
così!” miagolò Lavi. L’albino fece una faccia che era
un misto tra lo schifato e l’imbarazzato: “Non sono carino…”
Lavi non
rispose, e portò invece un indice alla guancia dell’amico, per
prendere una goccia di cioccolato. Allen non badò molto al gesto, e si
rituffò sulla quarta torta, mentre il rosso si leccò il dito ora
sporco di cioccolato con un’espressione indecifrabile sul volto.
L’ultima
torta si apprestava a scomparire nei recessi dello stomaco del neo-sedicenne,
quando Lenalee si avvicinò al tavolo, mani
dietro la schiena.
“Lavi,
Allen, ho… un regalo per voi.” disse
timidamente, portando due pacchetti in carta rossa e bianca sotto il naso dei
ragazzi. Allen la fissò allibito, poi arrossì.
“E-ecco… io in realtà, come dire, non ho niente
per voi. Non perché non volessi!” precisò agitato “ma… con Link sempre addosso, Leverrier,
le svariate missioni… non ho avuto modo
di—”
“Allen,
va bene così” lo interruppe Lenalee
sorridendo con sincerità “Se ti è più facile, il tuo
vedilo come un regalo di compleanno, che quindi non devi restituire…
Lavi, per la verità, a te non sapevo proprio cosa regalare…
ti avrei regalato un libro, ma poi ho pensato che probabilmente tu hai
già letto tutti i libri esistenti al momento, quindi sarebbe stato
abbastanza inutile… Comunque, teneteli”
passò i pacchetti nelle mani dei due, che ancora la guardavano con un
misto di stupore e adorazione “io ora devo andare a cercare mio fratello
per dargli il suo…” disse, rabbrividendo
per qualche oscuro motivo.
“Tu…tu gliel’hai fatto?” chiese Allen a
disagio.
Lavi ancora
fissava il piccolo involucro nelle sue mani con aria trasognata “N-no… Sai, tra Bookman e i
migliaia di rapporti da scrivere, io…”
lasciò cadere la frase nel vuoto.
I due amici
si guardarono un’ultima volta senza sapere esattamente cosa dire, prima
di iniziare a scartare i doni della ragazza. Lavi scartò il suo e
trovò in una bustina trasparente due piccoli orecchini argentati a
cerchio, mentre quello di Allen conteneva un set di cinque palline da
giocoliere.
“È… carino.” disse Allen a mezza voce, in
adorata contemplazione del suo regalo.
“So
che può sembrare un po’ femminile ma…
Oddio, un paio di orecchini nuovi!”
“Devo… devo assolutamente provarle.” Allen si
ributtò sulla torta più voracemente di prima, a quanto pare
deciso a finire il più presto possibile per andare a collaudare il suo regalo. Lavi sorrise,
studiando ancora i suoi orecchini argentati, e allungò con disinvoltura
un indice verso un’estremità della torta, per prenderne il
cioccolato che minacciava di cadere sulla tavola.
“Non
osare.” sibilò Allen tra un boccone e l’altro.
“Che?”
“È
mia, voi avete le vostre torte all’altro tavolo.”
“Eddaaai, Alleen! Un morsettino piccolo!”
“Assolutamente
no!” esclamò il ragazzo con fare difensivo, usando un braccio come
barriera tra Lavi e la torta.
“Neanche
se ti do ora il mio regalo?” lo punzecchiò Lavi.
Allen lo
guardò sorpreso: “Ma… non avevi
detto che non avevi avuto tempo di farli?” chiese, riluttante.
Lavi gli
mostrò uno smagliante sorriso a trentadue denti, che aveva un che di
malizioso: “Io ti ho detto che non avevo fatto un regalo a Lenalee, non che non l’avessi fatto a te.
D’altronde è il tuo compleanno, e i regali di compleanno sono
pressoché obbligatori.”
Ancora
dubbioso, Allen non tolse il braccio dalla sua postazione difensiva, ma Lavi gli
diede solo il tempo di afferrare la busta con le palline, prima di stringergli
il polso e trascinarlo verso l’uscita, evitando abilmente la maggior
parte dei presenti, occupati a cantare motivi natalizi con una totale
scoordinazione musicale. E ancora una volta, mentre Allen passava tra di loro
gli arrivarono alle orecchie svariati auguri.
Tutto questo
era commovente, pensò il ragazzo. Stare in quella stanza, con quelle
persone da cui lui si era mantenuto così distaccato rivelando poco o
niente di sé e del suo passato, ma che ogni giorno lo aiutavano a
migliorare nel suo lavoro, con Lavi, Lenalee, Crowley, Miranda, Marie e tutti gli altri, lo facevano sentire… libero, da tutte le preoccupazioni, dai suoi
problemi, persino dal Conte… Erano questi i
rari momenti che lo inducevano a credere di aver trovato una famiglia. Aveva
persino ricevuto un regalo! Nessuno gli aveva mai regalato niente in tutta la
sua vita, tranne… tranne Mana, l’unico
che avesse mai rappresentato qualcosa nel suo giovane cuore. E ora anche Lavi
diceva di averne uno, e il pensiero fece arrossire Allen. Cosa poteva essere…? Mah, non importava molto, qualsiasi cosa
fosse venuta da Lavi gli avrebbe fatto più piacere di quanto a una
persona fosse permesso. Senza
accorgersene, aveva persino cominciato a ridacchiare tra sé con sguardo
trasognato, e non si accorse neanche delle occhiate perplesse che gli lanciava
Lavi mentre lo trascinava via.
Quando
arrivarono sotto la porta, ritrovarono Lenalee a
fianco di suo fratello, con espressione mortificata, mentre il parente la
stringeva alla vita piangendo su di lei e urlandole lodi e ringraziamenti. La
ragazza li adocchiò e, con occhi imploranti, chiese implicitamente di
essere salvata. Lavi si trattenne dal ridere, e si avvicinò a lei,
sussurrando un ‘aspetta un attimo’ ad Allen e spostandosi davanti
al Supervisore.
