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Autore: moira78    24/01/2009    5 recensioni
Una storia che sognai e scrissi mentre stavo al lavoro, tanto mi aveva fulminato con la sua trama e bramava di uscire dalle mie mani. Ve la propongo così come mi venne, terribile e bruciante come la sentivo. Sempre per la serie: almeno tento di farmi perdonare per Koshitagi. XD
Edit del 26/1/2009: ff interamente riveduta e corretta da Tiger eyes.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo IV

Ritorno alla vita




Nabiki si alzò in piena notte e decise di partire, nonostante il temporale. Aveva sognato sua madre e ricordava che le parlava di qualcosa che aveva a che fare con Akane. Aveva un brutto presentimento e non perse altro tempo. Si vestì velocemente, afferrò la valigia e il biglietto e corse alla stazione centrale di Tokyo.

"Akane…"
"Mmmhhh…."
È Ryoga! È proprio lui e…
"Akane, ti riporterò tuo figlio, te lo giuro, ma devi dirmi dov’è! Non posso cercarlo ovunque, lo capisci questo?"
…mi ha salvata…
Akane provò ad alzare una mano e avvertì distintamente l’ago per le trasfusioni conficcato nel braccio.
"Sull’altare… sacrificio… i demoni… Aruku… nel bosco…"
Non era molto, ma doveva bastargli. Si asciugò le lacrime col polso e le posò un live bacio sulla guancia.
"Ti giuro che te lo ritroverò Akane, dovessi fare il giro del mondo a piedi!"
Sul volto pallido di lei apparve l’ombra di un sorriso di gratitudine.

"Tempo del cavolo!" Esclamò Ranma alzando il finestrino del suo scompartimento. Fortuna che aveva ricordato l’ombrello. Già, una volta senza di quello si sarebbe trasformato nella “ragazza col codino”. Era sempre Akane a ricordarglielo, nei giorni di pioggia, dolce e previdente come sempre. La sua Akane…
Ora, mentre il treno correva verso di lei, Ranma la sognava nel suo sonno leggero e tormentato, ignaro di Nabiki che viaggiava due carrozze più in là. La sognò avvolta in una camicia da notte bianca che gli correva incontro, ridendo. Lui apriva le braccia per accoglierla, ma poi il sogno cambiava e lei si fermava all’improvviso. Con orrore, vedeva l’indumento candido tingersi di rosso, lei gridava di dolore e Ranma non poteva fare nulla per aiutarla.
Si svegliò madido di sudore, trattenendo a stento un urlo.

