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Autore: EsterElle    20/07/2015    1 recensioni
Era una strana situazione: essere lì, insieme, e non fare la guerra.
La Foresta del Re non è un posto sicuro e i nemici non dovrebbero condividere il pasto né le loro vite, i loro ricordi, le loro storie. Ma, al calar della notte, esiste un angolo di Foresta in cui queste regole non valgono più. Un soldato del re, un arciere misterioso, uno Spirito della terra, un ragazzo incappucciato e una donna terribilmente bella stringono un patto e decidono di fidarsi gli uni degli altri. Così, attorno al fuoco, prendono forma storie straordinarie e segreti.
Ma la pace è un sogno e la tregua non sarà che l’inizio della fine.
(Terza classificata al contest "The Anciest Tales" indetto da Tsunade e Ino;Chan sul forum di Efp).
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6
Destino





« La mia storia sarà breve e sarà l’ultima e solo voi avrete il privilegio di ascoltarla.
Il mio vero nome è impronunciabile per esseri semplici come voi: potete chiamarmi semplicemente Moira, se vi fa piacere.
Ora però voglio che ascoltiate in silenzio.
Immobili, anche.
Provengo dal luogo più bello che ognuno di voi riesce a immaginare. Riuscite a pensare a un paese senza guerre, senza fame e senza morte, senza fatica, senza odio e senza dolore? Ecco, quella è la mia casa.
Per chi come voi non ha mai conosciuto la pace sarà molto difficile figurarsi l’estrema beatitudine di condividere la vita, di guardare con gioia al domani e di non preoccuparsi di dover morire giovani. Ebbene, questa è la mia realtà e la condivido felicemente con le mie sorelle.
No, Aster, da bravo: non provare a spezzare il mio incanto, ne moriresti. Ed io non voglio, non ancora.
Dovete restare fermi e ascoltare.
Vivo da sempre in quel mondo perfetto di cui vi parlavo e da sempre amo le mie sorelle, così come loro amano me. Abbiamo un solo, lieto compito da svolgere nella nostra eternità: esistere e mantenere gli equilibri. Morte, Vita e Destino rendono possibile l’esistenza di ogni cosa, mi sembra ovvio.
Siamo potenti, molto e forse troppo. Tra le nostre mani questa terra cresce e muore a nostro piacimento. Ma c’è qualcosa a cui non siamo immuni: i desideri.
Pungenti e dannosi, cambiano gli umori e le sorti di un intero regno senza pietà e senza rispetto. Viscidi, nascondono sotto una corazza d’oro un sapore amaro e velenoso.
Così, ci fu un momento in cui un desiderio strisciò ai nostri piedi e, subdolo, si insinuò nei nostri cuori immortali. Eccolo, l’attimo della nostra rovina, l’inizio delle nostre angosce!
In un momento imprecisato della nostra vita infinita ci sentimmo sole e desiderammo non esserlo più.
Infinitamente sole, non so se mi spiego, non so se riuscite a capire.
Quando la compagnia l’una dell’altra non bastò più, quando il desiderio era ormai gonfio nel nostro petto, la maggiore di tutte noi ebbe un’idea. Un’idea fantastica, pensammo, ansiose di realizzare il sogno dei nostri cuori.
È così che siete nati.
Cosa sono quelle facce stupite?
No, no; ancora non voglio che parliate.
Siete nati per un capriccio, un desiderio egoista, tutti voi; eravate il nostro gioco preferito.
Noi tre creammo per primi gli esseri umani: scegliemmo laghi e fiumi, montagne e mare per loro, nell’intenzione di donargli il mondo più bello che si potesse avere. Li creammo intelligenti e forti, autonomi e numerosi, capaci di dominare le terre a loro disposizione. Decidemmo di farli mortali e di impreziosire le loro vite con doni e privilegi, controllando ogni cosa dalla nostra casa di perfezione.
In cambio pretendemmo la loro fedeltà, la loro lealtà, i loro sacrifici e le loro offerte. Per molti anni gli Umani edificarono Tempi in nostro onore e per secoli la preghiera fu vera e sentita e il nostro cuore traboccava di orgoglio e vanagloria.  Ci sentivamo amate ed era davvero troppo bello.
