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Autore: L_Lizzy    07/08/2015    0 recensioni
Ed eccoci di nuovo. Questa volta Elisa si trova ad affrontare il ritorno inaspettato di una cotta estiva. Avrà il coraggio di fare il primo passo questa volta?
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tradizione voleva che la classe organizzasse sempre un'uscita prima dell'inizio della scuola. Approfittavamo dell’evento organizzato nella nostra città ogni 29 agosto: nel parchetto si sparavano i fuochi per mettere fine all'estate.
Nonostante la mia ritrosia ad andare non vedere le ragazze per tre mesi mi provocava un po' di nostalgia.

Anche un filino di paura in effetti…

Il fatto che poi non fossi riuscita a sentirle minimamente mi faceva un po' vergognare di me stessa. 
Speravo con tutto il cuore che non ce l’avessero con me. 
A maggio il mio computer aveva esalato l'ultimo “bip” di carica per poi decidere di non riconoscere più il cavo dell'alimentazione; lo avevo mandato in riparazione, ma ancora non ne sapevo niente. Il tempo libero lo passavo telefonando all’assistenza chiedendo se ci fossero sviluppi: dopo la terza telefonata, appena esaurivo con “Sono sempre io, volevo…” ricevevo una cornettata potente nell’orecchio e mentre al centro un impiegato sottopagato si lamentava del mio essere asfissiante io, ovunque fossi, maledivo la lentezza del reparto riparazione.
A giugno passai le prime due settimane di vacanza nella casa al lago dei miei nonni con un’amica conosciuta alla colonia estiva nella quale i miei genitori mi avevo spedito per andare a festeggiare i ventuno anni di matrimonio. In Spagna. Non mi avevano portato nemmeno un sombrero quei due.
Nonostante la lontananza ci siamo tenute in contatto ogni giorno quando è ricominciata la scuola e abbiamo approfittato della prima occasione per passare del tempo insieme. Abbiamo vissuto quelle settimane in funzione del ciclo solare che decretava l'ora in cui alzarci e tornare a coricarci. Gli unici "must" erano prendere il sole (entrambe spicchiamo per pigrizia) e mangiare. Se poi, per un caso fortuito, univano le due azioni nello stesso istante, et voilà, si raggiungeva l'apice della nulla-facenza; non c'era più bisogno di cercare dentro di sé la forza interiore per alzarsi, no! Bastava allungassimo un braccio fuori dalla zona protettiva della sdraio per gioire del refrigerio del pavimento rimasto all’ombra per poi prendere il pacchetto di biscotti portato con noi.
Nel corso di quelle settimane il mio telefono iniziò a dare segni di cedimento fin quando non decise di spegnersi un'ultima volta e non accendersi più.

Scommetto che quell’impiegato starà gridando al miracolo; se mi capite.

Non poterlo più assillare era una delle clausole che papà si era premurato di fornirmi quando mi procurò un nuovo-vecchio telefono. Un Nokia, di quelli che si aprivano a specchietto, che avevo utilizzato i primi anni delle medie. Per quanto il valore affettivo che mi legava a esso fosse elevato perdere tutti i numeri non mi fece un gran che piacere. Dovetti dire addio anche ai media, quali foto e video. Addio dissi anche alla musica che mi accompagnava ovunque andassi nonostante mi funzionasse una sola cuffia. 
Se a questa serie di sfortunati eventi aggiungiamo i miei due mesi di lavori forzati cui mi costrinse il nonno a causa dei miei scarsi risultati scolastici, otteniamo un “eremitismo”, vogliate passarmi il termine, che m’indusse a un silenzio stampa verso qualunque persona che non facesse parte della famiglia.


* * *


Nonostante ci incontrassimo tutti al parchetto nessuno si metteva d'accordo l'uno con l'altro per arrivarci assieme - viva l’organizzazione adolescenziale!
Arrivavamo come unità distinte che mano a mano si inglobavano formando un gruppetto sempre più affiatato. 
Tre mesi di vacanze erano tanti e, di solito, le prime ore le passavamo a raccontare i dettagli delle scabrose vicende amorose, dei bagni di mezzanotte e delle scorpacciate ai buffet stesi, seduti o, più semplicemente, svaccati sui teli che posizionavano sul pratone. 


