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Autore: Naomi55    02/08/2015    5 recensioni
Ragnar, seppellendo Athelstan, ricorda la sera in cui il loro amore venne svelato, grazie a semplicemenrte una storia cristiana.
Genere: Drammatico, Erotico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ragnar ha il capo reclinato e l'animo perso mentre lega i due rami scuri e ruvidi che diverranno la croce della sepoltura di Athelstan. Guarda afflitto quel simbolo quasi non ne voglia comprendere il significato e stringe il suo legno con tanta forza che quasi lo rompe. La memoria gli fa visita ricordandogli la notte in cui Athelstan gli aveva raccontato la storia di Gesù Cristo e del suo migliore amico Giovanni.

I due vichinghi stavano soli davanti al falò a bere della birra da un corno bianco. Era tardi, ed anche Rollo, sebbene tendesse a rimanere spesso sveglio a bere e a parlare con gli amici fino a tardi, se ne era andato a casa da Siggy.
Athelstan gli aveva raccontato che Giovanni aveva promesso a Gesù di seguirlo ovunque egli avrebbe scelto d' andare, perchè l'importante per lui era la volontà di Cristo e niente altro. Anche nella morte, lo avrebbe seguito.

Ragnar, seduto sull' erba con la croce tra le mani, ricorda ogni parola che quella sera venne pronunciata.

"Io sarò per te ciò che per Gesù fu Giovanni. Ti seguirò ovunque, fino a quando gli dei vorranno" aveva detto Athelstan, consapevole dell'importanza delle sue parole. Ragnar fece un sorriso appena accennato e sulle su labbra si dipinse un piacevole stupore, come se i suoi pensieri fossero stati confusi da qualcosa di meraviglioso.
"Per te sono importante quindi come lo è Gesù? Come lo è il tuo uomo sacro?", esitò un momento, "Io sono pagano, Un' anima dannata per i cristiani. Tu dici che la tua religione sarà sempre più importante di tutto, pur credendo anche nei nostri dei, non capisco...",lasciò la frase a metà.

Attorno a loro regnò il silenzio, si riuscivano a sentire i versi degli animali lontani e lo sbriciolarsi delle braci sotto il legno che gravava sopra di esse bruciando, le stelle ricamavano il cielo.
I due si guardarono, e fu allora che Athelstan capì che Ragnar non aveva compreso a pieno ciò che le sue parole volevano esprimere e comunicare. "Io ho molta fede sia in Odino, sia in Dio, sia nel paradiso, sia nel Vahalla. Ma la fede rimane fede e non ci saranno mai prove a testimoniare la vera esistenza di un dio o di una forza superiore. Io, come tutti, ho bisogno di certezze. Tu sei la mia più grande certezza e sempre lo sarai. Sei tu il mio uomo sacro, perchè sei la persona più vicina al divino che io abbia mai realmente conosciuto.".
Di nuovo il silenzio incombeva, l'uno attendeva la parola dell' altro.

Ragnar non sapeva cosa dire, era impotente, non abituato a sentire parole come quelle che Athelstan gli aveva appena dedicato. La loro potenza era enorme . Gli sembrava che nonostante la sua posizione di re e la rilevanza delle sue gesta, egli fosse diventato improvvisamente vulnerabile. Era adorante di Athelstan e voleva che parlasse ancora e ancora e ancora. Si voltò a guardarlo, come per volersi accertare che fosse stato veramente lui a pronunciare quelle parole. Vide una treccia nera che raccoglieva capelli di seta, due occhi che parevano zaffiri dal taglio perfetto e labbra rosee e carnose come frutti succosi cresciuti sotto il sole estivo.
Il monaco avvertì l'insistenza dei suoi sguardi ed iniziò par l'imbarazzo a muovere i piedi nervosamente a terra schiacciando l'erba.
Un pensiero gli balenò la mente: "Scusa, n-non volevo paragonarti a qualcuno che per te non è neanche esistito, non volevo offender..". Non riuscì a finire la frase che Ragnar emesse una sonora risata dicendo: " Sei buffo Athelstan. Ti stai scusando per avermi onorato facendomi simile ad un essere divino?" .

La memoria diventa spietata, i ricordi sono tristissimi, dolci, ma tristissimi e sebbene Ragnar cerchi di scacciarli, continuano ad invadergli la mente, senza pietà.

Athestan pensò a ciò che aveva appena detto, come fosse stata una citazione tratta da qualche famosa orazione, una citazione che lo illuminò e lo possedette. Con estrema rapidità si avvicinò a Lothbrok, che ancora rideva, e premendo le labbra contro le sue, lo baciò. Ragnar si scosse stordito. Per la prima volta, anziché aggredire le labbra di una donna, riceveva un goffo bacio da un amico, un compagno di armi, da Athelstan.
Cercò invano di fare ordine tra i suoi pensieri. Guardò pietrificato il monaco in piedi davanti a lui, che divenne rosso in viso. La carotide gli pulsava con continui scatti sul collo. Fece per alzarsi, ma le gambe di Ragnar furono più veloci delle sue e lo bloccarono. Athestan sbatté le palpebre, sentì la mano dell'altro prendere la sua con velocità animalesca e subito guidarlo altrove.
Durante tutto il tragitto Athelstan non fece altro che fissare le loro dita intrecciate e chiedersi dove Ragnar lo stesse portando e quali fossero le sue intenzioni.
Dopo un percorso che parve interminabile, arrivarono alla casa regale.

