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Autore: moonlight97    07/08/2015    1 recensioni
La storia è ambientata in Francia tra il XVI e il XVII secolo. Carlos, il protagonista, arriva a Calais, città portuale della Francia settentrionale, per affari; là tra amore, amicizia e un po' di mistero quella che sembrava essere iniziata come una semplice avventura spensierata si trasformerà in un qualcosa di molto più pericoloso e Carlos e i suoi amici dovranno mettercela tutta per spuntarla.
Genere: Avventura, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per Sempre


Il tesoro fu caricato a bordo e Victor e i suoi uomini legati e rinchiusi nella stiva, dove rimasero per tutto il tragitto. Durante il viaggio Carlos e Julien si riposarono poco o nulla: dovevano pensare a come agire una volta tornati in città, a cosa dire alle forze dell'ordine e a come fare tutto senza destare l'immediato sospetto da parte di Van Khal, che si aspettava di rivedere i suoi scagnozzi e Foyr in particolare a breve. Arrivarono a Calais verso metà mattina, quando il porto era gremito di persone. Carlos e Julien, appoggiati al parapetto, osservavano il viavai della gente.

“Tutto questo, amico mio, rimarrà nella storia.” disse Carlos, battendogli una pacca sulla spalla.
Ça va sans dire.

Sulla nave rimasero Nick, Remy, Pierre e Killian, per evitare che qualcuno dei 'prigionieri' provasse a scappare; gli altri invece si recarono subito dalle forze dell'ordine per rivelare tutto quello che era successo nei giorni precedenti. Durante il viaggio avevano calibrato per bene le parole da usare: c'era soltanto un problema, peraltro non indifferente, ossia farsi credere dagli ufficiali. Dopotutto era la parola di alcuni ragazzini contro quella dell'uomo più illustre e potente della città. Non appena arrivarono al palazzo di giustizia, Carlos si mise a sbraitare come al suo solito per farsi dare ascolto da qualcuno e né Elyse né suo fratello riuscivano a tenerlo fermo. Finalmente riuscirono a farsi portare dall'ufficiale capo di Calais, che, com'è ovvio, non era ancora riuscito a trovare l'assassino di DuBarry.
“Quindi voi tre sostenete di avere delle prove riguardo all'omicidio, eh?” disse l'uomo con aria scettica. L'ufficiale capo si chiamava Hans D'Igny ed era un uomo corpulento e scorbutico, che non ispirava alcuna fiducia nei tre ragazzi.
“Signore, so per certo di essere stata rapita. Non vorrei essere indotta a pensare che voi stiate mettendo in dubbio le mie capacità cognitive... o peggio.” iniziò Elyse, stranamente sfacciata.
A quelle parole, il procuratore fece uno scatto sulla poltrona.
“Come vi permettete?”
Elyse era già pronta per rispondere per le rime però dovette sforzarsi di rimanere in silenzio, quando sentì suo fratello che le poggiava una mano sulla spalla, gesto che voleva dire “stai zitta o questo ci butta fuori a calci”.
A quel punto Julien e Carlos presero la parole e, ora l'uno ora l'altro, spiegarono tutto al procuratore, lasciandolo allibito.
“Voi... Voi state accusando il Edmund Van Khal, non è forse così? Sapete chi state accusando e quale è il peso delle vostre indiscrezioni?”
I tre ragazzi rimasero in silenzio: erano tutte cose che sapevano benissimo, ma quella e soltanto quella era la verità, per quanto assurda potesse sembrare.
“Adesso, se non vi dispiace...” concluse l'uomo, accompagnando le parole con un gesto che invitava i tre ad andarsene. Carlos e Julien si alzarono in piedi e si avviarono in silenzio verso la porta; Elyse rimase a sedere, quasi stesse rimuginando su quanto era stato detto.
“Mi dispiace!” esclamò alzandosi in piedi “Che ci crediate o no questa è la pura e semplice verità. Ora, ascoltatemi bene: se volete veramente comportarvi secondo giustizia, manderete degli ufficiali da Van Khal e perlustrerete ogni centimetro della sua abitazione, finché non avrete trovato prova della sua colpevolezza.”
Detto questo, roteò su se stessa e uscì dalla stanza, seguita da Carlos e Julien che ridevano sotto i baffi per la reazione dell'ufficiale capo.