Temo di avere perso questa prima parte di avventurosi racconti per via del mio mostruoso ritardo. Convincere i miei genitori a lasciarmi andare è stato più difficile del solito; ancora incerti sul fatto che abbia compreso che i miei voti devono necessariamente alzarsi già da settembre alla fine prometto di mantenere una condotta esemplare per tutto l'anno scolastico. A stento si sono trattenuti dallo scoppiarmi a ridere in faccia poiché sappiamo che quella era una promessa che difficilmente avrei mantenuto per davvero. Giovandomi il tutto per tutto con la carta del rientro entro l’una riesco a intascarmi la vittoria.
Una volta arrivata vengo accolta da urla, insulti velati dalle mie care fanciulle riguardati il mio silenzio stampa e applausi per il mio ottimo tempismo poiché subito mi si affianca il ragazzo delle pizze. Così sono costretta a fare il giro, essendo l'unica in piedi, per raccogliere i soldi. Quegli angeli di ragazze hanno ordinato la solita pizza per me ma, quando mi siedo accanto a loro con il cartone sulle ginocchia, le loro espressioni cambiano, mutando i loro tratti facciali in angoscianti maschere che pretendevano risposte. Con un ampio sospiro mi preparo a riassumere il pasticcio estivo che mi ha visto protagonista.

-... e ieri ho terminato i lavori forzati.

Un coro di "Ooooh" ed "Aaaah" si levò al termine del mio spiccio racconto, a quanto pare ora sono troppo occupate a farsi girare il mio Nokia paleolitico e salvare i propri numeri in rubrica da voler conoscere i dettagli…

-Bhe quindi hai conosciuto qualcuno facendo volontariato, chessò… non sei stata a raccogliere immondizia in spiaggia?

… A quanto pare no!
Avevano questo strano chiodo fisso di Grease da un annetto… più precisamente da quando la prof di musica ci aveva costretti a guardarlo e riguardarlo per poi metterlo in scena. 
Se mettevi una fascia loro facevano una battuta su Grease, se ti vestivi a pois eri così Grease, cito solo di sfuggita "l'episodio confetto" durante il quale metà classe si era vestita di rosa e, andando in giro in branco, l'altra metà aveva avuto allucinazioni da bomboniere parlanti per settimane.
Ora, come potessero essere arrivate a chiedermi se avevo conosciuto qualcuno non era altro che l'apice del parallelismo tra la realtà e quel cavolo di musical che ci aveva stravolto la vita.

-Non ho trovato nessun Danny, ragazze. Davvero. Ero troppo impegnata a rimboccarmi le maniche e mettermi sotto.

Captata l'espressione gergale da me ingenuamente utilizzata (per chi non lo avesse capito parlo del "mettermi sotto") ricevetti l'attenzione della classe intera e mentre Clara, e compagnia bella, rideva sotto i baffi Enzo e combriccola mi rivolgevano sguardi languidi, gli occhi luccicanti malizia. 
Deciso che quello era il momento più opportuno per uscire di scena agguantato metà pizza, la piego in due per poi ficcarmela in bocca. In un baleno tutti avevano distolto lo sguardo e l’attenzione non era più su di me e sulla tonalità rosso peperone che aveva acquistato la mia faccia.

-Che schifo Elo! 
-E pensare che dovresti essere una signorina! 
-Sei un porco Elisa.

E giù a ridere della mia finezza pressoché inesistente. Voglio bene a tutti loro e loro ne vogliono a me (nda: sé, certo, certo) ma i miei comportamenti rozzi sono da sempre motivo d’ilarità, e disgusto, generale.

-È QUI LA FESTA GENTE?!

Al solo sentire la sua voce ci alziamo tutti per correre in contro a quel pazzo di Lucas che radioso tiene fra le mani più alcool di quello che sarebbe lecito avere avvicinandosi a noi con lunghi saltelli. Riuscire ad aggirare gli alcolizzati fiondati sulle birre e quelli che gli erano saltati addosso uccidendolo con poderose pacche sulle spalle e potenti testate non era un’impresa da nulla. Non li capirò mai e, tra tutti, in particolar modo Enzo che andava così fiero del fatto che fosse lui quello con la testa più dura. 

