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Autore: jaybird    07/08/2015    3 recensioni
Argh, è la prima prima ff basata su piccoli eventi (inventati obv) della Batfamily che scrivo... e sinceramente spero di non aver fatto così tanta pena come sembra, lel. Buona lettura!♥
Genere: Comico, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bat Family, Batman, Dick Grayson, Jason Todd
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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L’aria era frizzantina e si poteva chiaramente respirare nell’aria quella sensazione di euforia. Per alcuni era la prima volta, per altri era una cosa abituale. L’ennesima serata di beneficenza che, come sempre, si svolgeva a villa Wayne.
Era un po’ come se l’immensa dimora di Bruce fosse stata creata appositamente per serate come queste; il fatto di accogliere le persone più prospere di tutta Gotham, viziarle, intrattenute con la parlantina del proprietario di casa e convincerli a fare qualcosa di giusto, per una buona causa. Qualche battuta, persino dei sorrisi— e l’immancabile ricerca della compagnia che, Bruce, si sarebbe tenuto quella notte.
A Jason non piaceva.
Si lasciava coinvolgere in quelle serate, era ovvio faceva parte della famiglia. Acconsentiva il fatto di conciarsi come un perfetto /idiota/, con tanto di papillon che lo opprimeva. Si lasciava persino acconciare i capelli, va bene? Ma proprio non tollerava il fatto che qualcuno ronzasse intorno al proprio mentore. C’era qualcosa di profondamente sbagliato in quella gelosia, era ovvio, ma se veniva definita ''possessione'' era una cosa meno malata? No? Usare il termine ''marcare il proprio territorio'', nemmeno? Ben poco gli importava, era troppo tardi per farsi una specie di coscienza, ora come ora— e poi era Jason Peter Todd, faceva quello che voleva, seconda la sua morale. Ma, esattamente, come avrebbe potuto competere un ragazzino con una donna attraente e che stuzzicava Bruce? Semplice, si sarebbe comportato come aveva sempre fatto (comportamento che gli era stato imposto di non dimostrare, in serate come queste. Dopo tutto, uscire in pattuglia, non era l’unico momento in cui avrebbe dovuto indossare una maschera).

« Stai supervisionando il boss, little wing? »

Dick Grayson, alias: il primo robin. Alias: il rivale più acerrimo con il quale si era imposto di battere. Alias: una delle tre persone di cui nutriva un grande rispetto (le altre erano Bruce ed Alfred). La domanda postagli sembrava quasi essergli cinguettata e, sebbene Jason non lo stesse guardando in faccia, poteva ben immaginare che smorfia divertita potesse avere sul viso bronzeo, in quel preciso istante. Non vi fu una vera e propria risposta, semplicemente ci fu quello che sembrava proprio essere un rantolo; avete presente un grosso rospo che gracchia? Ecco. Solo che quel grosso rospetto si mostrava particolarmente con un’espressione offesa, quasi indignata, con tanto di braccia incrociate al petto, giusto per incorniciare al meglio quella postura di /totale/ disapprovazione. In sottofondo con quel brusio di voci, vi fu una risatina, da parte di Dick che, questa volta, fece attirare l’attenzione del Ragazzo Meraviglia per un breve istante, giusto quell’attimo che bastava per lanciargli una fugace occhiataccia, per poi tornare sul proprio obbiettivo.

« Deve pur mantenere credibile la sua facciata da ''palyboy''. »

Commentò, conscio di quello che potesse provare Jason, in quel momento. Ci era passato anche lui, in fin dei conti.

« A volte penso che gli piaccia anche fin troppo, quel ruolo. »

Continuò, lasciando sfuggire un filo di ironia, non potendo che puntare gli occhi sulla figura dell’ex-mentore, mentre andava a bisbigliare qualcosa all’orecchio della propria preda. Quella ride. Attraente senza alcun dubbio. Richard, in un sorso, andò a finire lo champagne che teneva nel bicchiere.

« A me non piace. »

Borbottò, Jason, in tutta risposta a quel ragionamento, senza preoccuparsi troppo di quello che avrebbe potuto pensare l’ex robin. Non era il primo che poteva dire che Bruce era tutto quello che aveva, che doveva a lui tutto quello che era diventato oggi e che gli era grato per avergli visto quel qualcosa che nemmeno lo stesso Jason non sembrava aver notato in se stesso… ma lo faceva lo stesso e, a prescindere, aveva tutto il diritto di mostrarsi in disapprovazione, sebbene Bruce facesse finta di non notarlo. Il maggiore accanto a lui, andò a puntare le iridi turchine nuovamente verso il basso, non potendo proprio fare a meno di esaminare quelle sopracciglia corrucciate e quel broncio, continuando a sentire dei rantoli di tanto in tanto, trovandolo semplicemente adorabile, lasciandosi sfuggire un’altra risata. Non disse nulla, sebbene andò ad attirare l’attenzione del minore ancora una volta facendogli arricciare il naso, andando a posare una mano sulla nuca altrui, non curandosi particolarmente se Jason approvasse o meno, andando a scompigliargli quell’acconciatura che non gli addiceva proprio.

