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Autore: Fiamma Erin Gaunt    28/07/2015    3 recensioni
[Nuova generazione; per una miglior comprensione di alcuni personaggi si consiglia la lettura di “Insegnami ad amare”]
Dal testo:
- Comunque non sono qui solo per una visita di piacere – ammisi, soffocando un gemito compiaciuto. Quel caffè era davvero delizioso: forte e scuro come piaceva a me. – La loggia ritiene di aver ragione di credere che un erede del Conte sia ancora in circolazione. –
Lucy sussultò leggermente, facendo rovesciare alcune gocce di nera bevanda sul tavolino in cristallo del salotto.
- Il Conte ha certamente seminato innumerevoli figli bastardi durante la sua vita –, concordò Paul, - ma c’è un motivo in particolare se la loggia ritiene di dover agire proprio ora? –
Quella era la domanda da un milione di sterline.
Avevo faticato non poco per far accettare la veridicità della mia fonte alla loggia e non dubitavo che Paul avrebbe sollevato le medesime considerazioni.
- Rackozy. –
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, conte di Saint Germain, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 2

 

 

 

 

 

 

 

 

Katherine POV

 

 

 

 

Atterrai sul pavimento in marmo con un salto preciso, ravviando una ciocca di capelli scuri che mi era finita davanti agli occhi.
Miro era già lì, appoggiato a una delle colonne in stile dorico che adornavano il grande salone. Gli occhi verde pallido, lo stesso colore che avrebbero avuto quelli di un felino, facevano capolino sotto le scomposte ciocche corvine.
- Sei in ritardo rispetto al solito. –
Annuii, avvicinandomi lentamente alla sua figura snella e tonica.
Ogni volta mi sorprendeva il fatto che un uomo con quella corporatura potesse essere così forte fisicamente.
- Le lezioni alla Loggia hanno occupato più tempo del previsto. –
- La piccola Ametista é un’allieva difficile? – chiese, mentre si voltava ad armeggiare con le bottiglie sullo scrittoio e recuperava due calici puliti in cui versare del liquore ambrato. Me ne passò uno, facendomi segno di accomodarmi liberamente.
Puntai immediatamente la poltrona in pelle nera che nel corso di quegli incontri era diventata il mio posto preferito.
Mi acciambellai come un gatto, incrociando le gambe e sedendomici sopra.
Miro fece tintinnare il calice contro il mio e mi si sistemò di fronte, osservandomi con quel suo sguardo curioso e penetrante.
Era il genere di occhiata che aveva il potere di far cadere il mio corpo in preda a caldi brividi.
- Si sta impegnando, ma Damon non ha molta pazienza. –
Il barone ridacchiò.
- Tuo fratello é tutto fuorchè paziente, un vero de Villiers. –
- E io non lo sono? – ribattei, sfoderando una delle occhiate più maliziose del mio repertorio. Sguardo basso, ciglia che nascondevano vezzosamente le iridi verde azzurre e tono di voce misurato e sornione. Ravviai con un colpo studiato la ciocca di capelli più vicina e rimasi in attesa.
Damon la chiamava “la mossa” perché sosteneva che davanti a una combinazione come quella nessun uomo interamente eterosessuale avrebbe mai potuto resistere.
- Tu possiedi altri aspetti dei de Villiers, meu
pisică sălbatică – ribattè, passando al rumeno sul finire della frase.
Conoscevo abbastanza di quella lingua da sapere che le sue parole significavano
mia gatta selvatica”.
Mi piaceva quel soprannome ed era esattamente come mi sentivo: una gatta selvatica pronta a balzare all’attacco al minimo segnale di pericolo.
- Quali altri aspetti? –
- La testardaggine, l’orgoglio, il fascino ... –
Non mi resi conto di quanto ci fossimo avvicinati durante quello scambio di parole finchè non lo vidi in piedi davanti alla poltrona.
I muscoli del mio corpo erano pronti a scattare e quasi mi imploravano di agire.
Così li accontentai.
Balzai in piedi, annullando i centimetri che ci separavano, e posai le labbra sulle sue. Avvertii un momento di esitazione prima che Miro chiudesse le braccia intorno alla mia vita e ricambiasse il bacio con trasporto.
Quando ci separammo, ormai a corto di fiato, le sue labbra sottili erano piegate in un sorrisetto divertito.
- L’impulsività l’hai decisamente presa dai Montrose. –
Ricambiai il sorriso.
- La miglior combinazione possibile tra le due famiglie – ironizzai.

