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Autore: Emmastory    20/07/2015    9 recensioni
Allison Brown. Una giovane ragazza apparentemente normale che conduce una vita tranquilla e rilassata, ma che presto scoprirà di essere diversa dalle altre sue coetanee. Scoprendosi mera e semplice goccia nell' infinito oceano dell'amore, finirà per innamorarsi di una sua amica. Un'iniziale incertezza riguardo ai suoi sentimenti la fermerà, causandole quindi non pochi problemi. Ad ogni modo, La loro relazione non sarà certo ben accetta, ma la lotta volta ad evitare di nasconderla non si rivelerà vana.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Polvere-di-stelle-mod
Polvere di stelle


Capitolo I


Una semplice ragazza


Io sono Allison Brown. Una ragazza tranquilla e semplice che non ha nulla da invidiare ad anima viva. Difatti, reputo la mia vita perfetta. Secondo il parere dei miei genitori, sono la figlia che ogni giovane coppia come loro desidererebbe. Alta, capelli color rame e occhi verdi. Una carriera scolastica praticamente impeccabile, scandita e caratterizzata da ottimi voti rasentanti la perfezione. Ad essere sincera, nutro una grande simpatia per ogni materia scolastica, senza alcuna eccezione, e tale e immacolata condotta mi ha permesso di eccellere anche nello sport. Difatti, sono anche riuscita a diventare capitano della squadra delle cheerleader della mia scuola, ma nonostante questo, non sono una di quelle ragazze figlie del proprio padre che utilizza la sua bellezza come un mero strumento di potere, bensì una molto più semplice e calma, che è molto socievole e trova facile stringere nuove amicizie. La mia positiva attitudine verso la vita e i miei doveri scolastici, ha fatto si che diventassi amica di Brianna Lancaster, mia compagna di classe e confidente sin dai tempi dell’asilo. Io e lei abbiamo ad occhio e croce la stessa età, e siamo davvero legate. Abbiamo entrambe quindici anni, e una di noi due nasconde un segreto che non ha mai osato rivelare ad anima viva. I miei genitori, orgogliosi di me sotto ogni singolo aspetto della mia vita, non hanno idea di ciò che ho loro nascosto per questo così lungo lasso di tempo. Io sono lesbica, e mi sono innamorata della mia migliore amica sin dal primo giorno in cui l’ho vista. Quando eravamo bambine, il nostro affiatamento si limitava al vederci spesso e al giocare insieme, ma con l’andar del tempo, il nostro rapporto ha finito per consolidarsi, diventando sempre più forte. Ora come ora, so che Brianna farebbe qualsiasi cosa se solo glielo chiedessi, unicamente in nome della nostra forte e indissolubile amicizia. Ad ogni modo, neppure la stessa Brianna è attualmente a conoscenza della mia vera natura, e a dirla tutta nessuno lo è, ed è per tale ragione che ad oggi tento di nascondere la cosa passando gran parte del mio tempo con il mio fidanzato Adam. Ci siamo conosciuti all’inizio del liceo, e proprio allora ho scoperto che era stato selezionato e scelto come capitano della squadra di football. Ad ogni modo, mi ha dichiarato i suoi sentimenti poco tempo dopo avermi incontrata, e per qualche strana ragione, non ho potuto fare altro che accettare. Siamo quindi diventati una coppia, ma dopo poco tempo, ho scelto di mettere fine a quel rapporto, poiché lui mi aveva inspiegabilmente tradita con una delle cheerleader mie compagne di squadra, ovvero la detestabile e altezzosa Keira Treshold. Era la solita ragazza ricca e senza cuore, che usava i ragazzi che le facevano la corte e cadevano ai suoi piedi solo ed esclusivamente per mantenere il suo status di popolarità. Non ci siamo davvero mai parlate, eppure so di odiarla. Il tempo scorre, e lei sembra non voler cambiare il suo modo di essere. Ha iniziato quella relazione con Adam alle mie spalle, e lo ha conseguentemente spinto nella sua rete di bugie e malevolenza. Ad ogni modo, ora so di essere sola e libera di essere me stessa e divertirmi, giocando la partita che la mia vita rappresenta secondo le mie regole. Attualmente, impiego il mio tempo dedicandomi ai miei numerosi hobby, che riesco sempre ad affiancare ai miei doveri scolastici. Difatti, oltre che agli estenuanti allenamenti sportivi a cui prendo parte ogni giorno dopo la fine delle lezioni, trascorro le mie giornate leggendo o praticando uno dei miei sport preferiti, ovvero il pattinaggio artistico. Ad essere sincera, scendo in pista soltanto durante i week-end, ma la cosa non mi tocca, poiché amo indossare i vestiti che una delle mie zie disegna per me, e che sfoggio soltanto durante gli allenamenti o le competizioni annuali. Ad ogni modo, coltivo questa passione sin da quando ero una bambina, e ricordo ancora con gioia il primo giorno in cui ho danzato sulla liscia e maestosa pista di ghiaccio, pur avendo paura che la stessa si sgretolasse sotto i miei piedi, facendomi cadere rovinosamente. Per mia pura fortuna, tale incidente non mi è mai capitato, e ancora oggi mi ritengo fortunata, poiché un qualunque infortunio, anche lieve, potrebbe compromettere irrimediabilmente la mia carriera di pattinatrice agonistica. Ad ogni modo, il sole splende in questo sabato pomeriggio, ed io ne sono felice, perché so che proprio oggi mi recherò alla pista di ghiaccio per i miei consueti allenamenti. Il viaggio verso la mia destinazione ha inizio, e dopo una decina di minuti, l’auto di mia madre si ferma. Sorridendo, la saluto, e mi reco subito negli spogliatoi, con in spalla il mio borsone, pieno di tutto ciò che mi serve. Il mio costume azzurro come il cielo, e i vestiti puliti e di ricambio che indosso solo dopo la fine degli allenamenti. Inoltre, porto con me i miei bianchi pattini, la cui ferrea lama è solida e stabile. Li indosso sedendomi su una panca, e decido di raggiungere le mie compagne. Saluto ognuna di loro con un sorriso e un gesto della mano, incontrando anche lo sguardo della mia allenatrice, che sorride compiaciuta. “Avremo una nuova allieva.” Annuncia, sempre sfoggiando quel sorriso. Improvvisamente, ognuna di noi punta lo sguardo sulla nuova arrivata, ed io sento il mio cuore perdere un battito, aumentando a dismisura il suo prima lento e pacato ritmo. Magnifica in un abito verde come l’erba, vedo la mia amica Brianna, che subito mi riconosce e decide di regalarmi un sorriso. Quasi istintivamente, mi avvicino e la saluto. “Se vuoi ti mostro lo spogliatoio.” Le dico, mentre il mio stato d’animo non accenna a cambiare ed io sento le guance bruciare. Brianna sorride, e annuendo, si lascia guidare. La conduco quindi nello spogliatoio, procedendo a lasciarla da sola perché si cambi. Raggiungendo le altre ragazze, che ora pattinano secondo le istruzioni dell’allenatrice, aspetto che ne esca, non esitando a voltarmi verso la porta che conduce agli spogliatoi, attendendo che la maniglia si abbassi e che la stessa venga aperta. Dopo pochi minuti, la mia pazienza viene premiata, e voltandomi, vedo Brianna avvicinarsi a me. Sorprendentemente, vuole starmi più vicina del solito. “Mi aiuteresti?” chiede, quasi provando vergogna, sentendosi costantemente seguita e giudicata dagli sguardi delle altre. “Certo!” rispondo, regalandole un sorriso e iniziando a pattinare raggiungendo quindi il centro della pista. “Vieni.” La incoraggio, tendendole una mano per convincerla a seguirmi. Per qualche strana ragione, Brianna è ora muta, e non osa muoversi. È spaventata e titubante, e teme certamente di cadere. Accenna a muovere qualche indeciso passo in avanti, lasciando che le lame dei suoi pattini scivolino sul ghiaccio. Notando la sua insicurezza, una compagna le passa accanto, e spingendola lievemente, finisce per farla cadere. Si scusa subito dopo, ma io, che assisto inerme alla scena, noto sul volto di quella ragazza un malevolo sorriso, che si mischia alla maliziosa risata delle altre perfide amiche. Quella ragazza porta il nome di Angel, ma sono convinta che non se lo meriti affatto. È cattiva, e ha ricoperto anche me con i suoi pesanti scherzi e le sue angherie, fino al giorno in cui il mio carattere forte e deciso non mi ha permesso di esplodere e chiudere ogni rapporto che avevo con lei. Ad ogni modo, il tempo scorre, e Brianna è ancora a terra. Fatica a rialzarsi, continuando a scivolare sul ghiaccio e lamentandosi per il dolore alle ginocchia. Avvicinandomi, le tendo nuovamente la mano, che lei afferra utilizzandola come ancora di salvezza. “Grazie.” Dice, sorridendo e riuscendo finalmente a rimettersi in piedi. “Di niente.” Rispondo, sorridendo a mia volta. “Non allontanarti dal corrimano.” La avverto, sperando che accetti e faccia tesoro del mio consiglio. Pattinando lentamente, lo raggiunge, e posandoci una mano, sembra aver acquistato sicurezza. I graffi che ha sulle ginocchia la limitano nei movimenti, ma sopportandone il dolore, continua stoicamente ad andare avanti, non dando ascolto alle parole di nessuno se non le mie unite a quelle della nostra allenatrice. Lentamente, arriva per noi l’ora di andarcene. Entro nello spogliatoio dopo aver salutato le mie amiche, e procedo a cambiarmi indossando i vestiti che porto all’interno del mio borsone. Una sobria e leggera maglietta bianca abbinata ad un paio di altrettanto leggeri pantaloni. Dopo essermi cambiata, raggiungo l’auto di mia madre, salendovi senza proferire parola. Il viaggio verso casa ha quindi inizio, e la noia mi porta a sbuffare e abbassare il capo. Mia madre è concentrata sulla guida, ma decido di volgermi uno sguardo preoccupato. “Stai bene?” sembra chiedermi, pur mantenendo un religioso silenzio. Prendendo parte a quel gioco di sguardi, annuisco, in modo da vederla sorridere ed evitarle ulteriori preoccupazioni.  Non appena arrivo a casa, decido di chiudermi nella mia stanza. Porto quindi a termine i miei doveri scolastici, consumando la mia cena e sprofondando nel sonno, attendendo quindi l’inizio di un nuovo giorno. Le ore notturne passano, e il mio pensiero si concentra su Brianna. So bene di amarla, ma lei non ne ha idea. Vorrei davvero dirglielo, ma temo la sua reazione. Non so infatti cosa accadrebbe se non accettasse i miei sentimenti, essendo quasi sicura di sprofondare in una voragine di malessere. Ora come ora, ho un’unica certezza, ovvero quella di essere una semplice ragazza, una cui amicizia le sta lentamente cambiando la vita. Sono ora codarda, e provo vergogna per me stessa, ma so che un giorno, in un futuro non troppo lontano, mi confesserò a lei, rivelandole la vera me stessa, ossia quella che da anni continuo a nasconderle.
 
 
 



 
Capitolo II


L’innocenza dei miei giorni


Tre lunghe settimane sono appena trascorse, e quello odierno è un nuovo giorno di scuola. Mi sveglio di buon’ora, e dopo essermi accuratamente preparata, mi reco a scuola venendo accompagnata da mia madre. Il silenzio è rotto unicamente dal sibilare del vento, che ignoro ammirando l’azzurro e terso cielo, che sembra seguirci per tutta la durata del nostro viaggio. Raggiungo in poco tempo la mia destinazione, dirigendomi verso la mia aula, e scopro di essere in netto anticipo. La classe è infatti praticamente vuota, e non c’è davvero nessuno, fatta eccezione per Brianna, che è ora silenziosamente impegnata a rileggere i suoi appunti. Lentamente, mi avvicino al suo banco, e decido di sedermi accanto a lei. Non accenna a parlarmi, ed evitando di distrarsi, mi scrive velocemente un bigliettino, che dispiego e leggo in silenzio. “Grazie.” Dice, forse alludendo ai nostri allenamenti avvenuti tempo prima. Istintivamente, le sorrido, vedendola quindi alzarsi in piedi. Mentre è nell’atto di farlo, noto che i graffi che aveva sulle ginocchia sono ora scomparsi, e che una piccola cicatrice ha preso il loro posto. I nostri compagni ci raggiungono, salutandoci amichevolmente. In poco tempo, la lezione ha inizio, e con la fine della stessa, sopraggiunge l’intervallo. Alzandomi in piedi, guadagno la porta dell’aula, ma sento una voce che mi ferma. Quella stessa voce chiama il mio nome, ed io mi volto istintivamente, notando il viso di Brianna. “Ho bisogno del tuo aiuto.” Mi dice, afferrandomi un polso e conducendomi verso il banco che condivido con lei. Subito dopo, la vedo frugare nel suo zaino, scoprendo che ne tira fuori il suo libro di scienze. “Ho parlato con il coach, e dice che mi servono voti migliori per restare in squadra, mi aiuterai?” Dice, terminando quel discorso con una domanda. Per qualche secondo, scelgo di tacere, ed inizio a riflettere. Anche se da meno tempo rispetto a me, Brianna è stata accettata nel gruppo delle cheerleader, ma dedicando troppo tempo agli allenamenti, ha involontariamente fatto in modo che i suoi voti calassero come la febbre di un malato, e per tale ragione, rischia di essere espulsa dalla squadra. “Senz’altro.” Rispondo, sorridendole e decidendo di aiutarla. “Studieremo a casa mia?” propongo, sperando segretamente che accetti. Alle mie parole, non risponde, limitandosi ad annuire. Voltandomi, le do le spalle, ponendo fine alla nostra conversazione. Raggiungo quindi la biblioteca scolastica, unico posto dove so di poter leggere tranquillamente, senza pericolo di essere disturbata. Camminando, mi metto alla ricerca di un buon libro, trovando interesse per un romanzo posto su uno scaffale poco più alto di me. In punta di piedi, decido di prenderlo, sedendomi ad uno dei lignei tavoli presenti, ed iniziando la mia muta lettura. L’intervallo termina prima che io riesca ad accorgermene, e per tale ragione, sono costretta a correre per evitare di far tardi a lezione. Arrivo comunque in ritardo, ma l’insegnante decide di perdonarmi, ed io occupo silenziosamente il mio posto accanto a Brianna, che mi scrive l’ennesimo bigliettino, suo unico modo di parlarmi senza essere redarguita dall’insegnante, che prosegue imperterrito la sua spiegazione. “Non vedo l’ora.” Dice, stavolta riferendosi al pomeriggio che passeremo insieme. “Anch’io.” Le sussurro, facendo comunque in modo di non essere scoperta. Ad ogni modo, le lezioni volgono al termine, ed esco da scuola assieme a Brianna. Cammino con il mio zaino sulle spalle, e lei fa lo stesso, seguendomi come un cucciolo smarrito. Sorrido per la presenza del sole nell’ancora azzurro cielo, e respiro a pieni polmoni. La docile aria mi lambisce il viso, solleticando i miei occhi, e facendomi provare un’indescrivibile sensazione di libertà. Raggiungo quindi l’aiuto di mia madre, informandola riguardo a Brianna. Guardandomi, mia madre le da il permesso di venire a casa con noi, in maniera tale da permetterci di studiare assieme subito dopo pranzo. Il viaggio verso casa è letteralmente fulmineo, e una volta arrivate, mostro a Brianna la mia stanza. Essendo nata con una congenita fobia per le altezze, è letteralmente terrorizzata all’idea di salire le tre rampe di scale che portano a quello che io considero il mio nido. Vedendomi ferma su uno scalino più in alto rispetto a lei, mi tende la mano in attesa di aiuto, ed io afferro le sue magre e affusolate dita laccate di un pallido rosa, provando una sensazione mai sperimentata prima. Incoraggiandola, la aiuto a salire, e raggiungo la mia stanza vedendola seguirmi. “Da dove iniziamo?” chiedo, sedendo alla mia scrivania e preparando per lei una sedia. Posando il suo sguardo su di me, siede in silenzio, aprendo il suo zaino ed estraendo i suoi libri. “Da dove vuoi.” Risponde, stringendosi nelle spalle. Imitandola, decido di iniziare dal primo capitolo del nostro libro di testo. Le faccio quindi da insegnante, chiedendole quali siano i suoi dubbi, e aiutandola a scrivere dei riassunti volti a farle imparare con facilità ogni argomento. Dopo aver passato due intere ore curve sui libri, Brianna ed io ci concediamo una pausa, sedendo entrambe sul mio letto. Mantenendo il silenzio, attendo che proponga qualche attività, sentendola poi pronunciare una frase che di sicuro non dimenticherò mai. “Ti va di stare insieme?” Chiede, avvicinandosi a me con fare quasi furtivo. Dato il suo comportamento, in me sopraggiunge una sorta di paralisi, che mi impedisce qualunque movimento. “Che intendi?” ho il solo coraggio di chiederle, quasi arrossendo in viso. “Per divertirci.” Chiarisce, guardandomi negli occhi e regalandomi un sorriso. “Va bene.” Le rispondo, proponendole di andare a fare una corsa. Entrambe amiamo lo sport, e conoscendo la mia amica quasi meglio di me stessa, sapevo bene che avrebbe accettato. Subito dopo, uscì dalla mia stanza, e scendendo le scale si diresse verso la porta di casa. Uscii assieme a lei, iniziando a correre al suo fianco. Correndo, respiravo a pieni polmoni, sentendo che l’aria pomeridiana me li accarezzava gentilmente. Sorridevo, e mantenendo un ritmo sostenuto e regolare, mi sforzavo di tenere il passo di Brianna, sempre pochi passi di fronte a me. Durante la corsa, sentii le gambe deboli, ed un acuto dolore al petto mi costrinse a fermarmi. Tentai quindi di rallentare, e non appena ci provai, caddi in terra svenuta. Rimasi quindi priva di coscienza, e durante tale periodo ero completamente cieca. Il buio regnava attorno a me, ed io non sentivo nulla. Poco dopo, provai una strana sensazione. Era come se qualcuno o qualcosa stesse comprimendo il mio torace, tentando di salvarmi la vita. Poco prima di svegliarmi, temetti di perdermi. Ero certa che l’innocenza dei miei giorni sarebbe presto giunta alla fine, ma riuscii fortunatamente ad aprire gli occhi, scorgendo l’ancora indistinta figura di Brianna, che ora sorrideva, ed era evidentemente felice di vedermi. Senza proferire parola, la guardai confusa, e aspettai che si spiegasse. “Mi dispiace tantissimo, ma per fortuna stai bene.” Mi disse, sorridendo e lasciando che una lacrime le rigasse il viso. Istintivamente, gliel’asciugai, e ledi decise di portarmi subito da un medico. Raggiunsi quindi l’ospedale al suo fianco, dovendo appoggiarmi a lei per camminare. Ero ancora intorpidita dal precedente svenimento, e i miei movimenti erano ancora incerti. Brianna mi aveva letteralmente salvato la vita, e le ero grata, ma rabbrividii non appena ascoltai il parere del dottore. “Ti sei scaldata troppo.” Disse, in tono serio. “ Devi stare attenta, o dovrai dire addio allo sport.” Continuò, facendomi letteralmente raggelare. “Non accadrà.” Disse Brianna, difendendomi e facendo le mie veci. Guardandola, la ringraziai silenziosamente, lasciando assieme a lei lo studio del medico. Mi riaccompagnò quindi a casa, e passò il resto del pomeriggio al mio fianco. Una volta arrivate, riprendemmo gli studi lasciati in sospeso, e notai con piacere che ora sembrava aver appreso ogni singolo argomento. Riusciva a ricordare ogni nozione imparata, ed io non potevo che essere fiera di lei. Ad ogni modo, alcune ore passarono, a per lei arrivò il momento di tornare a casa, ed io dovetti salutarla. Vedendo l’auto di sua madre avvicinarsi a casa mia, decisi di accompagnarla alla porta. Le afferrai quindi il polso, e prima che potessi muovermi, la vidi compiere la migliore delle azioni. Si avvicinò lentamente a me, e mi baciò sulle labbra. Dati i miei sentimenti per lei, non tentai in alcun modo di muovermi, pur non approfittando di quel momento. Attesi quindi che si allontanasse da me,  vedendo dipinta sul suo volto un’espressione alquanto mesta. “Scusa.” Continuava a ripetere, indietreggiando ogni volta che tentavo di avvicinarmi a lei. in quel preciso istante, provai una stranissima sensazione di calore in tutto il corpo, e per qualche strana ragione non riuscii a tenere a freno la lingua, pronunciando una frase che non avrei mai creduto di riuscire a formulare in sua presenza. “È stato meraviglioso. Le dissi, non potendo quindi evitare di sorridere. Guardandomi negli occhi, Brianna sorrise a sua volta, lasciando andare la mia mano e raggiungendo autonomamente la porta di casa mia, dalla quale uscì senza dire una parola. Salutandola dalla finestra della mia stanza, non mi mossi, sedendomi sul letto e sdraiandomi subito dopo. Le mie guance erano bollenti, e il mio corpo era tutto un fremito. Quel bacio mi aveva davvero resa felice, portandomi a provare la miglior sensazione della mia vita. Ad ogni modo, un ampio e luminoso sorriso si materializzò sul mio volto fino a che non mi addormentai. Nel mio sonno, pensai, concludendo di essere ormai sicura dei miei sentimenti, e sapendo che gli stessi avevano appena decretato la fine dell’innocenza dei miei giorni.
 