« Ehy! Che stai—?! »

Non ebbe nemmeno il tempo di finire quella domanda che andò ad incrociare l’espressione del maggiore. Stava sorridendo, ma era una smorfia che non aveva ancora avuto l’occasione di notare. Era come se quel sorriso avesse un tono amaro, quasi come se lo compatisse, come se potesse veramente sapere quello che stava provando in quel momento (non che lo stesse nascondendo), ma era una strana sensazione e basta.

« Abbi pazienza, little wing. »

Avrebbe dovuto arrabbiarsi? Avrebbe dovuto rispondere con qualcosa? Avere pazienza per cosa? Jason e la parola ''pazienza'' non potevano combaciare nella stessa frase. Non ebbe il tempo di poter formulare una frase che l’ex Ragazzo Meraviglia era sparito, immergendosi in quel party che sperava solo potesse avere una conclusione. Aveva bisogno decisamente di aria— o meglio, di fumo. Probabilmente, dopo che /qualcuno/ sentirà quel fetore, sicuramente, verrà ripreso… ma era una cosa alla quale avrebbe pensato più tardi: ora c’erano solo lui, il silenzio, un filo d’aria fresca e il rumore della sigaretta che veniva consumata poco a poco. Avrebbe dovuto cercare un posto migliore, magari uno che potesse nasconderlo, senza che Alfred o Bruce (o qualcun altro) lo scoprissero. Dopo tutto, Bruce non mancava mai di riferirgli quanto disapprovasse il fatto che continuasse a coltivare quel brutto vizio e che anche se Jason gli faceva il favore di farlo di nascosto, l’odore del catrame era impossibile da nascondere. E poi sembrava stupido a prescindere provare a nascondere qualcosa a Bruce Wayne. A Batman. Al più grande detective del mondo. Le braccia erano a penzoloni, appoggiate e allungate sul cornicione della terrazza, mentre le dita della mano destra reggevano la sigaretta, in una posizione tale che il membro più vecchio della famiglia riterrebbe ''inappropriata''. Un’altra boccata di fumo, prima di andare a disfare la propria acconciatura, con la mano sinistra, prendendosi anche la briga di andare a disfarsi il nodo che sembrasse quasi soffocarlo. Per lui, quel party, non era mai iniziato. Se gli fosse stata una scelta, sarebbe rimasto chiuso in camera sua fino alla fine— ma poi chi avrebbe sorvegliato Bruce?

 « Stronzo. »

 Farfugliò, tra se e se, venendogli quasi naturale dover proclamare quel termine, nell’immaginarsi Bruce che, ora, all’interno della casa, stava continuando a fare il casca morto con qualche donna.

« Mi sembrava essere già stato abbastanza chiaro sui termini da dover usare, Jason. »

Non si era mai sbagliato così tanto nella sua vita.
Il tono di voce imperioso, quasi un tuono, lo fa sobbalzare sul posto, tornando in una postura talmente eretta che persino Alfred sarebbe orgoglioso di lui, andando a buttar via la sigaretta, ormai consumata, nel modo meno discreto che potesse mai fare, finendo, poi, con il voltarsi in modo lento, quasi cauto, sapendo che non era nemmeno il caso di girarsi per poter immaginare che razza di espressione potesse avere sul viso, il maggiore. L’espressione soldatesca, la solita, forse con un pizzico in più di cipiglio, mentre teneva le braccia rigorosamente al petto, come se fosse pronto ad aspettarsi una chissà quale scusa da parte del minore. Era così prevedibile?

« ... occhio non vede cuore non duole? »
« E dell’olfatto, invece? »

Aouch. Colpito e affondato. Poteva dire di averci provato, giusto? Non aveva nulla di cui scusarsi, perché avrebbe dovuto? Lo sapevano sia lui che Bruce che non avrebbe smesso con quel vizio se non di sua spontanea volontà. E che, a dircela tutta, nascondergli il pacchetto di sigarette quando si stava in una casa dove il proprietario aveva sempre il portafoglio gonfio di soldi, non era una cosa intelligente e che quindi, non risolveva proprio nulla. Per questo Jason non dice nulla, emettendo solo un verso incomprensibile, quasi di frustrazione, mentre pensò bene di dare le spalle al maggiore, come se, nell’ignorarlo, se ne sarebbe andato via.

« Pensavo saresti stato abbastanza sveglio da smetterla. »
« Magari non voglio. »

Bruce tira un grande sospiro, prima di andare a sciogliere le braccia al petto, andando ad avvicinarsi al cornicione, insieme al minore. La fortuna di abitare fuori Gotham e che, alla villa, non c’erano grossi problemi di umidità e quella lieve brezza del vento, sembrava essere quasi terapeutico. I gomiti vengono appoggiati lungo il cornicione, mentre la figura più piccola, a pochi centimetri da se, si sposta, quasi come per fargli un dispetto, volendo stargli lontano. Bruce decide di rimanere sul posto, andando a lanciare una fugace occhiata a quel broncio, prima di tornare sopra l’immenso giardino. Sapeva che a Jason non erano mai piaciute queste feste. Erano rare le serate in cui non c’era motivo per andare a pattugliare su Gotham e, più e più volte, Jason aveva proposto quelle serate con un film o qualcos’altro. Ma Batman, dopo tutto, doveva anche pensare alla vita Bruce Wayne. E quale modo migliore era se non continuare con quelle serate di beneficienza? Forse era troppo egoista, non pensava di star sbagliando qualcosa, dopo tutto.

