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Autore: cuore di carta    01/08/2015    3 recensioni
La storia narra, tra vicende tristi e felici, la storia di Marjorie e Nathaniel. Una lotta contro loro stessi che li porterà a prendere decisioni che cambieranno la loro vita per sempre.
Intorno a loro, molte persone lasceranno segni importanti nel loro cuore.
Riusciranno ad andare avanti?
BUONA LETTURA.
*Introduzione da cambiare*
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolcetta, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO UNO: 

CIELO SENZA STELLE.


Marjorie si trovava in casa quella notte. La casa che non dava il calore di una casa. 
Tornata circa quindici minuti prima grazie all'autobus locale, in quel momento era sdraiata sul letto di camera sua, ancora con le scarpe da ginnastica bianche rovinate ed il maglione largo giallo che profumava di vaniglia. Guardava il tetto bianco senza pensare ad altro se non a mantenere il respiro regolare. Davanti a lei la televisione continuava a trasmettere le notizie dell'ultima ora su Rouen, la città dove abitava e che adorava, ricca di arte e tradizioni che non poteva fare a meno di amare. 
Marjorie prese il suo cellulare, che pullulava di messaggi, da sopra il comodino bianco perla, guardò l'ora, erano le ventidue e trentatré minuti dell'undici novembre. Molti dei messaggi erano dei suoi "amici" che chiedevano che fine avesse fatto. Era sabato, e il sabato significava festa e alcol. Visualizzò tutti i messaggi ricevuti ma non rispose. Era stanca quella notte, voleva solo dormire... da tempo ormai la sua vita era un susseguirsi di dolori che nessuno notava o sapeva, o che sapeva ma faceva finta di non conoscere.
Accese la abat jour a forma di margherita e si alzò dal letto buttando senza cura il piumone blu a terra, non le era mai piaciuto il colore blu.
Non sapeva cosa fare.
Si mise a sedere sulla scrivania ed accese il computer, sul desktop comparve subito il volto della persona che la stava distruggendo, lo spense subito, chiudendolo con forza. Era stata una giornata dura, non la più dura di sempre, ma non scherzava comunque.
La carta da parati che ricopriva la camera da letto di Marjorie era ricca di piccoli uccelli in volo, con qualche fotografia appesa qua e là. Due ritraevano lei da piccola all'età di due anni, con i suoi capelli biondissimi e gli occhi azzurri pieni di vita, un'altra era con la sua classe delle medie e l'ultima disegnava i suoi genitori il giorno delle loro nozze...
Era stanca, molto stanca. 
Si mise davanti lo specchio e si osservò, in quel momento non indossava il suo solito sorriso finto, era dimagrita e si vedeva, era sfinita e glielo si leggeva in volto. I suoi occhi a distanza di quindici anni non erano più come quelli nella foto con la cornice verde pallido, erano grandi come un tempo sì, ma qualcosa era cambiato.
Stava per andare al bagno quando il telefono cominciò a suonare, corse a vedere chi fosse, magari suo padre, che in quel momento non era in casa, si sbagliava... era Castiel. Rispose anche se non voleva.
« Pronto? » Disse, cercando di sembrare il più normale possibile.
« Ehy bel culo, ti sei dimenticata che tra un'ora dobbiamo essere al "la nuit" ? » 
Castiel, il rosso più famoso del liceo "Dolce Amoris" era il suo ragazzo. Non aveva mai amato Castiel e lei era certa che neanche lui provasse qualcosa che vada oltre l'attrazione fisica per lei, ma da un po' non lo sopportava nemmeno più, odiava la sua voce, il suo aspetto e soprattutto averlo intorno. Prima erano due semplici "amici" che i sabato sera, e non solo, si ritrovavano nello stesso letto. Per molto tempo andò così. Marjorie non ricordava nemmeno  bene il perché la loro relazione fosse diventata di dominio pubblico, forse si fecero scappare qualche bacio a scuola o al parco. Non lo sapeva. Ma non erano una vera coppia, o almeno lei non lo considerava un vero fidanzato, come lei non era una vera fidanzata, ma non voleva neppure un vero fidanzato. In quel momento ciò che contava nella sua vita era altro. 
« Castiel non me la sento stasera » disse semplicemente. Marjorie non sapeva se Castiel sapesse ciò che lei stava passando, ciò che stava demolendo la sua vita già vuota.
« Mar, sono tre settimane che mi dai buca! » Esclamò dall'altro lato della cornetta Castiel.
« Ti ho detto che non me la sento! » Rispose lei altrettanto scorbutica.
« Senti fai come vuoi » disse Castiel prima di chiudere la chiamata.
Marjorie tirò il telefono sul letto. 
Andò verso la libreria che teneva sulla parete opposta all'armadio e cominciò a gettare a terra tutto ciò che trovava e che le capitavano tra le mani: libri, CD, palle di neve e fotografie.
Annebbiata da un sentimento misto a rabbia, tristezza e stanchezza con un foglio finito a terra e una penna trovata nell'astuccio dentro lo zaino di scuola, scrisse velocemente un "addio" pasticciato e corse via.
Scese velocemente le scale rischiando di cadere più volte, uscì dalla porta di ingresso senza neanche prendere il suo parka verde lasciato sull'appendiabiti o chiudere la porta chiave. Non piangeva, sentiva che qualcosa dentro di lei voleva uscire, ma trattenne le lacrime. Lei non piangeva.
Non sapeva dove andare. Il cielo gridava pioggia e la nebbia ricopriva le strade, ma non sentiva freddo, non sentiva neanche i suoni attorno a lei, era come se stesse correndo dentro una bolla. Proseguiva a passo veloce, non si rendeva conto di dove stava andando, finché non arrivò sul ponte Rouge, lo riconobbe dal rumore che le scarpe fecero sulla roccia, la nebbia non permetteva di vedere nulla.
 Marjorie ricordava il ponte Rouje come il luogo dove provò la sua prima sigaretta. Una sensazione per molti inebriante, ma Marjorie provò disgusto in ciò in cui molti trovavano la pace. I piaceri ricavati dalle sigarette vennero dopo.
In quel momento il suo corpo si mosse per lei. A tentoni raggiunse la spessa ringhiera rocciosa che divideva il ponte da vuoto.
Non vedeva assolutamente nulla, ma sapeva che sotto di lei il fiume Senna scorreva veloce, lo sentiva. 
I suoi occhi cambiarono luminosità, adesso erano felici, con un briciolo di follia che sembrava crescere senza che lei se ne accorgesse.
Si arrampicò sulla ringhiera, stava per farlo, stava per buttarsi veramente, poteva farla finita, chiudere per sempre con la sua vita e sentirsi libera, poteva gettarsi e far si che il suo corpo senza vita non venisse mai ritrovato. Un pensiero veloce e fuggitivo andò ai suoi genitori.
Marjorie si sporse in avanti, pronta... ma si bloccò un secondo dopo, quando sentì un rumore provenire a poca distanza da lei, qualcun'altro si trovava sulla ringhiera. Strizzò gli occhi per vedere meglio, ma non aiutò, la nebbia fitta lasciava solo grigio.
« C'è... c'è qualcuno? » Sussurrò piano.
« Chi sei? » Rispose una voce maschile. Marjorie giurò di aver sentito il suo respiro sulla sua guancia.

