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Autore: masked_lady    23/01/2009    3 recensioni
È la storia che conosciamo, sono i personaggi che amiamo, tutti catturati e immortalati in momenti che passano all'interno delle mura della cattedrale. Pensieri sconosciuti e privati, azioni che non sospetteremmo mai. Segreti da svelare in capitoli in parte narrativi, in parte introspettivi. Leggete e commentate numerosi.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Claude Frollo, La Esmeralda, Phœbus de Châteaupers, Quasimodo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fa freddo

Fa freddo

 

Fa così freddo! Queste mura sono morte, sono pallide e spente. Non c’è calore, non c’è vita in questo luogo.

 

La piccola gitana si strinse lo scialle di lana grezza intorno alle spalle. Guardò ancora una volta intorno a lei e vide ciò che ormai tormentava i suoi incubi più tremendi. Penombra. Freddo. Muri. Statue.

Quel luogo le faceva paura. In un certo senso, però esercitava su di lei una sorta di fascino, come tutte le cose diverse da ciò cui si è abituati.

 

Non voglio stare qui. Qui è buio e freddo e desolato. Perché sono finita qui? Perché proprio questa doveva essere la mia speranza di salvezza? Non potevo, io, continuare a vivere come avevo sempre fatto?

 

Cominciò a camminare, lentamente ed esitante, cercando un’uscita, o quantomeno un corridoio. Qualcosa che le permettesse di lasciare quella fredda stanza della torre. Trovò quello che cercava e percorse la strada, chiusa e coperta che portava verso il basso. Quel corridoio la spaventava. Camminava molto piano, in punta di piedi. Il pavimento gelido le infastidiva la pelle delicata dei piedini scalzi ed esili.

Man mano che percorreva il corridoio, sentì delle voci lontane, ovattate, come sussurri di fantasmi senza pace. Non aveva paura di loro,perché li capiva, perché anche lei, lì dentro, era senza pace.

 

Dove condurrà questa strada? Alla salvezza, alla forca? No! No, no, no! Non deve condurmi alla forca, non deve! Devo continuare. Devo trovare l’uscita!

Dove sei, amico mio? Gentile creatura smarrita e infelice, dove sei? Vieni da me, te ne prego, e mostrami la via. Mi hai lasciata da poco, e mi sento morire così rinchiusa. Voglio il sole, la gente, la musica. Voglio Clopin e le mie sorelle. Voglio uscire.

 

Si era aspettata che, muovendosi, avrebbe sentito meno freddo, ma non fu così. Giunse ad una rampa di scale che conduceva verso il basso e cominciò a scendere. Scese innumerevoli gradini, sentendo più freddo man mano che si avvicinava al luogo ignoto dove era inconsapevolmente diretta. I capelli neri sciolti sulle spalle le facevano da mantello ancor più di quanto avrebbe mai potuto fare lo scialle sporco e consunto che aveva. La sua pelle era più calda, palpitante, per l’ansia di andare nel posto sbagliato. Piccola bimba sperduta e fragile. Innocentemente arcana, inconsapevolmente ammaliante, Esmeralda fuggiva ogni cosa, in quel luogo strano.

 

Voglio il mio Febo! Vieni da me e portami via da qui, te ne prego. Dì al mondo che non ti ho fatto del male, che non potrei mai. Salvami da questo freddo senza fine.

 

 

Le scale terminarono. La ragazza si trovò di fronte ad un bivio, che le parve più minaccioso delle mura fredde e spoglie che la circondavano. Il cuore prese a batterle forte, nella trepidazione che precedette la scelta. Quale strada avrebbe preso?

Con il cuore in gola, prese la direzione a sinistra. Il respiro le si fece accelerato e nervoso. Lo scialle le cadde dalle spalle, lasciandola scoperta e vulnerabile. Troppo scoperta anche per le sue abitudini zingaresche. Un brivido le percorse la spina dorsale, facendola tremare. Mentre raccoglieva lo scialle da terra, il suo pensiero tornò al suo cavaliere. Il suo bel soldato dall’armatura splendente ed i capelli biondi e lucidi.

 

Come sei bello, Febo, mio! Come sei luminoso! Tu che sei il mio sole, vieni a scacciare la tenebra di questo posto. portami alla luce. Come ricordo bene i tuoi piccoli baci dolci sulle mie spalle scoperte. Non so perché mi baciasti a quel modo, ma mi incendiasti. Mi riscaldasti sin nelle ossa. Come vorrei provare quel calore ora.

