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Autore: joellen    26/07/2015    0 recensioni
Cento anni orsono, la Terra è stata colpita da eventi misteriosi e devastanti che hanno decimato la sua popolazione tanto da risultare un pianeta deserto a chi lo vede attraverso i telescopi di altri mondi. E che la sta usando come discarica per liberarsi dell'immondizia metallurgica da cui è afflitto... O per cercare e procurarsi minerali preziosi per la propria sopravvivenza.....Ma non tutto è come sembra...
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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6) STRANI MOVIMENTI

 

 

Terra: nei paraggi dell'Area 51

 

Il drone sorvolò, con un lieve e regolare ronzio, la spianata, bruciata da un Sole implacabile, di quell'angolo di pianeta che sembrava sgombro da qualunque tipo di detrito, presente invece su molte altre aree del globo terracqueo, e l'apparente assenza di vita, registrata dal dispositivo, parve dare il via alle successive manovre di un mezzo pesante, ma volante, che atterrò su una pista ormai ricoperta di sabbia per svolgere la sua mansione.

La nuvola sabbiosa si alzò e coprì la visuale per un minuto circa per poi dissolversi e ridiscendere pacifica sul terreno lasciando chi di dovere a compiere le manovre del caso. Il grosso veicolo spalancò verticalmente la sua gigantesca bocca e da essa uscì tutto ciò che costituiva fastidio ed ingombro per coloro che erano arrivati fin lì a sbarazzarsene: ferraglie, qualsiasi prodotto di scarto di qualunque materiale e perfino rifiuti organici.

Ma quei movimenti e quel baccano non passarono inascoltati e, dal nulla, un manipolo di cinque individui, abbigliati con tute mimetiche, e con grosse armi da fuoco fra le mani, fecero la loro silenziosa comparsa piazzandosi a gambe divaricate e atteggiamento sprezzante al cospetto della squadra di operatori ..... ecologici i quali si fermarono, sbigottiti, a guardarli.

"Oh no! - esclamò a mezza voce uno di loro - Anche qui".

"Già. - fece uno dei cinque, con un sorriso cattivo - Noi siamo ovunque la nostra presenza sia necessaria. E direi che questo sia uno dei casi, non trovate?".

"No" rispose, secco, un membro dell'equipaggio del veicolo di scarico.

"Mmmm.... - muggì il primo individuo armato e mimetizzato che aveva parlato - Da qualche parte mi pare di aver letto e capito che questo è terreno privato, quindi lo scarico non è legale a meno che non si abbiano permessi speciali".

"Perché? - ribatté un altro del mezzo di scarico - Tu ce l' hai il permesso? A me non sembra. Che vuoi da noi?".

"Se tenete ad avere il permesso noi potremmo anche farvelo avere. - replicò l'uomo armato - Con uno scambio vantaggioso".

"Per voi criminali!" protestò vivacemente il primo scaricatore.

"Anche per voi, idiota" protestò il tizio armato, tornando serio, e in tono duro.

"Certo. - si ribellò il secondo scaricatore - Ci dobbiamo rivendere il cargo per pagare la vostra gentile concessione. Ma va' all'inferno!".

"Inferno? - ripeté il malvivente, sarcastico - Non esiste".

"Per te, e per tutta la tua razza, esiste. -  rispose lo scaricatore - Ne abbiamo creato uno apposta per voi proprio ora" e nel dirlo premette un pulsante a destra del suo orologio da cui scaturì un sottile raggio blu che andò a colpire il rompiscatole in mezzo al torace, spedendolo qualche metro indietro sul terreno.

Uno degli altri cinque sparò col suo mitra vintage e colpì a morte uno degli scaricatori. L'altro si era già andato a rifugiare rientrando nel veicolo e lo stava per chiudere  quando tutta l'area sotto i suoi piedi, e sotto il mezzo di trasporto, cominciò a vibrare intensamente e poi a tremare nel tipico moto ondulatorio di un fortissimo sisma. I quattro delinquenti rimasti in piedi videro il terreno su cui sostavano aprirsi letteralmente ma in modo anomalo. Il suolo, infatti, non si spaccò creando crepe serpeggianti, classiche delle conseguenze di un terremoto, ma si aprì in un unica lunghissima faglia dritta e il terreno iniziò a sprofondare con un boato terrificante trascinando tutto ciò che vi era sopra in una enorme voragine  che ingoiò qualsiasi cosa vivente e/o non.