Nathaniel sapeva che suo padre Aubert si sarebbe arrabbiato se oltre le ventidue di sera lui fosse ancora sveglio, ma quel sabato sera non gliene importò, in pigiama accese la luce sulla sua scrivania e si mise a leggere il suo romanzo poliziesco preferito. Non poteva avere un cellulare, ma riuscì a comprarsene uno con alcuni soldi messi da parte per l'università, ciò che suo padre  gli avrebbe fatto se l'avesse scoperto, Nathaniel poteva solo immaginarlo.
Mentre sfogliava il suo libro alla ricerca delle parti che preferiva, messaggiava con il suo amico Cédric.
« Nath ti rendi conto che sto passando il sabato sera sui libri?! Lunedì Faraize mi interroga sicuro su tutti i sei capitoli di storia che abbiamo fatto! »
Cédric era un ragazzo della stessa età di Nathaniel, aveva i capelli nero corvino tenuti rigorosamente corti e gli occhi piccoli e scuri. Alto circa un metro e sessantasei alla vista sembrava un po' paffuto, con le guance perennemente tinte di rosso, il naso non rendeva giustizia al resto del suo volto che, essendo piccolo e lungo, rendeva il tutto un po' confusionario e bizzarro, ma era comunque dotato di una strana bellezza. Amava il colore blu, Nathaniel non ricorda un giorno in cui non l'ha visto con addosso il blu o le sue sfumature.
« Perché, hai una vita sociale? » Chiese scherzosamente.
« Potrei averla! Tra meno di un'ora "la nuit" si riempirà di ragazze bisognose di un ragazzo per ballare! »
« E perché non vai a renderle felici? »
« Perché non vieni tu con me? » 
Cédric non conosceva la situazione familiare di Nathaniel, ogni sabato o ogni momento in cui gli chiedeva di uscire, lui si inventava una scusa. Il padre di Nathaniel non gli permetteva di uscire, se non per andare a scuola o qualche rara volta, in biblioteca.
« Cena di famiglia, lo sai quanto durano. » 
« Salutami la tua sorellina! » Scrisse Cédric. Da tempo aveva perso la testa per Ambra, sorella minore di Nathaniel, dai lunghi capelli mossi biondo ramato, lo stesso colore dei capelli di Nathaniel e di loro madre, grandi occhi verdi e un fisico invidiabile.
Quella notte Ambra si sarebbe divertita a "la nuit".
Nathaniel stava per rispondere al suo amico quando qualcuno cominciò a sbattere sulla sua porta chiusa a chiave. Il terrore si inoltrò dentro di lui.
« NATHANIEL APRI IMMEDIATAMENTE! » Gridò forte suo padre dal corridoio, continuando a tirare pugni alla spessa porta di legno.
Nathaniel corse a nascondere il cellulare dentro la scatola con i libri di scuola, scompigliò il letto e spense la luce.
« APRI! » Continuava ad intimare suo padre Aubert.
Si spettinò leggermente i capelli e con il cuore in gola aprì la porta piano.
Nathaniel non ebbe il tempo di far nulla, suo padre con quasi tutta la forza che aveva in corpo lo colpì in pieno volto.
Era abituato a questo trattamento, ma ogni volta che accadeva sentiva un gran vuoto dentro.
« TI AVEVO DETTO NIENTE LUCI ACCESE DOPO LE DIECI! » Sbraitò al corpo di Nathaniel che rialzatosi, indietreggiava piano.
« Scu... scusa » riuscì infine a balbettare.
« Voglio tutto spento, Nathaniel! » disse poi Aubert, dopo aver esaminato la stanza con i suoi occhi da falco.
« S... sì papà » balbettò senza volerlo Nathaniel.
Aubert uscì e si richiuse con forza  la porta alle spalle.
Con le lacrime agli occhi, Nathaniel chiuse la porta a chiave, girandola piano per non fare il minimo rumore, e si mise a letto con la faccia schiacciata dal cuscino... ma non si lasciò andare. Mantenne costante la respirazione cercando di calmarsi. 
Lo faceva per il suo bene, diceva Aubert.
Ma Nathaniel cominciava a pensare che lo facesse solamente per sé stesso.
Si alzò per guardarsi allo specchio, nella penombra notò il grande segno rosso che aveva sulla guancia sinistra, poco più sopra e lunedì avrebbe dovuto trovare una scusa per un occhio nero. Una volta inventò che era caduto dalle scale, ma, oltre a Cédric, nessuno gli domandò "e l'occhio?". 
Cercava di mantenere la calma, ma più ci provava, meno ci riusciva. Il suo corpo veniva dominato dalla rabbia. Rabbia per suo padre, per sua madre che sapeva ma taceva, per sua sorella, per Castiel il suo compagno di scuola e per il mondo. 
Era stanco.
