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Autore: variopintadite    29/07/2015    2 recensioni
Testo ispirato dalla canzone Te Amo di Rihanna.
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Era perfetta: sapeva come toccare e quanta pressione metterci. Io gemevo senza ritegno prossima all’orgasmo, finché la sua voce non spezzò tutto: l’atmosfera, i miei gemiti, la mia eccitazione e… qualcosa di più.
Genere: Erotico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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It Happened One Spring
 
 
 
 
Accadde in primavera.
 
I fiori germogliavano nei campi, l’aria era un’orgia di profumo, la natura si stava risvegliando.
Ci trovavamo nella sua camera da letto, intente a spettegolare, come nostro solito, dei catastrofici appuntamenti al buio delle ultime settimane.
Eravamo in preda a risate sguaiate – mi aveva raccontato di come il ragazzo, con cui stava uscendo, le aveva detto che avrebbe voluto leccarle i capelli - quando si fece di colpo più seria. In un primo momento pensai che fosse successo qualcosa, anche se non avevo la più pallida idea del cosa.
Schiusi le labbra, volevo chiederle cos’era quel suo silenzio. Non feci in tempo a proferire parola… che ricacciò le mie parole indietro con un bacio.
Confusa, aggrottai la fronte, cercando di capire il perché di quel gesto.
Ma lei - gli occhi chiusi - intrufolò la sua lingua nella mia bocca. E, ancora incredula, la lasciai fare.
Mi staccai pochi secondi dopo: «Cosa stiamo facendo?»
Lei mi riservò un sorriso misterioso, pieno di significato, che però non riuscii a cogliere.
Quel contatto mi aveva eccitato e confuso. Ma non volevo approfondire altro.
Eravamo migliori amiche.
Lei era così presa dal momento che non si accorse che non volevo continuare. Tornò alla carica sul mio collo pallido. Ci poggiò le labbra tiepide e, non vedendo reazioni, ci passò la lingua e assaporò con dedizione una porzione di pelle.
«No» mi sfuggì debole, e lei lo intrappolò nelle sue labbra.
Si mise a cavalcioni su di me, bloccandomi le mani ai lati della testa. Ero sotto di lei, e il mio corpo era steso sul parquet della sua camera da letto.
Continuò a baciarmi sulle labbra, perlustrandomi il palato e i denti con la lingua. Erano baci esperti, ottimi preliminari.
Mugolavo di dissenso e piacere. Una lotta tra razionalità e lussuria.
Muoveva il bacino contro il mio. Ed era strano, parecchio strano. Come se avesse desiderato essere maschio solo per premermelo fra le gambe.
Sussultai sorpresa, quando la sua mano si fece posto nella mia camicetta leggera e si protese ad abbassarmi il reggiseno, per scoprirmi il capezzolo. Provai a dissuaderla, ma nel momento in cui formulai il pensiero, quel proposito sfumò.
Aveva preso in bocca il mio capezzolo e lo stava succhiando. La situazione stava degenerando alla grande e io non capivo cosa stesse accadendo. Ero spaventata ed euforica.
«Mi spiace… Io… Oh sì» gemetti, mentre il mio capezzolo veniva torturato dalla sua lingua. 
«No» dissi per l’ennesima volta, cercando di darmi un contegno, ma era così piacevole essere in balia di una donna. Una donna che capisse cosa realmente anelavi a letto, in quanto del tuo stesso sesso. E che con la bocca ci sapesse fare.
Non mi ascoltava. E io non ascoltavo il mio cervello.
La sua mano afferrò la gonna elastica che indossavo e la strattonò giù, senza alcun tentennamento. La stessa fine la fecero i miei slip poco dopo.
Si mise a farmi dei massaggi circolari sul clitoride. Era perfetta: sapeva come toccare e quanta pressione metterci. Io gemevo senza ritegno prossima all’orgasmo, finché la sua voce non spezzò tutto: l’atmosfera, i miei gemiti, la mia eccitazione e… qualcosa di più.
«Ti amo» disse, la voce incrinata da un’emozione che in lei non avevo mai scorto.
«Io… non capisco» ammisi, guardandola dritto negli occhi. Mi sentii mancare il suolo sotto i piedi.
«Cosa c’è da capire?» disse seria. «Ti amo» ripeté, sicura.
Mi alzai a sedere, lei si scostò dal mio corpo e si mise seduta accanto a me. Voleva una risposta.
Presi un respiro. «Ti voglio bene, ma… nulla di più. Per me sei importante, ma non ti amo» le confessai a fatica. Avevo come la sensazione che il nostro rapporto stesse andando in malora. L’attimo prima eravamo così vicine a toccare vette impensabili e l’attimo dopo cadevamo in un burrone.