 

 

 

 

 

 

 

 

Scarlett POV

 

 

 

Stavo uscendo dalla Loggia, in attesa che mia madre o mio padre si facessero vivi, quando la voce di Damon attirò la mia attenzione.
- Ehy, terremoto, sali. –
La Harley Davidson rombava, ricordando le fusa di un grosso felino, e Damon appariva quasi come un moderno cavaliere in sella a un cavallo meccanico.
Una mano era poggiata sul manubrio, l’altra mi porgeva un casco.
- Non dovresti riportare Kat? –
Scosse la testa.
- Non é ancora tornata dal suo salto, ci penseranno i miei a riprenderla. Allora, ti sbrighi a portare quel sedere in sella o preferisci rimanere ad aspettare qui? –
Esitai.
Una parte di me non voleva proprio rimanere lì al freddo finchè i miei genitori non si fossero ricordati che erano troppo grandi per continuare a fare i piccioncini e che avevano degli obblighi nei riguardi della loro unica figlia, l’altra continuava a vedere immagini di se stessa spiaccicata sull’asfalto.
Non ero mai salita su una moto prima, anzi ne ero abbastanza terrorizzata, ma non l’avrei mai ammesso davanti a lui.
- Sei sicuro di saperla guidare, vero? –
- No. Pensavo di andarci a schiantare contro un albero, o magari un muro, tanto per fare qualcosa di diverso questo venerdì sera. –
Gli feci una linguaccia.
- Spiritoso. –
Accettai il casco e lo indossai. Scavalcai come se stessi per montare in sella a un cavallo e rimasi incerta su dove poggiare le mani.
Damon parve capirlo perchè le afferrò con gentilezza e le posizionò attorno alla sua vita.
- Se ti arriva troppo vento puoi appoggiare la testa sulla mia schiena, così sarai un po’ più riparata. –
Annuii, accorgendomi che stava spiando la mia reazione dallo specchietto retrovisore.
La moto partì con un rombo potente e non riuscii a impedire alle mie mani di serrarsi con forza sul suo giubbotto di pelle.
Persino sotto gli strati di abiti riuscivo a sentire i muscoli possenti che guizzavano per lo sforzo di mantenere in equilibrio la moto.
Strinsi le labbra per soffocare un’esclamazione colorita quando affrontammo la prima curva e mi accorsi di quanto poco la moto fosse distante dall’asfalto.
- Asseconda i miei movimenti. –
Chiusi gli occhi, sforzandomi di rilassarmi e fare affidamento su di lui.
Se potevo contare sulla sua protezione durante un viaggio nel passato potevo fare altrettanto per un semplice passaggio in moto, no?
La fredda aria invernale portò alle mie narici il profumo penetrante che indossava. Una qualche fragranza di Paco Rabane, una di quelle che sembravano capaci di far perdere la lucidità alle ragazze ogni volta che il loro naso registrava quell’odore.