Iniziò a colpirsi ripetutamente con furia la faccia davanti lo specchio, e poi pianse.
Voleva urlare, ma non poteva fare rumore.
Voleva scappare, ma non poteva oltrepassare la soglia di casa.
Non questa notte, pensò.
La sua camera si trovava al primo piano, e raggiungere il vialetto sottostante era quasi impossibile, date anche le sue scarse qualità in qualsiasi sport. 
Decise che sarebbe passato dall'ingresso.
Aprì leggermente la porta, erano circa le ventitré meno venti, notò dalla camera dei suoi genitori la porta chiusa, e proseguì piano fino alle scale, che portavano alla cucina. Lì incontrò sua sorella Ambra.
« Nath che stai facendo? » Domandò, sorpresa di vederlo in giro per casa a quell'ora, la sorella.
Aveva addosso un vestitino corto e stretto nero, con sopra uno spesso cappotto rosso. Le scarpe erano decisamente troppo alte per i suoi gusti.
« Un bicchiere d'acqua » mentì mentre raggiungeva il frigorifero « e tu? Stai uscendo immagino ».
« Sì, c'è una serata a "la nuit" » rispose Ambra mentre posava il suo cellulare nella borsetta tempestata di pagliette « sto aspettando Charlotte ».
« Capisco » disse, infine, imbarazzato Nathaniel, non conversavano mai in casa e poco a scuola.
Ma l'unica cosa che importava era che lei aveva bloccato la via di fuga. La porta era così vicina.
Sorseggiava piano il suo bicchiere d'acqua, così da poter guadagnare più tempo possibile. Nathaniel non guardava neanche sua sorella, provava disgusto per lei, così come per il resto della sua famiglia, che guardava in silenzio ciò che suo padre gli faceva. 
Poi un rumore di clacson interruppe il silenzio. 
« E' per me » sorrise appena Ambra « buonanotte, Nathaniel ».
« Ciao » rispose secco.
Spense la luce e rimase seduto al tavolo ancora un po', fece passare tre minuti e poi chiudendosi piano la porta alla spalle, scappò.
Il vialetto neanche lo vide, puntava al cancello, che oltrepassò in un secondo. 
Il vento gli graffiava il volto, e perse una scarpa strada facendo, ma lui non si fermò a raccoglierla. La nebbia ricopriva la città di Rouen e non permetteva la visibilità di nulla. Correva ma non sudava, era quasi felice. Proseguì per una strada ricca di luci, lampioni, pensò Nathaniel, ma riconobbe subito il ponte Rouge che dava sul fiume. Lo percorreva sempre per andare a scuola nel pomeriggio, dato che suo padre l'aveva costretto a diventare segretario delegato.
Il rumore delle scarpe sulla pietra era inconfondibile, nonostante ne avesse una sola. 
Si appoggiò alla ringhiera che trovò puntando le braccia avanti e avanzando piano. Si ci sedette sopra e respirò forte, sorrise. Era felice di trovarsi lì in quel momento, a non pensare a nulla, se non a lui. Fece dondolare le gambe nel vuoto, prima piano, poi più veloce. Continuò così per cinque ricchi minuti, poi il suo sorriso sparì, e un'idea folle cominciò a crescere dentro di lui.
Poteva buttarsi... 
Poteva porre fine ad ogni suo più intenso dolore, magari dove sarebbe andato c'era un posto adatto a lui, dove poter essere sé stesso senza restrizioni di alcun genere, senza suo padre.
Si alzò in piedi con fatica, aveva il cuore che gli batteva fortissimo e il corpo invaso dall'adrenalina.
« Sono pronto » disse tra sé e sé « un salto e finirà tutto ».
D'un tratto sentì qualcuno correre verso di lui, ma non vedeva nessuno nella nebbia.
Ascoltò in silenzio... la persona adesso si era fermata e si stava sedendo proprio accanto a lui. 
« Adesso » pensò « adesso o mai più ».
Ascoltò ancora, e notò che il lui o la lei si era messa a cavalcioni sulla ringhiera, pronta o pronto a fare ciò che stava per fare lo stesso Nathaniel.
Poi fece un lieve rumore con il piede.
« C'è... c'è qualcuno? » Domandò una voce femmine accanto a lui.
Rimase in silenzio per qualche secondo, aveva paura. Alla fine si prese di coraggio.
« Chi sei? » Domandò Nathaniel.
La ragazza misteriosa non rispose. Gli occhi di Nathaniel vacillavano nel buio reso ancora più fitto dalla nebbia nel vano tentativo di identificare la voce docile che proveniva poco distante da lui.
D'un tratto si sentì toccare alla mano, il lieve tocco gli provocò un grande senso di colpa, senza neanche sapere da dove provenisse.