 

Van Khal non sospettava niente di tutto ciò, anzi attendeva con trepidazione l'arrivo del tesoro; lo stupore misto ad orrore, che comparve sul suo volto, quando vide gli ufficiali armati piombare dentro la sua abitazione, è inenarrabile. Perlustrando furono ritrovate lettere indirizzate ad alcuni illustri esponenti dell'aristocrazia francese in procinto di essere spedite; furono rinvenute, rinchiuse in una cassaforte, le lettere tra DuBarry e il padre di Carlos, lettere di cui Van Khal si era impossessato per orchestrare il suo piano nei minimi dettagli ed infine uno dei mantelli era sporco di sangue e in un risvolto interno di quello era ancora riposto il pugnale sporco di sangue, con cui era stato compiuto l'omicidio. A nulla valsero le parole di Van Khal e le sue patetiche spiegazioni.
“Certo che potevi sbarazzartene molto prima... Ecco cosa succede a chi pecca di presunzione!” commentò sarcastico Carlos mentre faceva il suo ingresso nello studio di Van Khal.
“Tu, stupido ragazzino!” disse digrignando i denti, non appena lo vide.
Gli ufficiali della guardia reale fecero per prenderlo, ma l'uomo fu più veloce: sfilò la spada dal fodero di uno e colpì un altro ferendolo al braccio. Van Khal era sul punto di lanciarsi verso la porta quando spuntarono altri ufficiali con le spade puntate contro di lui. L'uomo, disperando della salvezza, scattò verso la finestra e salì sul cornicione. Si ergeva, pur nella sua paura, minaccioso e scrutava con sguardo carico di odio tutti i presenti.
Sic transit gloria mundi.” disse, con tono fermo e deciso.
Poi si gettò dalla finestra, aprendo le braccia, quasi fosse il suo ultimo volo; sì, perché Van Khal, come Icaro, era volato troppo vicino al sole. Si schiantò a terra, cospargendo il terreno di sangue, e non sopravvisse, com'è naturale, all'impatto. Il corpo fu preso dalle guardie e portato al cimitero del posto perché fosse inumato: pur avendo avuto una condotta morale opinabile, era pur sempre figlio di Dio e come tale meritava degna sepoltura. Carlos tornò alla nave e raccontò agli altri quanto era successo. Infine Victor Foyr e gli altri uomini che erano stati alle dipendenze di Van Khal furono consegnati alle autorità e subirono un giusto processo.

I due gemelli furono i primi a partire; il giorno successivo alla fine dell'evento “Van Khal”, si imbarcarono da Calais alla volta di Rotterdam. Com'è ovvio, Carlos e gli altri erano andati a salutarli e tutti erano un po' tristi di separarsi gli uni dagli altri.
“Mio fratello ed io vogliamo davvero ringraziarvi di cuore: siete stati degli amici straordinari e ci avete fatto vivere un'avventura che ricorderemo per sempre.” disse Pierre con la voce lievemente incrinata dall'emozione.
“È stato un vero onore poter passare tutto questo tempo con voi.” aggiunse Remy guardandoli uno per uno dritto negli occhi.
Carlos, che aveva ascoltato tutto con viva compartecipazione emotiva, saltò letteralmente addosso ai due ragazzi esclamando.
Abrazame!”
Si aggiunsero poi tutti gli altri e quello divenne ben presto un forte abbraccio di gruppo.
Dopo essersi separati, Remy e Pierre salirono a bordo della nave, che sarebbe partita a minuti, mentre gli altri se ne ritornarono sui propri passi. Elyse, senza riuscirci, cercò di nascondere le lacrime, asciugandosi alla svelta con un fazzolettino.
“Sorellina! Non ti facevo così emotiva...” scherzò Julien, pizzicandole una guancia, cosa che non faceva ormai da quando erano cresciuti entrambi.