Ma, ancora, non eravamo soddisfatte.
Desideravamo fantasia e diversità per scacciare la noia e sentirci più vive: così, creammo le Creature.
Fu assai strano, per noi, concedere un’oncia di quell’immenso potere che possediamo ad esseri di nostra invenzione. Poteva essere pericoloso, ne eravamo consce. Così creammo un popolo esiguo, debole fisicamente, e lo relegammo nel cuore della Foresta.
Fu molto divertente dar vita a questa specie!
Decidemmo di legare tutti i loro poteri alla natura e di creare Spiriti che mai avrebbero potuto concentrare troppe capacità in una sola persona. Donammo loro tutto ciò di cui avevano bisogno e guidammo le loro vite come già facevamo con quelle degli Umani. Per ringraziarci le Creature elessero i luoghi più belli e mistici della Foresta a luoghi di culto e per secoli venerarono gli Spiriti Guida.
Furono tempi lieti: avevamo il cuore colmo e la mente occupata e, finalmente, ci sentivamo Dée.
È stata la pare migliore della nostra eternità, credo.
Nonostante questo, non avremmo dovuto cedere al potere persuasivo di quello sciocco desiderio; ma non potevamo immaginare che da quell’idillio sarebbero scaturiti anche affanni e frustrazioni.
Il mondo che avevamo creato non era perfetto e ce ne accorgemmo fin troppo presto.
Uomini e Creature mortali lavoravano, si ammalavano, morivano e soffrivano in continuazione; la loro vita era quanto di più diverso poteva esistere dalla realtà che noi conoscevamo. Non potevamo immaginare verso quale strada il dolore e il tormento, sentimenti a noi ancora sconosciuti, avrebbero condotto i nostri figli.
Anno dopo anno i Tempi in nostro onore si svuotarono e gli Spiriti non ci offrirono più preghiere. Anno dopo anno osservammo Umani e Creature credere di essere vivi per se stessi e di bastare a se stessi. Li osservammo con crescente orrore mentre si persuadevano di non aver bisogno di Divinità e di detestarle.
Iniziarono a considerarci come inopportune impiccione delle loro vite imperfette.
Ma senza gli Déi, fu il caos.
Entrambi gli schieramenti avevano già abbandonato il nostro culto da molto tempo quando scoppiò il primo scontro tra Umani e Creature.
Un solo pensiero muoveva questi popoli: essere superiori a chiunque, compresi gli Dèi.
Così, lottarono per dimostrare la propria superiorità, per sottomettere l’altro e crogiolarsi nella propria apoteosi; i vincitori avrebbero ottenuto il potere di sopravvivere sulle spalle dei vinti e di essere come Divinità per loro.
E noi? Cosa avremmo dovuto fare, noi?
Amavamo quegli esseri, profondamente.
Ma loro ci avevano tradito. Voi ci avete tradito.
Non è cosa da poco scatenare la furia degli Dèi, dico davvero: è stato un grosso errore.
I nostri figli morivano l’uno per mano dell’altro, rinnegando la cura del creatore, affogati nel sangue del fratello; qualsiasi intervento da parte nostra fu vano.
Guardammo le morti e le violenze e le crudeltà senza poter fare nulla. Tutto questo ci rese profondamente  infelici.
Come parlare al cuore di esseri che non vogliono ascoltare, che non credono, che non hanno fede?
Ci avete ucciso, ci avete allontanato ed esiliato, spregevoli esseri terreni.
“La guerra che tanto amano sarà la loro punizione” decidemmo, allora, piene di collera.
Vi siete chiesti come è stato possibile per delle donne Umane partorire figli dotati di magia? Vi siete mai interrogati sul mistero dell’esistenza dei Portatori?
I Portatori furono la nostra vendetta, sciocchi!
Da quasi sessant’anni io, Morte e Vita scegliamo chi, tra gli Umani, deve nascere Portatore: non c’è nulla di ereditario o casuale, badate bene. Ognuna di noi fa dono al neonato di un pizzico della sua magia: i poteri di creare e manipolare sono dono di Vita, quelli di distruggere e separare di Morte, mentre io omaggio i prescelti con i poteri della mente e del mondo non materiale.
