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Autore: Penne di Corvo    31/07/2015    2 recensioni
Questa non è una favola. Non c'è nessun lieto fine. La fanciulla indifesa non si innamorerà del valoroso principe. Non ci sarà un "e vissero per sempre felici e contenti".
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Demoni del mare. Incantatrici. Dolce morte. Ecco come le chiamavano.       
Esseri malvagi, indegni di poter camminare su questo mondo, destinate per sempre a nascondersi negli abissi più cupi e inesplorati del mare.      
Popolavano la fantasia di molti mortali: marinai, pescatori, persino poeti e scrittori che vedevano in loro delle muse ispiratrici. Tutti questi uomini finivano nelle loro velenose reti senza alcuna possibilità di scampo.
Esseri senz'anima che per continuare a vivere dovevano privare qualcun'altro del proprio soffio vitale.
Nessuno è a conoscenza delle loro origini, ma se solo i presuntuosi umani si sforzassero di comprendere, credo che proverebbero pietà per loro.     
Questa non è una favola. Non c'è nessun lieto fine. La fanciulla indifesa non si innamorerà del valoroso principe. Non ci sarà un "e vissero per sempre felici e contenti". La protagonista non sarà una dolce sirenetta che desidera diventare umana per amore. Lei non diventerà umana. Mi correggo: lei non potrà tornare umana. Ma andiamo con ordine e lasciate che vi racconti dal principio..        
C'era una volta una ragazza, una ragazza qualsiasi, con una famiglia, degli amici, dei sogni, delle speranze. Il mondo le appariva perfetto ai suoi occhi; il suo futuro era già stato dipinto dalla sua fervida immaginazione.
Aveva incontrato la grande "A" ad appena sedici anni. Lui era tutto ciò che aveva sempre desiderato; era il suo principe, nonostante anche lui fosse di povere origini. Ma le ricchezze materiali non le interessavano: il tesoro più prezioso era il sentimento che alimentava il suo cuore e la felice consapevolezza di essere ricambiata.
Il matrimonio era ormai imminente. Tutto procedeva come previsto. Tutto sembrava perfetto. Forse anche troppo. Il Destino non poteva di certo lasciare che tutto si svolgesse come la fanciulla aveva pianificato. Che razza di Destino sarebbe stato altrimenti?           
Il Destino bussò alla porta una cupa mattina d'inverno, portando come dono ai futuri sposi una terribile tragedia: un'orrenda malattia che consumava giorno dopo giorno il futuro marito della ragazza.
Il dolore nel vederlo soffrire a causa della malattia, vedere la sua vita sfuggirle dalle mani trascinata via dalla Morte, era insopportabile.   
Pianse tutte le lacrime che aveva in corpo. Sapeva che non poteva sconfiggere ciò che stava consumando il suo Amore, così come sapeva che lui se ne sarebbe andato per sempre, lasciandola sola. Immaginando il mondo senza di lui, tutto appariva sotto una luce diversa. Non le sembrava più così perfetto, sereno; era un mondo crudele che lacerava il cuore.       
Sedette sulla riva del mare, stretta in se stessa, incredula di ciò che stava accadendo, maledicendosi per aver creduto che lei potesse avere un lieto fine.          
Passò di lì una fanciulla che sembrava avere la sua stessa età. Aveva dei lunghi capelli corvini e occhi blu come la notte più cupa; il volto era pallido come la schiuma del mare e spigoloso come le onde durante la tempesta. Non l'aveva mai vista prima di allora.
La Straniera le si avvicinò e, posandole delicatamente una mano sulla spalla disse: «Posso aiutarti. Lui vivrà.»
A quelle parole il cuore di lei iniziò a martellare, alimentato dalla speranza, ma purtroppo, anche dall'ingenuità.
La Straniera  tese la mano alla giovane, invitandola a seguirla in cima a una scogliera poco distante da lì.