Seguì a distanza di qualche giorno Nicholas: aveva infatti ricevuto una lettera di suo padre, nella quale si congratulava col figlio per quanto aveva contribuito a fare e lo invitava a fare ritorno il prima possibile a Londra, dove c'era bisogno di lui per questioni “di estrema, estremissima importanza. S'imbarcò anche lui di prima mattina e si ripeté la stessa storia di qualche giorno inanzi: abbracci, scambio di parole dolci, auguri di buon viaggio e pacche sulle spalle.
Tre giorni dopo la partenza dell'amico, Carlos aveva ricevuto una lettera e, dopo averla letta ed essersi ribaltato dalla sedia dalle risate e dallo stupore, era corso subito a casa di Julien.
“Caro Carlos,” iniziò il ragazzo a leggere “scrivo subito a te perché tanto so che la divulgherai a tutti subito dopo averla letta. Una volta arrivato a Londra, ho scoperto subito quali fossero queste questioni di 'estrema, anzi estremissima' importanza: non appena sbarcato, mi si sono fatti incontro mio padre, mia madre, le mie sorelle ed una strana persona incappucciata. Insomma, siccome so che i dettagli non ti interessano, vengo al dunque: mi sposo. La fanciulla (fortunata o meno lo stabilirai tu) si chiama Charlotte Ziegfield, è di buona famiglia, alta e con folti capelli scuri, neri come l'ebano. Mio padre e il suo hanno organizzato tutto durante la mia assenza, per farmi una sorpresa, e che sorpresa! Il matrimonio si svolgerà fra qualche mese e ci terrei davvero alla vostra presenza.”
Lo stupore sulla faccia di Elyse e Julien era inenarrabile.
“Amo i matrimoni!” esclamò Elyse, scattando in piedi “E poi ho appena comprato un vestito che è veramente bellissimo e aspettavo solo un'occasione importante per indossarlo!”
Bah! Ci manca solo che mi impazzisca la sorella, pensò Julien guardandola con aria interrogativa.
Carlos intuì i pensieri dell'amico e, battendogli una pacca sulla spalla, si mise a ridere di gusto.

Il sole stava per calare e Killian era disteso su uno scoglio e si riposava ascoltando il rumore delle onde del mare, che battevano la spiaggia deserta. Amava andare in quel posto quando non c'era nessuno: era ottimo per schiarirsi le idee o soltanto per stare un po' al riparo dai mormorii della gente. Chiuse gli occhi per qualche istante e quando li riaprì vide Elyse in piedi davanti a lui.
“Ti ricordi?” gli disse mentre si sedeva “Venivamo sempre qui a giocare quando eravamo bambini. Tu stavi sempre con mio fratello e io vi guardavo giocare, mentre raccoglievo conchiglie insieme alle mie amiche. Sai, ti ho sempre ritenuto un tipo affascinante e misterioso in una qualche maniera.”
“Lo devo prendere come un complimento?” chiese, sorridendo.
La ragazza rispose di sì con un cenno del capo, arrossendo.
“Invece per me sei sempre stata la sorellina del mio amico Julien, ma adesso be'... sei cresciuta! Diamine se lo sei!”
Stettero in silenzio per qualche istante con lo sguardo rivolto verso il mare che si estendeva sterminato davanti a loro. Né lui né tanto meno lei osavano chiedere come trattare quella storia dello scherzo a Julien, perché alla fine avevano paura di far del male l'uno all'altra.
Alla fine Killian si fece coraggio e ruppe il silenzio.
“Direi che la storia, o qualunque cosa fosse, tra me e te sia giunta dunque al termine.”
Elyse, pur aspettandosi che la conversazione li avrebbe portati lì, rimase senza parole lo stesso.
“Suppongo che ormai sia il momento opportuno, sì.” rispose, tentando di mostrarsi sicura. “Io sento... Io so di amare qualcun altro... Io...”
“Carlos. Tu ami Carlos.” disse lui concludendole la frase. “E lui ama te. Non sarò certo io a essere d'intralcio alla vostra felicità.”
“Ma dimmi soltanto una cosa prima: tu hai mai provato qualcosa di più per me?”
Si pentì subito dopo di aver fatto quella domanda. A volte si sentiva veramente stupida.
“Elyse,” rispose il ragazzo con voce calma e tranquilla “che differenza farebbe?”
La ragazza gli diede un breve bacio sulla guancia e poi si alzò.
“Ciao, Killian.”
“Ci vediamo in giro, signorina Montfleur!”
Con quel gesto lui capì che lei non aveva alcuna intenzione di escluderlo dalla propria vita, da quelle parole lei aveva dedotto che la loro amicizia era salva. Entrambi tirarono un sospiro di sollievo: avevano finalmente chiarito. Killian tornò a contemplare la spiaggia, mentre lei tornava a casa dal fratello.

