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Autore: Pixel    28/07/2015    2 recensioni
Liberamente ispirato all'omonimo film.
"le labbra di Bellamy, pensa la ragazza, hanno un gusto che l'accompagnerà per sempre. Sanno di gelato, gelato al limone, il suo preferito. Sanno di vento sul viso. Sanno di Roma, di eternità."
Fanfic partecipante al Multifandom Contest – Oneshot
Partecipante alla Challenge "D'infiniti mondi e AU" indetto da AleDic
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Vacanze romane

Nickname forum e EFP: Pixel/Sarabi.

Pacchetto scelto: Setting

Prompt utilizzato: Roma

Personaggi/Coppia: Clarke/Bellamy

Rating:Verde

Genere:Romantico

Avvertimenti:/

Note autore: Liberamente ispirato all'omonimo film.

Il contesto è chiaramente stravolto, con il prompt "Roma" era inevitabile. Ma mi è piaciuto parecchio scrivre di Bellamy e Clarke in questo contesto cercando di rispettare il più possibile i loro caratteri e il loro rapporto.

Ho cercato di rendere gli avvenimenti in modo chiaro anche se in una Oneshot è stato difficile comprimere tutto. So di avere problemi con l'impaginazione, ma in questo disordine spero almeno di far vivere un po' di Roma.

 


"Vacanze romane"

 

Non era stata un buona idea, non lo era stata per niente. Stesa sui bordi di pietra di quella fontana, aspersa dalle finissime gocce ribelli, col respiro smorzato e i denti stretti, sentiva di doverlo ammettere. Aveva esagerato.

 

Dalla finestra di Palazzo Barberini la strada non era apparsa così buia e pericolosa.

Solo un giro, per vedere come ci si sente a respirare quella Roma popolare che a lei, proprio a lei, pareva essere negata.

Le era sembrata una buona idea, massimo un'ora, una passeggiata nei dintroni.

Non a Londra, non a Parigi, non ad Amsterdam, ma almeno a Roma, che si presentava un città così accogliente, come una donna con gli occhi di madre, capace di abbracciare ogni bambino come fosse un figlio.

 

È esausta adesso, non lo ammette ma è spaventata. Retsare li, stesa su quelle pietre, non è certo l'idea migliore, ma probabilmente neanche la peggiore che potrebbe avere.

Spera che domani la luce del giorno le sorrida, ma sopratutto prega che la notte non sia così crudele con lei.

 

Chiude gli occhi, mentre supplica Morfeo di accorrere il prima possibile.

- Signorina – crede di sentire la voce della divinità, è contenta di sapere che a breve l'avrebbe incontrata nei sogni – signorina!- è insistente – signorina, è sveglia?-

 

 

Un volto dai lineamenti armoniosi, proprio come voleva la cultura classica per le sue divinità, si mostra alla ragazza quando decide di aprire gli occhi.

- Se Morfeo avesse una forma - pensa - non ci sarebbero sufficienti ragioni per credere che non si tratti di questa.-

La pelle non è color latte, anzi, ma appare comunque marmorea. Vorrebbe allungarsi per sfiorarla e sentire se sulle dita è tanto liscia e piacevole come appare alla vista.

- Non l'ho spaventata, vero? -

Inarca un po' la schiena sollevandola dalla parete di pietra su cui era stesa e fa di no con la testa, non le è neanche sfiorata l'idea di spaventarsi, riflette.

Si solleva ancora di più sostenendosi sui polsi e le braccia vengono solleticate dalla cascata dorata dei capelli sciolti. Mentre cerca di ovviare alla scomodità si accorge di essere osservata dallo sconosciuto e si accorge alcontempo dell'imbarazzo che questo le provoca.

 

- Non volevo farla ritrarre. La stavo guardando perchè, stesa così, mi sembra una naiade anche lei -

 

- Non credo di capire.. - l'uomo sfoggia un sorriso comprensivo e poi solleva l'indice consigliandole di guardare in alto.

 

Era giunta in quella piazza così ansiosa ed esausta che di quella fontana non avevo visto altro che l'ospitalità, per quanto scarsa, che poteva darle il muretto di pietra che aveva usato come letto.