Il dubbio iniziò a farsi largo nella mente della ragazza, alimentato anche dal silenzio tombale della Straniera. Ma non c'era tempo per il dubbio e l'inquietudine: se c'era una possibilità di salvare il suo amato, lei l'avrebbe accettata ad ogni costo.       
Giunte in cima alla scogliera, la Straniera si fermò voltandosi verso di lei. La luce spettrale della luna illuminava i loro volti.         
«Sei disposta a salvare il tuo amato ad ogni costo?», domandò la Straniera, guardandola dritta negli occhi.
«Sì», si affrettò a rispondere la ragazza. «Ma come fai a sapere che è in pericolo?», chiese.
«Io ti conosco», rispose, con gli occhi fissi nei suoi. «E so che ami lui più della tua stessa vita.»
Quelle parole sembravano proprio venire da lei,  come se la Straniera le avesse letto l’anima. Sentiva che ogni minuto che passava, poteva essere fatale per il suo amato.      
«Che cosa devo fare?», domandò, impaurita dallo scorrere inesorabile del tempo.  
La Straniera sorrise. «Dammi la collana che porti al collo», ordinò.    
La giovane tentennò per un istante, catturando tra le dita il piccolo ciondolo argentato che portava al collo. Era un regalo di suo padre, che l'aveva accompagnata durante tutta la vita. Aveva un forte valore affettivo per lei, ma era sicuramente meno importante della vita del suo amato. Con un po’ d’incertezza, se lo tolse e lo porse alla Straniera.           
«Prima bacialo», ordinò, mentre il suo volto cominciava a incupirsi.   
Il dubbio ora sembrava urlare nella sua testa, avvertendola che era in pericolo. Ma ormai aveva deciso. Baciò il ciondolo e lo porse all'altra fanciulla che lo prese avidamente tra le sue mani.
La Straniera sorrise compiaciuta, baciando a sua volta il ciondolo. Non appena le sue labbra entrarono in contatto con il metallo freddo, i capelli corvini si trasformarono in biondo cenere; il volto spigoloso lasciò spazio a un viso tondo dalle guance rosee. Solo gli occhi rimasero gli stessi: due oceani glaciali che fissavano la ragazza con maligna soddisfazione.      
La giovane rimase senza parole; la giovane che ora si trovava davanti ai suoi occhi la conosceva benissimo: era lei. Le sembrava quasi di trovarsi di fronte ad uno specchio, un terribile specchio.
La Straniera, ora con le sue sembianze, iniziò ad avanzare verso di lei. La giovane indietreggiò, spaventata, fino a raggiungere il limitare della scogliera. Fece un altro passo e sentì mancare l'equilibrio. Stava per cadere, quando la Straniera la afferrò per il braccio, avvicinandola a sé.          
«Sei condannata per sempre», le sussurrò all'orecchio. Persino la voce era identica alla sua. «Non troverai mai pace.»    
Scoppiò in una risata fragorosa, mentre lasciava andare il braccio della ragazza, che precipitò dalla scogliera. 
Il contatto con l'acqua gelata fu tremendo. Sentì il sangue raggelarsi nelle vene, mentre la testa iniziava a pulsare. Vide le sue vesti sciogliersi nell'acqua, mentre precipitava verso gli abissi. 
Non riusciva più a respirare: l'acqua si faceva largo all'interno del suo corpo, cercando di distruggere quel poco di vita che ancora le rimaneva. La gola era secca, arsa dal sale marino, che aveva lo stesso sapore del veleno più feroce; un fischio assordante inondava i suoi timpani; gli occhi non riuscivano a vedere nulla, accecati dall'oscurità totale.
Le gambe presero a tremarle con forza, agitandosi con movimenti innaturali. Non riusciva a controllarle; ordinava loro di nuotare, ma sembravano possedute da una forza demoniaca.        
E affondava, sempre di più. La luce della luna sembrava ormai un ricordo lontano, lì, nelle profondità marine.
