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Autore: Ai_Sellie    04/08/2015    0 recensioni
Tua sorella ha quattordici anni, la passione per il pianoforte ed un ambiguo attaccamento nei confronti della Barbie dai capelli castani e gli occhi verdi che i vostri genitori le fecero trovare sotto l’albero il Natale dei suoi sette anni.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta per la #NotteBianca19 indetta da maridichallenge, sul prompt I remember tears streaming down your face/When I said, "I'll never let you go"/When all those shadows almost killed your light/I remember you said, "Don't leave me here alone" ("Safe & Sound" - Taylor Swift feat The Civil Wars). :3
Vaghissimo incesto, ma così -issimo che alla fine ho deciso di non inserire il warning. C:

 

Di persone silenziose ce ne sono eccome,
sono timide presenze nascoste tra la gente.
Ma il silenzio fa rumore e gli occhi hanno un amplificatore,
quegli occhi ormai da sempre abituati ad ascoltare.

("Persone silenziose" - Luca Carboni)



Tua sorella ha quattordici anni, la passione per il pianoforte ed un ambiguo attaccamento nei confronti della Barbie dai capelli castani e gli occhi verdi che i vostri genitori le fecero trovare sotto l’albero il Natale dei suoi sette anni.
Parla poco, quasi mai, ed è questo il motivo per cui i suoi compagni di scuola non la capiscono e molti la guardano di traverso – o, perlomeno, questo è quello che sostiene la maggior parte dei vostri parenti e la cosa ti ha sempre lasciato un po’ perplesso.
Tu non hai mai avuto problemi a comprenderla da che hai ricordo, perché dovrebbero averne gli altri?
Tua sorella ha quattordici anni e parla poco, quasi mai, ma ciò non vuol dire che non la si possa capire, basta volerlo. Basta guardarla.
« Giornata storta? » esordisci entrando in camera.
Tua sorella è seduta a gambe incrociate sul pavimento, sotto la finestra, la testa china e la schiena appoggiata contro il termosifone.
Le accarezzi con gentilezza i capelli quando le passi davanti per appoggiare la borsa a tracolla sul letto, poi ti accomodi al suo fianco.
Lei continua a sistemare la sua bambola senza dare segni di essersi accorta della tua presenza. Le infila il vestito rosso – quello con i ricami dorati che le hai regalato lo scorso Natale e che ti è costato un intero mese di lavoretti estivi – e glielo allaccia dietro la schiena, sceglie le scarpe da abbinarci, divide i capelli in due ciocche, poi alza gli occhi e si guarda intorno.
Quando le tendi la spazzolina in plastica sbatte le palpebre e ti fissa in silenzio per una manciata di secondi, come se non capisse perché sei lì, poi la prende e comincia a pettinare la Barbie.
Ti sporgi in avanti e le baci la tempia.
« Giornata storta? »
Scrolla le spalle.
« Sono qui, okay? » sussurri, le labbra ancora a sfiorarle la pelle, poi ti rimetti diritto e riappoggi la schiena al muro.
Per un po’ rimani semplicemente seduto lì, in silenzio, a guardarla intrecciare e pettinare, pettinare e intrecciare.
Le sue dita affusolate si muovono con una tale precisione maniacale ed una sottile frenesia che a te sembra così tanto di sentirle urlare a gran voce “c’è qualcosa che non va!” che trovi quasi inconcepibile che qualcuno possa sul serio sostenere che tua sorella sia impossibile da capire.
« Com’è andato l’incontro con l’insegnante? »
Per un attimo hai l’impressione che abbia appena trattenuto il respiro, come fa sempre d’istinto quando sbatte il gomito contro lo spigolo della scrivania, poi si allunga in avanti e prende uno degli elastici sparsi sul pavimento.
Ferma la treccia ed infila le scarpe alla Barbie.
Rimane qualche secondo a fissare il risultato finale, trattenendo il fiato, poi scioglie tutto e ricomincia a pettinare.
« Mi ha detto che se questo è davvero ciò che sogno di fare per tutta la vita è suo dovere fermarmi adesso prima che sia troppo tardi. Che quando suono sembro una gallina ubriaca che è stata liberata sui tasti e che sarebbe meglio che scegliessi un altro istituto, qualcosa più nelle mie corde ».
Le porti una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
« Hey, tu sei brava. È vero, io non sono un pianista e sono di parte, ma tu sei brava, okay? E prima che tu possa domandartelo, lo so perché sebbene tu ci abbia sempre categoricamente impedito di ascoltarti, da ragazzino, qualche volta, ti ho disubbidito e mi sono intrufolato di nascosto nell’aula in cui studiavi con il tuo maestro ».
Fai scivolare il pollice lungo la sua guancia, fino al mento.
« Eri straordinaria allora, figurati quanto puoi esserlo diventata adesso ».
Sorridi al ricordo senza riuscire ad impedirtelo, perché tua sorella è talmente bella, quando suona – talmente brava, talmente lei – che fosse per te ci passeresti la vita, a guardarla.
Continua a pettinare la sua bambola senza mai alzare lo sguardo, poi dal nulla, quando oramai eri quasi convinto che non ti avesse ascoltato, si blocca con la spazzolina a mezz’aria e si volta.
« Ha detto che sembro una gallina ubriaca ».
Trattiene il fiato, ti guarda. « Una gallina, capisci? Io… ».
Scuote la testa.
« Io… ».
« Fa male? »
Lei si morde un labbro, poi annuisce.
« Io non sono una gallina, sono una pianista, una pianista! » asserisce, scuotendo ancora una volta la testa. « Sarò una pianista straordinaria ».
La prendi per le spalle e te la stringi forte al petto.
« Tu sei già una pianista straordinaria, non ascoltare quell’uomo ».
Lei ti si raggomitola tutta addosso, affondando le unghie nella tua schiena, e tu non puoi fare a meno di baciarle i capelli ed amarla in silenzio più di quanto dovresti.
« Sono qui, sarò sempre qui, okay? Non arrenderti ».
  
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