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Autore: Wellknower    15/08/2015    0 recensioni
Voleva scrivere, era semplicemente la sua vita, la sua quotidianità...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giorgio voleva scrivere. Giorgio voleva poter far emozionare le persone con le sue parole e, soprattutto, voleva averne il coraggio. Sedeva nell'oscurità combattuta da quella fredda luce dello schermo del suo portatile, voleva sempre e solo scrivere di notte. Diceva che le parole di notte si presentano con più facilità, che era più semplice poterle "vedere": cadere dal soffitto del suo studio dove scriveva, staccarsi dei dorsi del libri che aveva nella libreria davanti a sé, saltellare sulla scrivania che lo separava dal mobile, giocare a nascondino fra la pila di libri, riviste, dietro l'abat jour dal corpo d'oro e dal paralume verde, proprio come quelle che sono negli uffici degli avvocati nei film un po' retrò, correre sul bordo del posacenere e saltare in mezzo al fumo della sigaretta lasciata a consumarsi facendo sì che dovesse scegliere fra scrivere velocemente o alternarsi col fumare e scrivere o, cosa fastidiosissima, scrivere tenendola stretta fra le labbra, bruciandosi gli occhi col fumo incandescente. Le vedeva staccarsi, come quando l'adesivo di un post-it consumato cede e non regge più, e scivolare planando dalla sua memoria, dai suoi ricordi e dalle scene della sua vita passata a cercare di catalogare cosa potesse rendere carta e inchiostro fra tutte le sue esperienze. Le vedeva uscire congelate dal frigo e roventi dal forno, dalla piazza sotto la finestra del suo studio e dalla veranda che dava sul cortile interno del suo comprensorio. Le vedeva uscire dalla cipolla, assediata dal calcare, della sua vecchia doccia, strisciare fuori dalle fughe delle mattonelle e fare capolino fra le confezioni di pasta del ripostiglio, sempre in cucina. Tutte venivano e andavano; alcune si facevano prendere, forse stufe, forse incaute o forse poco abili a fuggire dai suoi occhi avidi e dalla magnetica sua voglia di stamparle un'altra volta. Giorgio diceva che le parole, anche se sono scritte uguali, sono una diversa dall'altra, nessuna che sia identica ad un'altra, alcune s'assomigliano ma, alla fine, sono tutte distinte fra loro. Altre invece, guarda caso le più desiderate e ambite, sfuggivano più volte con tutt'altro che l'intento di farsi afferrare. Tutto riusciva a ispirare Giorgio, ma lui era molto severo con sé stesso e con quello che scriveva, difficilmente riusciva a scrivere qualcosa di getto, ma solo quelle improvvise voglie e ispirazioni gli avevano concesso i suoi capolavori più alti. Qualche volta si alzava, nonostante credesse fermamente che fosse necessario rimanere sulla sedia da studio davanti al pc per poter scrivere al meglio, metteva un disco, buttava giù un goccio di brandy, s'affacciava dalla finestra, scendeva in garage ad ammirare la sua vecchia moto, risaliva, prendeva gli album fotografici, si risiedeva credendo di aver raggiunto nuovamente la concentrazione, mangiava, si buttava sotto la doccia o leggeva qualcosa. Giocava con la penna, uno schizzo tanto per constatare che rimaneva un pessimo disegnatore, stendeva i panni o mandava qualche messaggio. E poi? Eccole di nuovo, quelle birbanti, di nuovo scorrazzare. Giorgio non sapeva bene se lo facessero fra i corridoi del suo appartamento o della sua mente, alla fine non gliene importava più di tanto a dire il vero... E alla fine, eccolo là, il suo scritto, la sua storia, il nuovo capitolo del suo libro, la sua soddisfazione, il suo compiacimento. Erano quasi sempre le quattro del mattino, è vero, ma alla fine cos'è essere uno scrittore se non fare le ore piccole col coraggio di rimanere a casa a scrivere tutto quello che si vuole?
  
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