Ryoga si era perso di nuovo e si maledisse. Doveva trovare quel bambino a costo della vita, l’avrebbe riportato alla sua amata, poi avrebbe cercato Ranma per mari e monti e gli avrebbe spezzato le ossa una a una come si era ripromesso. E poi? Sarebbe sparito di nuovo? Ora che aveva curato la propria maledizione si sentiva ancor più estraneo nei confronti di Akane. Ranma aveva acquistato punti agli occhi di lei e Ryoga aveva ripreso a vagabondare. Poi c’era stato l’ennesimo tentativo di matrimonio e tutto era andato a rotoli. Adesso, però, doveva solo concentrarsi nella sua missione. Al suo triste futuro avrebbe pensato dopo.
Davanti a lui c’era il bosco, miracolosamente ce l’aveva fatta. Il mio cuore mi ha guidato, pensò, e immediatamente il ragazzo con la bandana avvertì delle presenze estranee: un filo di fumo usciva dalla cima di un albero e Ryoga si diresse in quella direzione. A metà strada udì il pianto di un bambino.
"Per i tuoi infiniti servigi ti cediamo questo sacrificio, oh Sommo Aruku!" Invocò una delle donne vestite di nero. Una sua compagna teneva in mano una grossa katana appuntita e sull’altare fatto di foglie secche troneggiava un piccolo bonsai.
"Come dalle scritture sacrifico per te il figlio del peccato sul bonsai a te consacrato!"
"Tu non sacrificherai un bel niente!" La voce di Ryoga tuonò forte e chiara nella foresta, qualche uccello volò via.
"E tu chi sei?" Domandò una delle donne.
"Il mio nome non importa. Voglio che mi diate quel bambino immediatamente, come avete osato strapparlo dalle braccia della madre?!"
"Questo bambino è il figlio del peccato! Sua madre non lo voleva nemmeno!"
"Non dire sciocchezze, vecchia! Lascia andare quel bambino!"
Colei che lo teneva in braccio fece un gesto alla più giovane, che si avvicinò minacciosa a Ryoga.
"Che vuoi fare? Combattere con me? Io per principio non mi batto con le donne!"
"Oh ma io non voglio battermi!” Rispose languidamente. “Voglio solo farti una proposta. Tu lasci qui il bambino e io ti do la vita eterna! Il nostro padrone saprà soddisfare ogni tuo desiderio."
Ryoga arretrò di un passo. Non sapeva perché, ma provava ribrezzo per quella donna.
"Aruku è il tuo padrone, non è vero?"
Lei strinse gli occhi, osservandolo meglio.
"Tu sei un figlio delle Sorgenti…" Era un’affermazione, non una domanda.
"Come sai delle sorgenti di Jusen?” Domandò Ryoga stupito. "Tu…"
"Le sorgenti maledette appartengono al sommo Aruku. È lui che ha curato la tua maledizione ragazzino e questo è il prezzo che devi pagare!"
Ryoga scosse la testa, a disagio.
"Non capisco cosa c’entri il figlio della mia Akane con il tuo dio del cavolo!"
"Modera le parole, giovane figlio del male! Aruku ha sempre chiesto sacrifici in cambio dei suoi servigi! E in cambio di una delle sue acque vuole una vita umana, quella di un figlio del peccato!"
"Figlio del male… figlio del peccato… ma in che epoca vivete voi?!"
La donna sorrise, un sorriso freddo e malvagio.
"Ragazzo mio, se una donna commette il peccato di farsi possedere non da uno, ma da sei uomini, il figlio che avrà sarà l’unico pasto in grado di far risorgere un demone come il nostro signore!"
A Ryoga si appannò la vista: sei uomini? Possedere? Akane era stata… crollò sulle ginocchia, incapace di connettere. Non era stato Ranma, allora, lui non l’aveva neanche sfiorata! La rabbia ribollì come lava fusa dentro le sue vene e la sua aura risplendette furiosa per il bosco intero. La donna arretrò di un passo.
"Voi…” Ringhiò “Vi siete approfittati della disgrazia accaduta alla mia Akane per i vostri sporchi scopi e tirate fuori la cura per la mia maledizione per giustificarvi?! Sapete una cosa? FATE SCHIFOOO!"
Lo shishi hokodan illuminò il bosco intero e Ryoga gridò di rabbia e dolore.

Ranma ebbe appena il tempo di pensare che forse c’era un incendio, poi riconobbe la sfera di energia di Ryoga e si mise a correre come un pazzo. Giunse alla radura dalla quale era partito il colpo e rimase imbambolato. A terra c’erano quattro donne, una katana, un mucchio di foglie secche sparse un po’ ovunque e un piccolo bonsai spezzato a metà. Davanti a lui, in piedi, Ryoga teneva un neonato piangente in braccio.
"Ryoga…? Tutto bene?" Lui annuì, il volto nascosto dalla frangia.
"Quel… quel bambino… è di una di quelle donne?"
Ryoga scosse la testa.
"No Ranma, loro… volevano sacrificarlo a un demone."
"Oh dio…” Proruppe lui sconcertato. “E sua madre?"
Il ragazzo alzò il volto e Ranma si accorse con terrore che aveva gli occhi lucidi. Fece un sorriso triste e rispose all’amico.
"Sua madre è Akane."