Era passata appena una settimana da quando avevano fatto ritorno a Calais ed avevano smascherato Van Khal e da quel giorno la vita di Julien era tornata alla normalità, se non per Carlos che andava e veniva, portando sempre nuove notizie. Ormai aveva capito che le visite dell'amico erano un più un pretesto per vedere anche Elyse, però la cosa gli andava bene: preferiva certo che sua sorella si fosse innamorata di un giovane per bene e di cui lui si fidava che di un pazzo avventato e scavezzacollo. Era seduto sul letto e leggeva un libro di cui non gli importava veramente molto ma tutti gliene avevano parlato e così aveva deciso di leggerlo.
“Julien! C'è una lettera per te.” disse la sorella, facendo irruzione in camera sua.
Il ragazzo la prese e la lesse. Non poteva credere ai suoi occhi: dopo gli eventi che si erano verificati, all'interno della città si era formato un consiglio per colmare il vuoto lasciato dalla figura di Edmund Van Khal. I membri di questo consiglio, a quanto si leggeva in quella missiva, avevano, su insistenza di un tale, ricevuto il nome di Julien come “più idoneo a prestare aiuto e sostegno al consiglio in questa difficile circostanza, nonostante la sua giovane età, che veniva peraltro compensata dall'aver versato un contributo non indifferente a rivelare i deplorevoli intenti del Magnate Edmund Van Khal e dall'esperienza nello svolgere attività di scambio commerciale-mercantile.” Rilesse quella parte più e più volte senza riuscire a crederci. Si decise a prestar fede a quelle parole solo quando la sorella lo minacciò di prenderlo a schiaffi per vedere se si trattava di un sogno.

Iniziò così la seconda settimana da quando la vita era tornata per tutti alla normalità. Con suo dispiacere, Julien notò che le visite di Carlos si facevano più rade ed anche quando si vedevano l'amico sembrava, per così dire, spento rispetto al solito; gli aveva chiesto più e più volte se c'era un qualche problema e se avesse bisogno di una mano per risolverlo, ma l'amico l'aveva sempre liquidato con un “Tranquillo, è tutto a posto”. Il martedì di quella settimana, Elyse si decise ad andare a trovarlo alla locanda dove alloggiava insieme al padre.
“Stai partendo?” domandò lei con amarezza, quando lo vide intendo a chiudere un borsone.
Carlos le rivolse uno sguardo triste: era chiaramente lacerato dal dolore.
“Elyse, aspetta!” esclamò, vedendo che la ragazza aveva voltato le spalle e correva giù per le scale.
Per strada circolavano persone che non sembravano curarsi di loro.
“Mi dispiace. Non è stato facile, ma....”
“Ma cosa?! Su, dimmi!”
“Parto fra due giorni e credevo che, vedendovi meno prima di andarmene, avrei sofferto meno nel dirvelo. Sono stato uno sciocco.”
“Sì, lo sei stato.”
La ragazza, presa dalla rabbia, gli tirò uno schiaffo, così forte da lasciare un segno immediato; poi si avviò sulla strada di casa. Carlos non la seguì, non ne aveva la forza e se ne tornò in camera col cuore spaccato a metà.

La notte prima della partenza, Carlos non riuscì a chiudere occhio. Era tormentato e non appena provava ad addormentarsi vedeva i volti di tutti quelli a cui teneva lì a Calais e poi gli appariva Elyse, in lacrime. Ripensò al loro litigio del giorno prima e si odiò per quello che aveva fatto. Non aveva sentito nemmeno Julien.
“Bene. Forse mi odia anche lui adesso.” bisbigliò a bassa voce.

