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Autore: CactuSora23    29/07/2015    0 recensioni
"Sospira, le dita sospese a mezz’aria sopra i tasti neri e polverosi..."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sospira, le dita sospese a mezz’aria sopra i tasti neri e polverosi.
È notte, notte fonda, e l’unica luce che rischiara le tenebre opache della stanza è il baluginio lattiginoso di un vecchio portatile argentato, in bilico sulle gambe incrociate di una sagoma indistinta seduta sul letto.
Mani sottili scorrono tra indomabili ricci neri, e un nuovo sospiro frustrato emerge dalle profondità della cassa toracica, mentre il computer ondeggia lievemente, assecondando i movimenti di quel corpo nervoso.
Qualcosa, suggerisce una vocina pacata all’orecchio della figura raccolta, qualcosa dovrai pur scrivere.
Un viso rotondo, femmineo, dagli occhi grandi e attenti emerge dall’ombra, mentre la proprietaria scruta con inspiegabile curiosità i meandri della pagina bianca che campeggia pigra sul monitor.
Lievi ombre violette segnano appena la pelle candida, e tradiscono la presenza di un buon numero di ore di sonno arretrato ben più del cipiglio della ragazza, agguerrito nonostante l’ora tarda e la completa mancanza di progressi.
Un racconto. È quello l’ottimo proposito della serata, l’obiettivo da raggiungere almeno parzialmente prima che il sole inizi a filtrare tra i listelli delle veneziane.
Eppure fino a quel momento le lunghe dita nodose non hanno fatto altro che tamburellare impazienti sulla tastiera, senza premere alcuno dei quadratini dalle lettere consunte, poiché manca la materia prima. Un’idea.
La ragazza ha talento, diamine se ne ha, ma non basta un’innata capacità nell’orchestrare lessico e sintassi per produrre un testo che sia per lo meno gradevole.
Vorrebbe poter attingere ad un inviolato repertorio di spunti fantasiosi da trasformare in pagine e pagine e fiumi di parole ordinate, dal momento che avverte l’inesorabile inaridimento della propria vena narrativa.
È straordinariamente brava a dipanare trame perfettamente intessute da autori precedenti e riannodarne i fili in decine di nuovi orditi, ricreando con i medesimi elementi disegni assolutamente inaspettati, ma la sua fantasia viene meno nel momento in cui a disposizione ha solo i gomitoli.
Gomitoli di filo rosso vivo come il sangue che sgorga dalle ferite di un cavaliere medievale dall’armatura di filo argenteo, che si avviluppa in strette spirali a formare una spada scintillante affondata nel ventre gonfio di un mostro di filo verde, oppure centinaia di gomitoli di filo giallo ocra che si intrecciano nelle dune di un deserto d’Oriente, in cui figurette di filo blu mercanteggiano spezie pregiate soffermandosi in oasi intessute di mille toni di verde.
Ecco, non è poi così difficile abbozzare grovigli di colori che riprendano ambientazioni o personaggi già visti, vicende preconfezionate e vendute in serie come ricami da filatura industriale, ma sembra impossibile poter creare un disegno completamente nuovo.
È la primissima volta che affronta faccia a faccia l’incubo di ogni scrittore o aspirante tale, quello dell’immacolata distesa bianca che pare beffarsi di chiunque cerchi di violarla con vergate d’inchiostro.
Già pregusta il momento in cui lo scoglio della prima riga potrà dirsi superato e le mani cominceranno a battere con ritmo cadenzato una musica in via di composizione, in un crescendo febbrile che culminerà in un punto fermo alla fine del primo periodo soddisfacente.
Vaglia una manciata di possibili incipit che, si rende conto con un brivido, altro non sono se non collage più o meno riusciti di inizi promettenti già utilizzati da almeno una ventina di romanzieri.
Il c’era una volta, l’in medias res e la panoramica a volo d’uccello sembrano muffi cliché da romanzetto d’appendice che narra di torbidi amori e di nobili famiglie cadute in disgrazia, mentre lei vorrebbe qualcosa di innovativo.
O  almeno di non eccessivamente banale, mugugna tra sé e sé, rassegnata.
Scrivere per lei non è più una velleità relegata ai ritagli di tempo libero tra lo studio, la vita domestica e gli impegni sociali, ma una vera e propria istanza esistenziale: voglio produrre, fabbricare qualcosa di interamente mio, si ripete ogni qual volta apre speranzosa un nuovo file di testo, sull’onda di un fugace entusiasmo che crede si tramuterà in ispirazione.
Nella piccola stanza buia i minuti scorrono stiracchiati come fossero ore, e i numeri fluorescenti della sveglia sul comodino invitano tacitamente la ragazza a desistere dal suo proposito.
Non è ancora tempo, sembrano dirle, premurosi, ti conviene riposare, e ritentare quando sentirai che è la volta buona.
Lei scuote la testa scacciando la dolce tentazione di una sana dormita, e torna a fissare caparbia lo schermo luminoso, che le restituisce l’insolente prova della sua inconcludenza.
Arriccia le labbra irritata e chiude di scatto il portatile, restando immersa nel buio.
Le pupille arrossate si spostano rapide verso la sveglia, che rinnova il proprio monito silenzioso, e poi si riversano sul soffitto mentre si stende cauta sul materasso.
Una sonnolenza nebbiosa si fa strada nella sua mente, offuscandole la vista e preannunciandole un lungo riposo ristoratore, quand’ecco pare che una luminescenza soffusa inizi a pulsare intermittente in qualche angolo del suo subconscio.
All’inizio è semplicemente un’informe nebulosa grigiastra, ma lentamente inizia a prendere forma e ad intimarle un pronto risveglio.
Un tremolio di palpebre e si è già tirata a sedere sul letto, cercando a tentoni il rettangolo di metallo argenteo che ancora ronza in paziente attesa. Senza troppe cerimonie lo accomoda sulle ginocchia e dirada con qualche battito di ciglia il torpore residuo, mentre i polpastrelli intrecciano timidi il primo nodo:
“Sospira, le dita sospese a mezz’aria sopra i tasti neri e polverosi…”
   
 
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