"Mmmhhh mioooo… bambino…."
Akane delirava nel sonno, a causa della febbre. Nabiki bagnò la pezza e gliela pose sulla fronte.
"Ssst, tranquilla Akane, vedrai che Ryoga te lo riporterà qui, se non si perde… ti ha mai negato qualcosa, quell’imbranato?"
"Rrrranmaa…"
Il viso di Nabiki s’indurì.
Pensa ancora a lui. Chissà se è ancora a Tokyo… quel… quel…
Ma prima che potesse dire altro, la porta si spalancò e comparvero i due artisti marziali in questione, infangati e sporchi, ma col bambino di Akane tra le braccia.

"E’una setta che si credeva fosse estinta già da molto tempo. Purtroppo quelle donne erano forse le ultime adepte che ancora credevano in Aruku, il demone che vuole risorgere. Hanno il potere di leggere nella mente e altri trucchetti simili. Per fortuna Ryoga non le ha uccise, così la polizia potrà farle parlare e scoprire se ci sono altre persone che hanno intenzioni simili alle loro." La voce di Nabiki era bassa e monotona. "Pare che le sorgenti di Jusenkyio appartengano a questo demone e chi le usa per scopi curativi deve pagare un pegno di sangue per farlo risorgere e governare sulla Terra."
" Kamisama…" Mormorò Ryoga incredulo. Ranma invece rimase silenzioso.
"Chiunque le usi deve sacrificare un proprio figlio e in un certo senso è perché tu hai utilizzato le sue acque, Ranma, che il figlio di Akane è stato aggredito. Se vi foste sposati e aveste avuto dei figli, quelle donne li avrebbero cercati."
"Che vuoi dire Nabiki? Che forse è meglio che Akane sia stata violentata da sei bastardi di passaggio, così il figlio che hanno cercato non era il mio?! Mi vuoi far credere che sono stato fortunato?!"
"Ranma, non ho detto questo…"
"Lo so che non l’hai detto, ma sono sicuro che l’hai pensato! QUALCUNO HA VIOLENTATO LA MIA FIDANZATA E IO DOVREI SENTIRMI FORTUNATO?!"
Nabiki lo schiaffeggiò e lui parve riprendersi.
"Io… scusa, io…"
"Ora siamo pari, Saotome. Vado a vedere come sta mia sorella."
Nabiki si allontanò e Ranma rimase in silenzio, lo schiaffo che gli bruciava sulla guancia. Il dolore lo pervase come una febbre e per la prima volta dopo anni sentì la tensione allentarsi, il senso di colpa sopraffarlo e il pianto che seguì fu liberatore. Ryoga fissò il grande Ranma sciogliersi in singhiozzi disperati, lamentandosi come un bambino che si sia perso e si sentì debole come mai prima d’ora. Lentamente, passò un braccio attorno alla spalla del suo amico, gli circondò la vita con l’altro e gli fece poggiare il capo sul proprio torace, cullandolo piano.
"Ssst, Ranma… Akane starà bene, vedrai."
"Cosa le hanno fatto Ryoga? Come ho potuto lasciarla sola in un momento… così difficile? Come ho potuto permetterlo?!"
"Ranma, tu hai fatto di tutto per cercarla, non devi rimproverarti. Neanch’io c’ero. Anzi, se ricordi bene, l’ho anche vista, ma non sono riuscito a seguirla. Ora so perché aveva quell’aspetto così… così…"
Ranma si asciugò gli occhi rabbiosamente, ma senza smettere di piangere.
"Ma io sono il suo fidanzato! Era compito mio salvarla!"
Ryoga fece un sorriso triste con gli occhi umidi.
"Ma anch’io l’amo, almeno quanto te."
"Hibiki… ma cosa ci ha fatto Akane? Guardaci! Due artisti marziali come noi che fanno tanto i gradassi e frignano come scolarette deluse per una ragazza!"
"L’amore rende deboli." Dichiarò Ryoga convinto.
"Già…” Poi, si riscosse. “Ryoga sei diventato filosofo, ora?"
"È che l’ho provato sulla mia pelle."
Ranma rise, un sorriso sincero dopo tanto dolore.
"Ok, ok, te la do buona, Hibiki, solo… smetti di abbracciarmi o qualcuno penserà male."
"Razza di pervertito!" Ringhiò Ryoga, ma senza rabbia. "La sai una cosa, Ranma?"
"Cosa?"
"Avevo pensato che quel bambino fosse tuo."
Ranma scoppiò a ridere forte e Ryoga lo guardò come se fosse pazzo.
"Pensa… pensa se Akane mi avrebbe permesso… una cosa simile!" Farfugliò tra le risa, contagiando l’amico.
"Ti avrebbe spedito come minimo in India!" Esclamò Ryoga tenendosi la pancia, mentre Ranma annuiva incapace di parlare.
"Sono contenta che siate di buon umore!" Dichiarò Nabiki raggiungendoli. "Ranma fila da Akane, lei non sa che sei qui, ma credo che abbia troppe poche forze per spedirti…"
"…in India!" Finì Ranma per lei fomentando le risa isteriche di Ryoga.
Nabiki guardò in aria compatendoli e Ranma si alzò. Il ragazzo con la bandana lo trattenne per un braccio.
"Ryoga… so che la vuoi vedere anche tu, ma io…"
"Falla soffrire di nuovo”, cominciò lui senza ascoltarlo, “e ti rompo tutte le ossa un pezzettino alla volta."
Ranma sorrise. "Resta qui, così non ti perdi e la puoi vedere dopo di me."
Lui annuì, ma quando Ranma si allontanò, Ryoga decise che era ora di andare.

