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Autore: Chloe R Pendragon    11/08/2015    1 recensioni
In una giornata di pioggia, Alec ripensa al suo fratellino Max: come farà Magnus a tirarlo su di morale?
Spero che vi piaccia, anche perché si tratta di un esperimento nell'esperimento: aspetto le vostre opinioni, nel bene e nel male... *^*
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Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Everybody needs a genius
 
La pioggia cadeva incessantemente a New York, riflettendo lo stato d’animo del Nephilim che, attraverso la finestra del loft, osservava quel muro d’acqua abbattersi indolente sulla città, quasi volesse sommergere tutto. In quella giornata, Alec non poté fare a meno di pensare che, tutto sommato, il cielo avesse un macabro senso dell’umorismo: quell’acquazzone rifletteva le emozioni del Cacciatore, tutto il dolore che provava e la tristezza che lo paralizzava. Ogni goccia rappresentava una lacrima che avrebbe voluto versare, ma che era stato costretto a ingoiare dal giorno della morte di Max, avvenuta esattamente dieci anni prima. Quel pensiero lo aveva trafitto ogni volta che il calendario aveva indugiato su quella data, tuttavia in quel momento il ricordo del fratellino era divenuto particolarmente intenso a causa di un libro: Aladino e la lampada magica, la prima fiaba che gli aveva letto.
«Fiorellino! Cosa stai guardando?» la voce di Magnus lo riscosse dal vortice distruttivo dei suoi pensieri, eppure non fu sufficiente a scacciare quella dolente malinconia: il massimo che lo Shadowhunter riuscì a fare fu voltarsi e sorridere senza gioia, per poi tornare a osservare la pioggia.
«Stai ripensando al povero Max, vero? Lo sai che non è colpa tua, non potevi prevedere una cosa simile...» tentò di confortarlo il Nascosto, raggiungendolo al suo fianco e cingendolo con le sue amorevoli braccia. Il Nephilim si concesse qualche secondo per assaporare quell’effusione, però non fu in grado di apprezzarne a pieno la dolcezza, così si staccò e prese le mani del compagno.
«Perdonami, Magnus, ma non riesco a ignorare i miei rimorsi. So che è passato molto tempo, però non posso fare a meno di pensare a lui...»
«Vuoi parlarne con me? Magari così posso aiutarti a prendere in mano il tuo dolore e a far pace con i sensi di colpa, che ne dici?» propose il Sommo Stregone di Brooklyn, guardandolo dritto negli occhi come se volesse scrutare nelle profondità della sua anima.
«Vorrei, ma non saprei da dove iniziare...» ammise candidamente Alec, scuotendo mestamente il capo.
«Potresti cominciare dal motivo che ti ha spinto a incupirti così tanto, visto che stavolta sei particolarmente giù di morale: cos’è cambiato dagli altri anni?» gli chiese il Nascosto con delicatezza, come se stesse maneggiando un vaso di porcellana all’interno di un poligono di tiro.
«Vedi,» disse il Cacciatore con un sospiro, «il fatto è che ho visto per caso il libro di Aladino e ho ripensato a tutte le volte in cui ho letto questa fiaba a Max. Sai, era la sua preferita... Adorava quel ladruncolo e sognava di trovare quella caverna piena d’oro, magari insieme a me, a Izzy e a Jace...»
Magnus sorrise dolcemente e accarezzò con il dorso della mano il volto dell’amato, esortandolo a continuare: aveva capito che, per quanto fosse un ricordo prezioso, quello non era l’unico motivo per cui il suo compagno si era intristito.
«Una volta gli chiesi per quale motivo volesse trovare il tesoro e non lampada del genio, e lui mi rispose: “Non mi serve un genio, io ho te!”. Max credeva che io fossi il suo genio, capisci? Quello che lo avrebbe tirato fuori dai guai e gli avrebbe salvato la vita, e invece... invece io...»
«Alexander...» esordì lo Stregone, ma il Nephilim si ritrasse dal contatto e scattò in piedi, camminando incessantemente per tutto il salotto; il Nascosto si sentì morire nel vedere il suo amato fiorellino soffrire così tanto, così si alzò anche lui e, prendendogli il viso tra le mani, lo costrinse a guardarlo.
«Alexander, ascoltami. Se ricordo bene, nella fiaba il genio non è quello che salva la vita di Aladino, bensì quello che esaudisce i suoi desideri. Secondo te, qual era il più grande desiderio di Max? Che tu gli salvassi la vita in quel momento o che tu, Isabelle e Jace foste sempre felici, qualunque cosa accadesse?»
Lacrime silenziose presero a scorrere lungo i lineamenti del volto di Alec, tracciando salmastri sentieri sulle sue guance arrossate. Magnus aveva ragione, piangersi addosso non serviva a nulla: la morte di Max era stata tanto inaspettata quanto dolorosa, però doveva farsene una ragione e vivere la vita anche per lui.
«Forse hai ragione... Grazie, Magnus. Non so proprio cosa ne sarebbe stato di me senza di te...»
Il Sommo Stregone di Brooklyn sorrise e posò le sue labbra su quelle del compagno, infondendogli quanto più amore possibile.
«Figurati, fiorellino, non devi ringraziarmi. Farti stare bene è la mia missione, perciò ogni tuo desiderio è un ordine!»
«Scusami, ma non ero io il genio?» domandò con un timido sorriso lo Shadowhunter, facendo ghignare il suo compagno.
«Beh... Diciamo che tutti hanno bisogno di un genio, anche i geni, non sei d’accordo?» sussurrò malizioso il Nascosto, per poi tornare a baciare il suo amato, stavolta con maggiore passione. In poco tempo, i due si ritrovarono l’uno tra le braccia dell’altro, coperti da un semplice lenzuolo mentre si abbandonavano nell’estasi del loro amore. Entrambi stavano esaudendo il desiderio del loro padrone, chi lasciandosi travolgere dalla vita e chi donando la felicità al proprio fiorellino. Fu così che, raggiunto l’apice del piacere, i due amanti non poterono fare a meno di pensare alla stessa cosa.
 
E vissero per sempre felici e contenti...
  
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