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Autore: Love_My_Spotless_Mind    22/07/2015    0 recensioni
[The Lover ( https://en.wikipedia.org/wiki/The_Lover_(TV_series) )]
Appartamento 709, JoonJae è alla ricerca di un nuovo coinquilino ma non sa che questa coabitazione potrebbe cambiare la sua vita.
(JoonJae X Takuya)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Appartamento 709. Tutto aveva avuto inizio da lì, da un appartamento al secondo piano di un vecchio palazzo, abitato per lo più da giovani coppie che non potevano permettersi nulla di meglio che quel malandato complesso abitativo.
JoonJae era andato a vivere in quell’appartamento da solo già da cinque mesi, da quando aveva deciso di abbandonare gli studi e rintanarsi in un logo tranquillo dove poter decidere con calma ( o fingere di decidere) che cosa farne del proprio futuro. Proveniva da una famiglia benestante, non aveva bisogno di rimboccarsi le maniche e cercarsi immediatamente un lavoro, poteva attendere, lasciando che prima o poi la vita gli suggerisse che cosa fare e lo spronasse ad alzarsi dal divano, dandosi una mossa per costruire qualcosa di concreto. JoonJae era un tipo solitario, fedele alle proprie abitudini, amante del silenzio e della tranquillità. Vivere da solo gli piaceva, non doveva scusarsi con nessuno per il suo carattere, non doveva fare sforzi per apparire migliore agli occhi degli altri. A se stesso andava benissimo così com’era, questo era gratificante.



Tuttavia era pur sempre un ragazzo di ventitré anni e per forza di cose aveva trovato una fidanzata, Sujin, una ragazza poco più grande di lui, non troppo bella e di cui non si sentiva troppo attratto né fisicamente né  quantomeno caratterialmente. Semplicemente poteva chiamarla quando si sentiva solo, potevano trascorrere qualche ora in un hotel o in quell’appartamento 709, quasi senza parlare, solamente appagandosi ognuno del corpo dell’altra. Anche alla ragazza sembrava andar bene quel tipo di rapporto che forse mancava di spessore etico ma che corrispondeva perfettamente ad una relazione senza troppi impegni, un qualcosa che non nascesse per diventare più profondo o importante. JoonJae era di poche parole anche dopo aver condiviso momenti d’intimità, se ne stava sdraiato, immerso nei suoi pensieri, con le labbra carnose perfettamente sigillate. Quando lei lo guardava lunghi brividi le attraversavano la schiena, prima d’incontrarlo non aveva mai conosciuto un ragazzo così attraente, dal viso così bello da togliere il respiro.
A lui piaceva guardarla rivestirsi lentamente prima d’andar via, si salutavano con un bacio sulle labbra, non si sentivano più finché entrambi non ne avevano bisogno. Era una situazione strana che JoonJae credeva non si sarebbe mai trovato a vivere, alle volte la reputava ingiusta, altre credeva che fosse quella perfetta per lui.


Negli ultimi tempi, però, qualcosa iniziò a cambiare. JoonJae iniziò a dimenticare sempre più spesso le incombenze di ogni giorno, non pagò per tre mesi l’affitto, lasciò l’appartamento marcire sotto una coltre di sporcizia e disordine inimmaginabile. Tramutò il luogo dove abitava in un fedele modellino della sua mente, di quei pensieri affollati ed inspiegabili che gli rendeva così complicato vivere come facevano tutti gli altri.
La situazione era diventata troppo complessa da controllare, se lo avessero sfrattato avrebbe dovuto cercare un altro luogo dove stare ed a quel punto i suoi genitori avrebbero voluto che iniziasse a darsi una mossa perché stava letteralmente sprecando la sua vita. Fu così che JoonJae prese la decisione che gli avrebbe  trasformato la sua esistenza: mettere un’inserzione sulla rivista locale, descrivendo le caratteristiche del coinquilino che stava cercando. Specificò che si sarebbe dovuta trattare di una permanenza di poco tempo, non voleva impicci, semplicemente capiva di aver bisogno di un aiuto per qualche tempo.
Fu così che una mattina alla sua porta bussò Takuya, un ragazzo giapponese dai capelli tinti di biondo, che in quel periodo stava viaggiando per il mondo ed aveva deciso che Seoul sarebbe stata la sua ultima tappa prima di fare ritorno in patria. Takuya era intenzionato a restare per tre mesi, JoonJae non riuscì a rifiutare quando il ragazzo gli consegnò, ancor prima di presentarsi, la busta contenente i soldi necessari per l’affitto.