Ma Carlos non era mai stato un tipo che si autocommisera perciò si alzò di scatto dal letto e si precipitò a casa di Elyse. Vide una luce accesa e tirò un sospiro di sollievo. Bussò alla porta. Gli aprì Julien, che rimase alquanto stupito.
“Julien! Oh, Julien!”
Carlos l'abbracciò e si rese solo in quel momento di non averlo mai fatto prima. Avevano passato abbastanza tempo insieme e si consideravano amici ma non c'era mai stata nessuna grande dimostrazione d'affetto.
“Elyse mi ha detto tutto. Non ti preoccupare le passerà; io sono già a posto.”
Gli rivolse uno dei suoi grandi sorrisi rassicuranti e Carlos rimase allibito. Non lo detestava? Come era possibile? Dopotutto Julien era Julien: una persona più unica che rara.
“Posso salire da lei?”
L'amico annuì e l'altro si precipitò su dalla ragazza che, in camicia da notte, si spazzolava in capelli davanti allo specchio.
“Cosa ci fai qui a quest'ora?”
Non lo guardò nemmeno negli occhi.
“Elyse, non immagino un giorno senza di te, da quando ti ho incontrata. Non immagino un giorno senza vedere i tuoi occhi o senza sentire la tua voce o la tua risata. I giorni in cui non sono passato a trovarvi sono stati una tortura e le ore passavano appuntite come coltelli attraverso il mio petto. Mi dispiace e non so come scusarmi per quello che ho fatto. Ti chiedo solo di perdonarmi: non posso sopportare l'idea di te che mi odi.” disse, il respiro affannato.
La ragazza lo ascoltò fino alla fine e non poté trattenere le lacrime; si avvicinò e, dopo avergli gettato le braccia al collo e poggiò la testa sul suo petto: poteva sentire il battito accelerato del suo cuore.
“Ti perdono.” disse quasi impercettibilmente.
Carlos tornò a casa, contento di aver sistemato le cose almeno in parte.

Il mattino arrivò veloce come non mai e Carlos e suo padre partirono all'alba.
Al porto c'erano i suoi amici ad aspettarlo; salutò Killian e i due si scambiarono auguri vari, batté un colpo sulla spalla a Julien e gli disse di comportarsi per bene e di non perdere troppo tempo con le donne, perché fargli avere quel posto nel consiglio cittadino gli era quasi costato un occhio nero.
Arrivò il turno di Elyse; l'abbracciò e le diede un bacio d'addio sul capo. Gli sembrava il gesto più puro e conveniente da fare in quel momento. Meno parole dicevano, meglio era. Dopo aver fatto un abbraccio di gruppo, tenendo tutti a stento le lacrime, Carlos si imbarcò. 

Carlos era accanto al padre, appoggiato al parapetto e salutava gli amici con ampi gesti delle braccia. Esitò un momento.
“Padre, non posso partire.”
Pedro, anche se ben sapeva il motivo di ciò, gli rivolse ugualmente uno sguardo interrogativo.
“Figliolo, io non voglio vederti soffrire. Fallirei come padre se non permettessi il bene di mio figlio. Fai cosa pensi sia più giusto; io e tua madre capiremo e ti appoggeremo.”
“So che la amo e che il mio posto ormai è accanto a lei.”
Il signor del Olmo sorrise al figlio con aria serena e lo esortò a scendere dalla nave, prima che questa partisse; non doveva mancare poi molto. Carlos si precipitò giù a rotta di collo, corse incontro ai suoi amici, che lo guardavano increduli e scaraventò a terra il proprio bagaglio. Prese Elyse per i fianchi, la sollevò e roteò su se stesso. La ragazza era tutta un turbinio di emozioni: aveva lacrime di felicità che le rigavano il viso, un sorriso sorpreso stampato sul volto, gli occhi lucidi e il fiato che le mancava. Carlos l'adagiò a terra e, prendendole il volto fra le mani, la baciò.
Fu un bacio appassionato ed impetuoso, carico di promesse e progetti.
“Ti amo. Ti amo. Ti amo.” disse con respiro affannato, scostandosi momentaneamente da lei
.
“Ti amo.” gli sussurrò lei all'orecchio.
Lui la abbracciò, cingendole un fianco con un braccio, mentre con l'altro salutava il padre, vedendo la nave che salpava.
“Resterai con me?” gli chiese.
Carlos, avvinandola a sé, le diede un bacio sul capo.
“Per sempre.”

 

FINE


Spazio Autore
Salve lettori (se è rimasto qualcuno hahahaha), 
Volevo scusarmi, di nuovo, per l'imperdonabile ritardo con cui mi ritrovo ad aggiornare. 
Quest'anno è stato particolarmente impegnativo e non ce l'ho proprio fatta a stare dietro al mondo di efp. 
Non che la cosa non mi facesse, diciamo, stare male sia chiaro. Detto questo, spero che il viaggio con Carlos (per quanto tortuoso) vi sia piaciuto e che continuiate a seguirmi nelle altre storie.  
A presto (si spera)! 

Moonlight97

 

   
 
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