 


 
 
 
Capitolo III
Problemi scolastici
Il sole mattutino decreta l’inizio di una nuova giornata, ed io mi sveglio con la ferma e precisa intenzione di prepararmi per la scuola. Dopo una sana e robusta colazione, decido di liberarmi del pigiama vestendomi, procedendo quindi a raggiungere la scuola a piedi. Questa mattina sono sveglia e piena di energie, e la mia amica Brianna mi ha suggerito di unirmi a lei nel tragitto fino a scuola. Sorridendo, ho accettato la sua proposta, trovandomi a camminare al suo fianco verso una meta comune, che raggiungemmo dopo circa una ventina di minuti. Sorprendentemente, il viaggio a piedi risulta essere più corto, poiché spostarsi in macchina equivale a restare fermi nel traffico e nello smog cittadino anche per delle ore. Il tempo scorre e noi ci avviciniamo alla nostra aula, destando ad ogni modo l’attenzione degli altri studenti. Uno di loro, che evito di guardare negli occhi, ci sta fissando con amarezza, ed io  non riesco a spiegarmi il motivo di tale comportamento. Tentando di ignorarlo, non lascio il fianco di Brianna finchè non arriviamo in aula e la lezione ha inizio. Ascoltando attentamente l’insegnante, decido di ignorare anche gli innumerevoli biglietti che mi scrive, evitando di leggerli perfino mentalmente. Le ore passano, e il trillo della campanella segna l’inizio dell’intervallo, nostro unico momento di libertà e svago. Come ogni giorno, mi alzo in piedi dirigendomi verso la porta dell’aula, e avendo tutta l’intenzione di uscirne, non arresto il mio cammino. Ad ogni modo, tutto cambia quando vedo qualcosa scivolare fuori da uno dei miei libri. È l’ennesimo bigliettino di Brianna, che leggo nel mio solito e mero silenzio. “Sta attenta.” Dice, facendo suonare in me una sorta di campanello d’allarme, che mi invita a stare lontana da chiunque. Mantenendo la calma, decido di uscire dall’aula, venendo tuttavia bersagliata dagli sguardi dei miei compagni non appena ne vengo fuori. Cammino lentamente nel corridoio, e sembra che tutti mi fissino con sguardo malevolo. Non so cosa vogliano da me, ma guardandomi intorno, mi accorgo della presenza di un ragazzo, Adam. Mi guardava fissamente, e sembrava volermi dire qualcosa con il solo sguardo. Istintivamente, mi allontanai, trovando rifugio nel bagno delle ragazze. Mi sciacquai il viso e le mani, sperando che il timido e lento scorrere dell’acqua lavasse via la mia paura e i miei sentimenti negativi. Alzando lo sguardo verso lo specchio del bagno, vidi il riflesso di Brianna. Mi aveva raggiunta, e per qualche strana ragione, il suo naso sanguinava. “Che ti è successo?” le chiesi, preoccupata. “È stato Adam.” Disse, asciugandosi una lacrima e parte del sangue che ancora sgorgava. “Mi ha picchiata perché gli ho rubato la fidanzata.” Continuò, ricominciando a piangere. Guardandola negli occhi, le cinsi un braccio attorno alle spalle, tentando di consolarla. Subito dopo, la sentii spingermi contro il muro, e iniziare a baciarmi. Non mi sottrassi minimamente alle sue manifestazioni d’affetto, chiave del nostro vero amore. Dopo averla aiutata, scelgo di uscire dal bagno, notando che Adam mi stava aspettando. “Non ero abbastanza, vero? Preferisci le ragazze?” chiese, con un tono che lasciava trasparire tutta la sua rabbia. Fu questione di un mero attimo, ed io mi ritrovai nuovamente schiacciata contro il muro. Rimasi immobile e ferma come una statua. La paura mi portò a chiudere gli occhi, e di colpo sentii un suono sordo e soffocato. Riaprendo gli occhi, vidi la mano di Brianna stringere il pugno di Adam, che aveva evidentemente tentato di farmi del male. “Lasciami stare! Le disse, tentando di divincolarsi e liberare il pugno dalla sua ferrea presa. “È la mia ragazza, e non permetterò che qualcuno le faccia del male.” Mi difese Brianna, avvicinandosi a me. Subito dopo, la presi per mano, e mi avviai verso la nostra aula. “Perché l’hai fatto?” le chiesi, durante il tragitto. “Perché ti amo, Allison Brown.” Disse, sorridendomi e appoggiando le sue labbra alle mie. “Anche io ti amo, Brianna Lancaster.” Risposi, baciandola a mia volta. Tornando in classe, preparai i miei libri per la lezione seguente, ovvero una stimolante ora di scienze, nella quale Brianna riuscì ad eccellere dopo tutti i miei insegnamenti. Le risposte corrette e complete che diede all’insegnante, le valsero un altissimo voto sul registro, di cui lei andò fiera. “Non ce l’avrei mai fatta senza di te.” Mi disse, sorridendo. “Era solo un favore.” Risposi, guardandola negli occhi e indicandole il suo quaderno. Alla fine di una pagina, avevo scritto una specie di piccolo messaggio, semplicemente per farle sapere che le volevo bene. Ad ogni modo, anche l’ultima ora di scuola passò in fretta, e dopo aver rimesso ognuno dei miei libri nello zaino, mi avviai con Brianna verso l’uscita della scuola. Raggiungendo quindi il parcheggio, intravidi l’auto di mia madre, e mi avvicinai fino ad entrarci salutando Brianna, che al contrario di me, tornava a casa in pullman. La salutai guardando fuori dal finestrino dell’auto di mia madre, che ora guidava con grande attenzione. “Siete davvero amiche.” Osservò, vedendomi sorridere. “È vero.” Mi limitai a rispondere, ancora impegnata a guardare il pullman sparire in una curva stradale. Subito dopo, guardai dritto di fronte a me, non riuscendo a vedere nient’altro che gli occhi di mia madre, ora incollati alla strada. Una volta arrivata a casa, mi fiondai letteralmente nella mia stanza, ed estrassi il cellulare dal mio zaino. Subito dopo averlo preso in mano, scopro di aver ricevuto un messaggio da parte di Brianna. Mi ha appena inviato una sua foto, che procedo a salvare e inserire nella galleria fotografica del mio cellullare. Ad ogni modo, non riesco letteralmente a staccare gli occhi da quella bellissima immagine. I suoi bellissimi e lucenti capelli neri, che sposano alla perfezione due occhi di un azzurro profondo quanto l’oceano. Lei è la ragazza che amo, e ora so finalmente che i miei sentimenti sono corrisposti e ricambiati, ragion per cui, credo che nulla potrà mai riuscire a dividerci o indebolire il nostro legame. Insieme, ignoreremo ogni pregiudizio, e continueremo ad amarci nonostante i problemi e le numerose avversità della vita. Il tempo continuerà a scorrere, e le opinioni della gente non cambieranno, ma a noi non importa, poiché anche essendo solo due piccole, mere ed insignificanti gocce nell’oceano dell’amore, sappiamo che un giorno io lei diventeremo una cosa sola.
 
 


 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo IV
Silenzi e segreti


Un intero mese è terminato, e la mia relazione con Brianna procede nel migliore dei modi. Noi due ci amiamo, e abbiamo deciso di festeggiare il nostro primo mese insieme come una vera coppia. A tal proposito, le ho proposto di andare a pattinare come ogni fine settimana, pur facendolo in maniera diversa dal solito. Ci andremo con la ferma e precisa intenzione di passarci l’intero pomeriggio, e sperando di divertirci come mai prima d’ora. Ad ogni modo, attesi impaziente l’ora di pranzo, consumando il mio pasto senza proferire parola, e volgendo il mio sguardo sul mio cellulare più di una volta. Avevo inviato un messaggio a Brianna qualche minuto prima, e il fatto che non rispondesse con la solita e incalcolabile rapidità precedentemente mostrata, mi preoccupava. Nascondendo le mani sotto al tavolo, tenevo il cellulare in mano, continuando a scriverle e sperando che rispondesse. Subito dopo pranzo, tornai nella mia stanza e aprii l’armadio, volendo semplicemente preparare il mio borsone per la giornata alla pista di ghiaccio. Vi misi dentro il mio costume azzurro e dei vestiti di ricambio, non dimenticando ovviamente il mio telefonino e una bottiglietta d’acqua fresca, vista e considerata la canicola e l’afa che predominano in questa calda primavera. Prima che io possa aver modo di accorgermene, l’orologio in cucina segna le quattro del pomeriggio, ovvero l’orario prestabilito per il mio incontro con Brianna. Volendo evitare di arrivare in ritardo, chiedo a mia madre di accompagnarmi, ma lei afferma di non poter realizzare il mio desiderio poiché troppo impegnata con le faccende di casa. Mio padre è ancora al lavoro, e per tale motivo non mi resta che ricorrere a misure drastiche. Personalmente, odio i mezzi pubblici, ma essendo gli stessi il mio unico mezzo di trasporto per raggiungere Brianna, non mi resta altro da fare che attingere ai miei risparmi guadagnati con numerosi lavoretti part-time e salire sul primo autobus per la mia destinazione. Rimanendo sfortunatamente imbottigliata nel traffico, arrivo in ritardo alla mia sorta di appuntamento, e spero segretamente che Brianna non si arrabbi. Scendendo in pista, la vedo. È già pronta ed è bellissima come sempre. I suoi lunghi e neri capelli le ricadono morbidi sulle spalle, e lei fa dei giri su sé stessa, che la fanno apparire aggraziata e leggiadra. Avvicinandomi lentamente, le prendo la mano, volendo semplicemente evitare che perda l’equilibrio. Ad ogni modo, Brianna mi lascia quasi andare, volendo mostrarmi quello che ha imparato durante gli allenamenti. Allontanandomi per farle spazio, la vedo fare un giro su sé stessa, e successivamente esibirsi in una piroetta colma di perfezione. Poco tempo dopo, venendo forse distratta dalle perfette e aggraziate movenze di Brianna, finisco per scivolare, ma vengo comunque aiutata da lei stessa, che mi sorregge cingendomi un braccio attorno alle spalle. “Fa più attenzione.” Mi avverte, lasciandosi sfuggire una risata. Guardandola negli occhi mi unisco alla sua ilarità e pattino al suo fianco. Il tempo scorre, e noi due pattiniamo l’una accanto all’altra. Ad ogni modo, decidiamo di prenderci una pausa, levandoci i pattini una volta arrivate nello spogliatoio. “Come ti senti?” mi chiede, spinta da una genuina e apprezzabile curiosità. “Sto bene.” Rispondo, sorridendole debolmente. “Ho una cosa per te.” Dice, iniziando a frugare nel suo borsone. Posando il mio sguardo su di lei, la vedo estrarne un’argentea collana. Istintivamente, mi alzo in piedi, vedendola girarmi intorno e mettermela al collo. “Ti piace?” mi chiede, sorridendo.  “Sì.” Mi limito a rispondere, abbracciandola in segno di gratitudine. La stringo in un abbraccio, e per qualche strana ragione, la sento gridare. Con movimenti fulminei, mi ritraggo, tornando a sedermi sulla panca lì vicino. “Che cos’hai?” le chiedo, visibilmente preoccupata. “È la mia gamba.” Risponde, guardandomi e mostrando il mio stesso stato d’animo. “Mi fa davvero male.” Continua, appoggiandola sulla panca e iniziando a toccarsi la caviglia. Provando istintivamente pena per lei, mi offro di massaggiargliela, e noto che lei mi lascia sorprendentemente fare. Mi avvicino e inizio a muovere le mani lungo tutta la sua gamba, sperando in tal modo di offrirle sollievo. In quel preciso istante, i suoi occhi sembrano brillare, e le mie guance ricominciano a bruciare, proprio com’è accaduto tempo prima. Un mero secondo svanisce dalle nostre vite, e in quel lasso di tempo ci troviamo abbracciate e intente a baciarci. Sappiamo che la pista sta per chiudere, ma la cosa non ci tocca. Ora siamo sole, e questo è ciò che conta. Ad ogni modo, non avendo alcuna intenzione di finire nei guai, decidiamo d tornare a casa. Raggiungo quindi l’uscita della pista assieme a Brianna, che sembra avere tutta l’intenzione di accompagnarmi alla fermata dell’autobus. Pur apprezzando il suo gesto, la fermo, dicendole che vista l’ora ormai tarda, nessun pullman potrà portarmi a casa. Nonostante ciò che ha appena sentito, Brianna non si scompone e mi sorride. Guardandola negli occhi, mi chiedo cos’abbia in mente, limitandomi a seguirla. “Sali.” Mi dice, indicando la sua bicicletta e montando sul sellino. Sorridendo, la ringrazio, e stringendomi nelle spalle, mi siedo proprio dietro di lei. Da quel momento in poi, Brianna afferra saldamente il manubrio della sua bici e inizia a pedalare verso casa mia. Conoscendomi letteralmente da una vita, sa benissimo dove abito, e procede quindi ad accompagnarmici. Una volta arrivata, scendo dalla sua bici e mi avvio verso la porta di casa, salutandola prima di richiudermi lentamente la porta alle spalle. Sfinita dalla stanchezza, comprendo di non avere la forza di salire le scale, ragion per cui decido di sedermi sul divano, addormentandomi davanti alla televisione ora accesa. Il mio borsone giace ai miei piedi, e improvvisamente sento una sorta di ronzio provenire dallo stesso. Incuriosita, lo apro, e scopro che il mio cellulare sta vibrando. Un ennesimo messaggio da parte di Brianna. Non che io li disprezzi, anzi, al contrario, ma leggendolo scopro che è molto più enigmatico degli altri. “C’è qualcosa di cui devo parlarti.” Dice stavolta, suonando come una sorta di supplica o preghiera. “Puoi farlo benissimo.” Le rispondo, notando il suo nervosismo e tentando di rassicurarla. “Ci vediamo domani.” Risponde a sua volta dopo alcuni minuti. Subito dopo aver letto quel messaggio, spengo il cellulare, poggiandolo sul tavolo del salotto. Cado nuovamente preda di un profondo sonno, e mi risveglio la mattina seguente, ritrovandomi sdraiata sul mio letto. Inizialmente stranita, concludendo che uno dei miei genitori deve avermi trasportata in camera mia prendendomi i braccio, poiché sono una ragazza davvero minuta e leggera. Così, il ciclo ricomincia, ed io mi preparo per la mia nuova giornata scolastica. Raggiungendo la scuola grazie a mia madre, mi unisco a Brianna, ancora impegnata a camminare negli ampi corridoi scolastici. Per qualche strana ragione, appare persa, e sembra perfino aver dimenticato l’ubicazione della nostra aula. Avvicinandomi, decido di accompagnarla. “Che stavi facendo?” le chiedo, stranita dal suo comportamento. “Scusa, forse pensavo ancora a ieri.” Disse, tentando di giustificarsi. Ad ogni modo, lasciando che quel ricordo si faccia spazio nella mia mente, sorrido cingendole un braccio attorno alle spalle. Raggiungiamo quindi la nostra aula insieme, pur venendo notate da Adam, che vedendomi in sua compagnia, mi rivolge un’occhiata colma di odio. Le lezioni hanno inizio poco tempo dopo, e proprio come in una sorta di ormai dimenticato rituale, Brianna inizia a scrivermi dei bigliettini. “È davvero importante.” Dice ognuno degli stessi ogni volta. “Che succede?” le chiedo, incuriosita e al contempo preoccupata. “Te lo dirò dopo.” Mi sussurra, sfiorandomi lentamente una mano. Istintivamente, le sorrido, tornando a guardare il mio libro di letteratura. Le ore scolastiche passano, e l’intervallo fa il suo ingresso nella giornata. Rinunciando a uscire dall’aula come ogni giorno, scelgo di parlare con Brianna, che appare davvero preoccupata. “Seguimi.” Dice, iniziando a correre per l’intera scuola. Pur ansimando per la stanchezza, non  rinuncio a seguirla, raggiungendo assieme a lei la palestra scolastica. “Che ci facciamo qui?” le chiedo, stranita e leggermente imbarazzata. “Finalmente posso parlarti.” Dice, avvicinandosi a me e prendendomi le mani. “Dovrò andarmene.” Continua, facendomi preoccupare. “Mi allenerò per una gara di pattinaggio, ma dovrò restare in Germania.” Conclude, abbassando il capo e iniziando a piangere. ”È sempre stato il tuo sogno!” le dico, tentando di rassicurarla e mostrandomi felice per lei. “Ci rimarrò per due anni.” Chiarisce, continuando a piangere e tirando su col naso. “Non ti dimenticherò.” Le dico, in tono serio. “Ti amo.” Continuo, baciandola subito dopo. Brianna accettò di buon grado quel bacio, ricambiandolo con impeto e passione. Subito dopo, l’accompagnai nel bagno delle ragazze, dove lei si ripulì il viso bagnato dalle lacrime e corrotto dal dolore. Subito dopo, tornammo in classe camminando l’una al fianco dell’altra, e seguimmo con interesse le ultime due ore di lezione restanti, per poi tornare a casa in sella alla sua bici. Non appena tentai di entrare in casa mia, Brianna mi fermò, stringendomi il polso e invitandomi a stare da lei. “Per me non è un problema.” Disse, sorridendomi e riuscendo a convincermi. Rimettendomi quindi la chiave della porta in tasca, decisi di seguirla fino a casa sua, fortunatamente poco distante dalla mia. Una volta entrate, fummo entrambe accolte dai suoi genitori, che mi salutarono riservandomi lo stesso calore degli anni ormai passati. Subito dopo il pranzo, che consumai discorrendo animatamente con la famiglia di Brianna, lei mi invitò ad andare nella sua stanza. Stringendomi nelle spalle, annuii, seguendola per l’intero corridoio. Quando vi entrai, il suo letto fu la prima cosa che vidi. Mi ci sedetti sopra vedendola imitarmi dopo poco tempo, e subito dopo ricominciai a baciarla come avrei voluto fare da ormai due intere ore. Ad ogni modo, i minuti scorrono diventando ore, e con l’andar del tempo le nostre effusioni sembrano intensificarsi. Dopo una lunga ora, Brianna si stacca improvvisamente da me, apparendo ai miei occhi impaurita. Che hai?” le chiedo, preoccupata. “Ho un segreto.” Risponde, tacendo subito dopo. “Parla.” la incoraggio, sperando che si apra a me come una porta. “Non so come dirtelo.” Esordisce, tremando come una foglia. “Fallo.” La esorto, avvicinandomi a lei. “Ti ho sempre amata, Allison, e vorrei andare avanti.” Dice, mentre il suo corpo viene scosso da tremiti sempre più evidenti. “Ti capisco, ma non sono pronta.” Le rispondo, alzandomi e avvicinandomi alla porta, segretamente sperando di non deluderla. Iniziando inspiegabilmente a piangere, Brianna mi prega di aspettarla, ma io la ignoro, poiché pur amandola, preferisco preservare la mia integrità per una mia prossima maturazione. Ad ogni modo, voglio che sappia che la amo, e che non intendo porre fine al nostro amore.
 
