Storie originali > Thriller
Ricorda la storia  |      
Autore: Asgard458    08/08/2015    2 recensioni
Quando ci conoscemmo, io e Max non avevamo molto in comune, ma una cosa ci legava stretti: eravamo entrambi falsi. Una maschera era la cosa che ci separava tra noi ed il mondo reale; facevamo ciò che il mondo voleva vedere, solo per adattarci nella società malata in cui vivevamo. E quella mattina, avevamo il primo compito importante del secondo quadrimestre da svolgere.
Genere: Dark, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Aprii il portone, come ogni mattina, e mi ritrovai la solita ventata gelida invernale. Dall’altra parte della strada, Max mi stava aspettando, come al solito. Mi diressi verso di lui e, prima che potesse dire qualsiasi cosa, esclamai: “1962!”. La scenetta successiva consisteva in un applauso da parte sua, ed un mio inchino.
“Vedo che stavolta hai studiato” esclamò Max mentre iniziammo ad incamminarci.
“Esatto! Non dovrai passarmi nulla oggi!”. Ogni volta che dicevo così, Max tirava fuori la sua faccia da: “Smettila di prendermi per il culo”, ed io rispondevo con il mio solito: “Ma questa volta è vero!”, quando in realtà non sarebbe stato così. In quel breve tragitto da casa a scuola c’era un percorso, una nostra routine da seguire: due semafori, puntualmente rossi; due strisce pedonali ed una salita. In questo tratto di strada, sempre dritto, vedevamo sempre gli stessi negozi aprire le serrande, il fruttivendolo mettere le mele in esposizione fuori dal suo negozietto, e tutti gli altri studenti andare, al nostro stesso passo, verso l’edificio scolastico.
“Ti dico che non è andata così” esclamò Max.
“Sono abbastanza sicuro della mia versione”
“Ma ti sei preparato almeno un po’? Questo è un compito importante!”. Effettivamente, in prima ora, avevamo il primo compito del secondo quadrimestre, e c’era bisogno di molta preparazione per superarlo. Però non era quello il mio problema:
“Ehi! Non iniziare! È tutta la settimana che mi preparo!” gli risposi. Max tendeva a fare così, il saputello; aveva voti estremamente alti in tutte le materie, aveva un bel fisico ed un bel viso, si allenava a livello agonistico ed aveva una personalità che piace a tutti. Ho sempre avuto dei complessi di inferiorità verso di lui, e proprio questi mi hanno spinto a conoscerlo meglio. Max, in verità, è orgoglioso e pieno di ego. È consapevole della sua condizione intellettuale e fisica, e per questo se la tira non poco, ma solo con chi sa di potersi fidare; ergo, io. Quando scoprii il suo vero essere, mi sentii sollevato: anche Dio ha dei difetti.
“Non provare neanche ad iniziare con questa storia – esclamai – so benissimo che non sono eccellente come te, ma non significa che tu puoi trattarmi con sufficienza!”
“Non ti sto trattando con sufficienza, ti sto trattando come meriti di essere trattato”. Effettivamente, Max mi aveva conosciuto come un tipo timido, silenzioso, il solito nerd che gioca tutto il giorno ai videogiochi, ma ha conosciuto anche altri lati di me, nascosti agli altri: osservo molto e faccio caso alle più piccole cose; i dettagli per me sono tutto: una virgola messa al posto sbagliato poteva farmi impazzire. Sapevamo entrambi cosa colpire se volevamo farci male. Una cosa sola ci legava stretti l’uno all’altro: eravamo entrambi falsi. Una maschera era la cosa che ci separava tra noi ed il mondo reale; facevamo ciò che il mondo voleva vedere, solo per adattarci nella società malata in cui vivevamo.
“Sono stufo del tuo orgoglio! Pensi solo a te stesso!”
“Da che pulpito – disse Max, agitando le mani – sei proprio tu quello passa dieci ore al giorno a completare uno stupido sparatutto!”
“Non ti è mai andato bene niente! Appena abbiamo iniziato a conoscerci meglio hai iniziato ad attaccarmi e ad odiarmi! Siamo amici o no?!”. Arrivammo davanti al secondo semaforo, ovviamente rosso, ed aspettai la sua risposta:
“È vero, non ti sopporto, neanche un po’”. Ci fu un momento di silenzio da parte di entrambi. E scommetto che stavamo pensando la stessa cosa: “Proprio questa mattina dovevamo metterci ansia a vicenda”. Ci guardammo, con facce preoccupate, e sbottammo a ridere. Fu una risata nervosa, per nulla bella ne’ da vedere ne’ da sentire, ma ci fece rilassare. Gli misi la mano sulla spalla e risposi:
“Neanche io ti sopporto, stronzo”. Scattò il verde e attraversammo la strada. Percorremmo la salita in silenzio, entrambi ancora contrariati, ma più rilassati.
“Deve solo passare la prima ora – dissi – poi sarà tutto passato”. Max annuì. Passammo il cancello della scuola e arrivammo al secondo piano, diretti verso la nostra classe. C’erano ancora degli alunni nel corridoio, nonostante la campanella fosse suonata già da parecchio tempo, ma arrivare in ritardo faceva parte della nostra routine. Mi girai verso Max e gli ordinai:
“Mi raccomando, metti la maschera. Come se non fosse successo niente”. Tornai a guardare avanti e frugai nello zaino, in cerca della mia maschera. Tirata fuori ed indossata, controllai se Max aveva fatto lo stesso: un pollice in su mi confermò il compimento dell’azione. Eravamo davanti alla porta chiusa della nostra classe.
“È ora del compito” esclamai. Dallo zaino, tirammo fuori due fucili automatici. Mettemmo il caricatore e togliemmo la sicura. Con un calcio, sfondammo la porta. Iniziammo a sparare raffiche di colpi verso tutte le facce incredule degli individui della classe, lanciandoli a terra, esanimi. La strage andò avanti per qualche secondo, attirando l’attenzione di tutta la scuola. Alla fine, i colpi si esaurirono. Caricatori svuotati; laghi di sangue per terra; corpi immobili e ancora caldi; le canne dei fucili fumanti. Guardammo il nostro compito, ormai svolto, ed esclamai:
“Te l’ho detto, doveva solo passare la prima ora”.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Thriller / Vai alla pagina dell'autore: Asgard458