Colum, amico mio, sei una mia creatura in tutto e per tutto, non trovi? Così come tuo padre è il figlio prediletto di Vita.
Più di ogni altro popolo, i Portatori sono marionette nelle nostre mani.
Il destino di quei bambini è segnato sin dalla nascita: sono stati creati per dividere, martoriare e distruggere un mondo già in pezzi. L’esistenza di questo nuovo popolo ha diviso gli animi e complicato i meccanismi della guerra. Non avendo più il desiderio né la speranza di portare la pace tra le nostre creature, gettammo così le basi per qualcosa di definitivo.
Né completamente Umani né vere Creature, i Portatori hanno donato forze fresche e mani capaci a noi che desideravamo alimentare il conflitto e allontanare ogni possibilità di pace. I fronti si sono moltiplicati, i cuori divisi, le coscienze afflitte: di chi fidarsi? Da che parte schierarsi?
Da nessuna, figli miei.
Non esiste un porto sicuro, né una decisione giusta: ognuno di voi è destinato a far la guerra al suo vicino fino alla fine dei tempi.
Fino all’estinzione.
Capite cosa ho detto?
Capite cosa accade a chi ha la presunzione di sfidare gli Déi?
Siete destinati a morire per mano dei vostri fratelli e a sparire da questa terra, popoli indegni, stirpe ingrata! Così che questo luogo possa risorgere in mani diverse, mani caritatevoli e amanti delle preghiere.
Sarà una vendetta lunga e dolorosa, lo sappiamo e lo vogliamo!
Perché vi sto raccontando tutto questo? È questa la domanda che vorresti farmi, vero, soldato Brian?
È facile: perché non sarete in grado di raccontarlo a nessun altro.
Shh, non vi agitate, ora.
Suvvia, prometto che non farà troppo male.
Cosa, Colum, tesoro? Non capisco i tuoi mugugni.
Scommetto che vuoi chiedermi perché ho scelto di uccidere proprio voi, questa notte. Ve lo dirò in ogni caso, va bene.
Non vi siete ritrovati insieme in questo luogo per pura fatalità, questo mi pare ovvio.
Io e le mie sorelle non vogliamo che qualcuno ostacoli il nostro progetto di rinascita e la creazione di un nuovo popolo. Vogliamo che tutti gli abitanti del regno, seppur lentamente, trovino la morte.
Persone come voi sono d’intralcio, ecco la verità: sono casi rari ma sono sparsi dappertutto.
Nei vostri cuori non brucia l’odio e la paura, il disprezzo e la collera come in quelli della maggior parte dei nostri immeritevoli figli.
In un certo senso, siete gli esemplari migliori tra le nostre creature.
Compassionevoli, amorevoli, aperti alla tolleranza e alla pace, disposti a vivere insieme e ad accettare i vostri nemici.
Brian e Colum, voi siete fratelli, uniti da un legame eterno di sangue e forgiati dalla perdita: l’uno potrà mai tradire l’altro? Il Portatore potrà mai rivoltarsi contro l’Umano?
Thea e Aster, ciò che c’è tra voi è sopravvissuto al tempo e al dolore ed è la pienezza dell’amore e della dedizione: potrete mai uccidervi a vicenda? L’Umano avrà mai la forza di eliminare la Creatura?
No, va al di là di ciò che potete anche solo immaginare di fare.
Noi vi ammiriamo per questo, davvero: ma per questa esatta ragione dovete morire.
Io e le mie sorelle vaghiamo da molti anni sotto mentite spoglie per ricondurre al silenzio uomini e donne capaci di amare come voi. Da anni scongiuriamo la pace e portando la morte ai suoi migliori guerrieri.
Non può esistere una tregua, bambini.
Aster sta buono; non ti rendi conto che è finita? Che non puoi sfuggire al mio potere?
Thea, cosa sono quelle lacrime? Dovresti ringraziarmi: questa notte vi allontanerò per sempre dai tormenti e dal dolore della guerra.
Oh, Brian, Colum! Mie meravigliose creature!
Figli dal cuore puro, gioite perché state per essere accolti tra le braccia delle Dèe
»
 