 
 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Capitolo V


Lontananza


Il tempo. Sta scorrendo lentamente, e ora che Brianna è partita lo stesso sembra letteralmente fermo e immobile. Se n’è ormai andata da una settimana. Una lunga settimana che sembra non aver fine. Sin da quando mi ha lasciata, ho cercato di trovare un modo per non pensare a lei, pur non volendo assolutamente dimenticarla. La amo incondizionatamente e con tutta me stessa, e so davvero di non poter più sopportare la nostra lontananza. Inoltre, la mia pazienza sta iniziando ad assottigliarsi come ghiaccio, e so benissimo di non poter più nascondere il nostro amore. Ora come ora, vorrei davvero che lei fosse qui con me. A scuola tutti i miei compagni hanno scoperto la nostra relazione, e sin da allora mi prendono sempre pesantemente in giro. “Sei depressa?” mi dicono. “Ti manca la tua ragazza?” aggiungono, con toni che lasciano trasparire tutta la loro incredibile cattiveria. Nella maggioranza dei casi, mi arrabbio moltissimo, finendo spesso per rifugiarmi nel bagno delle ragazze, unico luogo dove posso nascondermi e piangere sapendo di essere sentita. Ad ogni modo, so bene che questo non è ciò che Brianna vorrebbe, ragion per cui ho smesso di infuriarmi, divenendo completamente passiva alle loro angherie. È come se la mia anima fosse stata appena plastificata, così che le ingiurie e le cattiverie mi scivolino addosso come liquido e sfuggevole sapone. So bene che forse lei non mi crederebbe e non approverebbe il mio comportamento, ma ora che lei non c’è ed ho davvero bisogno di lei, ho cercato di sopprimere la sua mancanza trovando conforto nell’alcol. Lo stesso, mi scorre come un fiume nelle vene e nel sangue, ma c’è un lato positivo. Il vino e la birra che bevo senza sosta mi annebbiano il cervello, e questo basta a fare in modo che io dimentichi ed elimini i miei problemi. Ad ogni modo, so bene che l’alcool finirà per spingermi in un intricato labirinto senza uscita, ragion per cui, ho deciso di provare più volte a smettere di bere, seppur fallendo nel mio intento o finendo per ottenere scarsi risultati. Le mie notti sono bianche e insonni, poiché nel silenzio attendo un segno da parte di Brianna. Una chiamata o un messaggio mi renderebbe felice, e pur sapendolo, lei non si decide a chiamare. A volte, vorrei davvero prendere in mano il cellulare e comporre il suo numero, ma una singola condizione mi frena. È partita per l’estero, e il mio cellulare non può raggiungerla, perciò non mi resta che aspettare che sia lei a farlo. I miei giorni passano, consumandosi come la cera di un’ormai vecchia e spenta candela, e finalmente, dopo un intero mese di silenzio, il mio cellulare ha ripreso a squillare. Felice come una bambina nel giorno di Natale, lo prendo subito in mano, e senza controllare il numero, rispondo alla chiamata. “Mi manchi tantissimo.” Sento dire da una voce che scopro essere quella della mia amata Brianna. “Anche tu.” Le rispondo, tentando di celare la mia immensa tristezza unita alle lacrime che sgorgano rigandomi irrimediabilmente il volto. “Com’è la Germania?” le chiedo, attendendo una sua risposta. “Meravigliosa.” Dice, tacendo subito dopo. “Tu che mi dici?” azzarda, volendo forse solo sentire la mia voce dopo quel così lungo lasso di tempo. “Ti rivoglio qui.” Ammetto, sperando di chiarire le mie intenzioni nei suoi confronti. “Vorrei davvero esserci, ma non posso.” Mi risponde, con voce rotta dall’emozione. “Sappi che ti amo.” Dice, mettendo quindi fine alla telefonata. “Anche io.” Rispondo, poco prima che la nostra conversazione telefonica abbia fine. Da quel momento in poi, non sento altro che il suono della linea che si interrompe, facendomi trovare quindi costretta a spegnere il cellulare. Dopo averlo spento, mi sdraio sul letto e tento di dormire, desiderando di cadere in un sonno lungo quanto la distanza che ora mi separa da Brianna.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo VI


Ritorno


Un intero anno, equivalente a dodici mesi di lungo e interminabile silenzio è appena finito. Ho quindi compiuto sedici anni, e quello odierno non potrebbe essere un giorno migliore. Oltre che quello del mio compleanno, è anche il giorno in cui Brianna mi ha promesso di tornare. Qualche giorno fa, mi ha infatti telefonato nuovamente, seppur unicamente per dirmi che la data della gara era stata anticipata, e che per tale motivo lei avrebbe potuto fare ritorno in una giornata per me così speciale. Parlandone con entrambi i miei genitori, li ho convinti ad accompagnarmi all’aeroporto per salutare Brianna, e loro mi hanno sorriso, accettando di buon grado. Ci siamo quindi messi in viaggio verso la nostra destinazione, ed io ho finito per addormentarmi, pur venendo svegliata da mia madre dopo circa un’ora. “Siamo arrivati.” Mi ha detto, facendomi letteralmente sobbalzare. Riaprendo gli occhi, attesi che mio padre parcheggiasse l’auto, procedendo a scenderne con velocità inaudita. Afferrando quindi il polso di mia madre, iniziai a correre a perdifiato verso la sala arrivi dell’aeroporto, fermandomi non appena la raggiunsi. Subito dopo, aguzzai la vista, sperando di incrociare lo sguardo di Brianna. Alcuni preziosi minuti scivolarono via dalla mia vita, e fu allora che la vidi. Maglietta nera e jeans, abbinati ad una copia esatta della collana che mi ha regalato, e che ancora oggi porto al collo. Alla mia vista, Brianna inizia subito a correre verso di me, abbracciandomi e scegliendo di baciarmi con passione inaudita. Accetto quel bacio senza proteste, iniziando tuttavia a tremare. Le mie guance bruciavano come ogni volta, e non avevo idea di come avrei potuto spiegare l’intera faccenda ai miei genitori. Ad ogni modo, poco tempo dopo aver salutato Brianna, i miei genitori incontrarono i suoi, dando inizio ad una conversazione letteralmente infinita. Quando finalmente tornammo a casa, i miei genitori decisero di farmi vuotare il sacco riguardo a Brianna. “Parla pure.” Disse mio padre, con tono e sguardo glaciali. “Stiamo aspettando.” Mi incalzò mia madre, ora in collera e con l’occhio invelenito. Mi limitavo a guardarli, e non osavo proferire parola. La paura e il timore che mi incutono sono davvero insostenibili, e io sudo freddo. “Chi era quella ragazza?” chiese mio padre ancora visibilmente iroso. Spaventata dalla sua reazione, deglutii sonoramente, e vidi l’enigmatico sguardo di mia madre scrutare perfino l’interno della mia anima. “La mia fidanzata.” Risposi, ancora tremante e con un filo di voce. “Da quanto state insieme?” chiese mia madre, che ora sembrava più calma. “Circa un anno.” Ammisi, chinando il capo per la vergogna. “Ci hai mentito per tutto questo tempo, è inammissibile!” urlò mia madre, in preda ad un secondo accesso di collera. “Non la vedrai mai più! Disse mio padre, dando manforte alla moglie. “Mi avete stancato!” gridai, dando loro le spalle e avviandomi verso la mia stanza. “Essere chi sono non è una scelta! Aggiunsi, sbattendo violentemente la porta della mia camera. Dopo quelle urla, mi lasciai cadere sul letto, abbandonandomi ad un pianto liberatorio. Ad essere sincera, mi aspettavo che uno dei miei genitori salisse le scale e mi raggiungesse per parlarmi e discutere più civilmente, ma ciò non accadde. Rimasi quindi da sola nella mia stanza, e ancora in lacrime, composi il numero di Brianna. “È finita.” Le dissi, non appena rispose. “I miei genitori non vogliono più che ti veda.” Continuai, scoppiando a piangere e tirando su col naso. “Calmati, non finirà così.” Mi disse, rassicurandomi. Sorridendo, la ringraziai, ponendo quindi fine alla telefonata. “Ti aiuterò io.” Disse, poco prima che pigiassi l’apposito tasto. “Grazie.” Risposi, sorridendo nuovamente. Da quel momento in poi, la nostra conversazione telefonica ebbe fine, ed io sospirai, posando il cellulare sul mio comodino e sperando che Brianna avesse ragione e che tutto si risolvesse. Continuai quindi a piangere fino a che non mi ritrovai preda del sonno, che in quel momento sembrò letteralmente durare in eterno.
 
 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo VI


La volontà del cuore


L’aurora spunta anche oggi nella mia amata cittadina, e un motivato senso di ottimismo mi pervade. Proprio l’altra sera, Brianna ha promesso di spiegare ogni cosa riguardo la nostra relazione ai suoi genitori, così che i miei potessero incontrarli e discuterne arrivando ad un accordo. È mattina presto, e Brianna mi ha già telefonato. “I miei genitori ci aiuteranno.” Mi ha detto, facendomi sorridere. “Dici davvero?” le ho chiesto, non riuscendo a chiedere a ciò che avevo appena sentito. “Sì.” Ha risposto, lasciandosi sfuggire una risatina. “Hanno accettato.” Ha aggiunto, riferendosi ai suoi genitori. A quelle parole, mi sono davvero messa ad urlare di gioia. Pur mostrando il mio stesso stato d’animo, Brianna è riuscita a non scomporsi, limitandosi a ridere nuovamente. “Ci vediamo fra poco, mi ha detto, salutandomi prima di porre fine alla telefonata. Subito dopo, posai il cellulare sul comodino di fianco al mio letto, e scesi le scale raggiungendo la cucina per la colazione. Pur incontrandola e incrociando il suo sguardo, ignorai completamente mia madre, aprendo il frigorifero e cercando il cartone del latte, versandomene quindi un intero e fresco bicchiere. Dopo aver bevuto, mi concessi una fetta biscottata insaporita con del morbido burro, che morsi e consumai senza proferire parola. Ero davvero furiosa. I miei genitori avrebbero dovuto accettare il mio vero essere e sostenermi, ma hanno scelto di disprezzarmi per la realtà che mi circonda. Ora come ora, il loro giudizio è per me privo di significato. Voglio decisamente troppo bene a Brianna per abbandonarla e lasciarla andare, chiudendo quindi il nostro rapporto. Le sono davvero grata per tutto quello che sta facendo per me. Durante quest’intero anno passato al suo fianco, ho capito che anche lei mi ama davvero, e che la sua insicurezza la porta a credere costantemente di potermi perdere. Ad ogni modo, il tempo scorre, e per me arriva l’ora di pranzo. Sento quindi mia madre che mi chiama dal piano di sotto, e decido di scendere e raggiungerla. Mentre scendo trafelata le scale, vengo distratta da un rumore fin troppo conosciuto. Sento infatti il clacson dell’auto del padre di Brianna, segno che sono venuti a trovarci. Non appena scendo l’ultimo scalino, sento bussare alla porta, e la apro senza esitare. Trovo quindi Brianna e i suoi genitori davanti a me, e li invito subito ad entrare. Poco dopo, mia madre saluta gli ospiti, preparando per loro delle sedie. Ad ogni modo, il pranzo non era ancora pronto, ragion per cui, decisi di salire le scale e raggiungere la mia stanza assieme a Brianna, che mi segue senza parlare. Abbiamo appena il tempo di salire le scale, che sentiamo i nostri rispettivi genitori discutere fra di loro. “Che cosa credi che diranno?” mi chiese Brianna, ora preoccupata e seduta sul mio letto. “Spero solo che vada tutto bene.” Risposi, avvicinandomi e tentando di rassicurarla. Mi siedo quindi accanto a lei, e una strana sensazione mi pervade. Non ho mai sperimentato questa sorta di dolore misto ad una grande ed inspiegabile incertezza. Ora come ora, Brianna ed io siamo sedute l’una accanto all’altra, e una parte di me vorrebbe baciarla e passare del tempo con lei, ma un’altra, in completo disaccordo con la prima, mi intima di stare ferma e provare a contenermi. Mantenendo il silenzio, decido di provarci per il bene di Brianna, ma come al solito, le mie guance iniziano a bruciare, ardendo come mai prima d’ora. Stavolta anche il mio respiro è accelerato, e il battito del mio cuore è letteralmente impazzito. Ad ogni modo, tengo fede a quella sorta di promessa fattale mentalmente, e non oso muovermi. Indietreggiando unicamente per poggiare la schiena contro il muro e respirare chiudendo gli occhi. Brianna mi nota, e scuotendomi leggermente, mi risveglia dalla sorta di orribile trance in cui mi sono permessa di cadere. “È finita.” Dice, sorridendo. “Hanno smesso di parlare.” Aggiunge, dopo un mero attimo di silenzio. “Ti va di scendere?” mi chiede, avviandosi verso la porta della mia stanza. Alle sue parole, non rispondo, limitandomi ad annuire, scendendo dal mio letto e seguendola fino in cucina. “Ben arrivate, ragazze.” Esordisce mio padre, con un tono indecifrabile. “Abbiamo qualcosa da dirvi.” Continua mia madre, guardandoci entrambe negli occhi. improvvisamente, il silenzio cala in quella stanza, e un’atmosfera fredda ci fa gelare il sangue. Attendiamo una risposta da parte dei nostri genitori, e per nostra mera sfortuna, la stessa non sembrava voler arrivare. “Siate voi stesse.” Disse la madre di Brianna, sorridendoci. A quelle parole, entrambe ci scambiammo un’occhiata d’intesa, non potendo evitare di sorridere a nostra volta. Ora come ora, quella frase poteva assumere un singolo ed inequivocabile significato. Brianna ed io potevamo finalmente sentirci libere di amare, semplicemente grazie alla clemenza dei nostri genitori, unita alla ferrea volontà dei nostri cuori.  
 
 


 
 
 
 
 
 
Capitolo VII


Sfide d’amore


L’odierno e assolato pomeriggio sta per lasciare il posto al tetro imbrunire, che presto sfumerà a sua volta nella fredda e buia notte. Ora come ora, dormo tranquilla, e Brianna è accanto a me. Dopo aver pranzato da noi, i suoi genitori le hanno permesso di restare, e ad essere sincera non vorrei davvero svegliarmi, poiché so che facendolo rovinerei questo momento così perfetto. Ad ogni modo, apro gli occhi e la vedo. Dorme ancora, rannicchiata come un bimbo in posizione fetale. Stringe il cuscino bianco e immacolato, ed io scivolo fuori dal letto volendo assolutamente evitare di svegliarla. Decidendo quindi di scendere le scale e raggiungere la cucina, apro la porta della mia stanza, e il silenzio viene rotto dal cigolio della stessa, che è ora colpevole di aver interrotto il sonno di Brianna. “Cos’è stato?” chiede, strofinandosi gli occhi e sbadigliando. “Tranquilla, sono io.” La rassicuro, volgendo il mio sguardo su di lei e regalandole un sorriso. “Torna a dormire.” Continuo, evitando di staccare il mio sguardo da lei. “Non ho più sonno.” Mi dice, alzandosi dal letto e raggiungendomi. Scendiamo quindi le scale insieme, ma nonostante sia già ora di colazione, lei sembra non aver fame. “Non mangi?” le chiedo, stranita e confusa.” Alle mie parole, Brianna non risponde, limitandosi a scuotere il capo. “È quasi ora di andare a scuola.” Ci avverte mia madre, in tono serio. “Lo sappiamo.” Rispondo, apparendo realmente seccata dalle sue parole. In quel momento, Brianna mi fulminò con un’occhiata, ed io tacqui istintivamente. In fin dei conti, aveva ragione. Non avrei certamente dovuto essere così dura e saccente nei confronti della mia stessa madre. Ad ogni modo, feci colazione, e subito dopo salii in camera per vestirmi. Ne uscii poco tempo dopo, attendendo che Brianna si vestisse a sua volta. Quando fu pronta, afferrai il mio zaino, avvicinandomi alla porta di casa. “Vi accompagno io.” Si offre mio padre, sorridendoci. “Non serve, andremo a piedi.” Rispondo, stavolta più educatamente. Subito dopo, volsi il mio sguardo verso la porta di casa e la aprii, raggiungendo la fortunatamente non trafficata strada. Cammino ormai da alcuni minuti, e Brianna mi segue senza parlare. Ad un tratto, un guizzo di memoria sembra saltarle in mente, costringendola a fermarsi. Voltandomi verso di lei, la guardo confusa. “Ho dimenticato il mio zaino.” Dice, scusandosi con me di un eventuale ritardo. “Passeremo a prenderlo.” Le rispondo, sorridendo ed evitando di arrabbiarmi. Ad ogni modo, raggiungiamo subito la casa di Brianna, e lei corre a prendere il suo zaino, lasciato distrattamente in camera sua. Malgrado la brusca interruzione, il nostro viaggio continua, ed entrambe riusciamo ad arrivare a scuola in perfetto orario. Mentre camminiamo per i corridoi alla volta della nostra aula, una ragazza ci nota, ed io lascio andare la mano di Brianna, ritraendomi di scatto. Ad ogni modo, una volta raggiunta la nostra classe, vi entrammo, occupando i nostri posti come tutte le mattine. “Ma che ti è preso? Mi chiese Brianna, sussurrando al solo scopo di non farsi sentire. “Non volevo che ci vedesse.” Risposi, tentando di giustificarmi. “Ti vergogni di me?” Continuò, confusa e stranita dalle mie parole. “Cosa? No!” Dissi, guardandola negli occhi e finendo preda dell’insicurezza. “Non è vero.” Ebbi la sola forza di biascicare, arrossendo visibilmente. Da quel momento in poi, smettiamo di parlare, concentrandoci unicamente sulla lezione, che procede senza interruzioni. Ad ogni modo, l’intervallo arriva con la solita puntualità, e Brianna mi appare nervosa. “Che cos’hai?” le chiedo, attendendo una sua risposta. “Vieni con me.” Dice, afferrandomi il polso e uscendo subito dall’aula. Mantenendo il silenzio, la seguo, scoprendo che ha di nuovo intenzione di condurmi in palestra. Una volta entrata, la vidi sedersi su una panca e togliersi gli stivaletti, con la ferma e decisa intenzione di indossare delle scarpe da ginnastica. “Cosa vuoi fare?” le chiedo, lasciandomi sfuggire una risatina. Senza proferire parola, Brianna sparì per alcuni secondi dalla mia vista, tornando indietro con un pallone da basket in mano. “Ti va una partita?” mi chiese, sorridendo. “Certamente.” Risposi, sorridendo a mia volta. Facendo qualche passo verso di me, Brianna mi passò il pallone, allontanandosi subito dopo. “Inizia.” Disse, guardandomi negli occhi. Volendo assolutamente accontentarla, iniziai a palleggiare di fronte a lei, avvicinandomi al canestro e lanciandoci il pallone. Lo stesso, finì proprio al centro del canestro, attraversandone la piccola rete e rimbalzando dopo aver toccato terra. “Te la cavi bene.” Si complimentò Brianna, che fino a quel momento aveva assistito all’intera scena. “Tocca a te.” Le dissi, passandole il pallone. Notando che avevo intenzione di lanciarglielo, si preparò ad afferrarlo, riuscendoci sorprendentemente al primo tentativo. Subito dopo, la vidi avvicinarsi al canestro e tentare di imitarmi. Indietreggiando di qualche passo, iniziò a correre verso il canestro stesso, ed io la vidi scivolare sul ligneo pavimento della palestra e cadere rovinosamente in terra. “Stai bene?” le chiesi, avvicinandomi a lei. “Credo di si.” Rispose, con il volto contratto in un’inconfondibile smorfia di dolore. Istintivamente, le tesi la mano, tentando di aiutarla ad alzarsi. Lei l’afferrò senza esitare, ma finì per scivolare e cadere nuovamente. “Torno subito.” Le dissi, allontanandomi da lei. “Non muoverti.” La ammonii, mentre camminavo verso l’uscita della palestra. “Non andartene.” Mi pregò facendo un ultimo sforzo per alzarsi e iniziando a zoppicare verso di me. Quando mi ebbe raggiunta, afferrò nuovamente la mia mano, ed io le permisi di appoggiarsi a me, guidandola verso una panca e lasciando che si sedesse. “Aspettami qui.” Le dissi, allontanandomi nuovamente. “Non devono saperlo.” Rispose, guardandomi con aria preoccupata. Subito dopo, provò ad alzarsi in piedi, e mi raggiunse. Uscimmo quindi insieme dalla palestra, ma Brianna zoppicava. Raggiunse il a fatica il suo posto in aula, ma sorprendentemente, nessuno parve accorgersi di nulla. Le restanti tre ore di lezioni ci apparirono infinite, tanto che al suono della campanella fummo felici come bambine. Salutandola, presi il mio zaino e me lo misi sulle spalle, avviandomi verso l’uscita della scuola. Telefonai quindi a mia madre perché venisse a prendermi, ma spensi il cellulare non appena vidi la sua auto nel vicino parcheggio. Camminando in direzione della stessa, vi entrai, mantenendo il silenzio fino alla fine del viaggio. Non appena arrivai a casa, mi diressi nella mia stanza, volendo semplicemente liberarmi della giacca che portavo. Ci riuscii in poco tempo, vedendo il mio cellulare cader fuori dalla tasca. Lo raccolsi subito dopo, notando che la batteria stava per esaurirsi. Volendo evitare che si scaricasse completamente, lo spensi, avendo cura di ricaricarne la batteria. Scesi quindi le scale fino a raggiungere la cucina, dove consumai il mio pranzo senza proferire parola. Dopo essere tornata nella mia stanza, iniziai a fare i compiti, pur non riuscendo a concentrarmi su nulla. Continuavo a pensare a Brianna, immaginando letteralmente di averla accanto. Le ore passarono, e con l’arrivo della sera, fui assalita dalla noia. Avevo ormai finito di studiare, e non avevo la minima idea di come passare il tempo. Rimasi nella mia stanza fino a quando non sentii la vibrazione del mio cellulare. Prendendolo in mano, mi accorsi di aver ricevuto una telefonata, alla quale risposi senza esitare. Ad avermi telefonato, era stata Brianna, che doveva sicuramente provare le mie stesse sensazioni. “Serata calma, non trovi?” le dissi, avendo il piacere di sentirla ridere. “Ho un’idea.” Rispose, in tono calmo e pacato. Alle sue parole, non risposi, mantenendo il silenzio e attendendo che riprendesse a parlare. “Ti va di dormire da me?” propose, aspettando una mia risposta. “Certo.” Dissi, sorridendo. “Ti aspetto.” Rispose, salutandomi e ponendo fine alla telefonata. Subito dopo, spensi il cellulare, posandolo sulla mia scrivania. Scesi quindi le scale, mettendomi alla ricerca di mia madre. La trovai nel salotto di casa, intenta a guardare un film assieme a mio padre. “Brianna mi ha invitato a stare da lei.” Dissi, aspettando che mi dessero il permesso di uscire. “Non fare troppo tardi.” Si limitarono a dirmi, essendo troppo concentrati sul film per parlarmi. Sorridendo, li ringraziai, violando subito la porta di casa. Camminando lentamente, raggiunsi casa sua in una decina di minuti, e dopo aver bussato alla porta, fui accolta sia da lei che dai suoi genitori. Facendo uso della loro gentilezza, mi invitarono a cenare, ed io accettai, sedendomi accanto a Brianna. Come al solito, consumai il pasto senza dire una parola, e lasciai la cucina contemporaneamente a lei, che subito propose di guardare un film. Accettando la sua proposta, mi sedetti sul divano di casa, aspettando che lei accendesse il televisore. Trovammo interessante un film di cui non riuscivo a ricordare il titolo, ma che seguii senza proferire parola. Ad ogni modo, finii per ritrovarmi da sola con Brianna, che ne approfittò per sedersi accanto a me. Non battendo ciglio, mi voltai verso di lei. Per qualche strana ragione, non riusciva a smettere di guardarmi. Il tempo scorreva, e il film stava per finire, ma ad un tratto la televisione si spense, e ciò accadde anche alle luci, che si riaccesero quasi subito. Ragionando, imputai la colpa di tutto questo ad un calo di tensione, ragion per cui, non mi spaventai minimamente. Ad ogni modo, il film finì per annoiarci, e Brianna scelse di raggiungere la sua stanza. Io la seguii senza parlare, pur sorridendole non appena la guardai. Era bella come sempre, e la luce della luna che faceva capolino dalla finestra, metteva in risalto la sua bellezza. Sedendomi sul letto, la invitai a raggiungermi, e lei non se lo fece ripetere. Si sedette quindi accanto a me, e in un mero attimo, io la baciai. Sorridendo, Brianna ricambiò quel bacio, ma l’abbraccio in cui mi strinse mi fece letteralmente perdere l’equilibrio, ed io mi ritrovai sdraiata su quel letto. Per qualche strana ed inspiegabile ragione, Brianna non voleva che mi alzassi. “Non muoverti.” Mi disse, continuando a baciarmi. In quel momento, fui travolta da una miriade di sensazioni, e decisi di obbedire. Non mossi quindi un muscolo, evitando di sottrarmi al suo amore, fino a quando lei non mi sussurrò qualcosa nell’orecchio. “Sei pronta?” mi chiese, con voce calma ma suadente. Guardandola negli occhi, esitai per un attimo, ma decisi di annuire non volendo deluderla. Da quel momento in poi, la vidi letteralmente trasformarsi. Sembrava essere diventata un’altra persona. Mi amava davvero, e quei baci così pieni di passione e sentimento ne erano la prova. Passai quindi la mia prima notte con lei, concedendomi del tempo per pensare, e imparando qualcosa di davvero importante. Brianna era la mia anima gemella, e quella notte potevo essere orgogliosa di me stessa. L’avevo resa felice, vincendo quindi una sfida d’amore.
 