 

 

7) IL RISVEGLIO

 

 

 

Grindewald, tre giorni dopo l'incidente

 

Elai Heron teneva Al per mano e Al guardava suo padre con ammirazione e paura.

Lo vedeva alto e grande. Un gigante severo ma buono che lo stava però conducendo dentro una foresta di fiamme le cui lingue rosse e gialle dalle punte azzurre danzavano minacciose davanti ai suoi occhi formando a tratti sagome di volti umani terrificanti e terrorizzati che, ad un certo punto, cedevano il posto, svanendo,  all'apparizione di una croce con la parte inferiore dell'asse centrale più lunga rispetto a quella superiore.

E come sempre accadeva, Al Heron si svegliò in un bagno di sudore e....di dolore!

Aprì gli occhi e non riuscì a capire dove si trovasse. Il soffitto sopra di lui aveva pieghe e riflessi argentei e quasi tutto il suo viso era coperto ed imprigionato da un aggeggio morbido che si muoveva seguendo il suo respiro. Tuttavia, pur essendo regolari, inspirazione ed espirazione gli provocavano fitte acute a tutto il torace. Cosa gli era successo? Perché sentiva male dappertutto? Gli venne spontaneo muoversi, ma il dolore gli gelò la spontaneità. Il secondo istinto fu di chiamare aiuto, ma anche quello gli morì nella gola arsa dalla sete. La situazione in cui versava non gli piaceva per niente e provò rabbia nel constatare che non avrebbe potuto cambiarla almeno nel tempo a venire. Inoltre, ripensando a suo padre, si ricordò che doveva vendicarlo.

 

 

Era ora di pranzo e Stefano intravide una remota possibilità di incontrarsi con sua moglie e i suoi ragazzi per consumare finalmente, una volta ogni tanto, un buon pasto tutti insieme. Telefonò ad Annamaria la quale, anche lei ottimista nel vedere questa opportunità, fissò con lui un piccolo programma per i minuti successivi: lei sarebbe passata a prendere i due maschi a scuola; Stefano avrebbe prelevato Annalisa all'asilo. Flavia, la figlia maggiore, dodicenne, sarebbe uscita da scuola verso l'una per raggiungerli in un ristorantino non lontano dal municipio.

Tutto andò secondo i loro piani fino all'ingresso al ristorante.

In quel momento, Annamaria ricevette una chiamata urgentissima dall'ospedale da cui era uscita senza problemi circa un'ora prima. Uno dei pazienti "speciali" si era svegliato, era riuscito ad alzarsi dal suo letto ed ora stava minacciando altri pazienti ed alcuni operatori sanitari con un bisturi in mano e la ferma intenzione di usarlo se non avesse ottenuto ciò che chiedeva.

Al suo ritorno nel nosocomio, entrando nella stanza nella quale era ricoverato, l'uomo si girò verso di lei e le lanciò un'occhiata così intensa che lei ne avvertì la profondità da lontano e, avvicinandosi a lui, non poté far a meno di notare il blu cobalto dei suoi occhi che la radiografavano fino al midollo.

Fu invasa dall'imbarazzo, più che altro pensando a come avrebbe comunicato con lui. Senza lasciare il bisturi, il paziente si strinse la testa fra le mani, contraendo il viso in una smorfia di concentrazione e apparente, forte sofferenza, dopodiché, con sua grande sorpresa, le rivolse la parola nella sua lingua.

"Perché avete ucciso mio padre? - accusò, accorato - Cosa aveva fatto?".

Annamaria restò annichilita dallo stupore ma trovò la forza di rispondere:

"Non abbiamo ucciso suo padre. - disse, sforzandosi di tenere i nervi e tutto il resto sotto controllo - Mi dispiace molto che sia stato ucciso, glielo garantiamo, ma non siamo stati noi e non sappiamo chi lo abbia fatto". In quel momento l'uomo, appoggiato con la mano libera alla sbarra di ferro ai piedi del letto, vacillò e si piegò in due, stringendo i denti, esibendo poi grosse difficoltà nel respiro. Tossì con violenza, sputando un rivolo di sangue bluastro - viola che gli scivolò dall'angolo della bocca, andando a macchiare la t - shirt bianca. In un attimo gli furono tutti addosso, lo bloccarono; una delle infermiere riuscì a strappargli il bisturi dalla mano, Annamaria fu pronta a prenderlo, a riportarlo nel suo letto coperto dalla tenda ad ossigeno e ad aiutarlo nel riadagiarcisi nel modo meno penoso che le fu possibile. Nel muoversi, Annamaria notò che soffriva molto. Il dolore alle costole rotte doveva essere terribile e lei si adoperò subito per risistemargli tutti i tubi collegati ai macchinari di sopravvivenza, compreso il respiratore di cui l'uomo dimostrava di averne un estremo bisogno. Constatato con soddisfazione che sarebbero stati in grado di capirsi, una volta ridisteso sul letto e col respiratore sul viso, lei gli parlò dolcemente convincendolo a rilassarsi e abbandonare per il momento ogni proposito di vendetta. L'imperativo era: riposarsi e stare tranquillo. Tutto si sarebbe risolto per il meglio. Era vivo. Dolorante, ma vivo, e questo era un mezzo miracolo, se di miracoli si poteva ancora parlare. In quell'attimo, nella stanza fece il suo ingresso anche un collega, del luogo, al quale lei si rivolse per avere alcune informazioni proprio sul miracolo.

"La Scientifica ha effettuato i rilevamenti. - le annunciò il medico - Il veicolo col quale si sono schiantati sulla montagna è andato distrutto, ma le celle in cui erano chiusi, in un certo senso, li hanno salvati da morte sicura perché erano costruite con materiale ignifugo che ha impedito alle fiamme di propagarsi anche a quelle. Tuttavia, tre di loro sono ugualmente in condizioni molto gravi e non sappiamo ancora se sopravvivranno".

"Perché a lui è andata meglio che agli altri?" chiese Annamaria, indicando col mento il paziente, potenziale omicida.

"Perché è quello che è atterrato meglio di tutti. - rispose il medico - La sua cella non si è capovolta".

"Ha riportato comunque delle fratture" osservò Annamaria.

"E' il minimo che poteva capitargli. - commentò il collega - L'urto non dev'essere stato una bazzecola". Annamaria tornò a guardare l'uomo che ora sembrava essersi di nuovo addormentato.

Addio pranzo con la famiglia, ma adesso la situazione si era normalizzata.

Stefano la chiamò per essere ragguagliato sugli sviluppi della vicenda.

"Tutto a posto. - rispose Annamaria, sedendosi, esausta sulla prima sedia che trovò - Stasera ti racconto" quindi chiuse telefonata e occhi, cercando anche lei di recuperare un filo di relax.

 

 

 

 

 

 

 

Sera

 

Quando rientrò, Stefano vide sua moglie più stanca del solito e se ne preoccupò.

I ragazzi erano già nel mondo dei sogni e lui la trascinò subito in camera da letto dove ambedue si sedettero sul letto, Stefano ansioso di sapere. Annamaria gli raccontò la giornata. Al termine, Stefano si tirò nervosamente i capelli indietro infilandosi le lunghe dita fra essi e accennando una risata tesa.

"Porca puttana! - esordì a mezza voce - I tedeschi e i nostri che se le danno di santa ragione, il mio vice, semi alcolizzato, che va a birra invece che a caffè, la festa da organizzare a fine mese e adesso ci mancavano gli alieni vendicativi! E se ce ne fossero altri sulla Terra? Se stessero preparando un'invasione?..."

"Ehi, ehi, ehi, Spielberg! - lo ridimensionò Annamaria ridacchiando - Non crearti saghe cinematografiche dove non ci sono! Secondo me, quel tipo è da solo, a parte il resto del suo equipaggio che non si sa ancora se sopravvivrà. Ha parlato soltanto di suo padre che forse è stato ucciso sulla Terra, ma non si sa dove". Stefano si calmò, poi si bloccò e fissò la moglie.

"Hai detto Spielberg?" disse.

"Si, - rispose Annamaria, sorpresa - perché?".

"Chi è Spielberg?" chiese, sospettoso.

"Uno che forse faceva film" rispose Annamaria.

"Come lo sai?".

"Qualche sera fa, in un momento di pausa, mi sono messa a guardare la tv e andava in onda un film firmato da lui. Parlava di alieni".

Stefano strinse le spalle della donna e la guardò intensamente.

"Annamaria, - attaccò, sentendo la sua mente lavorare con alacrità - il nostro pianeta ha un passato e noi non ne sappiamo niente. Perché?".

"E lo chiedi a me, a quest'ora?" rispose Annamaria, ironica.

   
 
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