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Autore: Artefenis    28/07/2015    7 recensioni
...L’espressione del suo viso era cambiata, dimostrando troppo interesse nella sua figura, come se le avesse ricordato qualcuno dal passato. Si passò il pollice all’angolo della bocca, un gesto che le ricordò un felino leccarsi i baffi prima di divorare la sua preda. Neanche mille inverni le avrebbero potuto far nascere il brivido che percorse il suo corpo in quel momento.
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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«Hai paura di me?»

Lo aveva detto. Lo aveva detto sul serio e lei non riusciva a rispondergli. Sì, lei aveva paura di lui. Quel continuo percepire la sua presenza, i suoi occhi color ghiaccio, la mascella serrata e le labbra strette in un sorriso accennato...  Perché non riusciva a rispondergli?
Quell’uomo era il ritratto dell’autorità. Il portamento fiero, le spalle sempre dritte, lo sguardo mai fisso in terra, la voce che non permetteva obiezioni. Se le permetteva, erano concesse solo quando lui voleva. Mai parlare se non ti dava il permesso. Il livido nella sua spalla ne era la prova concreta.
Da quando era venuto a lavorare nella fattoria, ogni tipo di tranquillità era stata spazzata via. Dal primo momento, in cui incrociò i suoi occhi, sapeva che in quell’uomo dall’aria militare, non c’era niente di buono.
 
L’espressione del suo viso era cambiata, dimostrando troppo interesse nella sua figura, come se le avesse ricordato qualcuno dal passato. Si passò il pollice all’angolo della bocca, un gesto che le ricordò un felino leccarsi i baffi prima di divorare la sua preda. Neanche mille inverni le avrebbero potuto far nascere il brivido che percorse il suo corpo in quel momento.
 
“Savannah, saluta il sig. Lange. Da domani ci aiuterà qui in fattoria.” Le disse la madre, mentre guardava con troppo insistenza l’uomo di fianco a lei.
 
Ad ogni passo che compì per avvicinarsi a quella nuova figura, le sembrava di andare incontro ad un precipizio. Le gambe non erano mai state così pesanti, ed il cuore non aveva mai battuto così rumorosamente…
 
“Lei è mia figlia Savannah. È appena tornata dalla città. Lì vive con il padre, mentre in estate viene a darmi una mano qui.”
 
Perché gli sta dando tutte queste informazioni?
 
Allungò la sua mano. «Piacere».
Savannah ricambiò il gesto e gliela strinse.
Lui la sollevò, quel tanto che bastasse per non chinarsi troppo, avvicinandola alle labbra.
Un lieve bacio caldo entrò in contatto con la sua pelle.
Il felino che assaggia la preda.
 
“Abbiamo un gentiluomo qui! Venga sig. Lange, le mostro il resto della fattoria.”
“La prego, mi chiami Klaus.”
 
Da quel momento, la vita di Savannah scomparve, inghiottita da un qualcosa di troppo grande e forte. La osservava continuamente, non la perdeva mai di vista. Anche se lui non era con lei, sapeva che in qualche modo c’era. C’era sempre.
 
Anche in quel momento c’era, con tutto il suo vigore. Eretto davanti a lei, la inchiodava con gli occhi, e l’ammutoliva con il suo silenzio. Non osava parlare, non osava rispondere a quella domanda. Sì, aveva paura.
L’acqua continuava a scorrere, riempiendo la vasca ed il vapore iniziava ad appannare lo specchio. In quel momento desiderava diventasse come il riflesso in quella superficie: un fantasma. Sbiadito, inesistente, vapore.
Ma lui era lì e voleva una risposta. Fece un passo verso di lei, che si ritrovò a sbattere le gambe contro la superficie della vasca.
Perché era difficile rispondergli?
Le sfiorò le lunghe ciocche rosse che cadevano morbidamente sulle spalle.
Con la punte delle dita delineò la linea del suo braccio, scendendo, fino a toccarle il fianco che strinse con forza.
Savannah iniziò a sudar freddo, ma quell’uomo, che tanto odiava, le donava attenzioni che si manifestavano in maniera confusionale attraverso il suo corpo. La sua giovane età di certo non l’aiutava, rendendole tutto ancor più indeciso e poco comprensibile.
Con la coda degli occhi osservò l’acqua. Forse avrebbe potuto…
Si gettò all’indietro, cadendo all’interno della vasca. Annegare non era poi una così brutta idea. Avrebbe potuto cancellarlo, avrebbe potuto cancellare quella presenza nella sua vita, l’immagine mentre si scopava sua madre appoggiata al lavabo in cucina. Tutte le volte che lei ci provava, cercando di provocarlo… Avrebbe voluto urlarle contro quanto la odiasse.
Gelosia?
Stava davvero pensando a questo mentre desiderava che l’acqua riempisse i suoi polmoni?
Una mano l’afferrò dal colletto della camicetta bianca, estraendola da quella che sarebbe dovuta diventare la sua tomba. Ma si fermò, permettendo solo a metà del corpo di uscire dall’acqua, sedendola nella vasca.
Aprì gli occhi e lo guardò in viso. I suoi bruciavano in fiamme provenienti dal più basso degli inferi.
La rispinse sotto l’acqua con forza.
Iniziò a dimenarsi, afferrandogli il braccio con entrambe le mani, cercando di procurargli male con le unghie; ma tutto quello che faceva era inutile.
La ritirò fuori e la guardò ancora una volta; di nuovo la immerse.
Savannah si rese conto di non voler più morire. Voleva lottare, non poteva permettergli di farlo.
Cominciò a dargli pugni sul braccio, ma ad ogni secondo che passava, la sua forza veniva meno, fin quando non si fermò. Se voleva che morisse, sarebbe morta.
La sollevò con entrambe le braccia, come un genitore prende il proprio figlio.
Si sedette sul bordo della vasca e la sistemò sulle sue ginocchia.
Non aveva più forze per ribellarsi. Stava con il viso poggiato sul suo petto, le braccia penzolanti.
Iniziò a spogliarla, sbottonandole la camicetta ormai completamente impregnata di acqua. La fece alzare, continuando in quel lento denudamento. Quando fu completamente nuda, le mise le mani dietro la nuca e sprofondò il viso nei suoi capelli, inspirando profondamente.
«Sì.» la voce di Savannah era quasi impercettibile.
La guardò in modo interrogativo.
«Sì, ho paura di te.»
Sorrise, compiaciuto di quella risposta. «È giusto così.»
La fece rientrare nella vasca e la lavò con minuzia. La spugna passava morbidamente sul suo corpo, accarezzandola con il profumo di lavanda. Si soffermò sul livido che ricopriva la spalla ed avvicinò le labbra al suo orecchio.
 «Non morirai finché non sarò io a deciderlo.»
 



 

Ed eccomi qui con questa nuova OS. 
Premetto che questi due personaggi sono con me da molto tempo, ma non sono mai riuscita a scrivere qualcosa di concreto, fino ad ora. Al momento sto scrivendo due long e non voglio cimentarmi in un'altra. Non sarebbe la miglior cosa per me, per i miei personaggi e per le storie. Ma oggi, loro due hanno chiesto di venir fuori, quindi, eccoli qui. Preciso che, ci tengo davvero moltissimo a loro due, quindi trattatemeli bene. 
Spero che un giorno, quando avrò finito le altre (se mai le finirò lol), loro possando iniziare a riempire pagine bianche. 
A presto!
Come sempre, sarei felice di sapere cosa ne pensate.
Artefenis

 
   
 
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