“Komui! Buon Natale!” Lavi si rivolse con aria festosa
al moro, che sembrò non sentirlo e non allentò la presa su Lenalee “Sai, prima mi è sembrato di vedere Yuu tirare fuori Mugen davanti al
tuo Komurin… Non vorrei che tutta questa gioia
natalizia l’abbia messo di cattivo umore…”
Komui ci mise qualche secondo a realizzare le parole
del futuro Bookman, ma quando lo fece, si
staccò da Lenalee con un rumore da ventosa e
si portò le mani al viso sconvolto: “Non è possibile,
devo—”
“Ehi,
voi due, siete sotto il vischio!” gridò allora una voce femminile,
interrompendo Komui.
Allen si
girò in cerca di chi aveva parlato, e vide che Renée,
il capo della Sezione Americana, gli sorrideva compiaciuta. Ma a quanto
notò, lei e Jerry erano gli unici che avevano ancora una traccia di
gioia sul loro volto: tutti quelli vicini, compresi Reever,
Johnny, alcuni Finders, e persino Lavi, indossavano
delle maschere di terrore, che portarono Allen a realizzare la situazione
all’istante.
Alzò
la testa, per vedere un piccolo mazzetto di foglie verdi legate con un nastro
rosso stare esattamente sopra la sua testa. Di fianco a lui, c’era Lenalee, le cui guance si erano tinte di una piacevole
sfumatura rossa, e dietro a Lenalee, c’era
un’inquietante aura nera, che propendeva scomodamente verso di lui.
L’aura, più facilmente identificabile come Komui
e il suo complesso fraterno, sibilò qualcosa che assomigliava a
un’imprecazione: “Nessuno… osi toccare la mia Lenalee…”
e con ciò, tirò fuori dal nulla un enorme trapano, che
avviò con un suono infernale schiacciando un pulsante.
Allen
sbiancò all’istante, vedendosi passare tutta la sua vita davanti e
pensando che fosse ironico morire il giorno del proprio compleanno. Aspettandosi
a questo punto una morte rapida e dolorosa, si stupì quando,
nell’attimo successivo, accaddero più cose contemporaneamente: la
prima cosa che realizzò era la presenza della mano sul suo polso destro
che lo strattonava fuori dalla mensa; la seconda cosa fu il gruppo di gente che
riuscì inspiegabilmente a sottrarre a Komui il
trapano e a buttarsi letteralmente su di lui, seppellendolo sotto una massa di
corpi e impedendogli ogni movimento. Mentre l’albino veniva trascinato
lungo il corridoio principale, lontano dall’ira del caposezione, alcune
grida ancora riecheggiavano tra i muri.
“Chi
diavolo ha messo quel vischio lì?! Credevo di averli tolti tuttiii!!”
“Si
calmi, direttore!”
“Dov’è
Faye?!”
“L’integrità
della mia Lenaleeee!”
“Uh-oh, m-mi sa che fermandoci ad aiutarla abbiamo in
qualche modo complicato le cose…” ammise
Lavi, fermando la sua corsa e lasciando andare la presa sul suo braccio.
Allen
ansimò, e poggiò le mani sulle ginocchia: “G-già… beh, la cosa stupefacente è che
ne sono uscito vivo...” Si concentrò per regolare il ritmo del suo
respiro.
Lavi rise e
si tenne il petto con una mano: “Diavolo, ho davvero avuto paura per te là… E pensare che ci sarei potuto essere io
sotto quel vischio…”
Allen si
tirò su, con un’espressione stordita: “Scusa, che hai
detto?”
“Niente
niente… Ah, dove siamo?” si
domandò il rosso, e si guardò intorno “Mh,
dovremmo essere vicini alla biblioteca. A questo punto direi di—”
“Mi
devi dare il tuo regalo.” constatò Allen.
Lavi lo
fissò stupito, poi la sua espressione cambiò in una superba:
“Ovvio, come dimenticarmi… Beh, Allen Walker, ecco il tuo regalo.” affermò
compiaciuto, mettendosi dritto e indicando se stesso.
Allen lo
osservò perplesso: “Temo… di non
aver capito.” confessò sincero.
“Ehh, Moyashi…”
“È
Allen!”
“…Quello che ti sto dando è semplicemente
me” spiegò come se parlasse di un dato di fatto “Concedo la
mia esistenza su questa terra a te per un singolo
giorno” alzò un dito davanti alla sua faccia “e in questo
giorno puoi fare di me quello che vuoi.” Terminò la frase
sfoggiando un ampio sorriso, che, secondo Allen, aveva un che di cattivo.
“Ecco,
e con te cosa ci dovrei fare…?” Il
più giovane continuò a fissare sconcertato l’altro. Avere
Lavi... Poter sfruttare quel coniglio troppo vivace per un giorno intero… Come poteva utilizzare un regalo del genere
in modo uti—Un’idea gli balenò ad
un tratto in mente, e Allen ricambiò il sorriso con uno fin troppo
angelico. “Ottimo, Lavi. Ora che ci penso, avrei una vaga idea su cosa
farti fare.” disse allegro, e si voltò dall’altra parte,
intimando con un gesto della mano di essere seguito.
“Ehi,
dove stiamo andando?”
“Alla
mia stanza, ovviamente.” rispose Allen.
Anche senza
guardarlo in faccia, l’albino era sicuro che il ragazzo dietro di lui
aveva addosso un sorriso di un’estensione ineguagliabile.
“O~kay” commentò il rosso, fallendo nel
trattenere l’entusiasmo “Ma, Allen, la tua stanza non è
dall’altra parte?”
Allen si
fermò, si guardò intorno con sguardo perso, e si voltò
verso Lavi con fare rassegnato: “Va bene, guida tu.”
Oo0o0o0o0o0o0o0oO
Allen
camminò lungo il corridoio, chiedendosi dove si trovasse
esattamente. Sospirando rassegnato
per la sua idiozia, si guardò intorno cercando di individuare qualcosa
di familiare negli infiniti muri di pietra grigia.