Mi afferrò la nuca e portò i nostri nasi a sfiorarsi. Vidi due lacrime solcarle le guance per poi ruzzolare a terra. Il soffice rumore mi ferì le orecchie. Il suono del suo dolore.
«Non è vero» ribatté, e mi parve di cogliere ancora quella bambina che avevo conosciuto una dozzina di anni prima.
«Mi dispiace non poter ricambiare, ma…» E la sua bocca si rifiutò di farmi completare la frase.
«Ti piaceva, ti piaceva come ti toccavo, come ti baciavo» protestò con la voce intrisa di dolore.
«Ma non ti amo» ribadii. Non sapevo se esistesse un modo per dirlo con più tatto, ma era quella la verità. Lei aveva sì un posto nel mio cuore, ma come amica.
«Dimmi che mi ami» mormorò, stringendo fiocamente il tessuto di cotone che indossavo. «Sarò la ragazza perfetta, ti amerò come vuoi tu, ma ti prego dimmi che mi ami.»
Il suo sguardo era abbandonato al pavimento, sembrava senza speranza. Come se quel momento - quelle parole - le avessero risucchiato tutto l’entusiasmo che la caratterizzava.
«Non posso mentirti e non posso mentire a me stessa» le risposi, cercando di incontrare il suo sguardo addolorato.
«Fingi solo per questa notte» mi implorò.
Sospirai. Dovevo? No, non era la cosa giusta.
Le accarezzai i capelli color sabbia e ci lasciai un bacio. «Non fingerò, sei la mia migliore amica.»
In quel momento mi parve di sentire il suo cuore andare in mille pezzi. Singhiozzò forte mentre numerose lacrime si aggiungevano alle altre.
Raccattai la borsa e la giacca. Mi sistemai veloce i vestiti. Dovevo andarmene.
«Resta.» Mi aveva raggiunta. Se ne stava lì, a pochi passi da me, con il viso ancora rosso e le lacrime catturate nel fazzoletto che reggeva nella mano.
Strizzai gli occhi, in cerca di un indizio. Non sapevo quale fosse la cosa più giusta da fare. Davanti mi ritrovavo solo un bivio.
«Non posso.» Spinsi giù la maniglia e lei mi bloccò il braccio. «Perché? Perché mi fai questo?»
Non sapevo cosa dire. Era una situazione estranea.
«Non volevo ferirti» tentai di rassicurarla. Ero pur sempre la sua amica. Mi stava a cuore.
«Non volevi – annuì tra sé e sé. – Eppure lo hai fatto.»
Distolsi lo sguardo e mi soffermai ad ammirare le piastrelle dell’ingresso. Mi sentivo in colpa, come se fossi nel torto. Ma si parlava di sentimenti, i miei.
Ritornai alla porta, da perfetta codarda quale mi stavo dimostrando. «No!» la sentii urlare. «Non lasciarmi.»
Cosa sottintendeva quella frase? Non lasciare la stanza o non chiudere con lei?
Sentii la testa pulsare, quei pensieri mi stavano fottendo il cervello. «Devo andarmene. Ti ricordi cosa mi dicesti un’estate di qualche anno fa? Mi confessasti che tu non volevi continuare a vedere chi amavi, ma non ti ricambiava. Ti avrebbe solo ucciso lentamente. Quindi penso che dovrò… dovremo fare così.»
Si abbracciò i gomiti, quasi come se sentisse il bisogno di esser protetta. O di avere un abbraccio.
In quel momento fui sul punto di stringerla a me; ma non era il caso.
Non mi rispose.
Il nostro fu un addio privo di calore e di parole.
Quando uscii per l’ultima volta dal suo appartamento mi voltai verso di lei, che teneva lo sguardo fisso su di me, la persona di cui si era innamorata. Pazzesco.
Ci guardammo, ci dissetammo di quell’ultima connessione che ci eravamo concesse.
 
Avevo perso la mia migliore amica. Per sempre.
 
 
 
Angolo autrice:
Buonsalve gente!
Questo scritto è stato ispirato dalla canzone Te Amo di Rihanna. Difatti potreste cogliere delle similitudini con il testo.
Non ho messo nomi, non ho descritto luoghi, quest’idea è nata così. Non volevo dilungarmi in descrizioni superflue.
Volevo precisare alcune cose: la ragazza non innamorata (chiamiamola così) inizialmente è confusa, per quello non si oppone a quel tocco. Essendo la loro un’amicizia che dura da anni, quello per lei è quasi un qualcosa in più. Come se fossero unite anche a livello fisico. Ma non è invaghita della sua migliore amica.
L’altra invece ne è follemente innamorata (e non si sa quando lo ha scoperto, fantasticateci sopra voi ahah) e vedendo l’altra consenziente crede di essere ricambiata e quindi si dichiara.
Vostre impressioni, riflessioni, ecc…?
Spero di leggere i vostri pareri.
Un bacio,
variopintadite
   
 
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