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Autore: Radioactive_IcePie    14/08/2015    0 recensioni
Ghecis, arrestato dopo aver cercato di conquistare Unima, si trova ora in una cella di prigione. Per un detenuto in isolamento, il tempo sembra non passare mai, ma lui cerca di ingannarlo in qualche modo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ghecis, N
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Fa freddo.
Mi rannicchio sul letto privo di lenzuola della cella di prigione.
Questa piccola stanza che puzza di marcio non è niente paragonata al sontuoso castello dove svolgevo la vita prima. Da quanto tempo mi trovo isolato qui? Ormai ho perso la concezione del tempo.

È da molto, comunque, che gli unici contatti che ho con forme di vita diverse da me sono quelli con l’inserviente che mi porta da mangiare.
E il tempo tra un pasto e l’altro pare sempre interminabile. Spesso lo trascorro camminando in tondo, battendo pugni sul muro o parlando da solo. Ma quando sia il corpo che la voce non hanno più energie, mi accascio sul materasso e inizio sempre, inspiegabilmente, a piangere in silenzio.
 Mi è anche capitato, raramente, di ritrovarmi a canticchiare una vecchia nenia, una appartenente alla famiglia Harmonia. La stessa canzone che è stata intonata fin dal giorno in cui sono nato. La canzone che da lì in poi ho sempre udito in ogni celebrazione che ci riguardasse, che si trattasse di festa, matrimonio o funerale.
Me la insegnò mia madre… oh, che razza di donna acida era lei! Ricordo che al castello girava voce che l’unica persona a cui fosse mai stata in grado di sorridere sinceramente fosse il marito, ed io lo confermo per esperienza personale. Infatti gli unici rari sorrisi che mi erano stati rivolti da lei erano abbondantemente tinti di ironia e scherno… ma certamente non la disprezzavo solo per questo: snobbava tutti i “plebei”, nonché qualunque persona non fosse di origine aristocratica, compresa colei che sarebbe diventata mia moglie.
Mia madre la considerava una pezzente e sosteneva che sposandola non sarei riuscito a mantenere l’onorevole nome della casata. Diceva inoltre che i plebei hanno sempre idee inopportune e che era per quello che una loro famiglia difficilmente rimaneva famosa nei secoli.
Non era affatto vero! I “plebei” semplicemente non potevano permettersi delle guardie e dei servitori. Quanto ho detestato quella donna! Però, forse… avrei dovuto ascoltarla….

Avrei dovuto farlo, vero? Dopotutto l’idea di viaggiare in crociera era stata di mia moglie quella volta… nostro figlio era nato da poco e volevamo concederci una vacanza, allora lei propose il viaggio per mare. Ma come avremmo mai potuto prevedere un naufragio? Quella catastrofe si portò via lei e andò molto, molto vicina all’uccidere anche me e Natural.
In ogni caso, da quel momento non potevo più permettermi di rischiare che la casata Harmonia si estinguesse, avevo già creato troppi problemi. Sposando lei avevo impoverito la famiglia, inoltre non ero stato un brillante sovrano fino ad allora (almeno, così mi aveva sempre ripetuto mia madre fino al giorno del suo decesso). Avevo non solo la responsabilità di evitare di essere l’ultimo erede, ma anche di risollevare l’onore della famiglia. Ma come potevo fare?

Mi misi in contatto con le persone più colte di ogni regione, ne selezionai sei e le convocai al castello per cercare consiglio. Parlammo a lungo di dinastie e leggende e fu solo grazie a loro sei se in quel momento venni a sapere che, secondo i racconti, il capostipite della dinastia Harmonia era stato un re di 3000 anni fa che era in grado di parlare coi pokémon. E non era nemmeno stato l’unico: infatti si era sposato con una donna soprattutto perché anche lei aveva quell’abilità. Ed essa era stata trasmessa ai loro figli e ai figli dei figli, e così via, persistendo per molto, molto tempo.
Oh, un’abilità del genere mi avrebbe dato il controllo di quei mostriciattoli e avrei ottenuto potere in un batter d’occhio. Però c’era un problema: io non capivo i pokémon. Nemmeno il mio Hydeigon, che avevo fin da quando si era schiuso dall’uovo.
Tuttavia non ero l’unica persona a portare il nome  di Harmonia Gropius: c’era anche Natural.