 
 
 
 
 
 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo VIII


Incredibile realtà


Due anni. Ventiquattro lunghi mesi che si sono rincorsi in un calendario formato da giorni interamente scanditi dalle mie forti emozioni unite a quelle della mia amata Brianna. Stiamo insieme e ci amiamo nonostante l’odio e i pregiudizi della gente, a nostro parere ignorante poiché incapace di comprendere le mille realtà che l’amore presenta. Ora come ora, ci sentiamo benissimo, ed è come se una di noi due vivesse letteralmente in funzione dell’altra. La sua lontananza mi provoca dolore, e lo stesso discorso è applicabile a lei, che ammette di sentirsi persa senza me al suo fianco. Ad ogni modo, dopo questo così lungo lasso di tempo trascorso con lei, mi sono concessa la libertà di pensare a cosa è meglio per noi e per la funzionalità del nostro rapporto. Difatti, anche se  malincuore, ho deciso di confessarle un segreto che non ho avuto il coraggio di confessarle fino ad ora. Lo stesso, giace come un enorme peso nel mio cuore, e mi impedisce di vivere una vita sana e completa. Brianna ne è completamente all’oscuro, eppure io sono ancora tormentata da un problema che non credo riuscirò mai a risolvere. L’alcolismo. In sua assenza il vino e la birra scorrono nelle mie vene e nel mio sangue, e la dipendenza che mi lega a tali bevande è pressochè paragonabile alla forza del nostro rapporto, ovvero infinita ed incrollabile. Le uniche persone a conoscenza di tale problema sono i miei genitori, che hanno scelto di sostenermi ed aiutarmi, e che a tal proposito, hanno scelto di farmi incontrare uno specialista. “Non ho bisogno di nessuna terapia.” Ho ripetuto loro più volte, pur venendo pesantemente ignorata. “Ti sarà d’aiuto.” Continuano a dirmi, volendo solo il mio bene. Ad essere sincera, capisco le loro intenzioni, ma a costo di sembrare sfacciata e testarda, ho scelto di ragionare seguendo il mio pensiero, e rifiutando qualunque tipo di aiuto. Ora come ora, sono davvero arrabbiata. Continuo a ripetere che andrò a vivere con Brianna appena ne avrò l’occasione, e finisco spesso per litigare con i miei genitori. “È per il tuo bene.” Dicono, mostrandomi sorrisi che ignoro completamente. Ad ogni modo, ci sono giorni in cui malgrado la presenza di Brianna non riesco a sopportare le pressioni date dalla scuola e dai frequenti litigi con i miei genitori, e questo non fa che alimentare il mio problema. Trovo quindi rifugio nell’alcol, finendo per bere innumerevoli lattine di birra e svuotando intere bottiglie di vino. I giorni passano, e i miei genitori rimangono della stessa idea, non tentando minimamente di cambiare idea. Secondo il loro pensiero, ho un disperato bisogno di contattare uno specialista. In questo preciso momento, sono seduta nella mia stanza, e sono impegnata a scambiarmi messaggi con Brianna. Ci poniamo domande semplici, che concernono i nostri stati d’animo e il nostro stile di vita, così come il nostro sconfinato amore. “Va tutto bene?” mentre fatico a leggere dato il mio incredibile mal di testa. “Non direi.” Rispondo, premendo lentamente i tasti del mio cellulare. “Che cos’hai?” continua, attendendo una mia risposta. “Ho un segreto.” Mi affretto a scriverle, sentendo che il mio mal di testa aumenta d’intensità. “Vengo subito a trovarti.” Mi scrive, spezzando la catena di messaggi. Da quel momento in poi, attendo il suo arrivo, tuffandomi nella poltrona del salotto e sperando che un rilassante documentario mi calmi i nervi. Ad ogni modo, presto ogni immagine diviene ombrosa e indistinta, ed io non riesco più a vedere nulla. Mi addormento a causa dell’alcol che ho in circolo, e mi risveglio dopo ben tre ore, ancora in preda ad un incredibile dolore alle tempie. Cercando di lenire il dolore, mi dirigo verso il bagno, e sciacquandomi il viso riesco a riprendermi completamente. Tornando in salotto, sento che qualcuno bussa alla porta, e mi precipito ad aprire. Non appena mi vede, Brianna mi saluta, stringendomi in un abbraccio. Avvicinando le sue labbra alle mie, prova a baciarmi, ma io mi ritraggo quasi istintivamente. Avendo appena bevuto, non voglio che lo scopra in questo modo. “Che ti succede?” mi chiede, avvicinandosi e sedendo sul divano accanto a me. “Devi parlarmi?” continua, apparendo preoccupata. “Esattamente.” Rispondo, guardandola negli occhi e tacendo di colpo. Subito dopo, vidi Brianna fare un gesto con la mano, notando che mi invita a continuare il mio discorso. “Ho un problema con il bere.” Confesso, abbassando il capo in preda alla vergogna. “Non è vero. Hai solo bisogno di aiuto.” Dice, abbracciandomi teneramente. “Grazie di aver capito.” Rispondo, scegliendo di baciarla come non ho mai fatto prima. Il tempo continua a scorrere, e Brianna mi ricopre di attenzioni. Siede nuovamente con me sul divano, e non osa smettere di guardarmi. “Ti amo.” Mi dice, sorridendomi e mostrandomi la sua felicità. Istintivamente, sorrido a mia volta. Guardandola, vengo improvvisamente colta dai sensi di colpa. Io la amo, eppure sto anteponendo le mie esigenze al nostro amore. Lei è infatti dello stesso parere dei miei genitori, ma io ignoro la sua idea, non avendo alcuna voglia di seguire una terapia apposita. “Devi farlo se vuoi guarire.” Mi dice, in tono inequivocabilmente serio. “Tu credi?” le chiedo, dubbiosa. “Certamente.” Risponde, sorridendomi. “Grazie.” Le dico, abbracciandola. Ad ogni modo, la sera cala in fretta, e finiamo sdraiate l’una accanto all’altra sul mio letto. Avvertendo i suoi genitori, ha ottenuto il permesso di restare da me, ed ha la ferma intenzione di restare al mio fianco in questo lungo cammino, definito da entrambe una dura ed incredibile realtà.
Capitolo IX


Drastiche decisioni


Un nuovo giorno sta lentamente iniziando, con il sole che si leva e splende come ogni mattina. La mia vita scorre come la strada che sembra scivolare durante un lungo viaggio. Ad ogni modo, sotto consiglio dei miei genitori e della mia amata Brianna, ho deciso di contattare uno specialista al fine di risolvere il mio problema d’alcolismo. Ho quindi conosciuto la dottoressa White, che ha subito tentato di farmi sentire a mio agio nel suo studio. Le mie sessioni di terapia iniziano oggi, ed io non vedo l’ora di provare a superare questa sorta di invalicabile ostacolo. Mi sono quindi fatta accompagnare dai miei genitori nello studio della dottoressa, che subito mi ha accolta caldamente. “Come ti senti oggi?” mi ha chiesto, dopo avermi stretto la mano e invitato a sedermi. “Le mie terapie hanno un’efficacia stabilita dal paziente stesso.” Disse, guardando negli occhi sia me che mia madre. “Alzati e specchiati.” Continuò, tacendo subito dopo. Alzandomi in piedi, mi avvicinai allo specchio presente nello studio, ammirando la mia immagine riflessa. “Che cosa vedi?” mi chiese la dottoressa, mostrando una calma a dir poco inaudita. “La ragazza di sempre.” Risposi, spostando il mio sguardo su di lei. “Molto bene. Ora guarda dentro di te e dimmi ciò che vedi.” Disse, sedendo alla sua scrivania e prendendo degli appunti circa le mie risposte. “Vedo una ragazza ferita e distrutta.” Dissi, sentendo un enorme peso svanire dal mio cuore. “Va pure avanti.” Chiese, continuando a prendere appunti e scrivendo incessantemente.  “Mi sto facendo del male, e sto ferendo anche qualcuno che amo.” Continuo, abbassando lo sguardo in preda alla vergogna. “Bene Allison, a chi ti riferisci?” mi domandò, guardandomi negli occhi. “Alla mia ragazza.” Risposi, venendo letteralmente pervasa da un’indescrivibile sensazione di calma. “Come si chiama?” continuò la dottoressa White, attendendo una mia risposta. “Brianna.” Dissi, lasciando che le mie labbra si dischiudessero in un sorriso. “Tu la ami, non è vero?” chiese, dopo alcuni attimi di silenzio passati nuovamente a scrivere. “È parte di me.” Continuai, facendo suonare quella frase come una confessione. In quel momento, sapevo di essere assolutamente sincera, poiché non avrei mai potuto mentire riguardo a me stessa o a Brianna. “Capisco perfettamente.” Disse la dottoressa, sorridendo debolmente e continuando a mantenere la calma. “Il nostro tempo per oggi è finito.” Continuò, avvicinandosi alla porta del suo studio con la chiara intenzione di aprirla. Riuscirai sicuramente a risolvere il tuo problema.” Mi incoraggiò, sorridendo una seconda volta. “Puoi tornare quando vuoi.” Concluse, lasciandomi uscire dal suo studio e porgendomi un cartoncino che scoprii essere il suo biglietto da visita. “La ringrazio.” Disse mia madre, rivolgendosi alla dottoressa e facendo le mie veci. “Ho fatto solo il mio dovere.” Rispose quest’ultima, sorridendo e chiudendo subito la porta. Non riuscivo a spiegarmene il perché, ma ad essere sincera, non appena uscii da quello studio mi sentii subito meglio. Aver parlato del mio problema con una donna esperta e capace come la dottoressa White, mi ha davvero aiutato a levarmi un peso di dosso, facendo in modo di alleggerire perfino il mio animo, ora incredibilmente pesante perché letteralmente colmo di dolore e afflitto da una pressione di proporzioni incalcolabili. Il prossimo passo, secondo il parere della dottoressa, era tornare a casa e cercare di rilassarmi, eliminando qualsiasi cosa che mi spingesse a bere, tentando quindi di sradicare questo problema e stroncarlo in caso di rinascita. Ad ogni modo, durante l’intero viaggio in macchina appariva nervosa ed agitata, ma il mio comportamento aveva una chiara e limpida spiegazione. Difatti, non vedevo l’ora di tornare a casa e compiere quest’importante passo. Non appena vi arrivai, entrai subito in cucina, aprendo il frigorifero e procedendo a buttar via ogni singola lattina di birra che conservavo. Come c’era d’aspettarsi, la stessa sorte toccò alle bottiglie di vino, che finirono, seppur ancora piene, in un sacco della spazzatura posizionato sul ciglio della strada, in attesa di essere prelevato da puntuali e operosi netturbini. Ad ogni modo quella notte andai a letto serena, pur non riuscendo a dormire e pensando a Brianna. Ero sdraiata sul mio letto, e il tempo continuava a scorrere. Il silenzio che mi circondava fu rotto dalla vibrazione del mio cellulare, che segnalava l’arrivo di un messaggio di Brianna. “Com’è andata?” chiedeva, interrompendosi dopo solo quelle due semplici parole. “È andato tutto bene.” Le scrissi, sorridendo mentre guardavo lo schermo del telefonino. In quel momento, il mio morale era letteralmente alle stelle. Stavo ricevendo aiuto e affetto dalla ragazza che amavo, e sembrava che nulla potesse interrompere o rovinare la nostra relazione. Con il passare del tempo, entrambe ci convinciamo che il nostro amore sarà letteralmente eterno. Sappiamo bene che le difficoltà che finiremo sicuramente per incontrare non ci scalfiranno neanche. Ad ogni modo, sento finalmente che il mio problema di alcolismo sta svanendo come fumo, e tutto grazie all’amore di Brianna unito a delle drastiche ma importanti decisioni.
 
 
 
 
 


 
 Capitolo X


Fatica vana


Tre intere settimane sono volate via come cervi in fuga da un cacciatore, permettendo alla mia vita di scorrere con la solita tranquillità. Brianna ed io siamo ora inseparabili, e proprio oggi ho preso una seconda ma importante decisione. La mia rosea relazione con lei si protrae da circa due anni, ed io ho scelto di volerla costantemente accanto a me. Per tale motivo, andrò a trovarla, ponendole una domanda di vitale importanza. Ora come ora, è mattina, ed io ho già consumato la mia colazione. Indosso ancora il pigiama, che provvedo a sostituire con degli abiti più leggeri e comodi. Ad ogni modo, dopo essermi vestita, violai la porta di casa, pur non avendo cura di informare i miei genitori. Entrambi, mi conoscono come il palmo della loro mano, ragion per cui, conoscono benissimo le mie intenzione. Decidendo quindi di prendere la bici, raggiungo casa di Brianna in poco tempo, bussando alla porta che venne quasi subito aperta da lei. Non appena mi vide, non esitò a stringermi in un abbraccio, che per qualche strana ragione mi sembrava diverso da tutti gli altri. Era infatti inspiegabilmente freddo, e completamente privo del calore racchiuso dai precedenti. Sciogliendo il nostro abbraccio come neve al sole, Brianna mi prese per mano, conducendomi nella sua stanza. Entrandovi, mi guardai attorno, notando che perfino camera sua sembrava diversa. Sulla bianca e immacolata parete, aveva appeso un poster della sua cantante preferita, e aveva evidentemente chiesto al padre di costruire una mensola dove esporre un aureo trofeo. Notando il mio interesse per quell’oggetto, Brianna si avvicinò a me. “L’ho ricevuto alla gara in Germania.” Chiarì, sorridendomi e guardandomi negli occhi. “Hai vinto?” le chiesi, sperando che perdonasse la mia ignoranza. “Sì.” Si limitò a rispondere, tardando a farlo poiché troppo concentrata su di me. Ad ogni modo, accorgermi di quella sua sorta di distrazione, schioccai le dita nella sua direzione, e lei sembrò istintivamente tornare ad essere sé stessa. “Scusa.” Mi disse, continuando a guardarmi con occhi che esprimevano l’inequivocabile vergogna che provava. “Non dirlo nemmeno.” Risposi, facendo sfuggire una risatina. Subito dopo, Brianna parve cadere nuovamente vittima di quella sorta di trance. Pur volendo, non riusciva a smettere di guardarmi. La sua insistenza non mi toccava, poiché sapevo che mi amava davvero, e dati i miei forti sentimenti per lei, non avrei mai osato muovere una critica a riguardo. Provando un inspiegabile sensazione di fastidio, la chiamai per nome, vedendola ritrarsi di scatto e sedersi sul letto, tremante come un pulcino bagnato. “Che cos’hai?” ebbi la sola forza di chiederle, sedendomi accanto a lei. “È tutta colpa dei miei genitori.” Disse, evitando di guardarmi. “Perché dici così?” continuai, sentendomi sempre più confusa dai suoi gesti e dalle parole che pronunciava. Nei meri attimi di silenzio che si concedeva, potevo letteralmente sentire l’accelerazione del suo battito cardiaco, unito al dolore che sapevo provasse in quel momento. “Hanno saputo del tuo problema, e vogliono allontanarti da me.” Confessò, iniziando a piangere e nascondendo il viso con le mani. “Non lo permetterò.” Dissi, guardandola negli occhi e rendendomi in quel momento capace di un azione che non avrei mai creduto di poter compiere. Posando il mio sguardo su di lei, la spinsi sul letto in modo tale da farle perdere l’equilibrio, e iniziai a baciarla come sapevo di non aver mai fatto prima. I miei sentimenti erano ormai troppo chiari per essere celati, e lei lo sapeva benissimo. Continuavo a baciarla e stringerla in abbracci infiniti, non osando fermarmi per nessuna ragione al mondo. “Sei parte di me.” Le ripetevo, mettendo fine a quelle effusioni solo per respirare. “Ti amo.” Rispondeva, ricambiando il mio affetto nella maniera più dolce possibile. In breve tempo, il pomeriggio si trasformò in buia e nera notte, ed io non battei ciglio. Ogni mia insicurezza era ormai svanita, e sapevo che non avrei messo fine al nostro amore per nessuna ragione. Avevo ormai dimenticato qualunque cosa riguardo al principale proposito della mia visita. In quel preciso istante, sapevo solo di volerla accanto, desiderando di passare ogni istante di quella serata con lei. Le nostre emozioni ebbero quindi la meglio su di noi, e presto quella stellata notte divenne nostra. Il silenzio che aleggiava nella fresca aria venne rotto e riempito dal ritmico battito dei nostri cuori, che ora pulsavano come impazziti, e dei nostri respiri, così veloci da divenire indistinti. Un’ora dopo, mi accasciai sfinita sul letto, dormendole accanto e volendo assolutamente evitare di lasciarla da sola. L’amavo troppo, e non volevo che il nostro amore, così come gli sforzi che entrambe facevamo per tentare di mantenerlo in vita, perdessero d’importanza, rivelandosi fatica vana. Dopo quella notte, capii una cosa. Il mio amore per lei era letteralmente sconfinato, ed ero finalmente riuscita a sostituire la mia venefica dipendenza dall’alcol con una migliore e decisamente più sana, ovvero la mia amata Brianna.
 