Quando Moira tacque un silenzio forzato cadde sul bivacco.
L’odore acre della paura e un vago sentore di morte appestavano l’aria mentre la donna bionda e bella sorrideva alle sue vittime impotenti. Qualcosa di troppo forte costringeva ognuno di loro all’immobilità e al silenzio: l’unico movimento era il passeggiare lento e aggraziato di Moira e le lacrime copiose sul volto di Thea.
Ma i respiri erano veloci, troppo, e gli occhi sgranati non erano che un vago riflesso della disperazione.
 

Fa che sia un sogno, non può essere vero.
Che si salvi, almeno lei.
Perché deve finire ora, quando la vita era appena iniziata per me?
Maledizione! Come posso star fermo? Come posso accettare la morte così?
Non voglio morire, io non voglio.
Proteggi i tuoi figli, padre, veglia su di noi, ti prego.
Il mio futuro è tutto qui, quindi: quante cose resteranno oscure per me.
Ecco cos’è la fottuta paura. Ogni cosa, in me, trema.
 
Ecco, lei si avvicina e la paura monta.
Ecco è qui davanti e sale quel terrore cieco che fa morire dentro.
 
Aiuto!
È un grido muto.
 

Mentre la Dèa, tutti  osservarono con terrore il suo aspetto mutare orribilmente.
Oh no, non era creatura umana.
In pochi minuti nulla era rimasto della splendida donna dalla voce dolce e il sorriso caldo: lunghe e  intricate ciocche di capelli verdi serpeggiavano lungo la sua schiena e il volto le si fece più sottile e affilato. Squame cosparsero le spalle e protuberanze ossee spuntarono dalla fronte e dalle tempie dando vita a corna simili, per forma e fattura, a quelle di un giovane cervo. Persino le orecchie si allungarono e divennero appuntite. Una mano, come un lungo artiglio peloso, si tese in avanti e gli occhi dalla pupilla fredda, di un pallido verde, brillarono alla luce del fuoco.
La Dèa non aveva fretta: si chinò sul fuoco e ne raccolse una manciata.
La fiamma ardeva viva e splendida sul palmo della sua mano e lei non soffriva. Posò la fiammella poco lontano dai suoi piedi e soffiò sul legno ardente e sulle braci roventi del falò; quell’angolo di Foresta piombò, così, nella semioscurità.
Poi, lei sparì alla vista e qualcuno gridò.
 

No!
 