“Questo da parte tua… è un atteggiamento davvero deplorevole.” si lamentò Lavi, visionando la stanza
ancora una volta. I due si trovavano a poche porte dall’effettiva camera
di Allen, e stavano ora constatando fino a che punto una stanza può
essere caotica: l’appartamento, decisamente più grande rispetto a
quello del ragazzo, aveva il pavimento completamente sommerso da uno strato di
oggetti vecchi, polverosi, rotti e prevalentemente inutili. Tre o quattro
grossi bauli erano addossati alle pareti, scardinati e contenenti attrezzi
rivestiti di sporco, mentre un letto era posizionato sotto la finestra. Qua e
là, vi erano persino delle zucche marcite scavate all’interno e
raffiguranti facce maligne. Sui muri erano appesi diversi tipi di armi, dai pugnali
alle mazze chiodate, e alcuni quadri dai soggetti inquietanti.
Lavi tirò l’ennesimo
sospiro sofferente: “Voglio dire… Sei
davvero sicuro di volermi sfruttare così?”
Allen gli sorrise con calore:
“Ma certo! Vedi, era da un po’ che volevo farlo, e dato che
è più grande, Komui mi ha dato il
permesso di usarla – forse stava tentando di scusarsi per il fatto che
Link mi starà appiccicato fino alla morte –. Solo che non ho mai
trovato il momento opportuno per iniziare a sgombrare.”
“Ma c’è una
differenza in grandezza davvero minima…”
“Non è vero!
È immensa rispetto alla mia, e in quella ci devo dormire con Link! E
dato che è già successo più volte che la mattina io mi
dimentichi che è lì per terra e lo calpesti…”
“No, seriamente? Cavolo,
avrei voluto esserci…Ma perché smettere
proprio ora, mi chiedo?”
Allen gli lanciò
un’occhiataccia di sbieco, e Lavi si zittì: “Comincia a
lavorare, Usagi.”
E dopo circa
un’ora e mezza passata a dividere con il rosso tutte quelle robe in
Utilizzabili e Da Buttare, aveva intelligentemente deciso di andare a cercare
da solo qualcuno che sapesse dove mettere i sacchi di oggetti. Ma si era perso.
Inevitabilmente, inesorabilmente perso. Da venti minuti.
Allen rimase
fermo, ripensando a quel che era successo poco prima, e si ritrovò a
sorridere senza rendersene conto. Pensare a Lavi – e alla sua idiozia
– di solito lo rendeva allegro, e ora non aveva voglia di rimanere
intrappolato nell’edificio quando poteva passare altro tempo con il
rosso, anche se questo continuava a lamentarsi per come veniva sfruttato in
modo inappropriato.
Un sibilo
sospetto e uno sferragliare metallico si avvicinarono al punto in cui si
trovava. Non sapendo cosa aspettarsi, Allen alzò la guardia, pronto a
qualsiasi evenienza. L’attimo dopo, uno dei tanti Komurin
che l’Ordine aveva conosciuto, comparve da dietro un angolo. Ma la
visione non prometteva bene: il grosso robot aveva un occhio rotto, la testa
ammaccata e in più punti si potevano vedere dei profondi tagli nel
metallo argentato. Vibrava leggermente, arrancando su due rotelle
semi-sfasciate, ma la cosa più strana è che aveva un pacchetto in
mano, rosso e bianco, molto simile a quelli di Lenalee.
“T’oh
guarda, e io che credevo che Lavi scherzasse quando ha detto che aveva visto BaKanda tagliuzzarlo…”
commentò il ragazzo tra sé e sé.
Quando
parlò, Komurin voltò di scatto la sua
faccia meccanica verso di lui. Colto alla sprovvista, Allen emise un gridolino,
e cominciò istintivamente a indietreggiare cauto.
Komurin non gli staccò gli occhi di dosso, anzi, girò le rotelle
nella sua direzione e si avvicinò ulteriormente: “Allen Wal-ker…Wal-ker…Nata-le com…pleanno…Re-galo…”
il robot cigolò, perdendo qualche rotella mentre avanzava. Allen a
questo punto avrebbe volentieri iniziato a correre, approfittando delle ovvie debolezze
dell’altro, ma l’educazione ebbe, chissà come, la meglio.
Semplicemente ad Allen sembrava inopportuno voltare le spalle a chi lo
chiamava. Dannata educazione.
Komurin allungò le braccia rovinate e sprizzanti scintille di
elettricità verso l’inglese, tendendogli il pacco.
“Ehm, gra-grazie…?” disse esitante Allen, ancora
preso dal conflitto interiore ‘Resta o Scappa’.
A quel punto
– come diavolo era venuto in mente a Komui di
installare un’opzione del genere in uno stupido robot?! – gli occhi
computerizzati di Komurin proiettarono
l’immagine di due grossi cuori rossi, e la sua voce metallizzata
risuonò ancora una volta nel corridoio: “Attenzione, Attenzione… Sovraccarico di Energia…
Allontanarsi o Spegnere il Controllo Centrale del –” Con un ultimo
sbuffo di fumo bianco nella zona della spalla, il Komurin
cadde in silenzio.
Allen lo
fissò sconcertato, prima di lasciare il respiro che non si era accorto
di aver trattenuto: “Grazie a Dio…”
Ultime parole famose.
Il robot
riprese improvvisamente vita, emettendo fiotti di scintille da ogni giuntura:
“ALLEN. WALKER. ASSALIRE. ALLEN WALKER. ASSALIRE. ALLEN. WALKER.”
L’esorcista spalancò gli occhi, e, senza badare al regalo lanciato
in aria, gridò e partì in una corsa sfrenata verso una meta non
precisata, e pochi secondi dopo il pezzo di ferraglia cominciò a
seguirlo.
In trenta
secondi il Komurin aveva guadagnato terreno, mentre
Allen continuava a correre senza sosta, stando a ridosso dei muri e sperando di
riuscire a seminarlo con i cambi di direzione improvvisi – tentativi
miseramente falliti.
