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Autore: thebrightstarofthewest    26/07/2015    2 recensioni
Dopo la catastrofe avvenuta al Jurassic Park, Alan Grant ed Ellie Sattler hanno deciso di sposarsi e metter su famiglia; hanno difatti due figli ormai ventenni, Bernard e Nicholas, entrambi appassionati a modo loro alla paleontologia. La vita della famiglia Grant procede più che tranquillamente, finché due chiamate non cambieranno tutto: qualcosa sta per accadere nuovamente ad Isla Nublar ed i Grant stanno per finirci dentro fino al collo per la seconda volta.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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5. Il piano ed il ragazzino
 

Traghetto diretto ad Isla Nublar, Oceano Pacifico, ore 7:25

“Dottor Grant!”. Se c’erano due parole al mondo che Alan non avrebbe mai voluto sentire, in quel momento, erano proprio quelle.
Si trovava sul traghetto diretto ad Isla Nublar ed aveva creduto che, travestito com’era, nessuno lo avrebbe riconosciuto: aveva indossato una camicia hawaiana, un cappellino della Michelin ed un paio di occhiali da sole, pensando che sarebbero bastati ad ingannare gli altrui sguardi. Erano diretti ad indagare in un luogo dove gli appassionati di dinosauri si riversavano a migliaia, ed i loro volti non sarebbero certo passati inosservati: Era necessario mantenere un profilo basso.
 “Dottor Grant!”, gridò ancora la vocina, avvicinandosi sempre di più: non riusciva a distinguerne il padrone nel bel mezzo della calca, ma sicuramente si trattava di un bambino.
Una piccola testa bionda apparve d’un tratto dalla marea di persone presenti e, con essa, una mano puntata verso di lui: “Ma lei è…”. Alan afferrò il bambino delicatamente, sperando di non attirare su di sé sguardi indiscreti, e lo portò nell’angolo del battello accanto ai bagni, dove la folla era più rada.
“Ma lei è il professor Alan Grant!”, concluse il ragazzino, fissandolo con i suoi grandi occhi azzurri.
“Beh, ecco…”. Non era ben sicuro se mentire o meno: avrebbe potuto creare qualche incidente diplomatico abbastanza spiacevole, “Diciamo di sì, sono io”. Sospirò.
“Lo sapevo!”, strillò il piccolo, estasiato, “Devo subito andare a dirlo a mio fratello!”. Fece per partire a corsa, ma l’uomo lo trattenne con fermezza.
“No, no”, esclamò, mettendosi in ginocchio così da potergli parlare faccia a faccia, “Non andrai a dirlo a tuo fratello, non… non devi dirlo a nessuno che sono qui, mi capisci? E’ molto importante che tu non lo dica a nessuno”.
“Ma io ho letto tutti i suoi libri, signore, la stimo moltissimo, mi creda, e…”.
“Io ti credo, davvero”, mormorò in risposta. Gli pareva di rivedere Tim, a Jurassic Park. “Io ti credo, ma devi capirmi: sono qui in incognito per… Un affare importante, diciamo. Non posso permettermi che qualcuno mi riconosca”.
“Che forza!”, esclamò il ragazzino, strabuzzando gli occhi. Doveva essere proprio sveglio, se era stato il primo a riconoscerlo nel bel mezzo di tutti quegli adulti.
“Come ti chiami?”, gli domandò Alan, con un sorriso.
“Gray, professore”, rispose l’altro, “Gray Mitchell”.
“La sta disturbando, signore?”. Un’altra voce giovane, ma più matura si fece udire: Grant si girò per vedere un adolescente con la zazzera scura avvicinarsi. “Mio fratello, intendo…  la sta disturbando?”.
Alan si affrettò ad alzarsi in piedi e a stringergli la mano. “Tu devi essere il fratello di Gray”, esclamò, “Non devi preoccuparti, il piccoletto mi stava solo… dando qualche lezione riguardante i dinosauri”. Lanciò uno sguardo d’intesa al bambino, che rispose ammiccando.
“Oh, beh, sì”, cianciò il nuovo arrivato, “Lo fa spesso. E con chiunque gli capiti a tiro. Deve scusarlo”.