 
 
 
 
 
 
 


 
Capitolo XI


Libertà e resistenza


La calda luce del sole mi accarezza il viso, disturbando la mia vista e costringendomi a svegliarmi. Aprendo gli occhi, rivedo Brianna, che al contrario di me dorme ancora, e sembra essere stanchissima. Improvvisamente, un ricordo legato alla notte appena trascorsa si fa lentamente spazio nella mia mente, strappandomi un sorriso. Mantenendo il silenzio, scivolo fuori dal letto senza il minimo rumore, avendo cura di non svegliare Brianna. Muovendomi lentamente nella sua stanza, apro la porta, riuscendo sorprendentemente ad evitare che cigoli. Scendendo le scale, raggiungo la cucina, incontrando i genitori di Brianna intenti a far colazione. Hanno davanti a loro due tazze di caffè, e scelgono di offrirmene una. Declinando la loro offerta con educazione e cortesia, preferisco bere un semplice bicchiere di latte, che accompagno a della dolce marmellata spalmata su una fetta di pane. Il silenzio regna sovrano in cucina, e il rumore della porta che si apre mi distrae. Voltandomi di scatto verso la fonte di quel rumore, vedo Brianna fare il suo ingresso in cucina. Salutandomi amichevolmente, sceglie di sedersi accanto a me. Sorridendole, non batto ciglio, pur non potendo fare a meno di notare un brusco cambiamento nel suo modo di essere. È infatti insolitamente calma, e continua a guardare sia me che sua madre. Il suo comportamento mi giunge quindi vagamente sospettoso, portandomi a credere che lei e i suoi genitori mi stiano nascondendo qualcosa. Mantenendo il silenzio, decido di non forzare gli eventi, guardandomi intorno e attendendo che qualcuno rompa il silenzio. In quel preciso istante, Brianna mi sorride, allungando una mano che presto intreccia alla mia. “Devo parlarti.” Mi dice, voltandosi verso di me. “Fallo pure.” Le rispondo, sorridendo e incoraggiandola a continuare. “Potrete finalmente stare insieme.” Prorompe sua madre, facendo le veci della figlia e avendo cura di erudirmi. “Che significa?” non potei fare a meno di chiedere, sentendo una giusta confusione crescermi dentro. “Da oggi vivremo qui.” Disse Brianna, sorridendo e stringendomi le mani. A quella notizia, sorrisi a mia volta, scegliendo di baciarla in quel preciso istante. In circostanze normali, non l’avrei mai fatto, ma in tale momento ero decisamente troppo felice per astenermi dal farlo. Non mi importava che i suoi genitori ci avessero appena viste, poiché la nostra relazione non era ormai più segreta. Poco dopo, Brianna mi prese per mano, e decise di mostrarmi una parte della casa che io non avevo mai notato, ovvero il piano inferiore. Senza proferire parola, mi lasciai pazientemente guidare da lei, raggiungendo una stanza calda e accogliente. Era decisamente più grande di quanto mi aspettassi, e la luce la inondava letteralmente. Camminando lentamente all’interno di quella stanza, prestai attenzione ad un particolare. Il letto, dalle bianche e immacolate lenzuola, non era singola ma matrimoniale. Continuavo a guardarmi intorno, spostando periodicamente il mio sguardo su Brianna. Non riuscivo a credere alla realtà che stavo osservando, ma allo stesso tempo sapevo che la vista non mi ingannava. “Questa sarà la tua stanza.” Mi disse, guardandomi negli occhi. “Ti piace?” chiese, sorridendo e attendendo una mia risposta. “Tantissimo.” Risposi, regalandole un ampio e luminoso sorriso. Subito dopo, Brianna mi invitò a sedere sul letto, ed io le diedi retta senza esitare. “Ora siamo libere.” Disse, posando le sue morbide labbra sulla mia guancia. Quasi istintivamente, ricambiai quel bacio, stringendola quindi in un fortissimo abbraccio. Subito dopo, le cinsi un braccio attorno alle spalle e le sorrisi. Concedendomi del tempo per pensare, compresi che Brianna aveva ragione. Difatti, dopo anni passati a nascondere la realtà della nostra relazione, vessata anche dai numerosi problemi quali i pregiudizi e il dolore derivante dagli stessi, potevamo finalmente dirci libere di essere noi stesse, amandoci ora più di prima. Eravamo ormai divenute padrone della nostra vita e della libertà che ne derivava, dettata da anni di dolore e resistenza contro qualunque cosa si frapponesse fra noi e il nostro amore.
 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo XII


Scrivere il futuro


Quello odierno, è un giorno che inizia come tutti gli altri, con il sole che si leva alto nel cielo e dona lucentezza alle anime pure e innocenti. Ad ogni modo, io so che questa giornata è profondamente diversa, per un semplice motivo. Ora come ora, convivo con la mia fidanzata,  che amo più di chiunque altro. Attualmente stiamo insieme da quasi tre anni, e il nostro rapporto non potrebbe essere migliore. Nella mia ampia e luminosa stanza c’è una nostra fotografia, che conservo con una gelosia a dir poco incredibile. Ci ritrae con indosso i nostri vestiti da competizione, ed è forse una delle nostre migliori foto. Sono tranquillamente sdraiata sul mio letto, e mi lascio lentamente andare, tentando in ogni modo di rilassarmi. Ci riesco solo chiudendo gli occhi. Il tempo scorre, e ogni rumore che mi circonda svanisce come quando ci si addormenta. Sono quindi sul punto di scivolare nel sonno, ma un improvviso rumore mi distrae, spaventandomi. Voltandomi verso la fonte di quel rumore, scopro che è stato semplicemente provocato dalla porta socchiusa che si apre con estrema lentezza. Poco tempo dopo, vedo Brianna entrare nella mia stanza, sedendosi sul mio letto e regalandomi uno dei suoi luminosi sorrisi. “Come stai?” mi chiede, spinta sia dalla preoccupazione che dalla curiosità. Sto bene, perché me lo chiedi?” rispondo, terminando il mio discorso con una domanda. “Sono solo curiosa.” Mi dice, tentando di utilizzare un tono di voce convincente. “Non mentirmi.” La avverto, guardandola negli occhi. “Mi mancano i nostri hobby.” Confessa, abbassando istintivamente il capo. “Ti va di andare in palestra?” propongo, avendo la fortuna di vederla sorridere. Annuendo, Brianna accetta la mia proposta e mi prende per mano, costringendomi ad alzarmi. Ad ogni modo, non mi oppongo al suo entusiasmo, raggiungendo assieme a lei la porta di casa e violandola con velocità inaudita. Subito dopo, Brianna sale sulla sua bici, e mi invita ad imitarla. Mi siedo quindi dietro di lei, notando che lei inizia subito a pedalare. Poco tempo dopo, mi accorsi che Brianna mi aveva riaccompagnata a casa. Inizialmente, me ne chiesi il perché, salvo poi ricordare di averci lasciato il mio borsone. Scendendo velocemente dalla sua bici, entro in casa, e ne esco in pochissimo tempo, portandomi dietro il mio pesante borsone. “Non vedo l’ora di arrivare.” Dice Brianna, completamente concentrata sul percorso. Quando finalmente arrivammo, ci dirigemmo negli spogliatoi con la ferma intenzione di cambiarci i vestiti, uscendone solo quando fummo pronte. Raggiungendo la pista di ghiaccio, ci accorgemmo che era completamente vuota. La cosa non ci toccava minimamente, poiché sapevamo che in quel modo ci saremmo sentite più libere. Pattinavamo l’una accanto all’altra, esibendoci occasionalmente nelle nostre figure preferite. Ad ogni modo, un’intera ora fece il suo corso, ed entrambe sentimmo una porta aprirsi. Voltandoci verso la stessa, notammo che qualcuno stava cercando di entrare. Avvicinandomi alla porta, la spinsi aprendola e riconoscendo la mia allenatrice. “Che cosa ci fate qui?” chiese, riferendosi sia a me che a Brianna. “Siamo qui per divertirci.” Risposi, venendo colta da un improvviso senso di vergogna. “Gli allenamenti iniziano fra un’ora ma ho delle buone notizie per voi.” Disse, mostrandoci un debole ma convincente sorriso. “Quali sarebbero?” chiese Brianna, ora spinta dalla curiosità. “A breve si terrà una competizione.” Rispose l’allenatrice, avendo cura di erudire Brianna, che sorrise alle sue parole. “Vi va di iniziare?” ci chiese, dubbiosa. Entrambe annuimmo senza parlare, iniziando a pattinare e mostrandole tutto ciò che avevamo imparato. Ci fermammo non appena l’allenatrice decise di averne abbastanza. Guardandoci negli occhi, scelse di essere chiara, dicendoci che ciò di cui avevamo bisogno era solo una maggiore pratica. Le nostre movenze erano praticamente perfette, ma secondo il pensiero dell’allenatrice, tendevamo a perdere spesso la concentrazione. Ad ogni modo, continuammo ad allenarci e seguire i suoi consigli fino a sera, ovvero quando la palestra chiuse. Poco prima di uscire, presi la mano di Brianna, e la condussi lentamente nello spogliatoio, dove ci cambiammo indossando dei vestiti più leggeri dei costumi. Per qualche strana ragione, non vedevo l’ora di tornare a casa e passare il mio tempo al fianco di Brianna, che sicuramente è della mia stessa idea. Subito dopo essermi cambiata, mi avvicinai a Brianna, uscendo dallo spogliatoio assieme a lei. Raggiungendo quindi la sua bici, iniziammo il viaggio di ritorno verso casa, che per nostra fortuna non si rivelò lungo. Non appena arrivai a casa, decisi di telefonare a mia madre, così da informarla riguardo alla gara di pattinaggio. Le dissi che alla stessa mancavano tre mesi, e fui felice di sentire la sua voce e avere sue notizie dopo tutto quel tempo. Lei rispose definendosi della stessa idea, e salutandomi dopo aver intrattenuto con me una lunga conversazione, durante la quale mi pose svariate domande, chiedendo anche notizie di Brianna. Poco tempo dopo, mise fine alla telefonata, ed io la salutai  affettuosamente. Subito dopo, spensi il cellulare, scegliendo di raggiungere Brianna nella sua stanza. Ti stavo aspettando.” Mi disse, sorridendomi. “Ti sei divertita?” le chiesi, aspettando una sua risposta. “Sì.” Si limitò a rispondere, guardandomi negli occhi. Poco tempo dopo, la vidi uscire dalla sua stanza, e decisi di seguirla. Mi ritrovai quindi nel salotto di casa, e vidi un’espressione di felicità dipingersi sul suo volto. Parteciperemo insieme.” Disse, abbracciandomi. In quel momento, capii subito a cosa si riferisse, scegliendo di stringerla a me con forza sempre maggiore. Subito dopo, raggiungemmo la mia stanza, dove entrambe ci addormentammo sfinite. Poco prima di addormentarsi, Brianna mi sussurrò una frase all’orecchio. “Non vedo l’ora.” Disse, con voce dolce e calma, alludendo alla nostra imminente competizione di pattinaggio. Scivolando nel sonno, non risposi, pur rendendomi conto di una cosa. Quella gara, unita agli innumerevoli avvenimenti che avremmo lentamente imparato a gestire nella nostra vita, avrebbe sicuramente contribuito a scrivere il nostro futuro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo XIII


Tensione che sale


Il tempo continua a passare scorrendo incessantemente, e guardando il calendario ho scoperto che alla gara di pattinaggio a cui io e Brianna parteciperemo, mancano soltanto due mesi, per tale ragione, abbiamo deciso di intensificare i nostri allenamenti sotto consiglio della nostra allenatrice. Lei stessa, ci ha promesso di tenere aperta la palestra cittadina anche oltre l’orario di chiusura unicamente per permetterci di allenarci. Ad ogni modo, l’intera faccenda ha anche una sorta di lato negativo, poiché il nervosismo derivante dall’attesa, ha finito per spingermi nuovamente nel buio tunnel che l’alcool rappresenta. Pur tacendo di fronte a Brianna, sono lentamente scivolata nella mia dipendenza. Tentando in ogni modo di condurre una vita normale e priva di sospetti, rendendo la stessa Brianna felice in ogni occasione, prego giornalmente che non lo scopra mai, ma proprio oggi, dopo ben tre settimane di bugie e alibi di ferro, mi ha sorpresa a bere della birra, trovando anche delle lattine ormai completamente vuote nascoste nella mia stanza. “Mi hai mentito! Ha urlato, apparendo letteralmente furiosa e fuori di sé dalla rabbia. “Avevi promesso di smettere! Fra noi due è finita!” ha aggiunto, aprendo la porta di casa e scappando via in lacrime. Ho ovviamente cercato di spiegarmi, finendo per balbettare e biascicare parole senza senso. Non avrei mai voluto vederla così triste. In quel preciso istante, mi vergognavo profondamente di me stessa, e la mia immagine riflessa nello specchio mi disgustava. In preda alla rabbia e con le lacrime agli occhi, ho perfino rischiato di romperlo, pur lasciandolo intatto e ritrovandomi con una sanguinante e vistosa ferita alla mano. Non riuscivo letteralmente a credere a me stessa. Avevo permesso ad un’assurda e venefica dipendenza di allontanare da me la ragazza che amavo con tutto il mio cuore. Dopo averla vista andar via, ho cercato di raggiungerla, scoprendo che era ormai letteralmente svanita nel nulla. Sparì quindi dalla mia vista per giorni interi. Per mia fortuna, riuscivo ad incontrarla in palestra, e ogni volta che cercavo di scusarmi, lei mi ignorava completamente, rivolgendomi occhiate cariche di puro odio. Era come se fosse appena stata risucchiata in un mondo simile a quello dove l’odiosa Angel sembrava vivere. Mi odiava letteralmente, ma nonostante tutto io continuavo ad amarla. Pur sapendo di non aver più alcuna speranza, i miei sentimenti non cambiano. Difatti, ogni volta che la vedo ripenso a tutti i bei momenti passati in sua compagnia. Ora come ora, mi sento davvero malissimo. L’ho letteralmente abbandonata, ferendola irrimediabilmente. La ferita che ho sulla mano è nulla se confrontata con la ferita che io le ho provocato facendo letteralmente sanguinare il cuore. Ora come ora, mi sento vuota. Il mio amore per lei continua ad ardere come fiamma viva, ma ciò che lei provava per me è svanito come nebbia. Il tempo scorre, ed io continuo ad allenarmi, pur non riuscendo a concentrarmi dato il mio nervosismo, che si propaga lentamente in ogni singola fibra del mio corpo. Ad ogni modo, Brianna sembra scomparsa dalla mia vita  come un fantasma, ed io sono rimasta completamente sola, con il mio dolore e i miei logori nervi come unica compagnia. Ora come ora, non so che cosa mi accadrà, né come la mia vita continuerà ad evolvere, ma sono certa di un’unica cosa. Il mio amore per Brianna non si spegnerà mai, poiché il giorno in cui l’ho conosciuta le ho fatto una promessa che intendo mantenere. Mi sono confessata a lei, dicendole che era una parte di me, e che saremmo rimaste insieme per sempre. Sono inoltre sicura che anche il suo odio per  me svanirà, e che il suo cuore finirà per indicarle la vera strada da percorrere.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