‘Ti scongiuro, Dio, fammi sopravvivere, fammi
sopravvivere, non ho neanche salutato i ragazzi, e Lavi…
Dio, dammi la forza di…’ Allen
arrossì, sentendosi, ancora una volta, tremendamente stupido. Con la
mano destra si tolse il guanto dell’altra ma, proprio quando stava per
invocare la sua Innocence, qualcosa lo afferrò
al braccio e lo strattonò
dietro l’angolo. Sentì vagamente una porta aprirsi e la stessa
cosa buttarlo dentro a forza, con essa di seguito. La porta si richiuse,
facendo cadere la completa oscurità. Dall’altra parte, si
sentì distintamente lo sferragliare del robot, che girava violentemente
l’angolo e superava la porta dietro cui Allen stava, procedendo in corsa.
Allen
tirò un sospiro di sollievo, prima di realizzare dove si trovava, con
chi, e in quale posizione.
“Stammi
vicino, questo sgabuzzino è pieno di oggetti strani, tra cui lamine di
metallo e travi chiodate.” sussurrò Lavi.
Allen
sbuffò: “Come posso muovermi, se sono schiacciato tra te e il
muro? E comunque, non credo che questo posto sia peggio dello stato in cui
è ora la mia futura stanza.”
“Infatti
ti stavo spiegando, più che altro, perché
devo tenerti schiacciato tra me e il muro. E già, non c’è
assolutamente niente che possa pareggiare con gli orrori della tua
stanza.”
Il fiato di
Lavi gli stuzzicò la pelle sensibile dell’orecchio, e Allen si
costrinse a non emettere i suoni che avrebbe emesso.
“S-se n’è andato…?”
Lavi si spostò leggermente, forse per poggiare l’orecchio contro
la parete. “Penso di sì” bisbigliò “Maa… penso anche che sia meglio se rimaniamo qui un
altro po’.” aggiunse con estrema disinvoltura. Allen non rispose, e
pochi secondi dopo sentì il respiro di Lavi sempre più vicino al
suo collo, fino a che a questo non si aggiunse un paio di labbra umide e calde.
Un brivido percorse la sua schiena, e la sua bocca si lasciò sfuggire un
gemito. Ed era sicuro che Lavi stesse sorridendo, nell’incavo del suo
collo, per essere riuscito nel suo intento.
“Ha-hai intenzione di violentarmi in uno sgabuzzino con le
travi chiodate che ci sorvegliano?” chiese, avvertendo che la sua faccia
si riscaldava e, probabilmente, diventava di un colore molto simile a quello
dei capelli di Lavi. Si morse le labbra subito dopo, per evitare di farsi
sfuggire altro.
Lavi
ridacchiò, tra un bacio e l’altro: “Se preferisci che ci
sorvegli Due Nei, dillo subito. Io continuo a pensare che abbia in sé
uno spirito da voyeur.”
Allen
gemette di nuovo, questa volta in un misto di piacere e disappunto, quando Lavi
gli mordicchiò un lobo: “D-davvero,
Lavi, non penso sia il caso di farlo qui…
voglio dire, ci potrebbero benissimo sentire e, ora che parliamo di Link, non
l’ho visto da quando siamo usciti dal bagno, mi starà sicuramente cercando…”
Lavi,
però, non si fermò, e procedette nel lasciargli una scia di baci
tra il collo e la linea della mandibola, succhiando e mordicchiando ogni tanto,
fortunatamente non abbastanza a lungo da lasciargli marchi troppo visibili.
“Ehi,
lo sai che è frustrante non poterti toccare e baciare in pubblico,
mentre tutti ti guardano come se fossi una preda prelibata?”
“C-cosa vuoi dire?”
Sospirando
pesantemente, Lavi si allontanò di qualche centimetro, ma per Allen fu
abbastanza da rimpiangere la sua domanda per la perdita della sensazione di
calore.
“Voglio
dire che tutti ti adorano, Allen, o
di più… Prendiamo Jerry, stravede per
te, e tutti sappiamo delle sue tendenze sessuali…
In più, aggiungiamoci alcuni Finders, ma
quelli contano di meno… ora contiamo Link
perché, sul serio, il suo
comportamento è sospetto, e… e infine Lenalee” Allen sentì il corpo dell’altro
irrigidirsi per un momento “Non so ancora quanto siano profondi i suoi
sentimenti, ma di certo prova più della semplice amicizia…
Se oggi Komui non fosse impazzito per la storia del
vischio, avrei sicuramente provveduto io in qualche altro modo e tu, ooh, tu non immagini
neanche quanto abbia avuto paura che arrivasse prima lei a te dopo essere
tornati dall’Arca, non ero ancora sicuro di ciò che tu prov— mmpfh!” Lavi fu
zittito da labbra morbide che premevano violentemente contro le sue, e subito
si sciolse al contatto, rispondendo con passione. Si appoggiò di nuovo
contro Allen, e lasciò che la lingua dell’altro esplorasse la sua
bocca. Allen alzò le braccia, e si staccò dall’altro per
portare in basso la fascia di Lavi, facendo ricadere i corti capelli rossi e
intrecciandoci le sue dita sottili. Con la mano dietro il collo del rosso, lo
spinse più in basso, verso il suo viso, e approfondì il bacio,
iniziando una lotta tra le loro lingue e scambiandosi il calore delle loro
bocche. Si separarono solo dopo parecchi minuti, bisognosi d’aria.
“Non… devi preoccuparti di loro…
Non voglio nessun altro…” mormorò
Allen tra un ansito e l’altro. Lavi, in tutta risposta, attaccò di
nuovo il suo collo, il suo orecchio, alternando baci a morsi e a soffi delicati
sulla pelle, mentre una mano accarezzava il suo fianco e l’altra gli
calava la camicia lungo la spalla “e…sinceramente…al
diavolo Link” riuscì a finire, a corto di fiato. Perché
baciare Lavi lo faceva sempre rimanere senza fiato? Poteva capire se fosse
stata la prima volta, ma ormai c’erano parecchio abituati e con tutte le
volte che… Se possibile, il rossore di Allen
peggiorò, realizzando dove andava a parare la linea dei suoi pensieri.