“Scusarlo? Oh, no, lo ringrazio”, aggiunse Alan, arruffandogli i capelli.
“Beh, Gray, adesso vieni con me, dicono che tra poco si vedrà l’isola”, esclamò il fratello maggiore, prendendolo per mano con forza e trascinandoselo dietro, “Mi scusi ancora, signore”.
“Zach, vai piano, mi fai male”, si lamentò il bambino, il quale sembrava piuttosto restio a seguire il fratello. Alla fine si arrese, lasciandosi guidare in mezzo alla folla, verso la parte scoperta della nave; poco prima che scomparisse dalla vista, si girò verso il paleontologo: non parlò, ma la sua bocca si mosse. Il labiale era chiaro: il suo segreto è al sicuro con me.

Hotel Rex, Isla Nublar, 120 miglia al largo della Costarica, ore 9:01

“Ti sei fatto riconoscere da un bambino”. La voce di Ellie, nell’affermarlo, non aveva alcun tono di rimprovero; al contrario, pareva incredibilmente divertita.
Alan scrollò le spalle, in segno di assenso: non condivideva l’ilarità del momento con la moglie. Non era tanto l’essere stato smascherato che lo preoccupava, era Malcolm, ciò che lo turbava maggiormente. Era uscito ad incontrare il suo contatto da più di due ore ed ancora non si era rifatto vivo.
“Aveva detto che sarebbe tornato subito”, mormorò, digrignando i denti.
“Dagli tempo, sai com’è fatto”, tentò di rincuorarlo la donna, ponendogli un veloce bacio sulla fronte. Si girò verso di lei, per guardarla negli occhi, e trovò che vi era della paura.
A Dallas, non appena Alan aveva espresso l’intenzione di voler tornare ad Isla Nublar ad indagare sui piani della InGen, le reazioni che aveva ottenuto erano risultate esattamente opposte nei suoi due compagni d’avventura: mentre Ian aveva subito abbracciato l’idea con entusiasmo, Ellie era apparsa restia ad acconsentire. Quando i due si erano sposati, una delle promesse che si erano scambiati, al riparo sotto le lenzuola del loro nuovo letto matrimoniale, era stata di non farsi più invischiare in alcun modo in situazioni estreme, soprattutto riguardanti quel maledetto parco. Era stato un voto tanto spontaneo quanto veritiero, ma adesso la situazione era tale per cui romperlo pareva la giusta scelta da prendere: c’erano i loro figli, potenzialmente in pericolo, e migliaia di altre persone con loro.
La sera stessa del loro rinnovato incontro con il caosologo, i coniugi Grant avevano discusso apertamente sulla questione: Ellie ricordava i Raptor, ricordava il T-Rex, ricordava ogni singolo dettaglio macabro che aveva visto ed ogni incubo che aveva avuto dopo l’esperienza. Non era stata l’unica ad averne, certo: anche Alan si era svegliato decine di volte, nel cuore della notte, contenendo a stento un grido di terrore ed andando a cercare, dall’altro lato del letto, il conforto del respiro regolare della donna che amava.
Nessuno dei due voleva andare, era quello il punto su cui Grant si era soffermato; ma dovevano andare.
Mentre il paleontologo scrutava gli occhi blu della moglie, udì un sommesso bussare alla porta; si alzò in piedi di slancio e corse ad aprire. Di fronte si trovò Malcolm, sudato fradicio, e con un’espressione in volto impossibile da decifrare. Fece il suo ingresso in camera andando ad accomodarsi su una sedia. I Grant lo fissavano, in attesa dicesse qualcosa. Ian si leccò le labbra screpolate. “Ho una cattiva notizia ed un piano”.
“Di solito non si hanno una notizia cattiva notizia ed una buona?”, domandò sarcastica Ellie.
“Temo proprio che dovrete accontentarvi”, sogghignò il matematico.
“Va’ avanti, parla”, lo spronò Grant, passandosi una mano tra i capelli ingrigiti.