Il freddo si era completamente impossessato di lei. Allungò una mano verso l'alto, invocando un aiuto silenzioso, che non sarebbe mai arrivato. 
Quando ormai era convinta di essere giunta al termine della sua vita, sentì un rumore assordante, mentre la ossa delle gambe si spezzavano. Un urlo straziante rimbombò nelle tenebre attorno a lei, mentre gli occhi si spalancavano all'improvviso, in grado ora di sondare l’oscurità che la circondava.     
Abbassò lo sguardo, per vedere cosa era accaduto alle sue gambe, ma non le trovò più: al loro posto era spuntata una lunga coda ricoperta di squame bluastre. Sfiorò quella sua nuova parte di lei, cercando di muoverla, per potersi spostare all'interno di quel triste labirinto marino.       
Le sue orecchie ora non erano più turbate da quel fastidioso fischio, ma potevano percepire ogni singolo movimento attorno a lei nel raggio di decine di metri.   
Ma nonostante fosse circondata da un mondo completamente nuovo, c'era solo una cosa che le interessava. Iniziò a nuotare verso la superficie, per vedere un'ultima volta il mondo che non le apparteneva più.
Quando riemerse dalle acque il sole stava sorgendo, illuminando e risvegliando tutti gli  abitanti della terraferma. 
Nella sua prigione marina vide sorgere infinite albe e tramontare altrettanti soli.       
Vivendo nelle oscurità marine, apprese che agli esseri come lei era concesso di uscire dall'acqua soltanto quando il sole e la luna s'incontravano, durante le eclissi. In una di queste rarissime occasioni, decise di andare alla ricerca del suo amore perduto, l'uomo per cui aveva venduto la sua libertà e la sua ingenua anima.
Nella casa in cui avrebbe dovuto vivere gli anni più felici della sua vita, c'era una luce accesa. Si avvicinò ad una delle finestre e sbirciò all'interno.      
Vide lei, la Straniera che le aveva rubato le sembianze, intenta a cucire, seduta al tavolo. All'improvviso si sentì un rumore provenire dall'ingresso e la donna si alzò in piedi, sorridendo. Entrarono in casa un bambino di dieci anni che teneva per mano una bambina più piccola.    
Poi arrivò lui e la ragazza sentì il suo cuore fermarsi all'improvviso. Nonostante fossero passati più di dieci anni da quando l'aveva visto, era esattamente identico a come se lo ricordava; sembrava quasi che il tempo non fosse passato per lui. Lo vide avvicinarsi alla Straniera e accarezzarle con dolcezza la pancia rotonda. Avrebbero avuto un altro figlio.     
Erano felici, come avrebbe dovuto esserlo loro due. E invece lui si era fatto ingannare da una donna con il suo stesso aspetto. Come aveva potuto credere che quella fosse lei?         
Si allontanò dalla piccola abitazione, lasciando che vivessero la vita che doveva essere sua.
Si diresse verso la sua nuova casa, il mare. Si tuffò nelle acque gelide, lasciandosi trascinare dalla corrente nelle profondità marine.     
Era felice che lui stesse bene, ma il dolore che sentiva dentro di sé l'avrebbe consumata fino alla fine dei suoi giorni. Ed era proprio questo il problema: i suoi giorni non avrebbero mai avuto fine, perché era diventata immortale.    
Si ricordò le parole della Straniera, prima che la spingesse giù dalla scogliera: «Non troverai mai pace». Quella era una promessa.   
Un'eternità di dolore la attendeva; un'eternità che appariva ancor più triste e cupa, sapendo che l'avrebbe affrontata da sola.    
 

Questa è una storia liberamente ispirata a una delle mie fiabe preferite: “La Sirenetta” di Andersen.
Spero vi sia piaciuta. Si accettano consigli e critiche (se possibile costruttive!).

Alla prossima storia,
PdC

 
   
 
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