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Autore: _Rouge    04/08/2015    1 recensioni
Ma non appena il londinese avvertì l’indice curioso del francese accarezzare la carne bollente, questi si voltò con un movimento rapido e schiaffò con imbarazzo la mano strisciata di pittura: “Ohi, wanker, che diavolo stai facendo?!” crocidò, mentre l’artista sbuffava esasperato. “Oh, Dieu” si lamentò con voce strascicata France, portandosi teatralmente il dorso della mano alla fronte e sollevando il mento in un’espressione di melodrammatica disperazione, mentre con l’altra mano dondolava il pennello sporco “Angleterre, un pittore per poter ritrarre deve toccare il suo modello, non trovi?”.
[FrUk] [Pittore!Francia x Modello!Inghilterra]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La cosa più bella che un pittore possa mai ritrarre



 
Non era certamente la prima occasione in cui Arthur si detestava: aveva avuto modo di auto criticarsi durante la Guerra di Indipendenza contro il suo ormai decaduto protetto, di ammonirsi mentalmente per tutte le controversie avute con i fratelli e vicini di casa, di punirsi con sonori pizzicotti sulle braccia dopo le sfuriate nei confronti delle Nazioni del suo Commonwealth o di rinchiudersi nell’astio, proprio come quando anni prima aveva mandato a morte la pulzella dell’uomo che più detestava -ma al contempo rispettava.

Eppure ciò che al momento lo stava inducendo calorosamente a buttarsi da una finestra e sfracellarsi al suolo senza alcuna delicatezza era quanto di più romantico e stupendo esistesse sulla faccia della Terra intera -eccezione fatta ovviamente per la sua bellissima Londra e i suoi acquazzoni che lasciano un delizioso odore di umido: le tende sembravano divertirsi a riscoprire in continui movimenti sinuosi il profilo della città ammantata come una dama di corte ancora nel fiore dei suoi anni da una stola di tramonto e profumata in un sentore che rammentava la vanità ed il burro francese. Paris era una donna avvenente e bastarda con i seni nei tetti arcuati delle basiliche e il sorriso saccente nella naturale curvatura della Senna.

Un diamante di luce a momenti non incenerì la sua retina e dunque Arthur sollevò in un movimento decisamente troppo avventato e veloce la mano in modo da ripararsi dal Sole, con il tremendo risultato che il lenzuolo di cui si era vestito cominciò a scivolare pericolosamente verso le zone più limitrofe della schiena fino ad arrestarsi in corrispondenza dell’inizio della fine -il lembo periferico di carne bianchissima che non aveva intenzione di sventolare all’aria come un certo polacco di sua conoscenza: arrossì e tentò di rassettare il tessuto candido attorno alle cosce. Un mormorio soddisfatto lo fece scattare all’improvviso in modo da scoccare alle spalle un’occhiata minatoria e contemporaneamente il suo incarnato assunse una colorazione ancora più scarlatta, mentre tentava trattenendo un lamento affatto virile di ricoprirsi da un’ulteriore sciocca mossa delle coltri sbarazzine: Francis sorrise e rivolse un occhiolino al suo modello, ritornando a concentrarsi sulla tela e mordicchiando con una certa raffinatezza intrinseca il pennello consunto dal massiccio utilizzo.

Arthur sbuffò sonoramente e diede nuovamente la schiena all’artista, avvertendo i suoi occhi azzurri bruciare sulle vertebre ed un brivido percorrere come una scossa elettrica la colonna dorsale quando le sue orecchie captarono la voce bassa di Francia ammorbidirsi in un commento di ammirazione -in francese, maledizione, ma a Mr. Kirkland parve di individuare tra le sillabe un si beau mellifluo. Il rumore delle setole contro la foderatura ruvida aveva un che di calmante ed Inghilterra emise un breve respiro dalle narici, mettendosi comodo sulla panchetta.

Francis sembrava essere convinto rispetto all’immediato futuro della sua opera e si era sproloquiato in sciocchi commenti come ad esempio “Oh, mon petit, non ti preoccupare!” oppure “Sei voltato di schiena e non ti si vede nemmeno la faccia, ma tranquillo, ho intenzione di mostrare questo chef-d’oeuvre soltanto ad una misera esposizione a Montmartre il prossimo settembre” -il che poteva essere una soluzione possibile considerata la fama di Montmartre come quartiere di artisti alla moda sempre in cerca di mostre in cui farsi notare: ma Arthur si era comunque sentito piuttosto fiducioso a scommettere addirittura sulla testa cinerea dell’amata Elisabetta e sui suoi completi color canarino che il ritratto sarebbe rimasto fra le mani del francese e utilizzato dall’artista stesso da un punto di vista strettamente personale -probabilmente per masturbarsi senza pudore nella salle de bain. Se da un lato questa eventualità faceva aumentare il suo amor proprio, dall’altro le stille di infantile innocenza che ancora ammuffivano nel suo carattere da uomo per bene tentavano di farlo ritornare con i piedi a terra mostrando nella sua mente una sfilza di risvolti apparentemente orrendi -ma la visione dell’erezione pulsante di Francis ed i suoi ansiti mentre tentava di darsi piacere da solo di fronte ad un suo ritratto era oscenamente carina.