“La cattiva notizia è che il mio contatto è stato buttato fuori dall’isola a calci in culo”, andò subito al sodo Malcolm, giocando con le stanghette dei propri occhiali, “Temo sia stato scoperto che faceva il doppiogioco. Quindi niente documentazioni, niente informazioni dirette e facili, niente di niente. Però ho un piano”.””
“Oh, bene, che grande consolazione”, sbottò Alan, andandosi a versare un po’ d’acqua in un bicchiere. Non poteva concepire di essere arrivato fin lì travestito, avendo speso un mucchio di soldi, solo per trovarsi ad indagare completamente alla cieca.
“Non scaldiamoci, va bene? Prima, almeno, ascoltami”, rispose quanto più pacatamente possibile il caosologo, “Allora, l’informazione di cui abbiamo maggiormente bisogno, in questo momento, è una: dove si trova il recinto dell’Indominus Rex? Una volta individuato, forse riusciremo a dargli un’occhiata e dimostrare che è pericoloso, se giochiamo bene le nostre carte”.
Per la prima volta, Grant si rese conto di quanto fosse fallace il loro piano iniziale: erano andati sull’isola senza uno straccio di idea concreta sul da farsi. Speravano di riuscire a trovare il luogo dove era tenuto l’animale, speravano di riuscire di vederlo. Era tutto così stupido. Così stupido.
Ian, nel frattempo, non aveva smesso di parlare.“L’ultima soffiata del mio ormai ex-contatto diceva che informazioni del genere sono custodite in due differenti archivi: in digitale, nei computer della InGen, e, in forma cartacea, in una stanza del laboratorio non aperta al pubblico. Dato che nessuno di noi è un hacker”, lanciò uno sguardo ad Alan e sorrise, “qui entra in gioco il mio piano”.
Dalla tasca degli shorts estrasse una mappa, che risultò essere la piantina del laboratorio dell’isola. Con l’indice destro indicò quella che pareva essere la stanza principale, con quello sinistro puntò un minuscolo sgabuzzino, e poi vi picchiettò sopra. “Questo è l’archivio. Uno di noi deve entrarci durante la visita guidata del laboratorio”.
Ellie scoppiò a ridere. “Tu sei completamente pazzo. Questo non è un piano, è un suicidio! Ogni singola zona del parco è piena zeppa di videocamere e tu vuoi metterti a rubare dei file segreti così, alla luce del sole, con nonchalance!”.
“Improvviseremo, lo abbiamo fatto vent’anni fa a Jurassic Park, possiamo farlo di nuovo!”, controbatté il matematico.
“Lì rischiavamo la vita, Ian!”, ribatté ancora la paleobotanica, scioccata.
“Allora possiamo affermare con sicurezza che la nostra situazione è migliorata!”.
Un energico bussare alla porta salvò le orecchie di Alan dagli urli dei suoi compagni di viaggio: non era il tipo di persona che alzava la voce, né che discuteva così animatamente. Certo, il piano di Malcolm era uno schifo, ma glielo avrebbe detto a modo suo.
Andò ad aprire la porta, domandandosi chi potesse essere, e sperando non si trattasse di qualche vicino di stanza infastidito dagli schiamazzi. Si trovò davanti il piccolo Gray Mitchell, appoggiato allo stipite, che lo fissava. “Buongiorno, professor Grant”.
“Oh, no, Gray…”, esclamò in risposta Alan, trascinando il ragazzino all’interno della stanza e chiudendolo dentro, “Come sei arrivato qui?”.
“Si è registrato alla reception come John Smith, non è un nome tanto fantasioso, non mi ci è voluto molto a trovarla”, spiegò il bambino, sorridendogli. Sembrava che nulla potesse scalfirne il perenne buonumore. “Ma quella è la professoressa Sattler?”, aggiunse poi, indicando Ellie con gli occhi illuminati. La donna fece un cenno di saluto con la mano.
“E questo chi sarebbe?”, domandò Ian, abbastanza perplesso dall’intera situazione.
“Oh, buongiorno signor Malcolm”, aggiunse quindi Gray, trasecolando, “Non mi ero accorto ci fosse anche lei!”.