Nel disperato tentativo di risvegliare quella capacità lo lasciai vivere, affiancato da un fidato Zorua, in un boschetto sicuro e sperduto , dove mi ero accertato che ci fossero solo pokémon innocui e in cui gli umani non venivano mai: il bosco smarrimento. Quando lo lasciai il piccolo aveva appena tre anni. Quando tornai a prenderlo ne aveva quasi sette.
Avevo letto in un giornale che un Darmanitan, probabilmente uscito dal Deserto della Quiete, era stato avvistato a Sciroccopoli e poi nel percorso 16. Pareva che alla fine si fosse addentrato nel bosco e non ne fosse uscito.
Allora io, giustamente preoccupato per l’erede al trono, mi ero recato laddove lo avevo abbandonato speranzoso di trovarlo sano e salvo. E c’era, anzi, c’erano: sia Darmanitan che Natural. E Natural stava sussurrando dolci parole a quel pokémon Forzabruta. Quella scena mi aveva sinceramente lasciato a bocca aperta, non potevo credere che quelle leggende sulla casata fossero vere.
Quando mi avvicinai mi accorsi che Natural non si ricordava di me.
“Chi sei?” mi chiese un po’ titubante sulle parole da scegliere.
“Sono tuo padre.” fu la mia risposta.
Parve felice. Almeno fino a quando non gli dissi che lo avrei riportato a casa. In quel momento si spaventò, come se avesse paura di abbandonare il bosco. Mi chiese se potesse salutare “i suoi amici” e se potesse portare con sé almeno Zorua.
Acconsentii.
Credo che vederlo mentre chiamava a sé tutti i pokémon del bosco e mentre li salutava parlando loro come li conoscesse da una vita sia stato lo spettacolo più… emozionante a cui abbia assistito in tutta la mia vita.

Tornato al castello spiegai al piccolo N(così voleva che lo chiamassi) chi era e gli diedi il nome della casata “Harmonia Gropius”. Riconvocai le sei persone colte  con cui avevo discusso anni prima e chiesi loro se, in cambio di vitto e alloggio al castello, volessero fare da maestri a mio figlio. Accettarono tutti di buon grado, entusiasti di insegnare ad un bambino con quell’abilità speciale. Però loro non furono i suoi unici maestri, infatti io lo istruii di tutto ciò che bisogna sapere per essere un sovrano. A causa di questo noi sette ci battezzammo come i “sette saggi”.
Per ultima cosa donai una stanzetta colma di giochi e balocchi a mio figlio e gli affiancai due damigelle che si prendessero cura di lui: Antea e Concordia.

Tuttavia, non passò molto tempo prima che mi accorgessi che N non sarebbe mai stato in grado di ordinare qualcosa ad un pokémon contro la sua volontà, perciò, anche se avevo al mio fianco qualcuno con l’abilità del fondatore della casata, dovevo cambiare il piano per ottenere il potere per la casata.
Non potevo certo chiedere a mio figlio di comandare a un pokémon di rivoltarsi contro il suo allenatore se i due andavano d’accordo. Ma se lo avessi convinto del contrario? Se lo avessi persuaso dell’idea che tutti gli allenatori fossero persone spregevoli?
Cominciai, a questo scopo, di circondarlo di pokémon dal cuore ferito e riuscii nel mio intento: lui si convinse che le pokéball fossero un vincolo, o meglio, una prigione inutile e che gli allenatori obbligassero i pokémon a lottare tra di loro. Si convinse che i pokémon e gli allenatori dovessero vivere in due mondi separati… certo, avevamo ideali diversi, ma gli diedi corda altrimenti non avrei mai potuto ottenere l’onore e il potere che cercavo per la casata.