Capitolo XIV
Sola
Apro lentamente gli occhi al suono della mia sveglia, che mi desta dal sonno in cui ho finito per cadere. Liberandomi dalle coperte, mi metto a sedere sul letto, e guardandomi attorno, mi sembra che la stanza sia letteralmente vuota. Ogni singolo oggetto è fermo al suo posto, ma per qualche strana  ragione continuo a pensare che manchi qualcosa. Alzandomi in piedi, mi guardo allo specchio, notando che delle fredde lacrime iniziano a rigarmi il volto, bagnandolo come la pioggia bagna il duro asfalto. Il sole splende nel cielo mattutino, ma il mio umore è cupo. Brianna mi ha lasciata, e il dolore derivante dalla sua perdita mi avvilisce fortemente. Sin da allora, sono tornata a vivere con i miei genitori, che rendendosi conto del mio stato d’animo, tentano di consolarmi. “Sappiamo come ti senti.” Dicono, posando ogni volta i loro sguardi colmi di preoccupazione su di me. Mantenendo il silenzio, non rispondo, provando un’orribile sensazione di dolore. Di giorno in giorno, una sorta di veleno si insinua nelle crepe e nelle fessure del mio giovane animo ferito, come il vento farebbe fischiando e ululando abbattendosi su una città calma e ridente. Ora come ora, i miei genitori non mi sono affatto di conforto. Loro mi vogliono bene, ed io non oso mettere in dubbio tale consapevolezza, pur non potendo evitare di piangere e chiudermi nella mia stanza, sperando che la solitudine e il buio mi inghiottano per sempre. Sono completamente sola, e il tempo continua a scorrere incessantemente. Due soli mesi mi separano dalla competizione di pattinaggio alla quale ho deciso di partecipare, e i miei allenamenti in vista della stessa continuano ad intensificarsi. Secondo il pensiero della mia allenatrice, sono definitivamente pronta, ma a dispetto del suo giudizio, non voglio smettere di perfezionare la mia tecnica, già sopraffina secondo il parere di molti. Ad ogni modo, dei lunghi e cupi sospiri stanno lentamente diventando parte della  mia quotidianità, ed io sto lentamente scivolando nel più  profondo mutismo. Perfino il mio cellulare ha ormai smesso di squillare, e mi sembra che ogni cosa stia perdendo il suo significato. Le mie speranze stanno svanendo, e il silenzio che mi circonda sembra essere la mia sola ed unica compagnia. In breve tempo, ho deciso di non riuscire più a sopportare quest’orribile situazione, ragion per cui, ho scelto di rialzarmi nonostante l’essere caduta, provando a sorridere anche in questo frangente. Decidendo quindi di uscire di casa, raggiunsi la strada iniziando a camminare, vagando senza un’apparente meta, ritrovandomi per qualche strana ragione proprio davanti a casa di Brianna. Tremando come una foglia mossa dal freddo vento invernale, decisi di  bussare, attendendo silenziosamente che la porta venisse aperta. Sospirando, chiusi gli occhi, provando nuovamente una netta e inconfondibile sensazione di solitudine. Improvvisamente, un suono metallico mi costringe a riaprire gli occhi, notando l’ormai aperta porta di fronte a me. Brianna mi guarda con occhi colmi di preoccupazione, e gli stessi sembrano riflettere il mio dolore che lei nasconde mostrando un espressione che lascia trasparire chiaramente una motivata rabbia nei miei confronti. “Che cosa ci fai qui?” mi chiede, non riuscendo a staccare gli occhi da me. “Posso entrare?” le chiedo, tenendo il capo chino per la vergogna. “Perché dovresti?” Risponde, mentre riesco letteralmente a sentire un chiaro astio crescerle dentro. Ora come ora, la pioggia cade e bagna il mio corpo, mischiandosi inevitabilmente alle amare lacrime che verso posando il mio avvilito sguardo sul volto di Brianna. Guardandola, faccio un deciso passo in avanti, e prendendola per mano, formulo una frase che esprime tutta la mia tristezza. “Mi dispiace.” Ho la sola forza di dirle, sperando segretamente che riesca a guardare dentro di sé e perdonarmi. Subito dopo, la vedo stringere la mia mano e permettermi di entrare, decidendo di baciarmi e annullando nuovamente ognuna delle mie insicurezze. “Io ti amo davvero.” Dico, con lo sguardo fisso su di lei e gli occhi ancora velati di lacrime. Alle mie parole, Brianna sorride, stringendomi in un abbraccio. “Puoi perdonarmi?” le chiedo, facendo suonare quella frase come una supplica. Quasi volendo ignorare le mie parole, Brianna tace, posando nuovamente le sue labbra sulle mie. “Mi sei mancata.” Mi dice, stringendomi le mani e guardandomi negli occhi. In quel preciso istante, vedo una lacrima rigare il volto di Brianna, e scelgo di asciugargliela con un gesto della mano. “Anche tu.” Le rispondo, lasciando che un ennesimo bacio colmo di sentimento coroni quel momento nella sua perfezione. “Non avrei mai dovuto allontanarti.” Ammette, guardandomi negli occhi. “Vieni con me.” Continua, prendendomi nuovamente per mano. Senza proferire parola, la seguo come un’ombra, raggiungendo assieme a lei quella che scopro essere la mia vecchia stanza. Guardandomi attorno, noto che è rimasta così come ricordo di averla lasciata, e l’intera situazione mi strappa un sorriso. Istintivamente, stringo la mano di Brianna con forza ancora maggiore, notando che lei non batte letteralmente ciglio. “Ti amo.” Le sussurro nell’orecchio, avendo nuovamente la gioia di vederla sorridere. Alle mie parole, Brianna non risponde, pur rivolgendo uno sguardo colmo di eloquenza. Regalandole un ennesimo sorriso, giunsi ad una rosea conclusione.  Le mie supposizioni si erano rivelate corrette, e dal quel momento potevo definirmi felice e mai più sola.
 
 


Capitolo XV


L’unione fa la forza


Dopo una lunga attesa, due mesi sono giunti al termine, e la giornata odierna è completamente dissimile da ogni altra. Difatti, oggi io e Brianna parteciperemo alla nostra prima competizione di pattinaggio artistico. Contrariamente a me, lei è una pattinatrice molto più esperta, ma la cosa non mi tocca minimamente, poiché anche una sconfitta non avrà significato con lei al mio fianco. Con il consenso dei nostri rispettivi genitori, abbiamo iniziato il nostro viaggio verso la nostra destinazione, ovvero il centro sportivo locale, unico luogo sufficientemente grande da poter ospitare una competizione. Ad ogni modo, abbiamo raggiunto la nostra destinazione facendoci accompagnare dai nostri genitori, fortemente orgogliosi di noi e dei nostri successi. Appena arrivate, abbiamo fatto del nostro meglio per prepararci, avendo anche l’occasione di conoscere il giudice di gara. Lo stesso, ci ha stretto la mano in segno di amicizia, facendo poi la stessa cosa con i nostri genitori. Poco prima di raggiungere la sua postazione, il giudice scelse di augurarci buona fortuna. Alle sue parole, Brianna ed io sorridemmo debolmente, procedendo a raggiungere gli spogliatoi e cambiarci, indossando i nostri rispettivi costumi. Non appena fui pronta, raggiunsi mia madre, che mi aspettava al di fuori dello spogliatoio stesso, apparendo perfino più nervosa di me. “Ricorda quello che hai imparato, mi ripeteva, chinandosi al solo scopo di aiutarmi ad infilare i pattini. “Non ti deluderò. Risposi, rivolgendole un debole ma convincente sorriso. Poco tempo dopo, anche Brianna uscì dallo spogliatoio, decidendo di avvicinarsi a me e stringermi la mano. “Buona fortuna.” Disse, sorridendomi e posando le sue labbra sulla mia fronte. “Anche a te.” Risposi, baciandola a mia volta. Un mero attimo scomparve quindi dalle nostre vite, ed entrambe ci sentimmo chiamare per nome. Voltandoci, scorgemmo entrambe la figura della nostra allenatrice, anche lei visibilmente nervosa e preoccupata per noi. “Fate del vostro meglio.” Ci disse, rivolgendoci un debole sorriso capace di annullare ogni nostra insicurezza. Alle sue parole, Brianna ed mantenemmo il silenzio, limitandoci ad annuire. Poco tempo dopo, sentimmo nuovamente che qualcuno chiamava i nostri nomi. Per mia fortuna, il mio orecchio critico mi permise di riconoscere la voce del giudice di gara. In quel momento, sapevo che ognuno di quegli avvenimenti poteva avere un unico significato. La gara stava per iniziare, e a quanto sembrava, ero la prima delle atlete a dover scendere in pista. Affrettandomi, tentai di mantenere la calma, facendo il mio ingresso in pista e presentandomi ai giudici con un rispettoso ed elegante inchino. Raggiungendo il centro del terreno di gara, volsi uno sguardo al pubblico, che limitava ad osservare inerme e silenzioso. Da quel momento in poi, riuscii a sentire solo il suono del battito del mio cuore, accelerato dalla paura e dalla tensione, che in quel preciso istante poteva letteralmente essere tagliata con un coltello. Fissando il mio sguardo su un immaginario punto a me dinanzi, mantenevo la mia perfetta immobilità, attendendo solo di poter iniziare. Poco tempo dopo, sentii la musica che iniziava a suonare, e decisi di iniziare ad esibirmi, lasciandomi tranquillamente scivolare sulla pista ghiacciata, esibendomi in numerose piroette e figure acrobatiche. Ad ogni modo, la paura mi assaliva. Ad ogni mia evoluzione, pregavo di riuscire a toccare terra evitando di cadere, ma le mie speranze svanirono senza preavviso. Stavo per raggiungere il termine della mia esibizione, ma pattinando finii per scivolare e cadere, non potendo evitare che i giudici mi infliggessero una penalità che avrebbe sicuramente abbassato il mio punteggio. Per mia fortuna, riuscii comunque a recuperare il tempo perduto, ignorando il dolore che il mio corpo tentava strenuamente di sopportare. Poco tempo dopo, iniziai a sentirmi davvero stanca. Non accennavo a smettere di pattinare, volendo assolutamente mostrare il mio stoicismo. Presto sentii le forze abbandonarmi, e finii per cadere in terra perdendo i sensi. Rimasi priva di coscienza, e non riuscii a sentire nulla. La musica attorno a me si era interrotta, e la gara era per me ormai finita. Giacevo inerme sul ghiaccio, pur provando a rimanere vigile. La mia vista era disturbata e annebbiata dal dolore, ed io respiravo appena. Riuscendo quindi a tornare ad essere me stessa, mi guardai attorno. Ebbi a malapena il tempo di notare una figura indistinta avvicinarmisi e tentare di aiutarmi. Due intere ore passarono, ed io mi risvegliai nel più vicino ospedale. Respirando debolmente, pregavo di rimanere in vita, ricordando le parole del dottore. “È semplicemente svenuta.” Disse, facendomi letteralmente raggelare. Subito dopo, sentii uno scatto, vedendo quindi una porta aprirsi. Dalla stessa, fece capolino Brianna, seguita dai miei genitori. La vedevo bene, e riuscivo anche a sentirla, ma per qualche strana ragione, non avevo la forza di parlare. Difatti, seppur involontariamente, concentravo la maggior parte delle mie energie sul mio respiro, desiderando ardentemente di restare attaccata alla mia preziosa vita. Sfinita dai miei stessi sforzi, chiusi gli occhi, riuscendo a sentire unicamente il pianto e i singhiozzi di Brianna. Lottando per ricacciare indietro le lacrime dettate dal dolore che provava, si sedette accanto a me, spostando il suo sguardo sul mio pallido e diafano viso. Parlandomi, mi spronava a lottare e a rimanere in vita. Io la sentivo, ma non riuscivo a risponderle. Non volendo deluderla, provai ad aprire gli occhi stringendole quindi una mano. Biascicai quindi il suo nome, vedendo i suoi occhi brillare e il suo viso illuminarsi. Fu quindi questione di un attimo, ed io la vidi sparire, per poi tornare seguita da un’intera equipe medica. Un infermiere notò che avevo nuovamente smesso di respirare, e provò a rianimarmi. Ognuno dei medici presenti perse le speranze dopo il loro fallimento nel salvarmi, ma io non riuscivo ad accettare nulla di quello che stava accadendo. Difatti, non potevo assolutamente permettermi di abbandonare nuovamente Brianna, lasciandola sola e priva di difese in un mondo così ostile. Durante il mio periodo d’incoscienza, rividi il suo viso, ricordando quindi ogni più piccola sfaccettatura del nostro rapporto. Respirando a fatica, tentai di aprire gli occhi, riuscendoci solo dopo alcuni tentativi. “Chiamai quindi il nome di Brianna con voce flebile, e la vidi avvicinarsi posando le sue labbra sulla mia guancia. “Non lasciarmi. “Dissi, con voce sempre più fioca. “Resta.” La sentii dire, vedendo una sua lacrima rigarle il volto. Subito dopo, scivolai nel silenzio, riuscendo ad addormentarmi felicemente. Tre lunghi mesi passarono, ed io venni finalmente dimessa da quell’arido ospedale, potendo quindi avere l’occasione di ringraziare Brianna. Lei non lo sapeva, ma ero viva solo grazie al suo intervento. La forza del suo amore mi aveva letteralmente tenuto in vita, avendo un effetto migliore di qualunque medicina esistente. La conoscevo meglio di me stessa, e sapevo che non sarebbe mai riuscita a perdonarsi la mia morte. In tre lunghi anni, il nostro rapporto si era dimostrato duraturo, facendo quindi fede ad un vecchio adagio, secondo cui l’unione fa la forza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo XVI


Insieme per sempre


Un lungo anno sta per finire, salutandoci e facendo posto a quello successivo. Difatti, oggi il sole è nuovamente alto nel cielo, terso e azzurro come sempre. Ad ogni modo, quello odierno è un giorno speciale. Siamo in inverno, e per la gioia di tutti noi, oggi è l’ultimo giorno dell’anno. Questa si preannuncia quindi come una giornata colma di gioia, amore e magia, da vivere appieno. Ora come ora, siedo tranquillamente nel salotto di casa, e sono intenta a leggere. Spinta dalla curiosità, Brianna mi si avvicina, interrompendo involontariamente la mia lettura. La sento scusarsi, ma scuoto il capo ignorando il suo errore. Le rivolgo quindi un sorriso, alzandomi e poggiando il libro sul tavolino del salotto. Facendo quindi qualche passo nella sua direzione, la prendo per mano, limitandomi a mantenere il silenzio e guardarla negli occhi. Ad ogni modo, per qualche strana e a me ignota ragione, il suo sguardo mi appare diverso, più luminoso e vivo del solito. Stranita da quella sorta di differenza, ho provato a chiedere spiegazioni, ma lei ha preferito tacere e sorridermi. “Sto bene.” Ripeteva, guardandomi negli occhi. Le sue parole mi trasmettevano quel messaggio, ma a sua insaputa il suo stesso cuore la stava tradendo. Le sue emozioni non deponevano certo a suo favore, facendola apparire a miei occhi confusa e insicura. Si muoveva lentamente, in un indecifrabile andirivieni lungo tutta la casa. Saliva e scendeva nervosamente le scale, osservando con cadenza regolare l’orologio che portava al polso. “Sicura di star bene?” le chiedevo, preoccupandomi per lei. “Certo!” rispondeva, sorridendomi e tentando di apparire tranquilla. Pur non sapendolo, falliva miseramente nel suo intento, ottenendo come unico risultato quello di aumentare la mia preoccupazione. Difatti, stando ai miei ricordi, non aveva mai mostrato comportamenti simili prima d’ora. Ad ogni modo, decisi di desistere, smettendo quindi di porle domande che sapevo non avrebbero mai trovato risposta. In cuor mio sapevo che Brianna mi stava palesemente nascondendo qualcosa, e che quindi la nostra routine giornaliera avrebbe presto o tardi subito dei cambiamenti. L’assolato pomeriggio lasciò presto il posto alla sera, che si tramutò a sua volta in una soave e tranquilla notte stellata. Lasciando che il vento mi accarezzasse e scostasse i capelli, mi godevo il panorama visibile dal balcone di casa, ammirando il cielo tinto di nero e punteggiato di sfavillanti stelle. Ad ogni modo, Brianna si unì a me prima che io potessi accorgermene, prendendomi per mano e mantenendo un perfetto e religioso silenzio. “Magnifica notte, non credi?” esordisce, tacendo subito dopo. “Hai proprio ragione.” Rispondo, sorridendo e continuando a guardare il cielo. Le ore passano veloci, e con l’arrivo della mezzanotte inizia il conto alla rovescia per l’anno nuovo, che tengo mentalmente stringendo la mano di Brianna. Ad ogni modo, allo scadere dello stesso ci abbracciamo, ed io noto una stella cadente solcare la volta celeste. “Hai un desiderio?” le chiedo, notando che è ancora immobile ed incantata da quella visione. Il mio interrogativo non trova risposta, poiché Brianna tace, spostando il suo sguardo dal cielo al mio viso. Poco dopo, la vedo indietreggiare di qualche passo, ed estrarre dalla tasca dei suoi pantaloni un piccolo ma scintillante e argenteo anello. Alla vista di quel gioiello sorrido, ma nulla può prepararmi alla sua prossima mossa. Difatti, nel mero spazio di un momento, la vidi avvicinarsi nuovamente a me e porgermi quell’anello, ponendomi una domanda di vitale importanza. “Io ti amo e ti amerò per sempre, Allison Brown. Vuoi sposarmi?” chiese, attendendo una mia risposta. Alle sue parole, tacqui istintivamente, non sapendo letteralmente cosa dire. Un luminoso sorriso era dipinto sul mio volto, ed io continuavo a guardarla in un silenzio colmo di stupore. “È il mio desiderio, fa in modo che si avveri.” Aggiunse, sorridendomi ed avvicinandosi ancora di più a me. Il mio mutismo ebbe fine in quel preciso istante, ovvero quando, raccogliendo il mio coraggio e tentando di calmarmi, pronunciai una frase che non avrei mai creduto di poter formulare in nessuna circostanza. “Sei una parte di me, Brianna Lancaster, e sono fiera di poterti considerare mia compagna di vita.” Le dissi, vedendola sorridere e lacrimare di gioia. Dopo aver sentito quelle meravigliose parole, Brianna scelse di baciarmi, ed io non tentai minimamente di sottrarmi a quella palese manifestazione d’affetto, ricambiandola istintivamente. Passai quindi la mia notte con lei, sapendo che il mio desiderio di rimanerle per sempre accanto era appena stato esaudito.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 
 
 

Capitolo XVII


Le avversità del vivere


Come c’era d’aspettarsi, altri tre anni sono ormai giunti al termine, permettendomi di andare avanti con la mia vita e ammirarla in tutto il suo splendore. Concedendomi del tempo per pensare, capisco di essere davvero felice. Sono infatti sposata con la donna che amo, e la mia vita con lei non potrebbe essere migliore. Ogni giorno passato con lei equivale a scrivere una nuova pagina da inserire nel libro del mio vivere, pieno di gioia e sfortunatamente anche di dolore. Ora come ora, il tempo sta passando, ma Brianna ed io sappiamo di amarci con la stessa intensità del primo giorno. Entrambe, ricordiamo infatti con somma letizia il giorno in cui ci siamo goffamente e fortuitamente incontrate, ovvero ben otto anni fa, quando non eravamo nient’altro che due quindicenni con il cuore pieno di battiti e la vita piena di sogni. La nostra relazione è letteralmente nata per caso, ed io ringrazio giornalmente il cielo per aver messo Brianna sul mio cammino. Averla sposata è per equivalso a realizzare un vero e proprio sogno, che io stesso non ho mai smesso di alimentare, conservando con la stessa gelosia riservata ad un segreto. Ad essere sincera, credo fermamente che Brianna sia del mio stesso parere, sostenendo infatti di amarmi con tutta sé stessa, e ammettendo di non volermi assolutamente perdere. Difatti, il ricordo del mio svenimento avvenuto in età adolescenziale durante una gara di pattinaggio artistico alla quale ci eravamo entrambe iscritte, rimane ancora oggi vivo nella sua memoria, riportando sul suo viso delle amare ed occasionali lacrime. Ad ogni modo, da un roseo punto di vista, il nostro rapporto non potrebbe andare meglio, e il nostro matrimonio procede nel migliore dei modi, ma la nostra felicità è stata recentemente spezzata come una robusta corda qualche mese fa, ossia quando io ho scoperto di soffrire di cancro allo stomaco. Sembrava che tutto andasse bene, ma un giorno ho iniziato a lamentare lancinanti dolori allo stomaco, accompagnati da inappetenza e spossatezza. Inizialmente, tendevo a minimizzare qualunque cosa mi accadesse, imputando la colpa del mio evidente malessere al mio intenso ritmo di vita completamente privo di pause, anche se Brianna era di tutt’altro avviso. Difatti, è proprio grazie a lei e alla sua insistenza unita agli inconsueti comportamenti del nostro cane, che leccandomi costantemente e convincendomi a mangiare, evitava che la mia salute peggiorasse e che io svenissi. Il mio primo incontro con il dottore aveva significato fare un esame completo delle mie condizioni fisiche, a cui è seguito un attento prelievo di sangue, che opportunamente analizzato ha portato alla luce il mio problema. Per tale ragione, Brianna ha continuato a preoccuparsi, convincendomi quindi ad iniziare una terapia volta a curarmi. L’ho seguita scrupolosamente sotto suo consiglio, pur non riuscendo ad ottenere risultati concreti. Volendo quindi tentare in ogni modo di guarire, mi sono fatta prescrivere dei farmaci adatti alla mia condizione, combinandoli con la terapia che seguivo, e con mia grande sorpresa, quella mia idea mi salvò letteralmente la vita. Difatti, dopo circa un anno di assidue cure unite all’affetto di Brianna e dei miei genitori, che mi hanno sempre sostenuto su ogni fronte, sono riuscita, contro il parere di ogni medico che nel corso del tempo mi avesse visitato, a guarire completamente, facendo sparire ogni singola traccia della malattia dal mio sangue e dal mio corpo, ora sano ed energico come è sempre stato. Quest’esperienza mi ha arricchito, permettendo sia a me che a Brianna di diventare più forti e di imparare quindi una preziosa lezione che entrambe ci auguriamo di non dimenticare. La vita va vissuta appieno, cogliendo ogni singola occasione, e gioendo dei propri luminosi successi superando l’amarezza delle sconfitte malgrado le avversità del vivere stesso.
 