Mi salverebbe da questo gelo. Fa così freddo qui dentro, amore mio.

 

Alla fine del corridoio che aveva deciso di imboccare, c’era la porta socchiusa di una stanza. Timidamente, Esmeralda si avvicinò e si sporse per sbirciare attraverso la fenditura. Dopo un istante appena, si ritrasse.

Seduto ad un tavolo di legno robusto, c’era il prete. Quel prete così cattivo e strano da farle paura. Fece un respiro profondo per calmare i battiti del suo cuore, consapevole che l’avrebbe scoperta se non fosse stata attenta. Poi si affacciò nuovamente ad osservarlo, come incuriosita.

Claude Frollo era così assorto nei suoi studi che non si avvide della presenza lieve e invisibile della fanciulla proprio dietro la sua porta. Continuò a leggere e scrivere con le sopracciglia aggrottate.

Mentre la ragazza lo osservava, vide che, sotto la veste ecclesiastica, faceva capolino una corporatura asciutta e robusta. Era strano, visto che gli uomini di Chiesa non facevano alcuno sforzo fisico. Anche le sue mani erano grandi e dalle dita lunghe e forti. ne osservò il volto, di profilo, mentre prendeva appunti.

Era un volto energico, con gli zigomi evidenti e le guance appena scavate. La cosa che le parve strana fu che, alla luce tremolante della candela che illuminava i fogli su cui studiava, non apparivano segni del tempo sulla pelle del viso, fatta eccezione per alcuni segni d’espressione intorno agli occhi. Esmeralda sapeva che era piuttosto vecchio, doveva avere trentacinque o trentasei anni, forse qualcosa in più, ma non lo sembrava. I capelli erano stati tagliati per la tonsura e sulle tempie comparivano due uniche bande grigie, ma se li avesse portati diversamente, lo avrebbero reso meno severo, meno glaciale, più giovane. Forse persino attraente.

Ella sapeva che, anche se non la stava guardando, i suoi occhi erano neri e brillanti, penetranti, quasi onnisapienti.

 

Non dovrebbe essere un prete pensò in quel momento Starebbe bene tra la mia gente. Noi siamo liberi e felici, lui è legato, costretto, frenato. Ma non è stato creato per questa vita. Anche lui è un figlio del sole.

 

Ed era tremendamente vero. In quel momento la ragazza se ne rese conto e provò pena per lui. Una pena infantile che sarebbe presto svanita di fronte alla bruciante passione di un uomo, che lei non sapeva giustificare. ma In quel momento, anche se solo per un attimo, ebbe pietà di quell’uomo severo e innaturalmente serio.

Pensò persino a come sarebbe stato se fosse fuggito con lei e i suoi compagni. Quella vita sarebbe stata per lui più adatta di quanto non fosse la prigione di quelle fredde mura.

Un suo sospiro attirò la sua attenzione. Fu un sospiro magnifico, profondo, il suono più triste che avesse mai sentito. Allora fuggì con passo leggero da quel corridoio e imboccò, con il cuore quasi fuori dal petto, per quanto forte batteva, quello che aveva, nella prima scelta, rifiutato.

Non fece che alcuni passi che le comparve davanti la figura gobba e contorta di Quasimodo.

 

Povero infelice! Anche tu avresti dovuto essere ricompensato dalla vita con una ben diversa natura. Un diverso destino. E sei così buono con me. Cosa avrò mai fatto per meritarmelo?

 

Il gobbo la fissò per diversi istanti, contemplandola estatico, poi mormorò qualcosa che la ragazza non comprese, la prese per mano e la ricondusse nella torre. Là sarebbe stata al sicuro. Sarebbe stata protetta. Lei lo sapeva.

Ma faceva così freddo, lassù!

 

 

Ok…. Ok… Fa abbastanza schifo, me ne rendo conto. È una cosa che ho buttato giu in un momento di follia, quindi siate clementi.

Ad ogni modo, mi piacerebbe continuarla con scorci di altri personaggi, a semidiario, proprio come questo primo capitolo. fatemi sapere che cosa ne pensate, anche in negativo. Non mi danno problemi le critiche.

Che dite allora, me lo lasciate un commento?

Baci a tutti

Masked_lady

 

 

 

 

 

 

 

  
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