Una volta cresciuto, lui mi chiese se potessimo manifestare nelle città di Unima ciò che pensavamo. I risultati furono incredibili: gli allenatori iniziarono a liberare i pokémon e ottenemmo pure dei seguaci.
Decidemmo allora di fondare un’organizzazione, il team Plasma. Il suo scopo, che seguiva l’ideale di N, sarebbe stata solo una farsa, ma lui avrebbe capito. Avrebbe dovuto capire. Dopotutto anche lui era nella casata.
Questa storia è andata avanti degli anni, e quando N raggiunse la maggiore età lo incoronai, trasmettendogli il potere di Re. Grazie a lui riuscimmo a evocare Zekrom, grazie a lui sono arrivato vicinissimo al mio obiettivo, quasi da sfiorarlo, ma ormai era troppo tardi quando mi accorsi che Natural non era all’altezza del suo compito.
Non era nemmeno all’altezza del nome Harmonia, considerando che perse contro un bambino di al massimo… quattordici? Qundici anni?
Ma forse nemmeno io lo sono, perché ho perso esattamente come lui. Ma a differenza di lui, io perso proprio tutto: il mio castello, i miei sudditi, la fiducia di mio figlio e il mio sogno. Già, sono stato arrestato perché volevo realizzare un sogno, un sogno nemmeno mio, poi! È stata mia madre ad inculcarmi nella testa che avevo fatto perdere l’onore alla famiglia! È stata colpa sua! È praticamente tutta colpa sua, ed io… ho perso tutto per una persona che odiavo.
Se solo ci penso mi viene da vomitare quel poco che ho mangiato.

…quanto tempo fa è passato l’inserviente? Ho fame e sono dimagrito parecchio in questo periodo.
Aspetto finché non sento finalmente qualcuno che bussa alla porta. A quel punto mi alzo dal materasso, asciugo le lacrime, prendo il piatto di alluminio e apro lo sportello: l’inserviente mi versa il cibo. È poco, veramente poco rispetto a quello del castello.
Ed è insapore, ma soprattutto freddo.
Non so che stagione sia là fuori, ma qui dentro sembra sempre inverno. Già. Come se… come se Kyurem avesse congelato col suo ghiaccio perenne la cella.
Quando ho finito di mangiare torno sul materasso.

C’è qualcuno che mi chiama? No, a quanto pare ho finito semplicemente per diventare matto: sento delle voci.
Mi dicono: “Vuoi buttare tutto così?”
Che cosa posso fare? Sono diventato un semplice detenuto in isolamento.
“Vuoi buttare tutto così?”
Un piano di oltre quindici anni è fallito, il re è stato spodestato, ormai è troppo tardi!
“Ne sei sicuro, Ghecis?”
Questa voce parla con la voce di mia madre.
La cosa mi schifa così tanto che mi torna la nausea.
“Vuoi davvero essere colui che ha fatto perdere ogni onore e potere alla famiglia?”
Questa frase fa male. È orribile basare la vita su un ideale che ti crolla davanti agli occhi in un secondo.
No, non voglio lasciare che l’ultimo erede degli Harmonia degno di essere chiamato tale sia mia madre.

Decido di dover aspettare ancora, ma non più il pasto dell’inserviente. Sono stanco di questa cella, adesso aspetto che vengano a liberarmi. Il trio oscuro lo farà, ne sono certo: una volta io ho salvato la loro vita e in cambio loro mi hanno promesso eterna fedeltà.
So che mi rimarranno fedeli anche se ho combinato un pandemonio.
E poi riotterrò il potere perduto. E non sentirò più freddo, no, non io.
Non io.
Voi tutti.
   
 
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