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo XVIII


Amore incompleto


Un nuovo e luminoso giorno ha nuovamente inizio, e Brianna mi appare stranamente nervosa. Continua ad evitare i miei sguardi apprensivi e colmi di preoccupazione, quasi temendo di venire ferita. Ad ogni modo, sa benissimo che io non alzerei mai un dito su di lei, se non per abbracciarla o mostrarle il mio amore. Per qualche strana ragione, questa convinzione non basta a fare in modo che capisca che può ciecamente fidarsi di me. Difatti, ogni volta che i nostri sguardi si incrociano, o tento di avvicinarmi, lei si ritrae istintivamente, spaventata come mai prima. Provando pena per lei, ho provato più volte a chiederle come si sente, con la ferma intenzione di scoprire se qualcosa in lei non va. Questo pensiero mi tormenta ormai da giorni, poiché non potrei mai perdonarmi l’ignorare le sue sofferenze. In cuor mio, ero assolutamente certa della mancanza di un tassello nell’intricato mosaico della sua salute fisica e mentale. Brianna era infatti troppo scossa per sentirsi bene, come inoltre affermava ripetutamente. Guardandola negli occhi, la pregavo insistentemente di parlarmi, pur non ottenendo mai una chiara risposta. Riuscivo solo a farla piangere, finendo per intristirla sempre di più. Ad ogni modo dopo tre interi giorni caratterizzati da lacrime, dolore e mutismo, Brianna ha preso la saggia decisione di uscire finalmente dal guscio in cui si è rintanata alla ricerca di protezione dal suo stato di malessere, provando quindi a confidarsi con me. Prendendomi per mano, mi ha quindi condotto in camera da letto, dove ha nuovamente iniziato a piangere, temendo di annegare nel fiume rappresentato dalle sue stesse lacrime. In quel preciso istante, la guardai negli occhi, posando il mio apprensivo sguardo su di lei, notando che aveva il viso rigato e arrossato dalle lacrime, e le labbra rosse e gonfie poiché aveva ripetutamente finito per mordersele mentre tentava di respirare. “Sta calma.” La pregavo, avvicinandomi a lei e tentando di rassicurarla. “Devo parlarti.” Mi diceva, fra un singhiozzo e l’altro. Alle sue parole, pronunciate con voce strozzata dal nodo di pianto che rischiava letteralmente di soffocarla, non rispondevo, limitandomi a guardarla e lasciare che si sfogasse. “Mi dispiace tantissimo.” Disse, dopo essere finalmente riuscita a calmarsi. “Cosa?” riuscii unicamente a rispondere, apparendo confusa e attendendo che riprendesse a parlare al solo scopo di chiarire i miei dubbi. “Non riuscirò mai a renderti felice.” Continuò, piangendo e strofinandosi gli occhi ora spenti e gonfi a causa del suo pianto. “Ti sbagli.” L’hai già fatto.” Le dissi, sorridendole e abbracciandola teneramente. Guardandola negli occhi, non smettevo di stringerla, sperando segretamente che riuscisse a tornare in sé. “Non è vero.” Rispose, tacendo unicamente per provare a riprendere fiato. “Tu non lo sai, ma io ho sempre avuto un secondo desiderio.” Mi disse, evitando di guardarmi e asciugando le lacrime che le correvano sul viso. “Quale sarebbe?” osai chiedere, sperando di non peggiorare ulteriormente il suo già corrotto stato d’animo. “Renderti madre di un figlio.” Confessò, abbassando il capo in preda alla vergogna. Non appena finii di ascoltare quella sua sorta di rivelazione, iniziai a guardarla con occhi diversi, ora colmi di stupore e meraviglia. Ad essere sincera, sapevo che Brianna mi amava con tutta sé stessa, ma non avrei mai immaginato che fosse pronta a compiere un così importante passo al solo scopo di rendermi felice. Sorridendo, le dissi che trovavo lodevole il suo gesto, e che non avrei mai smesso di ringraziarla. Facendo appello alla mia innata razionalità, avevo avuto modo di capire che dato il mio vero essere, unito alla realtà che mi trovavo davanti, avere un figlio sarebbe stato pressochè impossibile sia per me che per Brianna, ma lei, grazie al suo amore per me, sapientemente combinato alla sua caparbietà, era finalmente riuscita ad accendere in me una nuova speranza. Difatti, quello era una sorta di segreto che avrei personalmente voluto confessarle non appena avrei creduto che i tempi fossero stati maturi, ma a quanto sembrava, lei era inequivocabilmente riuscita a leggermi nel pensiero. In fin dei conti, la nostra vita poteva letteralmente definirsi perfetta. Eravamo felicemente sposate da tre anni, avevamo sconfitto le nostre paure, e ci eravamo trasferite dalla costa californiana alla campagna irlandese, ove il nostro amore sembrava essere accettato perfino dalla legge. Ad ogni modo, quella sera Brianna mi fece una solenne promessa, secondo la quale, mi avrebbe aiutato a diventare madre di un figlio.
 
 
 
 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo XIX


Desideri e notizie


È ormai passato esattamente un mese dal giorno in cui Brianna mi ha fatto una promessa che intende assolutamente cercare di mantenere. Ad ogni modo, questa mattina ha deciso di svegliarmi prima del solito. Non appena aprii gli occhi, la vidi seduta sul letto accanto a me. Continuava a scuotermi al solo scopo di vedermi sveglia, ed io non potei fare a meno di ridere di fronte a quella scena. Sembrava infatti una bambina che avvertiva i genitori dell’arrivo dell’alba, con quel viso così puro ed innocente, e quei vispi occhi azzurri come il  calmo mare d’agosto. Poco tempo dopo, decisi di alzarmi dal letto, seguendola fino in cucina al solo scopo di fare colazione assieme a lei. Come ogni mattina, mi concedo il solito bicchiere di latte freddo, accompagnato stavolta a dei leggeri ma nutrienti cereali. Mentre bevevo il mio latte, feci accidentalmente cadere qualche goccia sul tavolo, e conseguentemente su quello che credevo essere un semplice foglio di carta. Ad ogni modo, decisi di rimediare al mio errore, tentando subito di ripulire il tavolo. Mentre ero nell’atto di farlo, lasciai che i miei occhi cadessero su quella sorta di foglietto, che presi quindi in mano scoprendo essere un dépliant proveniente dalla farmacia locale. Istintivamente, guardai Brianna negli occhi, vedendola sorridere. Per una manciata di secondi, spostai nuovamente il mio sguardo su quel foglio illustrativo, leggendone mentalmente il contenuto. Lo stesso, affermava a chiare lettere che avremmo potuto realizzare il nostro sogno semplicemente raggiungendo l’ospedale e ricorrendo alla fecondazione artificiale. Venendo quindi sopraffatta dalle mie stesse emozioni, corsi subito verso di lei e l’abbracciai, baciandola subito dopo. Ora come ora, sapevo che lei avrebbe mantenuto la sua promessa, e che noi due insieme saremmo finalmente a realizzare il nostro più profondo desiderio. Saremmo diventate responsabili di una creatura che avremmo promesso di amare, e il solo pensiero ci riempiva il cuore di gioia. Il viaggio verso l’ospedale ebbe inizio in quello stesso pomeriggio, e mentre rimanevo concentrata sulla guida, facevo appello alla mia fantasia per immaginare il mio immediato futuro con Brianna dopo l’arrivo di quella splendida creatura. Non appena arrivammo, avemmo cura di informare i medici delle nostre intenzioni. Dopo averci fatto firmare una serie di importanti documenti, i medici acconsentirono ad effettuare la procedura, che si protrasse per circa una ventina di minuti. Inizialmente, Brianna ed io non riuscivamo a deciderci su chi di noi due avrebbe portato in grembo il nostro futuro bambino, e dopo averne discusso con me, si offrì di farlo al mio posto. Accettando la sua proposta, le sorrisi, scegliendo di abbracciarla. Subito dopo, uscimmo in tutta tranquillità dall’ospedale, tornando quindi subito a casa. Non appena arrivammo, le emozioni di Brianna si palesarono. In quel preciso momento, scelse di baciarmi. Non mi sottrassi al suo amore per nessuna ragione, decidendo di assecondarla e ricambiare ogni bacio. In breve tempo, calò la sera, ed io mi addormentai accanto a Brianna, tenendo una mano sulla sua pancia, e sognando di sentire il battito cardiaco del nostro futuro bambino. Brianna dormiva profondamente, respirando con un ritmo regolare. Non poteva parlarmi, ma a me non importava. Sapevo che grazie a lei e al suo nobile gesto sarei presto diventata responsabile di una creatura totalmente dipendente da me. Avevo inoltre una seconda certezza, stando alla quale, il tempo avrebbe continuato a scorrere, e la sua condizione si sarebbe presto rivelata, rendendomi felice come non mai. Secondo il parere di chi non la conosce, Brianna potrebbe benissimo essere una ragazza come tante altre, ma questo discorso non è neanche lontanamente applicabile al mio modo di pensare. Difatti, amo Brianna con tutta me stessa, e credo che incontrarla mi abbia letteralmente cambiato la vita. Pensandoci, avrei potuto benissimo innamorarmi di qualunque alta ragazza, ma il mio cuore mi ha indicato una precisa strada da percorrere, portandomi a scegliere lei. Ad ogni modo, sapevo bene che non sarei mai riuscita a trovare il modo di ringraziarla. Ora come ora, attendo in silenzio, contando mentalmente i giorni che mi separano dalla venuta al mondo di quella piccola sorta di miracolo che la mia amata Brianna porta proprio sotto il suo nobile cuore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 
 
 
 


Capitolo XX


Il risultato dei sentimenti


Dopo una lunga e pressochè interminabile attesa, i nove mesi che separavano me e la mia amata Brianna dalla nascita del nostro nuovo figlio, sono finalmente giunti al termine. È mattina presto, e Brianna continua a ripetermi di non sentirsi bene. Dando uno sguardo al calendario appeso in cucina mi rendo conto che proprio oggi è il giorno designato per la nascita di nostro figlio. Ad ogni modo, Brianna non avrebbe mai voluto disturbare il mio sonno, ragion per cui, evitò di lamentarsi per l’intera mattinata. Con l’arrivo del pomeriggio, notai che la situazione iniziava a peggiorare, e tale consapevolezza mi ha spinto a voler accompagnare Brianna in ospedale. Per qualche strana ragione, lei si è palesemente rifiutata, asserendo di non aver bisogno di alcun aiuto. Rispettando la sua decisione, non ho osato proferire parola, almeno fino a quando non mi si presentò davanti una scena decisamente orribile. Brianna era assolutamente tranquilla, e impegnata a parlarmi come fa solitamente, quando all’improvviso la sentii urlare con quanto fiato aveva in gola. Subito dopo, la vidi impallidire fino a sembrare letteralmente un cadavere. Una preziosa manciata di secondi scivolò via dalla mia vita, ed io la vidi piegarsi in due per il dolore. Guardandomi negli occhi, mi implorò di aiutarla, ed io passai subito all’azione. La presi quindi per mano, accompagnandola alla mia auto. Attendendo che vi si sedesse, vi entrai a mia volta, accendendo il motore dell’auto e sentendo le ruote mordere il duro e grigio asfalto, ora rovente a causa del sole. Guidavo più velocemente che potevo, e faticavo a rimanere concentrata sulla strada da percorrere, poiché il costante dolore provato da Brianna mi preoccupavano. Ad ogni modo, tentavo di non mostrarle le mie emozioni, provando comunque a rassicurarla. Avrei voluto toccarla come solevo fare, ma lei me lo impediva. Per qualche strana ragione, era come se le mie candide mani le bruciassero la pelle. Il viaggio verso l’ospedale era appena stato allungato dal traffico, nel quale ero inevitabilmente rimasta imbottigliata. Con lo scorrere dei minuti, le condizioni di Brianna peggioravano. Sentiva sempre più dolore, e non aveva modo di lenirlo. Ad ogni modo, dopo ben due ore di viaggio riuscimmo a raggiungere la nostra tanto bramata e agognata destinazione. Non appena entrammo in ospedale, le condizioni di Brianna allertarono gran parte dell’equipe medica, che procedette subito ad aiutarla. Le venni quindi assegnata una stanza, e venne trasportata con urgenza in sala parto. Istintivamente, chiesi il permesso di poterle restare accanto, che mi venne accordato nello spazio di un momento. Vedendola quindi sdraiata in un arido e clinico letto d’ospedale, mi avvicinai a lei e le presi la mano, stringendola mentre continuava a lamentarsi per il dolore. Provando quindi pena per lei, scelsi di provare a confortarla, rivolgendole dei frequenti e luminosi sorrisi uniti al mio incondizionato affetto. Ad ogni modo, ben tre ore passarono in fretta, e ritrovando persa nella fitta nebbia rappresentata dai miei pensieri, venni scossa da un suono che attendevo di sentire  da ben nove lunghissimi mesi. Fui quindi distratta da un debole e dolce vagito. Posando quindi il mio sguardo su Brianna, vidi che stringeva una calda e morbida coperta, in cui era avvolto il nostro amato bambino, il piccolo Tristan. Era appena venuto al mondo, ma nonostante questo, Brianna ed io avevamo delle rosee aspettative. Eravamo infatti fermamente convinte che sarebbe cresciuto ereditando il mio carattere e la bellezza di Brianna, riuscendo quindi ad affrontare ogni singola sfida propostagli dal mondo senza paura né esitazioni. Ora come ora, Brianna ed io siamo felici. Siamo finalmente riuscite a realizzare il nostro più grande sogno. Nostro figlio Tristan è infatti il nostro piccolo miracolo, ed entrambe ci siamo promesse di amarlo fino alla fine dei nostri luminosi giorni. Brianna ed io siamo inoltre convinte di qualcosa di molto più significativo. Siamo convinte di amarci, e sappiamo che il nostro amato Tristan è il risultato dei nostri palesi sentimenti.


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo XXI


Inaspettato dolore


Un nuovo giorno a per me inizio, e il sole d’Irlanda mi accarezza il viso. I suoi raggi filtrano dal vetro della mia finestra, mentre io sono intenta ad ammirare il panorama. Il tempo scorre, ed io mi abbandono ad un sospiro, poiché investita da un’inspiegabile sensazione di tristezza e malinconia. Uscendo quindi dalla mia stanza, mi metto subito alla ricerca di Brianna, trovandola in salotto e notando che è occupata a dar da mangiare al piccolo Tristan. Guardandola, mi avvicino lentamente, e lascio che le mie labbra si dischiudano in un debole ma convincente sorriso. “Stai bene?” mi chiede, mentre è intenta a cullare nostro figlio. Mantenendo il silenzio, scuoto il capo, fornendole quindi una risposta negativa. Data la mia reazione, Brianna scivola nel mutismo. “Cos’hai?” sembra chiedermi, tenendo il suo preoccupato sguardo fisso su di me. Ad ogni modo, non riesco a rispondere alla sua domanda, poiché non vorrei assolutamente che si preoccupasse. “Sono solo stanca.” Le dico, minimizzando ciò che sento veramente. “Dovresti riposare.” Mi consiglia, sorridendo debolmente. Alle sue parole, annuisco, allontanandomi quindi da lei e raggiungendo nuovamente la mia stanza. Prima che riesca a muovermi, Brianna lascia che prenda in braccio Tristan, ora placidamente addormentato e perso in una profonda dimensione onirica. Stringendolo a me, decido di portarlo nella sua stanzetta, adagiandolo quindi nel soffice e protettivo nido costituito dalla sua culla. Subito dopo, decido di seguire il consiglio di Brianna, sdraiandomi lentamente sul mio letto. Mi distendo in una posizione comoda, ma per qualche strana ragione non riesco ad addormentarmi. Il tempo scorre, e Brianna decide di raggiungermi. Si sdraia accanto a me mantenendo un religioso silenzio, non potendo comunque evitare di avvicinarsi. “Ti amo.” Mi sussurra, scegliendo di stringermi in un abbraccio. Evitando di parlare, non rispondo, voltandomi a guardarla e sorridendole. Sto davvero male, ma taccio chiudendo gli occhi, e finendo per addormentarmi. Il tempo scorre, ed io mi risveglio in preda al freddo. Non riuscendo a capire ciò che mi sta accadendo, tento di avvicinarmi a Brianna, scoprendo che si è ormai alzata, lasciando vuoto il letto. Rimettendomi in piedi, mi avvicino alla finestra ora chiusa, riuscendo a vedere il mio riflesso. Non sono altro che una ventiduenne felicemente sposata con la donna che ama e madre di un figlio, ma in questo preciso istante, la malinconia mi sovrasta. Esco quindi dalla mia stanza, decidendo di parlarne con Brianna. “Ho capito.” Mi dice, prima che io abbia il tempo di aprir bocca. “Seguimi, continua, prendendomi per mano. Mantenendo il silenzio, decido di lasciarmi pazientemente condurre da lei, scoprendo che ha intenzione di farmi una sorpresa. Salendo quindi in macchina, mi chiede di tenere gli occhi chiusi. Lasciandomi sfuggire un sorriso, decido di obbedire, godendomi la fresca aria estiva unita alla rilassante musica proveniente dall’autoradio. Una decina di minuti svanisce dalla mia vita, e il viaggio in auto ha fine. Riaprendo gli occhi, ne scendo con agilità, rimanendo tuttavia senza parole. Non riuscivo infatti a credere a ciò che avevo davanti. Brianna aveva avuto la premura di portarmi in uno degli alberghi più conosciuti della città, e aveva perfino prenotato una camera. In quel momento, potevo davvero dirmi felice. Brianna mi conosceva bene, e sapeva che  trascorrere del tempo con lei mi mancava come nulla al mondo. Istintivamente, le sorrisi, scegliendo di entrare in quell’albergo assieme a lei. “Non avresti dovuto.” Le dico, non appena raggiungiamo la nostra stanza. “L’ho fatto per te.” Mi risponde, sorridendo  e sdraiandosi sul letto. Poco dopo, la vedo posare una mano sulla coperta, ed invitarmi ad unirmi a lei. “Avvicinati.” Sembra dire, rimanendo profondamente concentrata su di me. Sentendomi quasi rapita dal suo sguardo, obbedisco con delle movenze simili a quelle di un automa. In un mero attimo, le sono accanto, e rimango a guardarla con gli occhi di chi ama. Il tempo scorre, e noi due decidiamo di lasciarci andare al nostro amore. In quel preciso istante, non penso ad altro se non a Brianna, visibilmente felice di avermi con sé. La notte è nostra fedele compagna, e i nostri sentimenti potevamo finalmente essere espressi come mai prima. “Mi sei mancata.” Mi dice, mentre è intenta a baciarmi con passione inaudita. Sorridendo, vorrei davvero rispondere. “Fermati.” La prego, ritraendomi come una bestiola impaurita. Cos’hai?” mi chiede, provando istintivamente pena per me. “Paura.” Rispondo, guardandola negli occhi. “Che vuoi dire?” chiede, mostrandosi ora più confusa che mai. “Io ti amo, e non voglio che ci accada nulla.” Chiarisco, sperando di aver dissipato ogni suo dubbio. “Devi solo rilassarti.” Mi dice, accarezzandomi il viso. “Non ci riesco.” Continuo, sedendomi sul letto e iniziando a rivestirmi. Avvicinandosi a me, Brianna capisce che non ha più modo di convincermi, scegliendo quindi di imitarmi e vestirsi a sua volta. “Vuoi andare a casa?” mi chiede, in tono mesto. Alle sue parole, non rispondo, limitandomi ad annuire. Subito dopo, Brianna mi prende per mano, e raggiungendo la sua auto, torniamo a casa. Il volume dell’autoradio è ora più basso, e prima che io riesca ad accorgermene, mi addormento. Vengo svegliata da Brianna non appena raggiungiamo la nostra destinazione e lei stessa si offre di accompagnarmi a letto, raggiungendomi solo pochi minuti dopo. “Mi lascerai mai?” le chiedo, poco prima di scivolare nel sonno. “Non accadrà.” Risponde, volendo solo  rassicurarmi. Alle sue parole, sorrido, finendo per addormentarmi serena e libera da quella sorta di inaspettato dolore.