- Fontana delle Naiadi – si affretta a spiegare il suo interlocutore

– quella che tiene stretta a sè il cigno è la Ninfa dei laghi, poggiata sul drago c'è la Ninfa delle acque sotterranee, la Ninfa degli Oceani in sella al suo cavallo, e infine, sdraiata su un mostro, la mia preferita, la Ninfa dei Fiumi. - fa una breve pausa per guardare la ragazza ancora imoegnata a catturare con gli occhi l'opera d'arte che aveva inspiegabilmente tralasciato prima.

 

- e oltre che una Ninfa, lei chi è? -

- Oh, non mi crederebbe - sospira, con aria quasi imbarazzata si guarda la punta delle scarpette, è mortificata come una bambina. L'uomo si intenerisce, gli succede spesso, ma raramente lo dimostra.

- No la prego, insisto. Il fatto che una ragazza così graziosa si aggiri per piazza Esedra a quest'ora è già un grande mistero, trovarla poi a dormire sul bordo della fontana è un'assurdità, la spiegazione a tutto questo non può che trovarsi in un segreto.-

La ragazza piega la testa e accenna un sorriso, non ha mai avuto un segreto, non ha mai avuto un amico a cui potesse raccontarne uno.

- Sono una principessa - la risata dell'uomo non tarda ad arrivare e la cosa la indispettisce alquanto. Non poteva trovarsi un primo amico più antipatico, sfacciato e indisponente di quello, pensa. Icrocia le braccia e alza il mento in segno di stizza - Principessa Clarke Abigail Griffin, in vista nelle maggiori capitali europee - recita con aria solenne - lei non li legge mai i giornali?- chiede sbeffeggiando l'uomo che è costretto ad ingoiare la sua stessa risata.

Non è di certo abituato a farsi dare dell'ignorante, e la cosa non gli piace affatto.

Riducendo gli occhi a due fessure li punta su quell'insolita interlocutrice.

Ed effettivamente, perché no? Se vivere per quelle strade gli ha insegnato qualcosa è che a Roma può capitarti qualsiasi cosa.

- una principessa, eh? - ancora con le braccia conserte e il viso accigliato Clarke fa di si con la testa.

Lui rilassa lo sguardo e sorride con gli occhi - principessa coraggiosa! - quell'esclamazione segna la pace nella prima scaramuccia tra i due.

 

Palazzo Barberini era di un'essenziale maestosità. Fortemente voluto per quel soggiorno romano, ora, appena al di fuori dai cancelli, le appariva come nient'altro che una straordinaria prigione.

- Allora principessa, la sua avventura finisce qui – Clarke abbassa nuovamente lo sguardo, mortificata, sconfitta. Lui sospira al posto suo. Le prende il mento tra le mani, lei sussulta, nessuno l'aveva mai toccata senza il suo permesso.
- Domani mattina principessa, sarò qui. Tra qualche ora io sarò di nuovo qui. - la lascia con questa promessa, si allontana senza apettare una risposta.

~

 

sono le tre di notte quando rientra a casa. Non più tardi del solito. Aprendo la porta non si stupisce di trovare due occhi spalancati ad attenderlo.Anche se sperava di poter godere di un po' di sana solitutdine.

 

- allora? Quanti soldi sei riuscito a spillarle?
​- Niente soldi.

Risponde lapidario. Ha già speso troppe parole inutili quella notte.

- Niente soldi? Come niente soldi? - chiede con voce allarmata - Collane, gioielli ..? - dice come per rassicurarsi da solo, il suo compare non poteva essere tornato a mani vuote
- No, non le ho rubato niente.- Oh, come è possibile. Fidati di me, fidati di me. Diventiamo ricchi questa volta. E io mi fido, ti lascio il colpo, ti lascio agire da solo – continua il suo sproloquio, è quasi inquietante. - perchè sei quello più intelligente e perchè le donne ti adorano, si, io mi fido perchè sei sempre tornato a casa perlomeno con un misero orecchino.. - ha gli occi sbarrati e iniettati di follia – la fortuna poi oggi ci ha sorriso, a due poveri sciagurati come noi. La troviamo li, addormentata, il nostro tesoretto. Ti ho lasciato una principessa! - gli punta il dito contro – e tu incapace.. - non fa in tempo a sputare la sua sentenza che un colpo gli fa ingoiare la lingua avvelenata.

Bellamy è un tipo violento quando deve. È un solitario capace di essere un leader. Un magnetico a muso duro. Bellamy è un seduttore, un truffatore. Murphy lo teme. Lo guarda con gli occhi da ladro qual'è, bramosi di rubare il più possibile della carismatica figura.

