WE ARE OUT FOR PROMPT
– 31 LUGLIO/02 AGOSTO 2015
Titolo: Fiori d’inchiostro
Personaggi: Ade/Persefone
Prompt ©Karla Rosaria Watson: Ade è un tatuatore e rassicura
Persefone che sta per farsi il suo primo tatuaggio.
Note: modern!AU, AH (All Human).
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Fiori d’inchiostro
Ade aveva osservato per venti
minuti buoni la sua attuale cliente spulciare ogni singola pagina dei libri in
cui teneva i disegni dei tatuaggi, guardandola mentre sul suo viso si
dipingevano le espressioni più disparate – perplessità, disgusto, sconcerto,
curiosità – alle quali, di tanto in tanto, si aggiungevano lievi mormorii.
Con un sospiro tornò al suo
libro – perché, contrariamente alle opinioni popolari, non erano soltanto gli
ex galeotti ignoranti che facevano i tatuatori – e attese che la ragazza
decidesse. Ade capiva l’emozione che si provava per il primo tatuaggio, il
nervosismo e l’eccitazione e persino la paura di un futuro ripensamento causato
probabilmente da amici ficcanaso, ma qui si stava sfiorando il ridicolo:
nessuno varcava la soglia del suo negozio senza avere le idee ben chiare,
grazie anche al cartello che Leuce, la sua assistente, aveva avuto il buonsenso
di appendere sulla porta – un chiaro NO PERDITEMPO.
Dopo aver riletto per la quinta
volta e senza comprenderla la stessa riga, Ade sbuffò rassegnato e si alzò,
sgranchendosi la schiena come un gatto. Visto che per oggi la ragazza era la
sua unica cliente aveva deciso di darle tutto il tempo che voleva, ma l’attesa
lo rendeva irrequieto – non era un uomo particolarmente paziente.
Andò a sederlesi accanto,
allungando le gambe verso il pavimento e intrecciando le caviglie, e
incrociandosi poi le braccia sul petto. «Ehilà», fece con un sorrisetto.
La ragazza sobbalzò, sollevando
gli occhi color miele dall’album e puntandoli su di lui con aria colpevole.
«Scusa», mormorò subito, imbarazzata. «Ci sto mettendo troppo, vero?»
Ade scrollò le spalle come se il
tempo non fosse un problema. «Nah. Ma se ci pensi troppo forse è perché non lo
vuoi fare davvero?» Si chiese perché le stesse parlando in quel modo – gentile
e disponibile, non era da lui – quando quello che avrebbe fatto in una
qualsiasi altra situazione era di esortare il cliente a scegliere o andarsene,
visto che lui di tempo da perdere non ne aveva.
Forse era il suo profumo
inebriante che lo aveva investito appena le si era avvicinato. O forse erano
quegli occhi. Quegli occhi circondati da ciglia bionde accuratamente ricoperte
da mascara nero. Quegli occhi che sembravano quasi d’oro quando la luce al neon
del negozio vi si rifletteva…
Si riscosse da quegli strani
pensieri quando si accorse che lei stava parlando. «…e mia madre ha sempre
avuto il controllo sulla mia vita, ed è soffocante, e non ne posso più – e ora
che vivo da sola volevo trovare un modo per festeggiare la mia indipendenza ed
è da quando ero piccola così che volevo farmi un tatuaggio, okay? Solo che non
so quale fare – vorrei qualcosa che abbia un significato e che sia carino, ma
ce ne sono così tanti e non so decidermi…»
Ade la stava ascoltando, davvero
– o forse era semplicemente distratto dal movimento delle sue labbra rosse e
dalla punta della lingua che spuntava di tanto in tanto per inumidirle – e
stranamente, perché non era davvero da lui!, e le sinapsi del suo cervello
stavano di sicuro funzionando male, scoprì di volerle dare una mano anziché
sbuffare e cacciarla via intimandole di tornare quando aveva le idee più
chiare.
Si sgranchì la voce,
distogliendo lo sguardo da quella bocca che chiamava baci – santo Plutone,
perché le si era seduto così vicino? – e riportò l’attenzione sui suoi occhi.
«Cos’è che ti piace?» Le chiese gentilmente.
Notò le sue guance tingersi
appena di rosso e i suoi occhi cadere sull’album che ancora teneva tra le mani.