Marjorie lo toccò piano, il ragazzo aveva la mano morbida, la tipica mano di chi pratica un lavoro d'ufficio, lei lo sapeva bene, suo padre, scultore, aveva le mani piene di calli.
Il ragazzo si scansò velocemente.
« Credo che adesso sia meglio che torni a casa. » Disse la voce.
« Anche io » rispose lei.

Prima di scendere dalla ringhiera, i loro occhi si incontrarono velocemente.

Occhi color cielo pioggia, diede un parere a sé stesso Nathaniel, riconoscibili ovunque.

Marjorie poteva sbagliarsi, ma secondo lei il ragazzo aveva due ambre apposto degli occhi.

Il contatto visivo durò qualche secondo, poi entrambi si girarono e corsero nelle due direzioni diverse, tutt'e due con un unico pensiero in testa... "tanto non l'avrei fatto".



 
ANGOLO AUTRICE
Era da un po' che non scrivevo un angolo autrice :3 Sono contenta!
Come state e come trascorrono le vacanze? Io mi trovo in una villetta sul mare, la pace dei sensi.
Il mio braccio sta bene adesso, ed insieme al destro ha sfornato il primo capitolo della mia nuova storia. 
Spero questo primo capitolo vi sia piaciuto tanto da aspettare il prossimo!
Io mi dileguo e ciao.

cuore di carta.
  
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