Lo scienziato si alzò in piedi e lanciò uno sguardo prima ad Ellie, poi ad Alan. “Qualcuno vorrebbe cortesemente spiegarmi chi è questo bambino e come sa chi siamo?”.
“Beh, ho letto anche il suo di libro, prof”, gli rispose il ragazzino, scrollando le spalle, “Però mica ci ho capito tanto in quel discorso sulle farfalle e sulla pioggia”.
Grant osservava la scena ed a stento conteneva una risata: era divertente vedere Malcolm in difficoltà, una volta ogni tanto. Soprattutto se la causa di quella difficoltà era un bambino. Gray, tutto sommato, gli era simpatico: lo conosceva da pochissimo, eppure si capiva che era sveglio, acuto, con una grande capacità di osservazione. Tanta intelligenza in un corpicino così piccolo, così sfuggente…
Improvvisamente, un’idea folle lo attraversò con la forza di un uragano: forse aveva trovato la soluzione al loro problema.
“Dovremmo mandare Gray”, mormorò, guardando Ellie, “Dovremmo mandare lui”.
La moglie parve perplessa. “Mandarlo dove, tesoro? Non capisco”.
Grant afferrò la mappa del laboratorio con entrambe le mani: vi erano segnate non soltanto le collocazioni delle varie stanze, ma anche quelle delle telecamere. Mentalmente, fece alcuni calcoli. Assurdamente, poteva davvero funzionare. “Dovremmo mandare Gray a prendere i documenti per noi”.
Un’espressione quasi scioccata di profondo stupore si dipinse sui lineamenti della donna. “Non bastava che Ian si fosse bevuto il cervello, ci volevi anche tu! Non puoi davvero pensare di coinvolgere un bambino nei nostri piani!”.
“Che piani?”, chiese il ragazzino, strattonando la camicia del paleontologo, “Che piani?”.
“No, senti, Alan”, esclamò Malcolm, confuso, inciampando sulle parole, “Non puoi pensare che…”.
“Che piani?”, domandò ancora Gray, a voce abbastanza alta da interrompere il matematico.
Grant si inginocchiò davanti a lui. “Vedi, piccolo, noi siamo venuti qui sotto copertura per recuperare alcuni documenti, documenti che si trovano in un archivio nel laboratorio dell’isola. Pensavamo di infiltrarci a… prenderli durante la visita guidata, ma siamo troppo alti per potervi entrare senza essere visti dalle telecamere… Tu, però… Potresti farcela; e nel caso tu non ce la facessi e ti scoprissero prima, puoi sempre dire che ti eri perso. Nessuno sospetterebbe di te”.
“Mi state chiedendo di collaborare con voi?”, domandò Gray, in un grido felice.
“Beh, ecco…”, tentò di protestare Ellie, ma lo sguardo di pura gioia del ragazzino la fece subito zittire.
“Vi prego, non ve ne pentirete, davvero, so tutto di Jurassic Park, della vostra esperienza lì e di dinosauri, sul serio, so tutto! Potete fidarvi, io…”.
“Ti crediamo, Gray”, mormorò Alan, tranquillizzandolo, “E per me dovresti andare tu. Ma vorrei che anche la professoressa Sattler e il professor Malcolm fossero d’accordo, tu mi capisci, vero?”. Il ragazzo si girò verso gli altri due adulti, i grandi occhi azzurri ricolmi di speranza.
Ellie esitò un attimo, giocando con una ciocca di capelli; sembrava sempre sul punto di dire qualcosa, ma poi finiva per tergiversare. Infine, si arrese. “Dovremmo dargli una possibilità, sì. Io sono con Alan: per quanto assurda sia questa idea, qualche possibilità in più di riuscita c’è”.
Ian sembrava sperduto, il che era un novità. Cominciò a camminare per la stanza, nervosamente, picchiettando il dito contro la gamba. Poi si fermò, fissò il paleontologo ed il bambino. “E sia”, borbottò a malincuore. Gray urlò di gioia, Grant sorrise.
“Hai proprio uno strano modo di coltivare il tuo amore per i bambini, Alan”; aggiunse poi il caosologo, “E poi sarei io, quello strano”.

 
  
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