Avevo persino cominciato a sospettare che fosse un qualche intruglio ormonale, perchè era l’unica motivazione che avrebbe potuto spiegare la mia reazione in quel momento.
Ero improvvisamente tremendamente consapevole dei nostri corpi premuti l’uno contro l’altro e la cosa era a dir poco ridicola visto che c’erano strati e strati di indumenti a separarci.
- Mi stai stritolando, Scar. E siamo arrivati a casa – annunciò.
Mollai la presa di scatto, avvampando per l’imbarazzo.
Tuttavia sembrava che quella volta Damon non avesse capito la vera motivazione che mi aveva spinta a spalmarmi su di lui.
- Ti spaventa proprio tanto Ivy, eh? –
- Ivy? – ripetei, perplessa.
- Ivy è il nome di questa bellezza – confermò, battendo affettuosamente sul serbatoio.
- Sì, mi terrorizza. Senza offesa, Ivy – conclusi, rivolgendo un’occhiata divertita al manubrio.
Damon rise, sistemando il casco sotto il sellino e stiracchiandosi pigramente.
- Ci vediamo domani alla loggia. –
Annuii osservandolo rimettere in moto Ivy e sparire lungo la strada illuminata dai lampioni.
Trovai le chiavi di casa al primo colpo e una volta aperta la porta realizzai quanto fossi effettivamente stanca.
La mamma fece capolino dalla cucina con un sorriso dolce dipinto sul viso.
- Tesoro, come é andata alla loggia? –
- Meglio del solito, sono riuscita a eseguire un minuetto quasi passabile – mormorai, sedendomi a tavola e mangiando la porzione di maccheroni al formaggio che mi avevano tenuto in caldo per la cena.
- Ah, quindi hai un talento per la danza superiore a quello catastrofico di tua madre. –
Soffocai una risata.
- Diciamo che abbiamo la stessa dote nell’andare fuori tempo. –
Gwendolyn lanciò a entrambi un’occhiata fintamente indispettita.
- Continuate così e la prossima cena dovrete ordinarla d’asporto. –
- É una promessa? – chiese mio padre, sorridendo sghembo.
Quello era il famoso sorriso alla de Villiers: papà, Richard, lo zio Raphael, Damon e persino Kat lo avevano. Io e Raven non eravamo state altrettanto fortunate.
- Gideon de Villiers! – esclamò.
Poi però scosse la testa e rise come se fossero impegnati in una sorta di flirt adolescenziale.
Bleah, assolutamente stomachevoli.
Finii di mangiare in fretta la pasta e annunciai che andavo a dormire.
- Raven ti passerà a prendere per andare a scuola per le otto – mi gridò dietro la mamma.
Alzai un pollice in alto per fare capire che avevo recepito il messaggio.
E ora il momento della giornata che preferivo: un viaggio di sola andata nel mondo dei sogni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Erede di Saint Germain POV