Da quel giorno ebbe inizio la loro coabitazione, Takuya era un ragazzo allegro che amava parlare, raccontare qualunque cosa, esprimere a voce alta i suoi pensieri. Caratterialmente era l’esatto opposto di JoonJae, però la sua compagnia era piacevole poiché si trattava di un ragazzo educato, con tanta voglia di darsi da fare e soprattutto di instaurare buoni rapporti. Già da quella sera iniziò a riordinare l’appartamento, grazie a lui il pavimento in parquet fu nuovamente visibile e non più sommerso da ogni sorta di scartoffia. JoonJae non ricordava di avere una casa talmente ordinata almeno da quando era adolescente e viveva ancora con sua madre, molto pignola nelle pulizie.
-Questa sera ti faccio assaggiare la cucina giapponese. – annunciò Takuya, gridando dalla cucina, in modo che JoonJae seduto in salotto potesse udirlo.
Aprì la credenza della cucina, esaminando le spezie e gli aromi di cui era rifornita. Poi dal frigorifero tirò fuori gli ingredienti necessari per preparare una zuppa di miso e del pesce in tempura. Sentendo il rumore dell’olio che sfrigolava nella pentola JoonJae si alzò dal divano, dirigendosi in cucina per vedere se il ragazzo se la stesse cavando bene.
Takuya aveva indossato il grembiule da cucina, allacciandoselo ben stretto in vita. Aveva movimenti esperti in cucina, sembrava che fosse abituato a cavarsela da solo, riusciva a tenere d’occhio tutto quanto, senza creare disordine o bruciare qualcosa. JoonJae si mise a sedere sul ripiano vicino alla tv, Takuya gli dava le spalle, tutto intento nel terminare la cena. Era un ragazzo davvero alto, forse di un paio di centimetri in più dello stesso JoonJae. Era molto magro e slanciato, con delle spalle ampie che facevano presupporre tenesse molto al suo aspetto fisico.


-Non ti ho ancora chiesto quanti anni hai, Takuya. – esordì JoonJae, sentendo l’odore di frittura invadere la cucina.


-Ah, è vero. – sentenziò Takuya, con un gran sorriso. Gli veniva spontaneo sorridere, qualsiasi cosa dicesse. E quando sorrideva tutto il viso sembrava sorridere con lui, la splendida dentatura bianca, inoltre, si faceva notare tra le labbra distese. – Ne ho ventuno e tu, JoonJae? –


-Ventitré. –


-Ahh, sei più grande di me, dovrò portare rispetto. –
Entrambi i ragazzi risero, il sorriso di JoonJae aveva qualcosa di misteriosamente affascinante, emanava una felicità composta che non si faceva notare spesso.
-Sai, è tanto che non cucinavo giapponese. Ho viaggiato molto per un anno intero, sono stato persino in Europa e chiunque conoscessi aveva dei pregiudizi sulla cucina giapponese, nessuno voleva assaggiarla. Così mi sono adattato ed ho imparato a cucinare come facevano in tutte le città in cui sono stato. Però la cucina giapponese mi è mancata sul serio. – mentre parlava Takuya sembrava che stesse dialogando con sé stesso. I due avevano apparecchiato la tavola ed ora sedevano condividendo quello che il ragazzo aveva cucinato. Era tutto delizioso, anche se non aveva proprio l’aspetto di cibo da ristorante. Ma JoonJae era ugualmente colpito, il  massimo che lui sapeva fare in cucina era mettere a scaldare i surgelati nel microonde. – Sono sorpreso che tu mi abbia accettato come coinquilino, devo ammetterlo. Qui in Corea evito di dire da dove provengo, se rivelo la mia nazionalità non mi guardano di buon occhio. Per fortuna ho un aspetto che tradisce abbastanza le mie origini, non credi? Non mi piace essere giudicato per il luogo da cui provengo, lo trovo ingiusto e soprattutto insopportabile. Prima di trovare questo appartamento ne ho contattati molti altri, però appena dicevo di essere giapponese mi chiudevano il telefono in faccia, credevo che lo avresti fatto anche tu. Mi sono presentato di persona cosicché ti fosse un po’ più difficile rifiutarmi, come tattica sembra aver funzionato. –


-Non mi importa molto da dove provieni. – ammise JoonJae sollevando leggermente le bacchette mentre parlava. – Hai tutte le caratteristiche che avevo richiesto nell’inserzione, questo basta. –


Allora Takuya sorrise di nuovo, aveva il sorriso limpido di un bambino. In quel momento JoonJae notò per la prima volta il neo che aveva poco sotto il lato destro del labbro, era abbastanza evidente, come aveva fatto  a non notarlo fino ad allora? Comunque lo caratterizzava, donava al suo viso qualcosa di contraddittorio che suscitava tutto il suo interesse e la sua curiosità.


-Beh, questo è un buon segno! Siamo fatti per essere amici, JoonJae. –


Il ragazzo annuì, lasciandosi convincere da quell’affermazione, in fondo non aveva nulla da obiettare.