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo XXII


Rivelazioni


Tre anni sono appena terminati, e un nuovo giorno ha per me inizio. Io e Brianna siamo felici, e in questo preciso momento siamo sedute l’una accanto all’altra sul divano di casa. Istintivamente, mi alzo in piedi, avvicinandomi ad un piccolo scaffale colmo di libri, dove noto che è appoggiata anche una fotografia. Incuriosita, la prendo in mano, osservandola in ogni suo particolare. “Siamo noi.” Dice Brianna, riconoscendo una giovane sé stessa in quella foto. Alle sue parole, non rispondo, mantenendo un silenzio degno di un luogo di culto. Nello spazio di un momento, spostando il suo sguardo da quella foto al mio viso, Brianna mi guarda, sorridendomi. Un mero attimo svanisce come nebbia dalla mia vita, e le mie labbra si posano sul volto di Brianna. Arrossendo, decide di non ricambiare quel gesto, ma io non batto ciglio. Il tempo scorre e Brianna mi stringe la mano. Istintivamente, abbasso lo sguardo sulla mia argentea fede nuziale. Ad ogni modo, vengo distratta da un rumore decisamente troppo conosciuto per essere confuso con qualunque altro. Mio figlio Tristan mi sta chiamando dall’interno della sua stanza. Incuriosita da quello strano comportamento, decido di raggiungerlo, trovandolo intento a giocare. Guardando meglio, mi accorgo che ha in mano un oggetto che riconosco senza proferire parola. Mi chiedo infatti come mio figlio sia riuscito a mettere le mani sulla mia collana preferita, ma decido di non badarci ed ignorare il suo gesto. Poco tempo dopo, noto che mio Tristan mi si avvicina, porgendomela con garbo inaudito. “È tua, mamma. Dice, guardandomi e sorridendo. Mantenendo il silenzio, stringo in mano quella collana, decidendo di mostrarla a Brianna non appena torno in salotto. L’ha trovata Tristan.” Dico, guardandola negli occhi. Subito dopo, la vedo scuotere il capo e rivelare la presenza di un gioiello che le impreziosisce il collo. “Io non l’ho mai tolta.” Risponde, mostrandomi la copia esatta e a lei appartenuta di quel ninnolo. A quella scena, sorrido, decidendo di stringere Brianna a me. Poco dopo, ci avviciniamo entrambe alla finestra ora chiusa, che io apro nel tentativo di far entrare in casa dell’aria più pura e fresca. Per mia mera sfortuna, mentre sono nell’atto di farlo, perdo il mio anello, che scivolando dal mio dito finisce in strada, venendo quindi illuminato dalla luce del sole e celato alla mia vista dal nero asfalto. Mostrando quindi uno stato di apparente immobilità, mi limito a guardare fuori dalla finestra, sperando di scorgere il luccicare di quel gioiello. Le mie speranze risultano vane, ed io decido di uscire subito di casa e andare a riprenderla. Brianna mi segue in silenzio, e noi raggiungiamo la strada, iniziando quindi le nostre ricerche. Poco tempo dopo, finisco per gettare la spugna, accettando l’evidenza, secondo la quale, il mio anello era ormai perduto. “L’ho trovato. Dice Brianna, impegnata a cercare in un punto poco lontano da me. Avvicinandomi a lei, attendo che me lo restituisca, arrossendo quando noto che me lo infila con la stessa grazia della prima volta. Lasciandomi sfuggire un sorriso, la stringo a me, e mentre inizio a camminare per tornare a casa, sento qualcuno chiamarmi per nome. Istintivamente, mi volto verso Brianna, che si stringe nelle spalle asserendo di non aver proferito parola. Riprendendo il mio cammino, guardo proprio davanti a me, scorgendo una figura conosciuta. Fermandomi di scatto, mi assicuro che Brianna mi imiti, mantenendo quindi la mia stessa immobilità. “Che cosa ci fai qui?” chiedo all’uomo che conosco come il mio ex fidanzato Adam. “Sono venuto a cercarti.” Risponde, avvicinandosi sempre di più a me. Per nulla spaventata né impaurita dal suo comportamento, decisi di ignorarlo avviandomi verso la porta di casa, e notando che Tristan stava per uscirne. Con un gesto della mano, glielo impedii, e il bimbo si fermò quasi meccanicamente. Non appena mi voltai, scoprii che Adam ci aveva seguite. Guardandomi, mi prese per mano, stringendomi forte il polso e notando la mia fede nuziale. “Non riesco a crederci! L’hai sposata!” esclama, non riuscendo a capacitarsi di ciò che vede. Alle sue parole, non rispondo, sapendo che nulla può prepararmi alla sua prossima reazione. “Hai perfino dato alla luce mio figlio! Urlò, con una rabbia che sembrava non riuscisse a controllare. In quel momento, un ricordo si fece strada nella mia mente, portandomi a rimembrare il giorno della visita in ospedale mia e di Brianna. Proprio allora, poco prima dell’inizio della procedura che ci ha permesso di mettere al mondo Tristan, i medici avevano pronunciato il suo cognome, che io ignorai ritenendolo troppo comune per appartenergli. “Questo bambino non è tuo figlio! Urlai, sentendo una giusta collera crescermi dentro. Mantenendo il silenzio, Adam mi ascoltava, pur mostrandosi visibilmente iroso. “È nostro figlio!” continuai, sapendo che la mia collera mista al mio dolore aveva raggiunto proporzioni inimmaginabili. Poco tempo dopo, vidi Adam cadere preda di una sorta di crollo psicologico, nel quale ripeteva frasi sconnesse e apparentemente prive di senso. “Credevo che tu mi amassi.” Continuava a ripetere, mentre il suo volto veniva solcato da lacrime mischiate ad una rabbia cieca. “Non l’ho mai fatto!” gridai, concentrando ogni singolo grammo delle mie forze nel pugno che gli sferrai, mandandolo al tappeto. Atterrita da quella scena, Brianna rimaneva immobile e muta, notando che il naso del povero Adam sanguinava copiosamente. Rialzandosi, lo coprì con una mano, decidendo quindi di sparire dalla nostra vista come nero e denso fumo. Ad ogni modo, quando finalmente rientrammo in casa, Brianna sembrava essere la più provata dall’intera vicenda. Voltandosi verso di me, iniziò a piangere e singhiozzare disperata. “Non credevo che mi amassi così tanto.” Disse, mostrando un sorriso tuttavia celato dalle lacrime. L’ho sempre fatto, Brianna Lancaster.” Risposi, ponendo particolare enfasi sul suo nome. Avendola accanto da anni, sapevo che le piaceva essere chiamata con il suo nome completo, e il mio cuore era ormai divenuto capace di suggerirmi la sua prossima reazione, alla quale non tentai minimamente di oppormi. Ad un mio strategico silenzio, seguì quindi un meraviglioso bacio, che ricambiai senza esitazione. La condussi quindi in camera da letto, chiedendole di sdraiarsi. “Fammi una promessa.” Le dissi, stringendole con forza entrambe le mani. “Qualunque cosa.” Rispose, attendendo che io riprendessi a parlare. “Giurami che non mi lascerai mai andare.” La pregai, mentre una singola e amara lacrima scivolava sul mio volto. “Te lo giuro.” Rispose, baciandomi e passando il resto della sua notte accanto a me. Ad ogni modo, il sole mattutino sorse in fretta, ed io mi risvegliai al suo fianco, in preda alla miglior sensazione della mia vita. Pur sapendo che era ormai mattina, Brianna ed io non provammo neanche ad alzarci, mantenendo il silenzio sdraiate l’una accanto all’altra. Io non parlavo, ma ero sicura di una cosa. Amavo davvero Brianna, e volevo assolutamente fare in modo, anche dovendo pagare con la mia stessa vita, che a lei e a Tristan non sarebbe accaduto nulla. Forse nostro figlio non avrebbe mai avuto la possibilità di conoscere suo padre, ma a me non importava. Durante i quattro anni della sua vita, Tristan era riuscito inconsapevolmente a diventare parte di me, occupando, proprio come Brianna, un posto nel mio cuore. Nessuno avrebbe mai alzato un dito su di loro, ed io me ne sarei assicurata personalmente.
 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo XXIII


Verità da scoprire


Con estrema lentezza, sei interi anni della mia vita sono appena trascorsi. Naufragando nel profondo oceano dei miei pensieri, mi concedo un attimo per riflettere, realizzando di essere felice. Brianna è ancora al mio fianco, e sono certa che mi ami come il giorno in cui mi ha incontrata. Nostro figlio Tristan è cresciuto, e sotto la sua timida apparenza di decenne chiuso e schivo, batte un cuore avventuroso, pronto a raccogliere ogni guanto di sfida che il mondo sembra giornalmente lasciar cadere. Ora come ora, sono impegnata con le mie giornaliere faccende domestiche, ma lo stesso Tristan finisce per distrarmi. “Chi era quell’uomo?” mi chiede, alludendo all’incontro con Adam avvenuto tempo prima. A quella domanda, sbiancai. Allora era solo un bambino, ed io speravo segretamente che se ne fosse dimenticato, ma per mia sfortuna non era così. Mantenendo il silenzio, continuava a guardarmi, attendendo una mia risposta, Ignorandolo, mi allontanai da lui, mettendomi subito alla ricerca di Brianna. “Dobbiamo parlare.” Le dissi non appena la vidi seduta in cucina e intenta a leggere. “Di cosa?” mi chiese, interrompendo la sua lettura e guardandomi negli occhi. “Tristan mi ha chiesto di Adam.” Spiegai, notando che il mio respiro era divenuto corto e che il mio cuore batteva come mai prima. “Dovremmo dirglielo?” continuò, con aria preoccupata. “Deve saperlo.” Dissi, in tono inspiegabilmente serio. Subito dopo, vidi Brianna annuire, e la incoraggiai a seguirmi nel salotto di casa, dove Tristan ci stava evidentemente aspettando. Guardandolo, mi sedetti sul divano accanto a lui, venendo quindi imitata da Brianna. “Dobbiamo dirti una cosa importante, esordì lei, posando il suo sguardo su Tristan, che ora appariva confuso “Che cosa?” chiese, attendendo che una di noi due riprendesse a parlare. “Quell’uomo è il tuo vero padre.” Confessai, abbassando il capo e cadendo in preda ad un’inspiegabile vergogna. Notando il mio stato d’animo, Brianna continuò il mio discorso, facendo capire al bambino che tutto sarebbe andato per il meglio e che noi lo avremmo sempre amato. Difatti, entrambe eravamo lì per lui, ma ad ogni modo la sua seconda domanda ci spiazzò completamente. Voglio conoscerlo.” Disse, apparendo stranamente serio. Alla sua richiesta, Brianna ed io scivolammo nel silenzio, sbiancando come cadaveri. “Va nella tua stanza.” Disse Brianna, notando che il bambino obbedì quasi subito. Poco tempo dopo, si sedette sul divano accanto a me, cingendomi un braccio intorno alle spalle e tentando di consolarmi. “Sono preoccupata.” Le dissi, tenendo basso lo sguardo. “Mantieni la calma, è per il suo bene.” Rispose, regalandomi un sorriso. In quel preciso istante, sorrisi a mia volta, scegliendo di ringraziarla. La sera calò inevitabilmente, venendo quindi sostituita da una stellata notte, che io trascorsi vagando nella moltitudine dei miei pensieri. Brianna aveva ragione, e Tristan aveva il diritto di conoscere il suo vero padre, ma per qualche strana ragione io non volevo che accadesse. Conoscevo Adam come il palmo della mia mano, e dato il dolore che mi aveva procurato negli anni addietro, non avevo alcuna intenzione di lasciare che mio figlio cadesse nella sua intricata rete di angherie. Ad ogni modo, ne parlai nuovamente con Brianna anche la mattina dopo, concludendo che quella riguardante suo padre, era per Tristan una verità da scoprire.
 
 
 
 
 
 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo XXIV


Benessere turbato


Un mese è ormai giunto al termine, ed io e Brianna abbiamo preso una decisione. Pensando, e concedendoci del tempo per riflettere, abbiamo capito che nostro figlio Tristan ha davvero bisogno di conoscere suo padre. Personalmente, lo conosco da anni, ma devo ammettere che inizialmente non avrei mai voluto che Tristan gli si avvicinasse. Difatti, data l’enorme quantità di dolore che ha osato infliggermi, Adam non merita di passare del tempo con mio figlio. Ad ogni modo, Brianna ed io abbiamo scelto di assecondarlo e provare a realizzare il suo desiderio. Per tale ragione, ho iniziato a fare delle ricerche sul conto di Adam affidandomi alla rete, e scoprendo che è attualmente rinchiuso in una prigione di massima sicurezza. Attendendo il giorno giusto per fargli visita, passiamo le nostre giornate come siamo soliti fare, e sia io che Brianna non dimentichiamo di concedere del tempo l’una all’altra, in onore dei vecchi tempi in cui eravamo fidanzate. Ora come ora, sono distesa sul mio letto e intenta a rilassarmi, ma un improvviso rumore mi distrae. Voltandomi verso la fonte dello stesso, scopro che la porta si sta lentamente aprendo, e vedo Brianna fare il suo ingresso nella stanza, sedendosi sul letto accanto a me. “Va tutto bene?” sembra chiedermi, posando il suo preoccupato sguardo su di me. “Sì.” Mi limito a rispondere, mostrandole un debole sorriso che finisce per spegnersi solo a causa sua. Difatti, Brianna ha deciso di passare all’azione, sdraiandosi accanto a me e decidendo di baciarmi e mostrarmi la sua inaudita passione. Per qualche strana ragione, non accenna a fermarsi, ed io tento di farle capire che non sono dell’umore per stare con lei. “Basta.” la prego, provando a sottrarmi a lei. “Che cos’hai?” chiede, intuendo che qualcosa non va. “Non è niente.” Mento, abbracciandola e guardandola negli occhi. “Non mentirmi.” Mi ammonisce, sciogliendo il nostro abbraccio. “Ho scoperto una cosa.” Le dico, abbassando lo sguardo e abbandonandomi ad un cupo sospiro. “Cosa?” osa chiedere, sperando di non corrompere il mio stato d’animo. “Adam è in prigione.” Dissi, alzandomi in piedi e avvicinandomi alla porta della stanza. Poco prima che riesca a muovere un passo, Brianna mi afferra il polso, tentando di evitare che io ne esca. “Cosa vuoi fare?” mi chiede, quasi rimproverandomi. “Tristan deve saperlo.” Le risposi, divincolandomi dalla sua ferrea presa. “Non è il momento.” Mi disse, suonando stranamente seria. Vista la sua reazione, decido di uscire dalla stanza unicamente per raggiungere il salotto, dove approfittai della tranquillità per leggere uno dei miei romanzi preferiti. Ad ogni modo, la sera calò prima che riuscissi ad accorgermene, ed io mi ritrovai costretta ad interrompere la mia lettura, decidendo di raggiungere Brianna subito dopo. Tornando in camera da letto, mi scoprii decisamente troppo stanca per trascorrere del tempo con lei, sdraiandomi quindi sul letto e attendendo di scivolare nel sonno. La mattina arrivò puntuale, ed io mi svegliai con un singolo e preciso pensiero insito nella mia mente come un chiodo fisso. Pur volendo evitare a mio figlio tutto il dolore che io avevo provato negli addietro, dovendo assolutamente aiutarlo, e fare in modo che il suo desiderio divenisse realtà. Il nostro viaggio verso la prigione ebbe inizio quello stesso pomeriggio, e benchè avessi chiesto a Brianna di rimanere a casa e lasciare che mi occupassi dell’intera faccenda, lei decise comunque di venire con noi. Guardandola, mi strinsi nelle spalle, permettendole di salire in macchina e notando che mantenne il silenzio per l’intera durata del viaggio. Non appena arrivammo, ci rendemmo conto che l’ora delle visite era appena iniziata, ragion per cui, chiedemmo di essere accompagnate di fronte alla cella di Adam, che era detenuto perché colpevole di una rapina. Conoscendo le nostre intenzioni, un poliziotto aprì la sua cella permettendoci di entrare e parlargli. Alla mia vista, Adam finì per sbiancare. Non riusciva letteralmente a credere a ciò che stava vedendo. “Allison! Hai cambiato idea!” esclamò, guardandomi negli occhi. Alle sue parole, non risposi, limitandomi ad avvicinarmi a Brianna, avendo solo il tempo di posare il mio sguardo su di lei, ancora immobile e muta al mio fianco. “Vieni da me.” Disse Adam, tentando di convincere il bambino ad avvicinarsi. Alla sua richiesta, Tristan non si mosse, pur facendo qualche incerto passo in avanti. “No.” Disse, verso me e Brianna. “Preferisco la mia mamma, e lei ti odia!” urlò, correndo subito ad abbracciarmi. In quel preciso istante, mi sentii davvero orgogliosa di lui. Difatti, alla giovane età di dieci anni, era riuscito a capire autonomamente la gravità della situazione, secondo la quale, Adam era un uomo pericoloso. “Ti odio.” Gli dissi, mentre la sua cella veniva lentamente chiusa. Subito dopo, uscimmo da quella prigione, dando inizio al nostro viaggio verso casa. “Avevi ragione.” Mi disse Tristan, in tono alquanto mesto. “Ti voglio bene.” Aggiunse, dandomi modo di vedere il suo luminoso sorriso. Ad ogni modo, quando raggiungemmo finalmente la nostra destinazione, decidemmo di provare a lasciarci l’intera vicenda alle spalle, pur sapendo che ormai il nostro benessere familiare era stato irrimediabilmente turbato
 
 
 
 
 

Capitolo XXV


Esistenza felice


Un ennesimo e lungo anno si è finalmente concluso, decretando l’inequivocabile inizio di quello seguente. Nonostante l’incessante scorrere del tempo, che scivola via dalle mie mani e dalla mia vita come una barca che naviga nel placido e tranquillo mare, sono ancora fortemente legata a Brianna così come lei lo è a me, ed entrambe sappiamo che questa realtà non cambierà mai. Conoscendo le nostre rispettive realtà perfino meglio di noi stesse, sappiamo che il nostro amore, seppur nato casualmente e alimentato da una reciproca e forte attrazione, non avrai letteralmente mai fine, risultando sconfinato ai nostri occhi e reciproco a quelli di coloro che ci apprezzano nonostante le nostre scelte di vita. Ad ogni modo, siamo anche consapevoli del fatto che non ogni singolo individuo ci sorriderà, arrivando in alcuni casi a disprezzarci e odiarci a causa del nostro vero essere. La cosa non ci tocca. Sappiamo di amarci, e questo è ciò che conta. Le parole della gente che ignora il nostro passato, conoscendo il nostro nome e non la nostra storia ci sfiorano come vento primaverile, dal quale noi abbiamo lentamente imparato a ripararci. Quel che intendiamo è smettere di scappare come animali impauriti, desiderando unicamente che il nostro amore possa esistere liberamente, mentre i nostri corpi e le nostre giovani anime divengono letteralmente immuni all’odio e alle critiche. Sin da quando ci siamo incontrate, Brianna ed io ci siamo fatte una solenne promessa. Saremmo rimaste insieme per sempre, ignorando ogni avversità e sopportando ogni tipo di dolore, scegliendo di affrontare ogni sfida propostaci dalla vita insieme, anche a costo della nostra stessa vita. C’è da ammettere che nessuna di noi due si perdonerebbe mai la morte dell’altra, ma siamo ad ogni modo fermamente convinte che le nostre vite devono finire dignitosamente, ovvero con il nostro amore che diviene lentamente capace di resistere stoicamente ad ogni tipo di vessazione. Dopo dieci lunghi anni di matrimonio, preceduti da otto anni di fidanzamento scanditi dall’affetto misto ad un dolore di incalcolabili proporzioni, siamo ancora innamorate l’una dell’altra, e immensamente felici dell’inizio di quest’amore, animate dalla viva e vera speranza che lo stesso duri in eterno, ovvero fino a quando io lei non ci sbricioleremo in atomi vaganti per il cosmo e brillanti come astri e polvere di stelle.


Queste erano Allison e Brianna, due ragazze convinte del loro amore, e lapidate dal resto dei loro amici e da chi le conosce. Spero che la loro storia vi abbia toccato il cuore. Fatemi sapere,


Emmastory 
   
 
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