Chiusa la porta, Ragnar si fermò davanti al fuoco, mise le mani sue spalle dell'amico, lo guardò fisso negli occhi e senza respirare disse il " Ti amo " più sincero mai pronunciato. Le loro bocche sbocciarono l'una sull' altra, come papaveri in un giovane bacio di primavera. Tutto il mondo scomparve, c'erano solo loro, l'uno dava forza all'altro, e avrebbero potuto affrontare soli una battaglia contro tutti gli dei. Athelstan aprì gli occhi e sorrise: "Ti amo anch'io, Lothbrok." .
Quelle parole uscirono da lui con tono tanto solenne, che sembravano il proclama della più grande di tutte le vittorie.
I due si strinsero e di nuovo il sapore della gola calda di Ragnar si versò nella sua. Il suo nome gli percorse la nuda schiena, le labbra tremavano. In lampo si trovarono nudi premuti l'uno contro l'altro l'altro sul tappeto di orso che per il sudore si attaccava alla pelle.

Ragnar non può più opporsi alla memoria. Ricorda i loro occhi brillanti, la pelle giovane di Athelstan sfiorata dalle sue dita di guerriero, ricorda i gemiti che uscivano dalla bocca dell'amato nella quale ancor persisteva il calore dolce del suo respiro, i loro corpi scolpiti, intrecciati, illuminati dal fuoco che li colorava di un rosso divino, i loro sussurri, il ritmo perfetto scandito dai fianchi di Athelstan che sopra di lui pareva un fiume in piena. Ricorda le mani che strappavano il pelo d'orso dal tappeto mentre le loro si univano, tuonanti di piacere.

All'alba si svegliarono abbracciati, felici di essersi amati. Proprio come Cristo e Giovanni giurarono di non lasciarsi mai, come sole e mare all'orizzonte, unendo le loro mani, che sebbene indurite dalle battaglie, sembravano vellutate come petali di rosa.

Così quella tortura di dolce ma dannato ricordo, svanisce. Gli occhi di Ragnar sono lucidi e rossi, ha il cuore in gola ed è difficile da deglutire. La voce è bassa e strozzata "Non c'è nulla che possa consolarmi ora", dice guardando il cielo per non permettere ad una lacrima che minaccia di cadere di bagnargli il viso "Sono solo, soffro e ti odio per avermi lasciato". Abbassa il capo e la goccia salata gli cade dagli occhi tristi ed arrabbiati.
Fruga per terra, afferra una pietra e la scaglia con forza contro un albero lontano, urlando: "Dimmi Athelstan, non è forse stato Giovanni a piangere sul corpo di Gesù crocifisso? Lo ha forse abbandonato prima?".
Non potendo più trattenere le lacrime si abbandona ad un sonoro pianto disperato.

Rimane soffocato dai suoi singhiozzi che sembra non vogliano più smettere "So che puoi sentirmi Athelstan" dice abbassando la voce " So che sei nel tuo altro mondo, nel tuo paradiso, quindi ascoltami: ti giuro che dopo la mia morte ci ritroveremo, ti giuro che passeremo insieme tutta l' eternità. Ho scoperto il buono che c'è in me con la tua conoscenza. Ti ho amato come non avevo mai amato nessuno e nient' altro e se servisse a farti tornare da me, rinuncerei al titolo di re, di conte, rinuncerei alla mia terra, alla mia casa, rinnegherei i miei dei e se avessi potere sul mondo lo sacrificherei tutto per riaverti. Mi hai lasciato troppo, troppo presto, Athelstan".

Cerca di asciugarsi le lacrime ed esala un sospiro di rassegnazione .
Volge lo sguardo e la mente alla salma che giaceva vicino a lui. La pelle di Athelstan è talmente bianca che i suoi capelli appaiono di un nero intensissimo. Scorge poi la croce che il corpo esanime porta al collo. La sfiora con delicatezza, quasi tema di svegliarne il padrone, la sfila e la tiene tra le mani.

Dopo aver seppellito il compagno, ponendolo nella fredda e nuda terra, va al fiume e volendo imitare la chierica di Athelstan la prima che lo aveva visto spaurito durante una razzia estrae dalla tasca una coltello e si taglia via i bellissimi capelli biondi. Si ferisce la testa. Il sangue gocciola nelle acque limpide del fiume gorgogliante. Ma Ragnar non sente dolore. Nulla potrebbe fargli più male della ferita che il suo cuore già sopporta. Dopo essersi lavato il viso ed il capo si adorna il collo con la collana che ancora stringe in mano: " Perdonami Athelstan, non per quello che ho fatto, ma per quello che sto per fare .".*


* = La frase conclusiva spiazzerà un po' se non avete visto la serie, ma volevo finire la one-shot con la stessa frase che chiude la puntata nella quale Athelstan muore. Un ultima cosa: vorrei che dopo aver letto la one-shot la recensiste, così potrò sapere se è piaciuta, o in caso contrario cosa migliorare in futuro. Grazie mille, Naomi55.
  
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