Che gabbia di matti. 


Quando finalmente tutti tornano a prestare attenzione alle proprie pizze corro fiondandomi tra le sue braccia mentre gli tiro uno scappellotto rimproverandogli per non essersi fatto sentire (nda. ma la colpa è tua!).
Che dite? No, no e no, siete completamente fuori strada; nemmeno lui è il mio Danny! Spiegarvi il rapporto che ci lega è tremendamente lunga come operazione. Vi basti sapere che siamo cresciuti insieme e che ci riteniamo a vicenda uno l'angelo custode dell'altro.

-Pulce, mi stai tipo strangolando!

E mentre io lo picchio perché odio mi chiami così lui ride bellamente sotto i baffi; insomma, finalmente crescendo avevo riequilibrato la nostra differenze di altezza che da piccini era esorbitante, non meritavo un certo rispetto?
Stavo ancora borbottando su quanto fosse poco da gentleman quel suo comportamento quando mi accorgo di un altro ragazzo alle sue spalle, sotto le fresche frasche d’un albero.

-E lui? 
-Lui è nuovo, da settembre starà in classe con noi.
E via con una hola dei presenti, come se agitare le mani - scoordinatissimi tra loro se proprio vogliamo sottolinearlo - fosse simbolo di benvenuto. Quando se ne rendono finalmente conto si alzano iniziando a presentarsi e io resto l’ultima ad andarci incontro tendando disperatamente di non crollargli addosso inciampando su non so nemmeno io cosa, dopo aver scorto quello che non avrei immaginato di poter scorgere.

-Elisa, piacere.

Valeva come tentativo per distogliere la sua attenzione dalla mia goffaggine cronica?

E mentre aspetto una risposta registro i capelli biondi ricci che cadono sugli occhi e sulle orecchie.

Che sia lui?

La canotta nera di quello che presumo essere un gruppo musicale a me sconosciuto che gli risalta il colorito chiaro della pelle e le scarpe che indossa. Stesso modello delle mie solo di un colore diverso.

Quanto lo avevo preso in giro? Affermavo che avesse comprato delle scarpe da donna mentre ero perfettamente cosciente del fatto che fossi io ad averle comprate nel reparto uomo.

Quando riporto l’attenzione su di lui i suoi occhi sono divertiti…

No è? Tentativo anti-goffaggine fallito. Dovrei tatuarmi sul braccio: “caso umano, prestare particolare attenzione, non stupirsi della sua incapacità nel fare qualunque cosa.”

-Ci conosciamo.
-Eh?

Terra chiama Elisa, ma ci sei donna? 
Ok meglio smetterla con le conversazioni mentali tra me e me…


Dopo essersi tirato indietro i capelli, - dovrei pensare che è sexy? Ci sta provando? Perché sono negata in queste cose? Oh Merlino! – mi sorride.
Capito? Sorride lui, razza di visione scesa dal cielo!

-Sono Mike, ti ricordi vero? Michael… fai uno sforzo, ok, un paio di anni fa abbiamo fatto l’oratorio insieme come animatori!

Oddio, Mike.

In un attimo mi rivedo ballare la canzone dell’estate mentre una schiera di bimbi copia i miei movimenti. Mi diverte parecchio ballare canzoni innocenti come la zia di Forlì. In effetti ero l’unica animatrice che ballava perché tutti gli altri si rifiutavano di ridicolizzarsi in quel modo, parole loro. Lo avevo beccato subito a ridere della mia performance, razza di imbecille.
Inutile dire che lo stesso pomeriggio, casualmente, la mia schiacciata durante il torneo di pallavolo si era andata a infrangere sul suo bel visino. Successivamente, costretta da Don Marco, andai a vedere come stava in quello sgabuzzino adibito a infermeria che avevamo accanto alla cappella – come se lo avessi colpito così forte! 
Ne avrei fatto volentieri a meno ma il Don mi aveva minacciato di non redimermi dai miei peccati nella prossima confessione e io ci tenevo davvero troppo.
Il fatto che ai miei occhi sembrasse un adone era leggermente smorzato dal gonfiore che aveva invaso metà dalla sua faccia. Finimmo per fare amicizia e nel giro di due giorni lo costrinsi a ballare con me la canzone dell’estate. Non era un problema farsi amici i ragazzi, tutt’altro! In tempo record, ancora prima che riuscissi a razionalizzarlo, mi ero preso una cotta bella e buona. 
Le tre settimane che passai lì volarono e per colpa della mia incapacità in questioni di cuore finii per non farmi mai avanti. Non avevo avuto modo di rivederlo perché dopo quell’anno i miei iniziarono a mandarmi in colonia invece che all’oratorio e sinceramente non sapevo se lui ci fosse tornato.