 

 

 

Arrivai nell’antica e signorile abitazione di Rackozy sfruttando l’esigenza della trasmigrazione giornaliera con quella di ottenere maggiori informazioni circa quella fastidiosa traduzione.
Eppure non si trovava nel suo studio privato come di consueto.
Vagabondai tra i corridoi diretto verso la grande sala d’allenamento per la scherma, certo che l’avrei trovato intento a provare nuove mosse contro un manichino.
Eppure quella volta le voci che pervenivano da dietro l’imponente porta in quercia erano due: l’inconfondibile accento rumeno del barone e una sottile e seducente voce femminile che doveva appartenere a una ragazza all’incirca mia coetanea.
Sbirciai all’interno, soffermandomi sulla figura che duellava con il barone anche se il loro più che un allenamento sembrava una sorta di corteggiamento vezzoso sul filo di spada.
Ci avevo visto giusto.
La bruna bellezza contro cui duellava Rackozy doveva avere meno di vent’anni; gli occhi verde azzurri si illuminavano mentre sorrideva all’indirizzo del suo sfidante e le onde corvine le ricadevano attorno al volto alabastrino dandole un’aria selvaggia e ribelle.
Indossava stretti pantaloni da schermidore che mettevano in risalto le gambe tornite e le curve femminili del suo corpo e che nessuna donna dell’epoca avrebbe mai avuto l’adire di indossare.
Seppi, ancora prima di posare lo sguardo sull’anello con l’ossidiana incastanata che sfoggiava al dito, di trovarmi davanti una viaggiatrice.
Ma da quale epoca?
Non ricordavo di aver mai visto una ragazza de Villiers gene portatrice, se si escludeva la profezia che riguardava Rubino, e quella lì non assomigliava affatto alla leggendaria viaggiatrice.
Neppure una Montrose, il cui gene dominante era il rosso dei capelli, sebbene il colore degli occhi fosse quello giusto.
Forse una viaggiatrice di una generazione successiva a quella di Diamante e Rubino.
Magari una loro figlia?
O l’erede dell’altro fastidioso viaggiatore, quello che chiamavano la pantera dagli occhi blu e che riusciva a viaggiare a suo piacimento nel passato e nel futuro?
Bussai leggermente alla porta, annunciando la mia presenza.
- Rackozy, sono arrivato. –
Lo vidi irrigidirsi, pronto all’attacco come il felino del quale portava il nome.
La ragazza assunse un’espressione sorpresa, ma doveva essere prossima al ritorno nella sua epoca perchè si portò una mano alla fronte e strinse gli occhi come se fosse sofferente.
- Alla prossima lezione, barone – la sentii asserire compitamente.
- Alla prossima, mademoiselle. –
Poi venne risucchiata nel vortice temporale.
Ormai certo di non essere visto da fastidiosi estranei, varcai l’ingresso con un sorriso sardonico dipinto sulle labbra.
- E così questo era il misterioso impegno che ti impediva di incontrarmi a un’ora più consona, Miroslaw? –
- Alla Loggia sarebbe parso strano se avessi annullato la lezione all’ultimo momento – commentò pacatamente.
Annuii.
- É ammirevole il modo in cui adempi al tuo lavoro di insegnante -, ironizzai, - Sei assolutamente certo che l’aspetto attraente della tua allieva non ti condizioni un po’ troppo? –
E non ci sarebbe certo stato nulla di strano in ciò.
Chiunque fosse quella ragazza, non poteva negare che fosse provvista di un fascino considerevole.
- É semplice lavoro. Mi hai detto tu di avvicinarmi nuovamente alla Loggia, rammenti giovane Conte? –
Annuii nuovamente.
- Bada di non lasciarti distrarre dalla missione finale. A proposito, il suo nome? –
Non sapevo perchè la sua identità avesse tanta importanza, ma non conoscerla mi disturbava più di quanto fosse lecito.
- Katherine. –
- Katherine ... e poi? –
- Katherine de Villiers – sibilò tra i denti.
Dunque quella era un componente del trio della nuova generazione, la prima volta in cui il gene si fosse risvegliato in ben tre eredi, coloro contro i quali secondo la profezia ero destinato a misurarmi.   
Gli passai il piccolo pezzo di pergamena sul quale avevo appuntato lo scritto per me intraducibile.
- Cerca qualcuno in grado di tradurlo in una lingua attuale, questo latino arcaico mi da il mal di testa. –
Rackozy annuì, ripiegandolo con cura e intascandolo.
- C’è altro? –
- Sì. Desidero partecipare alla lezione di domani, non disturbarti a informare la tua deliziosa allieva – conclusi, uscendo dal salone a passo deciso proprio mentre le vertigini cominciavano a farsi sentire.
Un guizzo nel buio ed eccomi nuovamente nel mio studio affacciato su
Piccadilly Circus.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

 

Ce ne ho messo di tempo per aggiornare a causa di una serie di impegni che mi hanno tenuta occupata per un po’. Spero che il capitolo ne valga la pena e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Qualcuno vuole provare a indovinare il nome del misterioso erede del Conte? Vi anticipo che é collegato a un villain di una serie molto famosa. Alla prossima.
Baci baci,
Fiamma Erin Gaunt

  
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