Arthur lasciò che le pupille smeraldine percorressero l’ombra lontana della Tour Eiffel e rilassò i muscoli contratti dal nervosismo, nonostante il continuo movimento di France certamente a suo danno dietro di sé non lo tranquillizzasse affatto: quando poi le sue orecchie captarono un rumore di passi che si avvicinavano non seppe che aspettarsi -nonostante fossero secoli, millenni che conosceva il malato mentale a cui stava permettendo di ritrarlo nella sua nudità solo parzialmente coperta da un lenzuolo -e nemmeno si ricordava come questa abitudine fosse iniziata, forse una stronzata combinata a causa dell’alcool. Gli sembrava di ricordare qualche bicchiere di vino di troppo mesi prima e la voce di Francis ridotta a singhiozzi ebbri che lo invitava a prendere posto sul divanetto per un portrait.

All’improvviso -e Inghilterra accolse il movimento con il respiro mozzato e un tremolio- un dito di Francia scivolò attraverso un sentiero di misteriose cicatrici ricamate sulla schiena e affondò con delicatezza nella fossetta delle natiche, scostando le lenzuola e stuzzicando con il polpastrello un punto estremamente sensibile che il biondino con gli occhi di cielo ricordava bene di aver coccolato con successo durante le precedenti sessioni di posa -che avevano avuto come risultato solo un abbozzo della nuca ed invece un rimarco più deciso della linea del dorso che Francis ammirava quando Arthur si inarcava con un sospiro sotto di lui. Ma non appena il londinese avvertì l’indice curioso del francese accarezzare la carne bollente, questi si voltò con un movimento rapido e schiaffò con imbarazzo la mano strisciata di pittura: “Ohi, wanker, che diavolo stai facendo?!” crocidò, mentre l’artista sbuffava esasperato. “Oh, Dieu” si lamentò con voce strascicata France, portandosi teatralmente il dorso della mano alla fronte e sollevando il mento in un’espressione di melodrammatica disperazione, mentre con l’altra mano dondolava il pennello sporco “Angleterre, un pittore per poter ritrarre deve toccare il suo modello, non trovi?”.

“No che non lo trovo, non lo trovo affatto!” avrebbe voluto protestare Arthur, ma all’improvviso le braccia di Francia furono attorno al suo busto e il mento adombrato da un filo ben curato di barba sottile solleticò l’epidermide sensibile della spalla: l’uomo borbottò qualche imprecazione non molto convinta a mezza voce, ma non esitò ad accoccolarsi nella stretta da piovra del celeberrimo pittore -perlomeno nella natia Paris-. Entrambi osservarono come intrappolati in una contemplazione estetica il panorama che si assaporava dalla finestra e che a detta di Francis era uno dei più bei scorci sulla capitale -ed Inghilterra stranamente non trovò complicato fidarsi per una sporadica volta di quelle parole pronunciate con una fastidiosa fierezza e pienezza di sé. Trovava invece alquanto più difficile comprendere quale utilità avesse lui in quanto modello quando il Matisse dei poveri avrebbe potuto riscoprire una vera bellezza semplicemente buttando un’occhiata fuori dalle imposte anche soltanto socchiuse, ‘ché attraverso la fenditura si vedeva una striscia di tetti rossastri ed una porzione di Champs-Élysées.

“Comunque, non ti capisco” bofonchiò dunque Arthur dando voce ai suoi pensieri ed ammiccando con cenno del capo alla città che si apriva come invitandoli ad avventurarsi nelle sue stradine nascoste, “Da questa finestra hai una vista a dir poco fantastica: why don’t you draw  this stuff, invece di venire a rompere le scatole a me?”. Un paio di uccelli sfrecciarono di fronte alla finestra ed alcune stelle cominciarono a splendere fra le nuvole sfilacciate. Francis sorrise dolcemente -ed England avrebbe prontamente definito con tono acido che quella tenerezza era schifosamente nauseante e stucchevole, se non fosse stato troppo occupato a nascondere un rossore sospetto sul viso e ad incrociare le braccia al petto con evidente difficoltà, considerato come ancora l’abbraccio di Francia lo stesse trattenendo contro di sé- e strusciò con fare scherzoso la punta del naso contro il collo del londinese, facendolo squittire per l’imbarazzo e imprecare nella sua lingua madre.

“Oh, Arthur, c’est simple!” esclamò Francis con l’azzurro rubato al cielo che rideva, mentre prendeva con delicatezza il mento dell’amante fra pollice ed indice e stampava un bacio a schiocco sulle labbra testardamente strette in un broncio infantile di Arthur, “Tu sei la cosa più bella che un pittore possa mai ritrarre.”
 
 












 
Writer’s Corner:

Dovrei andare avanti con la raccolta di EXPO, ma non ho idee: mi rifaccio dunque con la FrUk, ‘ché la FrUk è una cosa bella e riempirne il Fandom di APH non è affatto male.  Questa cosa del pittore e del modello è una sottospecie di HeadCanon, per me: insomma, non trovate che l’idea di Francia artista che ritrae il suo modello Inghilterra sia carina ed assolutamente IC? Insomma, la France è una nazione di arte e bellezza e credo che Francis sappia eccellere nella pittura, nella scultura- insomma, in queste discipline. Mentre Arthur è decisamente più portato per il Rock’n Roll alla Beatles o Rolling Stones e dunque si limita a fare il suo lavoretto da modello –che ci sta.

Grazie a chiunque abbia letto questo sclero mentale mezzo fluff, mezzo comico e trenta quarti nonsense e a chi vorrà recensire: alla prossima,
_Rouge
  
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