Ora… COME PUO’ ESSERE CRESCIUTO COSI’ BENE?!
Calma Eli, dannati ormoni.


Non so come abbiamo finito per sederci uno accanto all’altra e a condividere quello che resta della mia pizza. Non mi sono mai vergognata tanto come quando lui ha squadrato dubbioso le sagome delle mie fauci rimaste nella crosta. 
Lo sguardo di Clara la diceva tutta, ero un animale.
Mentre le conversazioni riprendono, questa volta coinvolgendo l’intera classe e persino lui, mi accorgo di essere l’unica a non spiccicare parola. Sono troppo concentrata a iper-ventilare perché le nostre ginocchia si stanno toccando.

-Quindi studiavi all’istituto privato?
-E com’era?
-Perché hai cambiato?
-Non sembri un figlio di papà!
-Com’è che ti chiami, mi sono già scordato…

Nonostante lo stiano sobbarcando di domande, lui tranquillo risponde e ogni tanto, cioè ad ogni due parole, si voltava verso di me sorridendo, SORRIDENDO.
Il mio cuore non avrebbe sopportato a lungo così, con somma gioia, accolgo l’arrivo dei fuochi. 
Come dicevo all’inizio quella è una tradizione che portiamo avanti dal primo anno di liceo così come è tradizione anche osservarli stesi a pancia in su, puntando il naso dritto verso il cielo. 
Ma lui non può saperlo quindi mentre tutti si sistemano, chi mettendosi la borsa sotto la testa come cuscino e chi accoccolandosi vicino a qualcun’altro, io mi giro verso di Mike e posate le mani sulle sue spalle faccio un po’ di pressione per farlo stendere. 
I suoi occhi sono di nuovo nei miei - dannata estate, viene scuro subito così non posso goderli appieno! 
Mi metto giù anche io e con gli occhi sbarrati da una nuova consapevolezza cerco di prestare attenzione allo spettacolo pirotecnico che si sta tenendo sopra le nostre teste.

Cosa diavolo mi succede? Devo controllarmi!

Non posso impedirmi di girare il volto verso il suo sorprendendolo a guardarmi. 
Non immaginavo nemmeno che la serata avrebbe avuto questi sviluppi, le luci dei fuochi illuminano sporadicamente il suo viso e io non riesco a farmi violenza per interrompere questo scambio di sguardi. Semplicemente smetto di provarci. 
Ci guardiamo, e non posso che iniziare a sperare.

Che sia la mia seconda possibilità, Danny?

Con quella silenziosa preghiera rivolta a quel buon pezzo di ragazzo mi faccio coraggio, insomma se Sally per conquistare il suo Danny si era dovuta vestire di pelle io potevo farlo un piccolo sforzo! 
E’ così che avvicino la mano alla sua fin quando le nostre dita non si intrecciano.

Paradise.


* * *

Quella notte prima di andare a dormire ricevo un messaggio e, in un remoto angolo della mia mente, ricordo di avere visto il mio paleozoico telefono nelle mani del mio angelo custode.

*Notte animatrice, M.*
 
 
 
 
 
 
 




 
Gazebo d'autrice (?):
Salve a tutti carissimi! Sono ancora qui a stressarvi con queste shot senza capo ne coda spero non perdiate la voglia di lasciarmi un parere perché mi rende davvero felice sapere cosa ne pensate! 
Buone vacanze, in ritardo, a tutti :)
*Hug*
  
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