 

- Entro domani sera sarà disposta a darmi tutto quello che ha. Le ruberò il cuore. E appena prima di sparire per sempre mi chiederà se c'è qualcosa che può fare per me.- spiega in modo così sbrigativo un lavoro che in realtà richiede quell'abilità nel muovere le emozioni e la profonda conoscenza dell'animo umano che gli avevano permesso di sopravvivere. - funziona così con tutte. Con questa sarà ancora più semplice, le donne non resistono ai regali e io le sto per dare in dono Roma. -

 

 

~

 

Quella mattina è radiosa. Con un foulard dai toni aranciati che le avvolge la chioma e un paio di occhiali scuri da diva, cerca di nascondere la sua particolare luce.

E' presto, prima di un'ora nessuno andrà a disrurbare il sonno della principessa.

 

Il vento sul viso è una sensazione mai provata prima, alcune ciocche dorate sfuggono dal suo elegante fazzoletto simili a raggi che tentano di tornare verso il sole.

 

- Roma è tante cose, ma due in particolare le deve ricordare, eterna ed immensa. E per poter permettere alla principessa di visitare il più possibile di questa immensità ho dovuto procurarmi un destriero -

 

Ha tanta voglia di ridere, perchè il suono di una risata è perfetto per accompagnare il rumore del motore, ridere perchè una principessa in vespa, anche lei ne è consapevole, è proprio roba da ridere. Rilassata, appoggia la testa sulla spalla del suo accompagnatore. Affonda il viso nella camicia leggera di lino bianco e si stupisce di quanto quell'uomo possa avere un profumo tanto simile a quello dei boschi.

 

~

 

Il rumore dell'acqua scrosciante si sente anche a metri di distanza. Ma vederla, vederla è un'altra storia.

- Mi sembrava doveroso iniziare la giornata qui.

- e perchè?

- Beh, mi pareva che le fontane fossero gradite alla principessa.

Clarke sfila gli occhiali mostrando l'espressione più contrariata e buffa che sa fare – mi sta prendendo in giro?- chiede retorica

- assolutamente si – è proprio antipatico, e sorridente, e bello.

- C'è una leggenda romana legata a fontana di Trevi – fa una pausa per frugare nella tasca e tirarne fuori cento lire - se lanci una moneta costringi il destino a farti tornare qui.-

 

Clarke lo avrebbe capito anche senza guarda l'angolo tirato del suo sorriso, che quello non è il tipo d'uomo che crede che una moneta lanciata in una fontana possa avere qualche ruolo nel gioco del destino. Anzi, si chiede se uno con quegli occhi nel destino possa sperarci . Ma meglio non rischiare, lui finge di crederci e lei a Roma ci vuole tornare. Chiude gli occhi e sente il debole suono del metallo che incontra l'acqua.

 

~

 

Alle spalle ha Trinità de' Monti e davanti piazza di Spagna. Non ha mai visto tanta gente, non si è mai seduta per terra e non ha mai mangiato un gelato più buono di quello.

Limone, il suo preferito.

Lui invece sembra nato per stare li seduto sui gradini dell' immensa scalinata. Clarke non ha mai conosciuto un uomo di strada, ma è certa di avere accanto il loro re.

 

~

 

– Il Pantheon – non vuole aggiungere altro, vuole silenzio, vuole rispetto.

Ci si sente piccoli lì dentro. L'effetto, oltrepassata la porta di ingresso, è schiacciante. Lui la

guarda, esperto, le sfiora la mano

 

- è così che bisognava sentirsi dinanzi al cospetto degli dei- le sussurrà all'orecchio.

 

Improvvisa si gira, sicura punta su di lui uno sguardo così fiero, così azzurro, così regale che lui arretra, non può far altro che arretrare, come non aveva mai fatto in vita sua.

 

- è così che bisogna sentirsi al cospetto di una principessa – sembra suggerirgli.

E mentre sono nel tempio di tutti gli dei, loro si vedono, davvero.

 

E per quanto lui si stia impegnando ad indossare quella maschera da Apollo con lei, Clarke lo vede bene nelle iridi nere, nella mascella quando si contrae, nelle vene delle braccia quando ha i pugni chiusi, Ares.

 

~

 

Passeggiando per Villa Borghese si sente perfetta, solo perfetta. Ama quello che è in quel momento, libera, viva, come il verde che la circonda.