Era la prima sera per Takuya in quell’appartamento, perciò non aveva ancora una sua stanza. Lasciarlo dormire sul pavimento sarebbe stato alquanto scortese, per questa motivazione JoonJae acconsentì all’idea di dormire nello stesso letto. JoonJae amava ogni sorta di confort, per questo il suo letto era ad una piazza e mezzo, spazioso e funzionale. Stare in due su quel materasso li avrebbe fatti stare comodi entrambi.
Takuya per la notte aveva tenuto in dosso i boxer, lunghi fin poco sopra il ginocchio, ed una t-shirt a maniche corte. JoonJae ,invece, aveva indossato i pantaloni della tuta ed una maglia accollata a righe bianche e nere. I due si sdraiarono l’uno di fianco all’altro, Takuya fu il primo ad augurare la buonanotte, prima in giapponese, poi in coreano, JoonJae rispose con un semplice “notte” poiché non era molto abituato a salutare qualcuno prima di addormentarsi.
Takuya aveva un buon profumo, persino i suoi capelli conservavano l’odore dello shampoo. JoonJae non era abituato a condividere il letto con qualcuno, non gli piaceva dormire assieme alle persone, nemmeno la sua fidanzata si era mai fermata per la notte. Dormire con qualcuno in una relazione sembrava mostrare il desiderio di farla diventare troppo seria e lui non voleva correre il rischio di far recepire un messaggio che non era intenzionato a comunicare.  Con quella ragazza selezionava il comportamento da adottare molto attentamente, per evitare di cadere in simili errori, se c’era qualcosa che non sopportava erano i fraintendimenti.
Nonostante entrambi si fossero augurati la buonanotte da diversi minuti, JoonJae non riusciva  ancora a chiudere occhio, aveva bisogno di qualche riflessione non troppo impegnativa per tenere occupata la mente e lasciarla assopire gradualmente. Provò, perciò,  a pensare ai luoghi che il ragazzo sdraiato al suo fianco aveva detto di aver visitato in completa solitudine, portandosi dietro una semplice valigia ed una borsa da campeggio. L’Europa JoonJae l’aveva vista solamente sulle enciclopedie e sulle riviste, non poteva nemmeno immaginare che odore si potesse respirare nelle capitali europee, quale potesse essere la loro reale atmosfera e che effetto facesse percorrere quelle strade, osservare  monumenti appartenenti ad una cultura tanto distante. Concentrandosi, però , riusciva ad immaginare persone che dialogavano in francese, riusciva persino a visualizzare l’interno di una pizzeria napoletana, sapeva lavorare molto con l’immaginazione, per sua fortuna. Non si era mai mosso dalla città in cui era nato, non aveva mai preso un aereo, non si era mai mostrato interessato all’estero o ai viaggi, solamente grazie alla sua fervida immaginazione poteva spingersi un po’ più oltre e non avere timore di allontanarsi da casa. La vicinanza di Takuya, però,  quell’incontro inaspettato, gli avevano trasmesso la curiosità di un’avventura simile, molto più somigliante alla trama di un romanzo che ad un progetto reale di vita. Un anno era un periodo davvero lungo, nel quale si può raggiungere qualsiasi luogo si voglia e Takuya ci era riuscito. Chissà che profumi aveva respirato, che cibo aveva assaggiato e quali lingue aveva appreso. Per di più chissà perché aveva scelto la Corea come ultima tappa del suo viaggio. Quella decisione del tutto casuale aveva permesso loro di incontrarsi, grazie a quella decisione ora un ragazzo di nome Takuya dormiva al suo fianco ed i suoi capelli dorati brillavano anche a luci spente.
Era così strano veder vivere una persona al suo fianco, sentire il suo respiro così vicino ed osservare le espressioni del suo viso mentre sognava. Takuya era lì con lui, chissà perché, chissà chi lo aveva deciso. E voleva essere suo amico, aveva detto che vi fossero tutte le caratteristiche per diventarlo.  Erano bastate quelle semplici parole, pronunciate con un enorme sorriso, per fargli capire che essere completamente solo non gli fosse mai piaciuto sul serio. Si era sempre sentito dimenticato dal mondo ed ora un pezzettino di mondo ce l’aveva di fianco. Non si sentiva più invisibile, capiva di star vivendo la sua vita, di non dover più soltanto sprecare tempo. Bastò una notte al suo fianco per apprendere tutte queste consapevolezze in un certo senso scontate ma che avrebbero tramutato il suo modo di vedere le cose, come se Takuya gli avesse trasmesso il potere di cambiare le lenti attraverso cui guardava la vita.
Quando si svegliò in piena notte i loro visi si erano fatti più vicini, il respiro di Takuya gli sfiorava la pelle, i suoi occhi erano pacificamente chiusi, le labbra rilassate. Era un bel ragazzo, dal carisma particolare. Aveva così tanta voglia di parlare e di farsi conoscere che in poco tempo aveva imparato il coreano, partendo dalle basi poiché non aveva mai saputo leggere nemmeno l’alfabeto. Era invidiabile tanta forza di volontà, JoonJae non l’aveva mai posseduta, sperava che Takuya potesse trasmettergliene almeno un po’.
 
  
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