Lavi rise di
gusto, e il suo petto vibrò contro quello di Allen, il cui corpo
provò un nuovo brivido di piacere al solo suono della voce
dell’amante. Aveva sempre pensato che Lavi avesse una bella risata. Beh,
in realtà aveva pensato che Lavi avesse parecchie cose belle, partendo
da quelle che vedevano tutti ogni giorno per arrivare a quelle che forse solo
lui aveva conosciuto. La sua risata spontanea e sincera, non mascherata di
falsa allegria, era una delle sue qualità più belle, insieme al
suo sorriso.
“Dio, da quanto tempo non lo facciamo?
Dovrebbero essere circa… otto giorni, undici
ore e, beh, non ricordo esattamente i minuti, però—Ah!” Lavi
finì la frase con un gemito strozzato, il bacino di uno premuto contro
quello dell’altro, condividendo il calore crescente.
“Lavi,
ti scongiuro, concentrati su quello che stai facendo ora, e non quello che non abbiamo fatto in decisamente troppo
tempo.”
Il rosso
ridacchiò divertito, e parlò di nuovo, con voce roca, accanto
all’orecchio dell’esorcista dai capelli bianchi, che ormai non era
sicuro di poter controllare bene le sue azioni: “Forse hai ragione,
sarebbe meglio se ci spostassimo da un’altra parte, prima che la
situazione laggiù diventi
incontrollabile. Poi, ho bisogno di vederti.”
Allen
arrossì, ancora, e
lasciò andare lentamente i folti capelli rossi, dopo aver spinto
giù la testa dell’altro per un ultimo bacio: “Direi che la
situazione laggiù è già incontrollabile. Okay, allora… d-dobbiamo uscire separatamente, secondo
te?”
Lavi si
spostò da lui, permettendogli di respirare a pieni polmoni. Rimosse le
sue mani dai fianchi di Allen e con una si rimise la fascia sulla fronte, e con
l’altra si appoggiò alla porta dello sgabuzzino, cercando di
sentire con un orecchio se si avvicinava qualcuno: “Nah, non
c’è bisogno.” Girò cautamente la maniglia, lanciando
un’ultima occhiata all’esterno, ed entrambi uscirono rapidamente
dalla stanzetta. Allen si mise a posto la camicia il meglio possibile, e
continuò a fare grandi respiri, tentando invano di calmare i bollori che
la breve sessione gli aveva risvegliato. Lavi prese a camminare di fianco a
lui, assumendo una posa rilassata. Allen invidiava da morire la sua
capacità di cambiare atteggiamento così rapidamente, e aveva
rinunciato da tempo a provare a imitarlo. A meno che non si trattasse di
giocare a poker, Allen non aveva mai avuto grandi doti recitative. Ed avere
mani che viaggiavano sul suo corpo tracciando percorsi infuocati e labbra che
mordevano ogni centimetro di pelle che trovavano sulla loro strada o anche solo
il ricordo di esse, non era quello che lui considerava la miglior via di
concentrazione possibile. Prima di chiudere la porta dello sgabuzzino dietro di
sé, Allen controllò una cosa, ora che questo era debolmente
illuminato dalla luce del corridoio.
“Lavi,
c’è solo un misero pezzo di ferro qui. Ed è anche piuttosto
spazioso per essere un ripostiglio” constatò.
“Niente
travi chiodate?”
“No.”
“Ti
giuro che mentre ti spingevo dentro mi sembrava che ne fosse pieno!”
Allen
sospirò rassegnato. “La mia o la tua stanza?”
Lavi non ci
pensò su a lungo: “Penso sia meglio la mia, tanto Bookman non dovrebbe ritornare, stamattina mi ha detto che
avrebbe passato la giornata in biblioteca perché doveva finire dei rapporti… Perché stai sorridendo?”
chiese Lavi guardandolo. Allen portò stupito una mano alla bocca, per
effettivamente notare che questa era piegata in un ampio sorriso. Ormai gli
capitava sempre più spesso, non ci faceva più neanche caso. Si
grattò la guancia imbarazzato: “Eeh,
niente... Comunque, non credere di sfuggire al tuo dovere con questo: con la
mia camera non abbiamo ancora finito.” Allen ghignò.
“Aww, Allen, hai appena ucciso
l’atmosfera!” si lamentò Lavi. Allen stava per rispondergli,
quando entrambi sentirono dei passi affrettati venire dal corridoio davanti a
loro. Pochi secondi dopo, infatti, comparve Link, con un’espressione
preoccupata. Continuava a guardarsi in giro e, quando anche lui intravide i
due, parve illuminarsi di soddisfazione. Allen sentì Lavi sbuffare sonoramente
di fianco a lui: “Ah, non importa. L’avrebbe uccisa lui in modo
peggiore.”
“Walker, l’ho trovata!” esultò.
Allen
alzò la testa verso il rosso e si lasciò andare ad un mugolio
pietoso. Lavi, in risposta, chiuse il suo occhio smeraldo e inspirò
profondamente.
“Dove
siete stato?” chiese Link intimidatorio.
“È
stato tutto il tempo con me, Due Nei, e ora lasciaci in pace che abbiamo delle
cose fare.”
“Che
tipo di cose?”
“Cose
che non richiedono la tua presenza.” sibilò Lavi. Allen
sospirò di nuovo. Lavi era capace di fare praticamente tutto, ed era un
attore nato, ma chissà come, quando si trattava di Link diventava
intrattabile.
Link gli
lanciò un’occhiataccia: “Mi dispiace, ma Walker
è sotto stretta sorveglianza. Devo stare con lui in ogni momento.”
Prima che
Lavi potesse rispondergli, Allen si intromise: “Neanche a Natale?”
domandò implorante. Era così…
poco da lui implorare, ma piuttosto che vedersi sfumare davanti agli occhi
un’occasione di stare con Lavi da solo, era disposto anche a
inginocchiarsi a Link.
