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Autore: Evanescente84    15/08/2015    0 recensioni
Non sapeva se si odiasse, di fatto non credeva di odiare nessuno. Odiava solo il fatto di amare la vita.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si svegliò nel cuore della notte, anzi non era proprio riuscito a dormire, ogni punto del corpo gli doleva tremendamente, come se fosse schiacciato sotto le macerie di sé stesso. C'erano giorni in cui suo padre lo picchiava un po' di meno; ebbene questo non era uno di quei giorni. Per fortuna almeno il diario era rimasto ben nascosto sennó gliel'avrebbero bruciato. Peccato che non potesse nascondersi pure lui, e non potesse nemmeno nascondere il suo dolore in un ricordo. Quale ricordo? Quel male fisico era vero e pulsava sotto la pelle.
Gli facevano male pure gli occhi a furia di piangere.
Si disse che non poteva continuare così, che doveva raccogliere tutto il suo coraggio.
"Gli uomini non piangono" si disse a ripetizione continua..per convincersi forse, invano poiché sapeva che quello slogan non voleva dire niente.
Si mise a guardare il soffitto pensieroso.
Quella era vita?
Se vita fosse solo mangiare, respirare e tutte le funzioni vitali...beh quella era vita. Ma vivere era qualcosa di più, se lo sentiva. Era la libertà.
E lui voleva vivere e scappare da quella prigione ammobiliata; non sarebbe arrivata nessuna lettera per una qualche scuola di magia.
Ma Sirio aveva già progettato un piano, gli mancava solo il coraggio di metterlo in pratica.
L'alternativa era o fuggire o morire, ambedue gli sembravano migliori della condizione in cui si trovava. Tuttavia ogni volta che tentava di fuggire ritornava inesorabilmente a casa, spinto dall'istinto. Forse era masochista.
Decise che non poteva continuare, era l'ora di fare qualcosa nella sua vita. Qualsiasi cosa purché apportasse cambiamenti.

Si alzó a fatica cercando di non pensare al dolore che gli martellava sottopelle. Annaspando raggiunse la porta.
«E dai Sirio, smettila di fare tante scene» si disse e si ammutolì.
La porta era stata chiusa a chiave, infondo lui era in punizione. I suoi chiudevano sempre la porta a chiave, forse per sottolineare che loro erano i padroni e potevano farlo uscire solo quando volevano.
Fortuna che c'era la finestra, doveva solo stare attento che nessuno lo vedesse.
La sua finestra dava su un balcone che dava sul giardino. Sirio non sapeva che ore fossero ma fuori era abbastanza buio,con un po' di cautela sarebbe passato inosservato.
Prese lo zaino di scuola che aveva riempito con materiale per la sopravvivenza: una borraccia, un bel po' di pane, un coltellino svizzero, due barrette di cioccolato, una coperta, una giacca, sapone, vestiti di ricambio, un accendino, pesino il kit pronto soccorso e tutti i soldi che aveva. Non erano tanti, perció sarebbe stato piú prudente muoversi a piedi, anche perché non aveva documenti, e non voleva assolutamente essere riconosciuto.
Questo pensiero gli fece venire l'idea. Prese il rasoio elettrico.
« ora non si torna più indietro» si disse e si rasó a zero. I suoi erano al piano di sotto con la tv al massimo volume, nessuno poteva sentirlo.
Ora era pronto. Si guardó ad uno specchio nell'armadio, sembrava un ex carcerato con l'occhio nero e i capelli rasati a zero. Ma non aveva nessun passamontagna, e poi pensó che se avesse avuto il passamontagna qualcuno avrebbe potuto sparargli.

Con cautela uscì dalla finestra richiudendola dal fuori, aveva preparato i classici cuscini sotto le coperte, una registrazione della sua voce che diceva "vai via" con un registratore giocattolo collegato da un meccanismo un po' rudimentale ma quasi invisibile alla porta. Quando la porta si apriva, e la madre gli portava il cibo come un carceriere, dopo cinque secondi scattava la voce malata e la madre se ne andava senza approfondire. Per quanto riguardava il cibo non c'erano problemi, Sirio da piccolo aveva un topo, e molto probabilmente c'era ancora, l'avrebbe mangiato lui.
Era un piano perfetto, regolato nei più minuscoli dettagli, ci avrebbero messo settimane per accorgersi della sua mancanza, ma per allora lui sarebbe stato già lontano.
Fece un balzo un po' rumoroso sul balcone sottostante. Il cuore gli si stoppó in gola e risentí il dolore che gli attanagliava le membra. Un grosso respiro. Uno, due, te .
Capitombolò sul giardino, fortunatamente lo zaino aveva assestato il colpo, ora doveva solo scavalcare il cancello e andare via, lontano, piú veloce che potesse, dove non lo sapeva nessuno, non lo sapeva neppure lui.

E quando si ritrovó fuori da quell'odioso cancello si sentì libero. Assaporó nel gelido torpore della notte quella libertá quasi irreale. Era stato troppo facile per essere vero.
Si diede qualche pizzicotto timoroso di svegliarsi nel suo letto, ma un dolore gli afferró il braccio sempre nel buio della strada. Non era mai stato così felice di provare dolore. Era un dolore nuovo, un dolore di libertà.
Si sentiva leggero come l'aria, avrebbe potuto volare. E lo fece.
Si mise a correre lontano percorrendo vie conosciute e poi sconosciute, non aveva portato nessuna cartina perché non aveva nessuna intenzione di tornare.
I suoi polmoni dolevano ma aui non importava, gli importava solo di correre via da quell'inferno. In una via scorse un orologio, era quasi mezzanotte.
Decise di prendere la metro, a quell'ora chiudevano ma forse era ancora in tempo. Non c'era gente che controllasse, quindi fu una passeggiata scavalcare i tornelli e prendere l'ultima metro.
Sirio non guardó neanche dove andasse. Scese a capolinea.
Quando uscì dalla stazione si trovó in un ambiente completamente estraneo, un po' inquietante, desolato.
Si sentì pervadere dalla paura, era solo, ma infondo lo era sempre stato. Questo pensiero gli diede un po' di qualcosa che poteva assomigliare al coraggio. Poi decise di continuare a camminare per non pensare.
Non aveva idea di quello che avrebbe potuto incontrare.

   
 
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