Il sole li bacia in viso, per la prima volta Clarke nota come quello dell'uomo sia spruzzato di di piccole, deliziose, lentigini. Lo fanno sembrare così giovane, e alla fine chi le dice che non lo sia?

 

- posso farle una domanda, una cosa importante..

- Rispondo a domande importanti non prima che ci concediamo di passare al "tu"- azzarda come solo lui sa fare, e il sorriso della bionda gli da conferma che ha ancora tutto sotto il suo controllo.

-Qual'è il tuo nome? - ridono e l'incontro delle loro risate crea un'armonia a cui non sono abituati.

- Mi chiamano Bellamy.

- Oh, Bel Ami, come il seduttore di Guy de Maupassant

- No, principessa, non puoi pensare questo di me

- Non mi prendere per una sciocca, Bellamy – e poi di nuovo quello sguardo come un coltello, sente che gli scava dentro, lì dove nessuno dovrebbe vedere – se sono qui è perchè so chi sei. -

 

 

~

 

La magnificenza del Colosseo si mostra a tutti chiara e lineare.

Ma lei cerca qualcosa di più da portare con sè, e sa di poterlo trovare nello sguardo di Bellamy, perso ma intenso.

Clarke crede stia guardando qualcosa che solo lui riesce a vedere, forse il sangue che ha reso grando quel luogo.

 

  ~


La sera non era mai arrivata così in fretta e adesso che il Gianicolo le permette di vederla tutto in uno sguardo, Clarke sente di aver lasciato un piccolo pezzo di cuore a Trinità de' Monti, al Colosseo, al Pantheon, tra i fori. Un piccolo pezzo di cuore per ogni luogo di Roma che Bellamy le ha regalato, come i sassolini usati nelle favole per ritrovare la strada.

Inspira profondamente, tutto è avvolto da un profumo, profumo di boschi. E Clarke lo sa, che il sassolino più grande l' ha lasciato in custodia alle Naiadi, la notte in cui si è persa.

- Non sospirare principessa
- Mi stai sgridando?
​- Sto dicendo che non è il momento di sospirare, non ancora. C'è una serata danzante su un battello ormeggiato sul Tevere, vicino a Castel Sant'Angelo. Potrai sospirare solo dopo avermi concesso un ballo, principessa.

 

 

~

 

Sono belli, abbracciati così. Lui, stringe ancora un po' i fianchi di Clarke, non ha mai avuto qualcosa di così prezioso tra le mani. Lei, vuole che la stringa di più, ancora un po' di più. Ballano. E nessuna donna ha mai fatto l'amore con Bellamy nel mondo in cui Clarke sta ballando con lui. Questo fa paura, ad entrambi.

- Bellamy, è finita. - Quando gli occhi neri le urlano – perchè?- lei indica due uomini che dal fondo della sala si avvicinano – sono venuti per me – spiega - è finita – ripete.

 

- Non ancora – le promette prendendole la mano. Corrono, ridono, senza gurdarsi indietro. Si tuffano, in un tentativo folle e forse nella speranza che le acque del Tevere possa trasportarli lontano.

 

Quando riemergono, uno sulle labbra dell'altro, sanno che le la loro fuga sta tutta lì, sulle loro bocche unite. Respirano, si baciano, si baciano, respirano.

- Adesso è finita. - dice lei, deve andare, deve farlo, lo sa. Lui incapace di parlare, incapace anche di respirare, sente il dolore del coltello che gli squarcia il petto, è ancora lo sgurdo di lei che gli sta scavando dentro.

- Dimmi cosa posso fare per te.. - fa quella domanda che aveva silenzosamente accettato di porgli dalla notte prima.

 

- Rimani con me – lei scuote la testa – devo andare – lo bacia ancora, le labbra di Bellamy, pensa la ragazza, hanno un gusto che l'accompagnerà per sempre. Sanno di gelato, gelato al limone, il suo preferito. Sanno di vento sul viso. Sanno di Roma, di eternità.

- May we meet again.-

Bellamy non sa cosa volgia dire, ma desidera solo che Clarke sussurri al suo orecchio ogni giorno. È arrabbiato con lei perchè gli ha detto che no, non resterà con lui. È arrabbiato con sè stesso perchè, proprio come aveva detto Murphy, era stato incapace.

È arrabbiato con Roma, perchè lì è così facile innamorarsi.

 

 

  
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