Ma
l’Ispettore lo guardò con astio: “Sono le regole.”
“Per
favore? Come regalo di Natale? Compleanno?” Allen sfoderò il suo
miglior sguardo da cucciolo. Tanto valeva, ormai, utilizzare tutte le armi a
disposizione.
Per un
attimo, Link parve esitare: “Le… le regole…”
‘Forse ci siamo’ pensò
Allen, compiacendosi delle sue capacità di convinzione. Stava per
lanciare il suo attacco finale, quando sentì il braccio di Lavi
appoggiarsi sulla sua spalla.
“Nee nee, Allen, le regole sono
regole,” lo riprese “sono convinto che a Frangettina non
dispiaccia assistere a una qualche partita di poker in camera tua, no?”
ignorò l’espressione incredula di entrambi e trascinò Allen
lungo il corridoio “Su su! Festeggiamo il Natale in maniera originale!”
Ripresosi
dal momentaneo shock di averla avuta vinta così facilmente con
l’apprendista Bookman, Link si affrettò
a seguirli, rimanendo qualche passo indietro.
“Dannazione,
Lavi, ero quasi riuscito a convincerlo!” sussurrò iroso Allen,
preoccupandosi di non farsi sentire dal terzo incomodo. Lavi ridacchiò e
si appoggiò ancora di più al più basso “e non sono
un bastone della vecchiaia, se eviti di sdraiarti sopra di me mentre camminiamo
mi fai un favore”. Erano andati così
vicino alla possibilità di riuscire a sbarazzarsene. E perché
Lavi rideva? Che avesse in mente un piano? Allen sperò per lui che fosse
un buon piano. Neanche l’idea
di stracciare due vittime sacrificali a poker era più allettante di una
giornata con il rosso. E questo voleva dire molto.
“Di
solito non ti arrabbi quando mi sdraio sopra di te, neanche se stiamo in
piedi” Lavi gli bisbigliò all’orecchio “Oh, sei
così carino quando sei così!” ridacchiò ancora con
voce roca. Infatti Allen, che solo poco prima con immenso sforzo era riuscito a
ripristinare il suo equilibrio interiore, era di nuovo arrossito per l’innuendo
“E, se te lo stai chiedendo, sì, ho un piano. Aspetta e
vedrai.”
Poco dopo
arrivarono davanti alla porta della stanza. Allen si liberò dalla
stretta di Lavi per aprirla, e si scostò per far entrare prima Link. Quando
la tenne aperta anche per il rosso, quest’ultimo si batté una mano
sulla fronte: “Mi sono dimenticato! Senti, vado a prendere qualcosa da
bere per festeggiare e torno subito.”
“Puoi
anche non tornare, se la cosa ti facilita. E comunque, niente alcolici”
commentò Link da dentro la camera.
Lavi fece
una smorfia sconvolta: “Niente alcolici?! Come si può festeggiare
senza alcolici?! Devo portare del caffè, per caso?!”
“Sarebbe
stupendo, in effetti.”
“Perfetto”
mormorò sarcastico “E… se tu
potessi evitare di molestare Walker nel mentre,
l’intero Ordine te ne sarebbe grato” schernì il biondo. Link
ricambiò con un’occhiata omicida, che però l’altro
ignorò beatamente, voltatosi per andare alle cucine.
Oo0o0o0o0o0o0o0oO
“Stai barando!”
“Certo
che no! Si tratta di pura abilità!”
“Allen,
è statisticamente impossibile che tu abbia sempre in mano scale reali,
poker e full! Ho memorizzato il retro di tutte le carte, ma non riesco a capire
come diavolo fai!”
“Quindi
tu stavi barando!”
“Non
quanto te!”
“Se
tutte e due poteste abbassare la voce, ve ne sarei molto grato.”
“ALLEN
STA BARANDOOO!!”
“È
un simpatico modo di interpretare il concetto ‘abbassare la
voce’.”
“È
un simpatico modo di sfogarmi per aver perso trenta partite di seguito, Moyashi.”
“È
ALLEN!”
“Mo-ya-shi.”
“Ooh, quanto sto per ucciderti, Lavi.”
“…
ehm, Allen…
c-cos’è quello sguardo? S-stavo scherzando, ovviamente…”
“Tu
dici?”
“E… e poi il bianco delle pareti è così bello… Sono sicuro che Komui
si arrabbierebbe se le sporcassimo…”
“E io
sono sicuro che se si tratta del tuo sangue, Lavi, sia Komui
che le pareti apprezzeranno.”
Tutto
ciò era inaccettabile. Oltraggioso. Scandaloso. Che lui dovesse badare a
due bambini del genere, lui che stava al fianco di Malcolm Leverrier,
lui il cui servizio era sempre stato perfetto sotto ogni aspetto. Al momento
era combattuto se lasciare che Walker uccidesse il
suo compagno o meno. Il primo punto presentava svariati vantaggi: ritrovarsi
con un molestatore della quiete pubblica in meno, e dare le prove a cui Leverrier tanto agognava sulla condotta rimarchevole del
Distruttore del Tempo. O Distruttore di qualcos’altro. Quindi, è
per questo che quando vide Walker saltare addosso a Bookman Jr con espressione altera, non fece niente, ma
stette a guardare passivo per circa dieci secondi. Sfortunatamente, la cosa si
trasformò in un’azione più giocosa, perciò le poche
probabilità di togliersi l’apprendista di torno svanirono come
fumo. Tanto valeva interrompere i giochi.
“Smettetela
subito! Walker, si levi di dosso a Junior e mantenga
un atteggiamento accettabile, se non vuole che la citi per condotta deprecabile
ai piani alti.” ‘O per non
essere riuscito nell’intento di ucciderlo.’