«Mh mh… i fiori», ammise con una scrollata di spalle imbarazzata.
Ade annuì, ma invece di pensare
“Ah, tipico” con la sua solita occhiata al cielo, si ritrovò a pensare “Mh,
dolce” con un sorriso appena accennato.
«Okay, allora ti faccio vedere
una cosa», decise, alzandosi e tornando alla sua scrivania. Aprì qualche
cassetto, frugando tra varie carte fino a quando non ne tirò fuori un album da
disegno e ne sfogliò le pagine fin quando non ebbe trovato ciò che stava
cercando. Arrivato alla pagina di suo interesse, annuì ancora con aria
soddisfatta e tornò da lei.
«Ecco, guarda», le disse,
porgendole i fogli. Lei li prese con estrema delicatezza e il suo occhio cadde
immediatamente nel bellissimo e delicato disegno di un ramo di ciliegio in
fiore, con alcuni petali che svolazzavano intorno e un rosa delicato come
colore principale. Senza fiato e profondamente innamorata, ne sfiorò i tratti
con la punta delle dita e tornò sulla terra solo quando si accorse che lui si
era riseduto di fianco a lei.
«Mio Dio, l’hai fatto tu?»
Mormorò ammirata, lanciandogli un’occhiata di sbieco.
Lui annuì ancora, anche se
stavolta sembrava un po’ a disagio. «Mh. In genere non uso i miei disegni, è
più che altro un hobby, ma comunque… Ti piace?» Le chiese, decidendo di
distogliere l’attenzione dal proprio imbarazzo.
La ragazza fece un cenno deciso
col capo. «Lo voglio!» Esclamò direttamente, voltandosi del tutto verso di lui.
«Ah, beh… se non ti dispiace, ovvio. Uh, ti dispiace?»
Ade si lasciò scappare una
risatina, scuotendo la testa. «No, te l’ho fatto vedere apposta. Quindi, è
lui?»
«È lui. Sì. Decisamente»,
reiterò lei.
«E sai anche dove lo vorresti?»
La vide sbattere perplessa le
palpebre, e un ennesimo rossore farsi largo sulle guance. «Mh, non – non ci ho
ancora pensato», ammise con aria sconfitta.
Con l’ennesimo sorriso, Ade
prese ancora controllo della situazione. «Posso?» Fece, allungando
tentativamente una mano. Quando lei annuì, curiosa, lui le posò la mano sulla
spalla sinistra. «Me lo immagino qui», esordì, iniziando a muovere le dita in
un disegno invisibile. «Il ramo parte da qui, sulla scapola… è sottile, e
delicato, e va a finire qui, appena sotto il collo», mormorò, scostandole i
capelli – se aveva sentito il brivido che le aveva attraversato la schiena non
lo diede a vedere. «E poi i petali, qui», proseguì, le dita che continuavano a
solleticarle la pelle nuda. «E qui. Riesci a immaginarlo? Io sì. Sembra molto
bello», concluse, la bocca pericolosamente vicina all’orecchio della ragazza.
Lei deglutì e rilasciò un
sospiro che aveva trattenuto. «Sono… sono sicura che lo sarà», rispose sul suo
medesimo tono, osservandolo con la coda dell’occhio e sentendosi
improvvisamente priva di cuore.
«Perfetto», sussurrò, sfiorandole
– inavvertitamente? – la linea della mascella con la punta del naso. «Posso
sapere anche il nome della ragazza che avrà sul corpo uno dei miei disegni?»
La domanda era innocente, ma il
tono di voce con cui l’aveva posta era profondamente peccaminoso.
«Persefone», le uscì in un
soffio.
Lui sorrise, allontanandosi – ma
non troppo. «Bene, Persefone. Tu puoi chiamarmi Ade», le confidò il suo nome
come se fosse un segreto. Come se lei non lo sapesse. Come se non fosse lui il
motivo per cui lei aveva scelto proprio quel negozio!
Ma questo non glielo avrebbe
detto.
Quando lui si alzò e le porse la
mano, lei lo fissò perplessa. «Vogliamo iniziare? Sei più tranquilla?» Le
chiese con un mezzo sorriso.
Con gli occhi che le brillavano
di eccitazione, lei poté solo annuire.
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Oneshot: 1147 parole