Lei giaceva pallida nel letto d’ospedale e a Ranma si strinse il cuore. Quando lo vide, i suoi occhi si fecero più grandi e Akane cominciò a boccheggiare come un pesce fuor d’acqua, ma senza riuscire a emettere suoni.
"Non. Dire. Una parola." Le intimo lui con un dito sulle labbra.
"Ranma…" Pigolò Akane con voce disperata.
"Senti, se qui c’è qualcuno che ha colpa per quello che ti è accaduto, sono io. Sono solo io l’idiota che invece di sposarti ti ha permesso di andartene. E se anche dovessi pagare pegno per tutta la vita per rimediare a questo, ti giuro che lo farò. Ti prego solo di perdonare questo baka che ti ha fatta soffrire."
Akane sentì una lacrima solitaria scenderle sulla guancia e le dita di Ranma calde e dolci che l’asciugavano amorevolmente "È la prima volta che te lo dici da solo." Gli disse con un piccolo sorriso.
"È che avevi ragione, sono un baka. Anzi, me lo ridiresti?"
Lei rise un poco.
"Ma ora non hai fatto niente."
"Ma ho bisogno di sentirlo."
Akane gli mise una mano sulla guancia, dandogli piacevoli brividi alla schiena.
"Baka…"
Ranma sorrise, una luce di gioia negli occhi.
"Grazie, Akane."
Rimase così per un po’, beandosi del calore della sua mano, poi le parlò piano.
"Akane?"
"Mh?"
"Mi daresti un’altra possibilità?"
Akane lasciò ricadere la mano, fissandolo.
"Ranma, una volta queste tue parole mi avrebbero resa felice, ma ora… dopo quello che è accaduto…"
"Ascolta”, le impose dolcemente prendendole le mani tra le proprie, “qualunque cosa sia accaduta tu sei sempre la mia Akane e quel bambino è una parte di te. Lo amerò come se fosse mio, anche se non so assolutamente come accidenti si faccia il padre e sia un imbranato totale. Ma vi proteggerò per la vita, lo giuro, e se dovessi trovare quei bastardi che ti hanno fatto questo li ucciderò così lentamente che rimpiangeranno di non essere già all’inferno. Lascia che ti stia accanto, Akane… insomma… ti sto chiedendo di sposarmi, Akane Tendo."
Nel cuore di Akane esplose una gioia tale che si accorse a malapena di quanto gli era costata quella proposta. Tra le lacrime, lo abbracciò forte, ripetendogli decine di sì all’orecchio, facendolo arrossire violentemente. Ranma ricambiò goffamente il suo abbraccio e quando Ryoga entrò li trovò così.
D’istinto, lui cominciò ad agitare le braccia ripetendo: "Non è come pensi!"
Ryoga lo fissò per un istante.
"Io… veramente… credevo di essere nell’atrio dell’ospedale."
Ranma e Akane scoppiarono a ridere e poco dopo Ryoga si unì a loro.
Fuori nasceva il sole.