L’esorcista
assunse un’espressione che era un misto tra una scocciata e una da cane
bastonato, ma si rimise al suo posto, lontano dall’altro. Ma quando anche
quest’ultimo si rialzò, se Walker gli
era sembrato scocciato, il rosso si stava a dir poco trattenendo dal
distruggergli la faccia. Lo guardò, sorpreso per un attimo, non dalle sue
chiare intenzioni, bensì dal fatto che non immaginava che i Bookmen fossero così inclini a mostrare le loro
emozioni come ora.
Miracolosamente,
il rosso non commentò: si rimise a sedere nella stessa posizione di
prima e cominciò a raccogliere le carte.
Ora
più che mai sentiva il disperato bisogno di qualche ora di sonno in
più, con tutte quelle che Walker gli portava via… Ma non poteva permettersi un tale atto, e
sarebbe rimasto sveglio fino a quando era dovuto. Allungò una mano verso
la tazza di caffè poggiata per terra al suo fianco, se la portò
alle labbra e ne bevve il contenuto in un’unica sorsata, per poi
riprendere a scrivere nella sua agenda. Al diavolo il gustarselo, stava
praticamente dormendo in piedi.
‘15.03 Walker
è nella sua stanza per giocare a poker con Bookman
Jr. Sembra che il legame tra i due sia…’
Riaprì gli occhi. Un attimo, riaprì? Oddio, si stava
addormentando?! Questo non era da lui! ‘…più stretto di quello che ci si aspetterebbe da…’ …da?
Cosa doveva scrivere? Ah, sì, da un Bookman. ‘…Inoltre,
la frequente assenza di un…’ si
strofinò le palpebre con forza, tentando di scacciarne il senso di
pesantezza. ‘La causa di questo
comportamento sta accrescendo la diffi…’
“Ispettore
Link, sta bene…?” la voce di Walker sembrava quasi provenire da un altro mondo, tanto
era lontana. Ancora una volta, si strofinò le dita sulle tempie e se le
passò sugli occhi, deciso a non dare vittoria a questa debolezza. Il
lavoro era lavoro. Sorveglianza ventiquattro ore su…
quante… quante erano le ore…?
“Link,
forse sarebbe meglio che lei dormisse per qualche minuto…”
continuò l’esorcista con un tono leggermente preoccupato. …Incredibile, era preoccupato per una persona che in
pratica gli stava rovinando le giornate all’interno dell’Ordine…
“No,
sto bene… Walker…
Non ho…” nel tentativo di guardare il
ragazzo in faccia, notò notò con
fastidio che la sua vista era diventata confusa, e i suoi occhi non riuscivano
a stare aperti. Percepì solo vagamente Walker
avvicinarsi a lui, forse per controllare se stava bene, o forse per ucciderlo
una volta per tutte. Come non fece troppo caso al minimo accenno di sorriso che
increspava le labbra del giovane Bookman, quando
sentì la sua stessa testa andare indietro contro il muro e cadde in un
sonno profondo e senza sogni.
Oo0o0o0o0o0o0o0oO
“Non. Ci. Credo.”
“Allen,
non preoccuparti, non sospetterà di nulla. Basta sbarazzarsi del
caffè, prima che gli venga in mente di farlo controllare.”
“Lo
sai che sospettano di me! Un conto è liberarcene in maniera diplomatica,
un conto è somministrargli una dose esagerata di sonnifero e farlo
svenire nel giro di tre secondi!” sibilò l’albino.
Lavi
sospirò pesantemente e scosse la testa, con fare rassegnato: “Ti
ho detto di non preoccuparti. Quando si sveglierà, penserà di
essersi addormentato. Si vedeva che era stanco, non andava a dormire solo per
forza di volontà!”
“…Tu non hai mai avuto intenzione di portare alcolici,
vero? Avevi già in mente il caffè dall’inizio.”
“Ovviamente.”
Allen si
morse il labbro inferiore. Era indeciso: doveva prendere a pugni Lavi per
essere stato così irresponsabile, o fregarsene altamente delle eventuali
e - ora che ci pensava - improbabili conseguenze e approfittare della
situazione come meglio poteva? In fondo, desiderava dall’inizio della
giornata passare del tempo da solo con il suo ragazzo, però…
Sentì
delle braccia circondare il suo collo e spingerlo contro il petto
dell’altro. Oh, perché era sempre così difficile rimanere
arrabbiati con Lavi a lungo? Se solo non fosse uscito dalla sua modalità
di giocatore di poker, in quel caso sarebbe stato più facile.
“Allen~…
Davvero vuoi farti sfuggire un’occasione del genere? Niente Due Nei,
niente riunioni, niente missioni… sono tutti a
festeggiare, siamo completamente
soli.” Un paio di labbra umide passarono sulla sua pelle infuocata,
arrivando fino all’incavo del suo collo.
“Ehi,
Allen, non voglio che tu muoia per asfissia, respira…”
Oh, il
respiro. Già. In realtà non si era neanche accorto di averlo
trattenuto, perciò lasciò che i suoi polmoni riprendessero aria.
Di nuovo, il rosso riprese a baciarlo, questa volta usando la lingua per
lasciargli scie di saliva e stuzzicargli il lobo dell’orecchio. Era
davvero troppo difficile rimanere
arrabbiati con Lavi…
“Ouch!”
Okay, solo
una gomitata, per ora bastava, magari al resto avrebbe pensato dopo.
“Sai… avrei gradito che tu mi informassi dei tuoi
diabolici piani…” commentò Allen,
concentrandosi sulla respirazione.
“Aw, ma che gusto ci sarebbe stato sennò…
E poi tu, a meno che non si tratti di giocare a poker o di nascondere ferite,
non sai mentire, quindi… era tutto più naturale…”
“Mmh… sarà.”
“Lo
sai, vero, che tu disponi ancora del tuo regalo di compleanno?”
“Nh? Ah, le palline da giocoliere…
si, dopo le provo…”
Lavi rise, e
il suo fiato caldo mandò i brividi lungo la spina dorsale del giovane.
Le braccia che lo tenevano si strinsero un po’, spingendolo di più
nell’abbraccio: “Mi riferivo all’altro regalo, il mio…Di cui non penso tu abbia colto tutti i vantaggi,
vedendo come l’hai sfruttato prima…”
“Mh… oh… Oh! La stanza!