Gridò una volta sola e la Foresta tacque a quel suono, come in segno di muto rispetto.
Qualcuno era morto, lo sapevano tutti. Ma chi?
Quando Moira, la Dèa, fu di nuovo visibile stringeva tra le mani un teschio, piccolo e bianco, e schizzi di sangue macchiavano le povere ossa.
Tutti capirono; era troppo fragile e delicato, quel cranio, per essere di un uomo.
La fiammella ardeva ai piedi del mostro e Thea non c’era più.
Moira guardò Aster fisso negli occhi e attese, una mano sopra e una sotto i macabri resti di uno Spirito puro.
Sfidò così, senza rispetto e senza riguardo, quell’uomo distrutto.
Lui si ribellò, lottò con tutte le sue forze e cercò di gridare al mondo intero la sua rabbia e la sua paura, il suo dolore: la Dèa restò ferma nella sua posa di morte e non fece nulla. Più l’arciere si agitava, più si indeboliva; servì poco tempo perchè l’incantesimo prosciugasse l’uomo della sua linfa vitale. Sotto lo sguardo vitreo della donna Aster non tentò più di ribellarsi, restò legato al suolo, stravolto e impotente finché non respirò più.
Moira sorrise, soddisfatta.
Brian affrontò la morte a testa alta: non chiuse gli occhi quando la Dèa si avvicinò a lui, né quando si chinò sul suo volto e gli baciò le labbra. Sgranò gli occhi, semplicemente, e il suo colorito divenne sempre più pallido, sempre più terreo. Quando Moira allontanò il volto, Brian Callhan era morto con il coraggio di un vero soldato, rendendo omaggio alla memoria di suo padre fin proprio alla fine.
Erano tutti morti e Colum sapeva bene che anche lui stava per dire addio alla vita e al futuro. Lui, che per tutta la vita aveva viaggiato nell’oceano infinito del tempo, adesso non aveva che i suoi ultimi momenti da vivere e vedere.
Moira, che ancora reggeva tra le mani il teschio di Thea, si inginocchiò di fronte a lui e posò quella macabra reliquia tra loro.
“Un capolavoro, ecco ciò che sei” disse e la sua voce portò echi di mondi mai visti e di poteri immensi.
“Colum il Profeta, ecco cosa sarai, mio talentuoso figlio”.
Colum si sentiva svenire e chiuse gli occhi.
“Non temere; ho dei progetti per te” disse, afferrandogli entrambe le mani.
Il giovane decise di provarci, ad essere coraggioso; aprì gli occhi e fissò il vuoto gelido di quelli di lei.
“Oh, si. Va per il mondo, mia meraviglia, e diffondi il messaggio che hai udito questa notte; che la furia degli Déi spazzerò via ogni cosa. Tu, frutto delle mie stesse mani, amante appassionato della pace, conserva l’illusione di poterla costruire raccontando la verità” continuò, sfiorandogli il volto con un lungo dito artigliato.
Colum tremò e pianse, infine.
“Così sia: spenderai la tua vita a seminare il dubbio e la paura nei cuori delle genti ma nessuno avrà davvero fede in te. Questa è la mia maledizione, questa la mia condanna” disse ancora.
Colum non sarebbe morto quella notte ma non avrebbe mai avuto la possibilità di vivere.
Di nuovo, non era che uno strumento tra mani potenti: questa volta, però, non aveva alcun senso lottare per liberarsi.
“Si, sono convinta: dopotutto, ogni disfatta ha il suo profeta di sventura” disse Moira, con un accenno di divertimento nella voce sovrumana.
Non era che un gioco, per lei: Colum sarebbe stato un attore nella grande recita della fine del mondo.
Infine, lei si chinò, gli baciò la fronte e, lieve come la brezza di primavera, scomparve.
 

È finita.
 

Colum restò solo a lungo tra i corpi senza vita dei suoi compagni.
La notte scolorò e una pallida alba sorse tra gli alberi alti della Foresta del Re. La luce pallida del sole bagnò quello scenario di morte e illuminò i pensieri del giovane.
 

Sono solo. Realizzò.
Brian è morto.
Thea e Aster sono morti.
 

Decise di seguire suo fratello e lasciarsi morire lì, nel bel mezzo della Foresta.
Ma una forza che nulla aveva di umano lo costrinse ad alzarsi e sentì i suoi piedi scalpitare, desiderosi di intraprendere un viaggio.
Eccola, la maledizione.
 

Non è stato un sogno.
Che senso ha vivere così?
 

Non poteva che obbedire.
Raccolse il mantello di Aster e se lo gettò sulle spalle.
Scelse un bastone lungo e nodoso e lo decorò con uno dei ciondoli di legno che un tempo avevano adornato i corti capelli di Thea.
Di Brian conservò una rossa ciocca di capelli.
Partì e non fu in grado di fermarsi mai; guardò i Popoli del regno morire, giorno dopo giorno, e assistette al compiersi della vendetta degli Dèi afflitto dalla condanna della conoscenza.
Fino al giorno della sua morte.
 

 
“Dopotutto ogni disfatta ha il suo profeta di sventure”
Detto questo sorrise e a passi svelti se ne andò, mentre suo mantello ondeggiava nella direzione del Tempio.











 
  
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