« Non ti piacciono queste feste? »
« Mi stai davvero chiedendo questa cosa, Bruce? »
« Non piacevano nemmeno a me. »

E dire che era partito con il presupposto di fargli una ramanzina. La solita. Ma poi a cosa sarebbe servito? Bruce continuava a rimproverarlo e Jason continuava a non ascoltare; era una perdita di tempo a prescindere. Ma il fatto di aver trovato qualcuno più cocciuto di lui era… estenuante? Come direbbe Alfred. Tutta via, la risposta a quella domanda retorica, fece voltare il viso del minore, in modo discreto, come per fargli intendere che gli aveva attirato una certa curiosità— ma non così tanta da fargli chiedere il motivo, dopo tutto, era ancora offeso per il fatto di essere stato ignorato per tutta la serata. Per sua fortuna, Bruce, era abbastanza sveglio da capire da solo quel linguaggio del corpo, tant’è che riprende a parlare. Inutile dire che spiegò il semplice fatto che anche Thomas Wayne, suo padre, era sempre molto occupato con queste sue feste di beneficenza e che Bruce avrebbe sempre preferito passare quelle serate in modo più unito. Ma i suoi capricci non venivano mai ascoltati e la scusa del padre era sempre la stessa: ''lo faccio per rendere Gotham più grande, più sicura. Lo faccio per te, Bruce.'' Ma, a conti fatti, parlava con un bambino e solo non dopo molto tempo, il suddetto, poté capire il significato di quello che suo padre, dedicatosi anima e corpo, stava facendo. E, in un modo o nell’altro, sperasse che potesse capirlo anche Jason.

« Lo faccio per i miei genitori.
Lo faccio per te, Jason, per Dick e per Alfred. »

E quella giustificazione doveva essere più che eclatante a far sentire Jason un po’ più stupido, specialmente se poi erano rari i momenti in cui Bruce andava a confessare determinate cose. Insomma, per quanto la giustifica di quelle feste fosse più che nobile, non toglieva il fatto che il minore disapprovasse il fatto di essere ignorato e di dover sorbirsi tutte quelle domande, un po’ come se fosse  il nuovo trofeo (o cucciolo?) di villa Wayne. Senza contare che del perché facesse tutto quello, nel sentir menzionare il proprio nome, le guance di Jason presero a pizzicare un po’, come se non si aspettasse una cosa del genere e, soprattutto, come se non si aspettasse quell’insensato imbarazzo.

« —si, beh, queste feste sono una noia comunque. »

Disse, semplicemente, prima di andare a riavvicinarsi un po’ di più verso la figura altrui, sempre messo di fianco a se. Bruce non potette fare a meno di pensare che, a conti fatti, prima di essere un partner, il Ragazzo Meraviglia, era un ragazzino. Un ragazzino molto impertinente. Si lasciò scappare un fievole sorriso nell’ombra.

« Vuoi andare a prendere un po’ d'aria? »

Che, nel loro linguaggio, significava semplicemente una cosa sola: prendere il mantello e fiondarsi a Gotham. Inutile dire come Jason sembrò dimenticarsi all’istante del perché si fosse offeso con il maggiore, andando ad illuminarsi, non potendo essere in grado di  nascondere tutta quell’approvazione per quell’idea.

« Certo che si, vecchio! »




*** *** ***




« Ti ho sentito, Dick. »
« Perché non avrei dovuto farmi sentire, little wing? »
« Piantala di chiamarmi così. »

Dick Grayson, ex Ragzzo Meraviglia. Nightwing. Una delle persone di cui nutriva un grande rispetto. Uno stupido.

« Che cosa vuoi? »
« Mi auguravo solo che non ti cacciassi nei guai. »
« Ti sembro quel genere di ragazzo? »

Un’immancabile velo di ironia.

« Peggio. »

Anche quando sembravano essere passati anni, il maggiore sembrava sempre trovare il motivo per farlo ridere. O per farlo sentire una persona peggiore? Non rispose, Red Hood, finendo con il buttare la sigaretta che, dopo quell’ultimo tiro, venne buttata giù dal grattacielo, così con l’andare a prendere il binocolo, scrutando l’area da una determinata lontananza. Ed ecco quella figura che avrebbe riconosciuto anche senza il binocolo. Quella smorfia beffarda che teneva sul viso, va via via a sfumare, tornando a dei tratti apatici— inutile dire che Dick se ne accorse, andando a puntare lo sguardo in direzione dove sicuramente lui si trovava.

« Stai supervisionando il boss… little wing? »

E, come un sacco di cose che rimangono immutate, un profondo rantolo, da parte di Jason, fu l’unica risposta. 
  
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