Andiamo di là, tanto non è lontana da qui…”
Lavi
alzò la testa di scatto: “Cosa?! Allen, seriamente, non ho
intenzione di andare a pulire quella camera!”
Fu il turno
di Allen a ridacchiare, e Lavi avvertì subito che nel tono di voce
c’era qualcosa di più di semplice divertimento. “Lavi,
è una camera. Nelle camere si dorme e dove si dorme ci sono letti. E non… Link addormentati che potrebbero risvegliarsi da
un momento all’altro e scandalizzarsi a morte.” Si rigirò
nell’abbraccio, per guardare in faccia il ragazzo.
Con
l’occhio verde smeraldo che brillava di eccitazione, Lavi sfoggiò
un sorriso lascivo, uno di quei sorrisi che non si può fare a meno di
fissare con sguardo adorante. E così fece Allen, che però venne
riportato nel mondo dei comuni mortali da quelle labbra che erano state poco
prima sulla sua pelle, e ora baciavano le sue, chiedendo con insistenza di
approfondire il contatto. E Allen cosa poteva fare davanti a tale insistenza?
“Mpff..’etta un attimo… Link… almeno
mettiamolo disteso…” Allen si staccò
malvolentieri dalle labbra di Lavi. Stupida, stupida gentilezza.
“Mh, ti odio.”
“Anche
io ti amo.”
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Allen Walker aveva l’interessante abitudine di parlare nel
sonno.
Il fatto che
non si esprimesse in modo coerente, rendeva la cosa allo stesso tempo
divertente e frustrante. Da una parte, lo trovava troppo adorabile, con quel
suo blaterare sconnesso; dall’altra, gli sarebbe piaciuto capire cosa
diavolo diceva.
Lavi, per
alcuni Bookman Jr, osservava spesso cosa Walker faceva durante i suoi soliloqui notturni, lo
osservava sin dalle prime missioni affrontate insieme, quando entrambi
dovevano, date le circostanze, condividere la stessa stanza. Ed era
stupefacente come il suo comportamento da sonnambulo fosse cambiato: si ricordava
bene l’espressione preoccupata e contrita che aleggiava sul suo volto
addormentato durante le prime notti in cui aveva notato questa
particolarità. Spesso capitava persino che si svegliasse nel bel mezzo
della notte, con fiatone e sudore freddo, ogni tanto persino con l’occhio
maledetto attivato. E si ricordava di come si guardava in giro agitato,
controllando che nessuno l’avesse visto. Ora, il suo modo di parlare nel
sonno era drasticamente cambiato, e Lavi era sicuro di aver svolto un ruolo fondamentale
nel mutamento. Allen faceva sogni più pacifici, borbottava parole
incomprensibili con un vago sorriso apparentemente immotivato, e si rigirava
più volte nel letto con espressione beata.
“…Nnh… per…nchee…la…”
Allen
sospirò e si girò di nuovo sotto le coperte, trovandosi faccia a
faccia con Lavi. Sembrava proprio tranquillo, chiuso nel suo mondo di sogni.
Lavi si avvicinò a lui, tanto da trovarsi solo a pochi centimetri dal
suo viso. Portò una mano alla guancia dell’altro, accarezzandola
con delicatezza. Aveva una pelle così…
mordibile? No, ora non era il caso di riflettere su particolari del genere.
Già il fatto che entrambi fossero nudi, sotto quello strato di coperte
leggere, era piuttosto eccitante come prospettiva e Lavi non aveva mai avuto un
grande controllo sul suo lato passionale quando si trattava di Allen. E di
certo non voleva svegliarlo quando era così bello da addormentato. Beh,
per la verità lo era sempre.
Passò
un dito lungo il profilo del giovane, tracciando una linea immaginaria dalla
fronte fino al mento, soffermandosi sulle sue labbra. Ooh,
quanto era difficile trattenersi…
Si
girò e si mise disteso sulla schiena, portandosi lentamente le mani
dietro la testa, attento a non svegliare il compagno. Dato che anche fissare il
soffitto non lo stava aiutando a cambiare la linea poco casta dei suoi pensieri
– dannazione, ce l’aveva di fianco, avevano appena finito di… fare tutto quello che avevano fatto, e ancora non
gli bastava per toglierselo dalla mente per più di cinque secondi!
–, fece vagare lo sguardo per la stanza. Ora che metà delle armi,
tra asce e mazze, erano sparite, non aveva più un’atmosfera
così inquietante… Insieme ai vari
oggetti indefiniti, vi erano anche i loro vestiti, buttati senza ritegno per
terra. Quando scorse la familiare camicia bianca, ripensò al momento in
cui aveva rischiato di strapparla di dosso ad Allen per la foga, dato che i
bottoni sembravano saldati ai loro posti. Grazie al cielo, prima di impazzire,
era riuscito a slacciarla: Allen non avrebbe gradito perdere così uno
dei suoi indumenti preferiti. O forse sì. Si segnò mentalmente di
chiederglielo, più tardi.
“…vi…’mo…”
Sinceramente,
Lavi non si sarebbe mai aspettato che proprio lui, che ancora non credeva
nell’esistenza di un Dio quando lui stesso e i suoi amici ne costituivano
la prova vivente, sarebbe stato onorato da un tale dono. Proprio lui, che aveva
pensato per tanto tempo che gli uomini fossero degli stupidi e che il mondo era
marcito a causa loro, aveva incontrato qualcuno che considerava più
importante della propria vita e che, inspiegabilmente, ricambiava il suo
affetto. L’unica persona che gli avesse fatto riconsiderare
l’ipotesi dell’inesistenza di Dio.
‘Eh, sono innamorato perso’
pensò con un sorriso di rassegnazione, rigirandosi e portando il braccio
dietro il fianco nudo dell’altro per stringerlo in un abbraccio ‘e il vecchio Panda prima o poi mi
ucciderà.’
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