Sulla veranda di casa Tendo c’era una grande riunione. Tutti coloro che una volta erano stati nemici di Ranma o di Akane, parlavano insieme in armonia e discutevano del piccolo che gattonava davanti a loro.
"Akane Tendo gli ha trasmesso sicuramente la sua grande sensibilità e quando crescerà…" Proferì Tatewaki.
"Ah ah ah ah ah!” Lo censurò sua sorella. “Akane Tendo sensibile, ma non farmi ridere! Sarà stato sicuramente il mio Ranma ad aver trasmesso a quel bambino la su infinita forza di volontà, il suo coraggio…"
Il viso di Akane si rabbuiò a quelle parole. Nessuno di loro, a parte Ranma stesso, Ryoga e Nabiki sapeva la verità e lei non l’avrebbe confessato neanche sotto tortura. Pensava di doverlo dire almeno a Kasumi, ma doveva raccogliere tutto il proprio coraggio per rivivere quei momenti. Forse un giorno sarebbe riuscita a ricordare senza soffrire, ma sarebbe stata dura.
Guardò Ryoga sorridere all’ennesima parola strana del suo bambino e sorrise a sua volta. Lo aveva ringraziato più volte per aver salvato la vita a suo figlio, ma non le sembrava mai abbastanza, era davvero il suo amico più caro.
"Perché fissi così Ryoga? Potrei anche essere geloso, sai?"
Akane scrutò gli occhi blu tanto amati.
"Ma non mi dire! Il grande Ranma Saotome è geloso del suo più acerrimo rivale!" Poi si avvicinò al suo orecchio e bisbigliò. "Non ne hai motivo, è te che ho sposato."
Ranma sorrise, beato. "Hibiki è un grande, lo so, ma io ho la precedenza su tutti. Quindi, perché non ce ne andiamo di sopra?"
"Razza di pervertito, ci provi?" Rise dandogli un colpetto col gomito.
"Bè… ecco, è che… pensavo… che vorrei che Yuki avesse un fratellino… o magari una sorellina… io so cosa significa essere figli unici e…"
Akane sospirò. "Vuoi un figlio tuo, vero?"
Ranma si mise sulla difensiva, ma non riuscì a mentirle.
"Akane, lo sai che non è solo per questo e comunque se ancora non te la senti io non voglio forzarti."
"Ranma?"
"Ne abbiamo parlato, so che per te è difficile dopo quello che ti è accaduto e io non voglio obbligarti a…"
"RANMA?"
"Cosa?"
"Sì."
Ranma inghiottì, con la gola improvvisamente secca.
"Sì… cosa?"
"Lo voglio anch’io questo bambino da te. In fondo siamo sposati da un anno, dovremmo pur… ehm… consumare… no?"
"Ehmm… sicura?"
"Sì."
Gli occhi di Akane scintillavano. Sapeva che stavolta ce l’avrebbe fatta. Ranma l’aveva accarezzata e coccolata molto durante quell’anno e pian piano era riuscita a far rinascere la donna che aveva dentro. Il ricordo di quelle mani viscide sopra di sé si era opacizzato molto e sentì che voleva Ranma. Voleva la sua dolcezza, il suo amore, come per cancellare per sempre ogni traccia di violenza dal suo corpo.
Quando si svegliò nuda accanto a lui, era un’alba meravigliosa e ad Akane sembrò di tornare a vivere. Baciò il suo uomo sulle labbra e quando lui l’attirò a sé gli mormorò: "Ti amo, Ranma Saotome."
Posò la testa sul suo torace forte e si riaddormentò felice.
   
 
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